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Articolo 74 Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR)

(D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917)

[Aggiornato al 09/10/2024]

Stato ed enti pubblici

Dispositivo dell'art. 74 TUIR

1. Gli organi e le amministrazioni dello Stato, compresi quelli ad ordinamento autonomo, anche se dotati di personalità giuridica, i comuni, i consorzi tra enti locali, le associazioni e gli enti gestori di demanio collettivo, le comunità montane, le province e le regioni non sono soggetti all'imposta.

2. Non costituiscono esercizio dell'attività commerciale:

  1. a) l'esercizio di funzioni statali da parte di enti pubblici(1);
  2. b) l'esercizio di attività previdenziali, assistenziali e sanitarie da parte di enti pubblici istituiti esclusivamente a tal fine, comprese le aziende sanitarie locali nonché l'esercizio di attività previdenziali e assistenziali da parte di enti privati di previdenza obbligatoria.

Note

(1) La L. 27 dicembre 2019, n. 160 ha disposto (con l'art. 1, comma 721) che "Ai soli fini dell'applicazione dell'articolo 74, comma 2, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, si considera esercizio di funzioni statali da parte di enti pubblici anche l'attività di formazione universitaria posta in essere dalle università non statali legalmente riconosciute che hanno ottenuto l'autorizzazione a rilasciare titoli di studio universitario aventi valore legale, non costituite sotto forma di società commerciali".

Massime relative all'art. 74 TUIR

Cass. civ. n. 3387/2020

In tema d'IVA, la fornitura al personale dipendente degli indumenti da lavoro da indossare durante l'attività lavorativa non costituisce prestazione di servizi, bensì messa a disposizione di strumenti da lavoro, rientrante tra gli obblighi contrattuali dell'imprenditore sicché, trattandosi di un costo, non costituisce elemento positivo del reddito e, non essendo assoggettabile ad IVA, ne è preclusa la rivalsa nei confronti dei dipendenti.

Cass. civ. n. 6092/2019

In tema spese di pubblicità e di rappresentanza sostenute dalle imprese farmaceutiche per prestazioni rese a vantaggio dei medici, sono deducibili esclusivamente i costi relativi alla concessione di premi, vantaggi pacuniari o in natura, purché ricollegabili all'attività espletata dal medico e di valore trascurabile o comunque coerente con la prassi corrente, le spese relative all'organizzazione di convegni e congressi scientifici, qualora siano di breve durata e prevedano la partecipazione di un numero ristretto di medici specialisti, nonché le spese sostenute per campioni gratuiti di medicinali per uso umano ceduti ai medici autorizzati a prescriverli, nei limiti quantitativi previsti dalla legge. (In applicazione del principio, la S.C. ha confermato la decisione impugnata nella parte in cui aveva ritenuto non trascurabile il valore di omaggi di importo superiore ad euro 25,82, considerato complessivamente in ragione del singolo medico beneficiario e del periodo di imposta di riferimento).

Cass. civ. n. 2848/2019

In tema di imposta sul reddito, la "comunione familiare montana" rientra tra gli enti gestori del demanio collettivo esenti dall'IRPEG ai sensi dell'art. 88 del d.P.R. n. 917 del 1986 (ora art. 74 del medesimo decreto, applicabile "ratione temporis") purché svolga in via esclusiva attività di interesse collettivo ed il godimento del territorio oggetto della stessa spetti all'intera collettività e non ai soli partecipanti della comunione.

Cass. civ. n. 955/2019

In tema di IRPEG, la società Eur s.p.a., Ente Eur sino al 15 marzo 2000, non ha natura di organo dello Stato, ed avendo come oggetto lo svolgimento di attività commerciale, sia prima che dopo la trasformazione in società per azioni, non può beneficiare dell'esenzione di cui all'art. 88 (ora 74) del d.P.R. n. 917 del 1986, in quanto non rientra nell'elencazione tassativa dei soggetti esenti di cui al comma 1, né esercita funzioni statali o le altre elencate al comma 2 della stessa norma, né può fruire delle agevolazioni di cui all'art. 5 del d.P.R. n. 601 del 1973, riservate allo Stato e agli enti territoriali ivi elencati.

Cass. civ. n. 25021/2018

In tema di imposte sui redditi di impresa costituiscono spese di sponsorizzazione quelle correlate ad iniziative volte ad accrescere il prestigio e l'immagine dell'impresa ed a potenziarne le possibilità di sviluppo, mentre sono spese pubblicitarie o di propaganda quelle sostenute per la realizzazione di iniziative volte alla pubblicizzazione di prodotti, marchi e servizi, o comunque dell'attività svolta, con la conseguenza che solo le prime, in quanto costituenti spese di rappresentanza, sono deducibili ai sensi e nei limiti previsti dall'art. 74, comma 2, del d.P.R. n. 917 del 1986 (nella formulazione applicabile "ratione temporis").

Cass. civ. n. 24451/2018

In tema di IRPEF, ai sensi dell'art. 2 della l. n. 266 del 1991, per evitare che il rapporto associativo mascheri un rapporto di lavoro, non possono considerarsi rimborsi spese, e vanno dunque qualificati come compensi soggetti a tassazione, gli esborsi erogati dalle associazioni di volontariato ai propri associati a titolo di rimborso forfetario, ossia non collegati a spese specificamente individuate e documentate.

Cass. civ. n. 21065/2018

In tema di reddito d'impresa, costituiscono spese relative a più esercizi, deducibili nel limite della quota imputabile a ciascuno di essi, i costi sostenuti per migliorie apportate ad immobili condotti in locazione, in quanto la nozione "spese di impianto", ai sensi dell'art. 74 (ora 108), comma 3, del d.P.R. n. 917 del 1986, ricomprende quelle effettuate non solo in occasione dell'avviamento o dell'insediamento "dell'impianto" adibito ad attività economica organizzata, ma anche "sull'impianto" durante la vita dello stesso, con addizioni che ne aumentano il pregio o ne garantiscono la funzionalità.

Cass. civ. n. 15843/2018

Le spese di rappresentanza, ai fini delle detrazioni dell'IVA ex art. 19 bis-1, comma 1, lett. h), del d.P.R. n. 633 del 1972, sono quelle sostenute per accrescere il prestigio dell'impresa, senza dar luogo ad una aspettativa di incremento delle vendite. (Nella specie, la S.C., in applicazione del principio, ha escluso la qualificazione come spese di rappresentanza di quelle per la sistemazione di un'area pertinenziale dello stabilimento, destinata a verde, in quanto, sebbene volte a migliorare l'immagine dell'impresa, riguardavano beni aziendali).

Cass. civ. n. 12676/2018

In tema di redditi d'impresa, il criterio discretivo tra spese di rappresentanza e spese di pubblicità va individuato negli obbiettivi, anche strategici, perseguiti mediante le stesse, che, nella prima ipotesi, coincidono con la crescita d'immagine ed il maggior prestigio, nonché con il potenziamento delle possibilità di sviluppo della società, mentre, nell'altra, consistono in una diretta finalità promozionale e di incremento commerciale, concernente la produzione realizzata in un determinato contesto.

Cass. civ. n. 10636/2018

In tema d'IRPEG, ai sensi dell'art. 74 (ora 108), comma 2, del d.P.R. n. 917 del 1986, i costi sostenuti per la cessione gratuita a v.i.p. dei capi d'abbigliamento griffati di produzione del contribuente, senza alcun obbligo giuridico d'indossarli in manifestazioni pubbliche, integrano spese di rappresentanza, solo parzialmente deducibili e non di pubblicità o propaganda, interamente deducibili, mancando un collegamento obiettivo ed immediato con la promozione di un prodotto o di una produzione e con l'aspettativa diretta di un maggior ricavo.

Cass. civ. n. 6288/2018

In tema di determinazione del reddito di impresa, ai sensi dell'art. 74, comma 3, del d.P.R. n. 917 del 1986 (nel testo anteriore alle modifiche apportate dal d.lgs. n. 344 del 2003), le spese di manutenzione straordinaria dell'immobile condotto in locazione possono essere iscritte nell'attivo, ex art. 2426, comma 1, n. 5), c.c., invece che essere imputate in conto economico, come componenti negative del reddito, nell'esercizio in cui sono state sostenute, ove l'imprenditore ritenga, in base ad una scelta fondata su canoni di discrezionalità tecnica, di capitalizzarle in vista di un successivo ammortamento pluriennale, purché indichi specifici criteri, commisurati alla durata dell'utilità del bene, al fine di stabilire la quota di costo gravante su ciascun esercizio.(La S.C., in applicazione del principio, ha cassato la decisione impugnata che, in presenza di un piano di ammortamento redatto dalla società in considerazione della durata legale del contratto di locazione, aveva ritenuto legittima la ripresa a tassazione che aveva invece considerato anche il successivo periodo di rinnovo dello stesso).

Cass. civ. n. 6265/2018

Ai fini della determinazione del reddito d'impresa, le spese sostenute per corsi di formazione ed aggiornamento del personale rientrano tra quelle per "studi e ricerche" di cui all'art. 74 del d.P.R. n. 917 del 1986 (nel testo anteriore alle modifiche apportate dal d.lgs. n. 344 del 2003), atteso che l'ampiezza letterale e logica del riferimento agli "studi" ricomprende tutti gli esborsi finalizzati al potenziamento dell'impresa per il tramite di energie intellettuali, senza distinguere a seconda che l'attività di studio riguardi il miglioramento dell'organizzazione aziendale ovvero della competenza delle persone che in essa collaborano, con la conseguenza che è facoltà del contribuente scegliere se dedurre tali spese nell'esercizio di competenza, ovvero ripartirle per quote costanti negli esercizi successivi.

Cass. civ. n. 28695/2017

In tema di detrazione IVA, ai sensi dell'art. 7 del d.lgs. n. 541 del 1992 (applicabile "ratione temporis"), attuativo della direttiva n. 92/28/CEE, ferma la distinzione tra spese di rappresentanza, relative ad iniziative volte ad accrescere il prestigio o l'immagine dell'impresa ed a potenziarne le possibilità di sviluppo, e spese di pubblicità o di propaganda, afferenti iniziative tendenti, in prevalenza anche se non esclusiva, alla pubblicizzazione di prodotti, marchi e servizi o, comunque, dell'attività svolta, rientrano in queste ultime le spese sostenute da una società farmaceutica in occasione di un congresso o convegno medico avente la finalità di rendere noto un farmaco presso la classe medica, sempre che di breve durata ed a partecipazione ristretta di specialisti. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva ricondotto a spese di pubblicità quelle sostenute da una contribuente per l'organizzazione di un convegno medico, ritenendolo finalizzato a portare a conoscenza l'offerta di un prodotto, senza accertare se lo stesso avesse avuto in concreto, cioè in ragione della breve durata e della partecipazione ristretta, finalità di informazione scientifica piuttosto che di intrattenimento).

In tema di giudizio per cassazione, per i ricorsi avverso le sentenze delle commissioni tributarie, la indisponibilità dei fascicoli delle parti (i quali, ex art. 25, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992 restano acquisiti al fascicolo d'ufficio e sono restituiti solo al termine del processo) comporta la conseguenza che la parte ricorrente non è onerata, a pena di improcedibilità ed ex art. 369, comma 2, n. 4 c.p.c., della produzione del proprio fascicolo e per esso di copia autentica degli atti e documenti ivi contenuti, poiché detto fascicolo è già acquisito a quello d'ufficio di cui abbia domandato la trasmissione alla S.C. ex art. 369, comma 3, c.p.c., a meno che la predetta parte non abbia irritualmente ottenuto la restituzione del fascicolo di parte dalla segreteria della commissione tributaria; neppure è tenuta, per la stessa ragione, alla produzione di copia degli atti e dei documenti su cui il ricorso si fonda e che siano in ipotesi contenuti nel fascicolo della controparte.

Cass. civ. n. 23338/2017

In tema di imposte sui redditi, ai fini della determinazione del reddito d'impresa, il costo della consulenza concernente la stipula di un contratto di mutuo deve essere imputato alla annualità nel corso della quale esso è stato sostenuto, trattandosi di spesa di competenza dell'esercizio nel corso del quale il contratto è stato concluso e non di quelli successivi nei quali vanno a ricadere non i vantaggi del prestito ma le scadenze delle obbligazioni restitutorie.

Cass. civ. n. 15576/2016

In tema di agevolazioni fiscali per le aree svantaggiate, gli investimenti consistenti in spese incrementative di beni non di proprietà dell'impresa - che li utilizza in virtù di un contratto di locazione o di comodato - possono ugualmente beneficiare del credito d'imposta previsto dall'art. 8 della l. n. 388 del 2000 purché le opere abbiano una loro individualità ed autonoma funzionalità, al termine del periodo di locazione o di comodato possano essere rimosse dall'utilizzatore ed avere un impiego a prescindere dal bene a cui accedono e siano iscritte in bilancio tra le "immobilizzazioni materiali"; viceversa, qualora si tratti di opere non separabili dal bene altrui (come, nell'ipotesi dell'ampliamento di un fabbricato insistente su area di proprietà di terzi), devono essere iscritte tra le "immobilizzazioni immateriali" e non possono beneficiare dell'agevolazione, trattandosi di costi e non di beni. (cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Lazio, Sez. dist. Latina, 12/05/2010).

Cass. civ. n. 18936/2015

Nel processo tributario, ai fini della decorrenza del termine breve d'impugnazione, la notifica della sentenza può essere eseguita nei confronti della parte pubblica individuata dall'art. 10 del d.lgs. n. 546 del 1992 e, quindi, presso la sede centrale dell'Agenzia o presso l'ufficio periferico che ha emanato (o non ha emanato) l'atto, a prescindere dalla scelta meramente organizzativa circa la modalità di costituzione nel precedente grado di giudizio (che può avvenire, ai sensi dell'art. 11 del d.lgs. n. 546 del 1992, mediante il Direttore generale, mediante l'ufficio periferico che ha emanato l'atto o mediante l'ufficio del contenzioso della Direzione regionale delle entrate), atteso che l'alternativa, prevista dall'art. 17, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992, tra la notifica a mani proprie o presso il domicilio eletto opera in via generale nei confronti di tutte le parti. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha fatto decorrere il termine breve di cui all'art. 325 c.p.c. dalla notifica della sentenza effettuata presso l'ufficio periferico che aveva emanato l'atto opposto, pur avendo partecipato al giudizio di appello la Direzione regionale delle entrate). (dichiara inammissibile, Comm. Trib. Reg. Toscana, 28/03/2008).

Cass. civ. n. 25122/2014

In tema di IVA, IRPEF ed IRAP, la possibilità di detrarre dall'imposta dovuta quella assolta per l'acquisto di carburanti, destinati ad alimentare i mezzi impiegati per l'esercizio dell'impresa, è subordinata al fatto che le cosiddette "schede carburanti", che l'addetto alla distribuzione è tenuto a rilasciare, rispettino i requisiti di forma e di contenuto richiesti dalla legge e, quindi, siano redatte in conformità al modello allegato al d.P.R. 10 novembre 1997, n. 444, compresa l'indicazione chilometrica, necessaria a fini antielusivi, non surrogabile da altri documenti. (rigetta, Comm. Trib. Reg. Pescara, 25/03/2009).

Cass. civ. n. 22403/2014

In tema di determinazione del reddito d'impresa, ed ai fini della deducibilità delle spese per prestazioni di lavoro dipendente, è onere del contribuente fornire la prova della sussistenza del vincolo della subordinazione. In particolare, è onere della società di capitali, che intenda includere tra i costi deducibili del personale la retribuzione corrisposta, in qualità di dirigente, al membro del consiglio di amministrazione, fornire la prova dell'assoggettamento di quest'ultimo al potere direttivo, di controllo e disciplinare dell'organo di amministrazione nel suo complesso, al fine di escludere che la prestazione fosse svolta in modo autonomo, senza che ricorresse un effettivo rapporto di lavoro subordinato. (cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Milano, 07/11/2008).

Cass. civ. n. 16812/2014

In tema di imposte sui redditi delle persone giuridiche, ai sensi dell'art. 108 (ex 74, secondo comma) del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, il criterio discretivo tra spese di rappresentanza e di pubblicità va individuato nella diversità, anche strategica, degli obiettivi, atteso che costituiscono spese di rappresentanza i costi sostenuti per accrescere il prestigio e l'immagine della società e per potenziarne le possibilità di sviluppo, senza dar luogo ad una aspettativa di incremento delle vendite, mentre sono spese di pubblicità o propaganda quelle erogate per la realizzazione di iniziative tendenti, prevalentemente anche se non esclusivamente, alla pubblicizzazione di prodotti, marchi e servizi, o comunque al fine diretto di incrementare le vendite, sicché è necessaria una rigorosa verifica in fatto della effettiva finalità delle spese. (Nella specie, la S.C. ha escluso che tale verifica potesse considerarsi compiuta in presenza di una motivazione che apoditticamente collegava l'incremento del volume delle scommesse sulle corse dei cavalli con i costi sostenuti per catering, ricevimenti, ristorazione e pernottamenti all'interno di un ippodromo). (cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Roma, 26/04/2012).

Cass. civ. n. 16450/2014

In tema di IVA, laddove ricorrano i presupposti di cui all'art. 15 della Sesta Direttiva del Consiglio CEE del 15 maggio 1977, n. 77/388/CEE (come interpretato dalla giurisprudenza della Corte di giustizia) e, cioè, in presenza di una cessione di beni trasportati o spediti, dal venditore o per suo conto, fuori da dall'Unione Europea, il diritto del contribuente all'esenzione dall'imposta sussiste anche qualora l'esportazione risulti illecita e "a fortiori" formalmente irregolare secondo il diritto nazionale, che va disapplicato se in contrasto con il principio comunitario di neutralità fiscale, diretto ad equiparare le esenzioni nazionali degli Stati membri. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha riconosciuto il diritto all'esenzione da IVA in presenza di una cessione all'esportazione effettuata nella Repubblica di San Marino, pur non avendo la società contribuente provveduto, come richiesto dall'art. 4, comma 1, lett. b), del d.m. 24 dicembre 1993, alla "presa nota a margine" nel registro IVA delle fatture di vendita). (rigetta, Comm. Trib. Reg. Milano, 12/01/2007).

Cass. civ. n. 9560/2014

In tema di radiofonia mobile, l'abrogazione dell'art. 318 del d.P.R. 28 marzo 1973, n. 156, ad opera dell'art. 218 del d.lgs. 1 agosto 2003, n. 259, non ha fatto venire meno l'assoggettabilità dell'uso del "telefono cellulare" alla tassa governativa di cui all'art. 21 della tariffa allegata al d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641, in quanto la relativa previsione è riprodotta nell'art. 160 del d.lgs. n. 259 cit. Va, infatti, esclusa - come anche desumibile dalla norma interpretativa introdotta con l'art. 2, comma 4, del d.l. 24 gennaio 2014, n. 4, conv. con modif. in legge 28 marzo 2014, n. 50, che ha inteso la nozione di stazioni radioelettriche come inclusiva del servizio radiomobile terrestre di comunicazione - una differenziazione di regolamentazione tra "telefoni cellulari" e "radio-trasmittenti", risultando entrambi soggetti, quanto alle condizioni di accesso, al d.lgs. 259 cit. (attuativo, in particolare, della direttiva 2002/20/CE, cosiddetta direttiva autorizzazioni), e, quanto ai requisiti tecnici per la messa in commercio, al d.lgs. 5 settembre 2001, n. 269 (attuativo della direttiva 1999/5/CE), sicché il rinvio, di carattere non recettizio, operato dalla regola tariffaria deve intendersi riferito attualmente all'art. 160 della nuova normativa, tanto più che, ai sensi dell'art. 219 del medesimo d.lgs., dalla liberalizzazione del sistema delle comunicazioni non possono derivare "nuovi o maggiori oneri per lo Stato", e, dunque, neppure una riduzione degli introiti anteriormente percepiti. Né, in ogni caso, l'applicabilità di siffatta tassa si pone in contrasto con la disciplina comunitaria attesa l'esplicita esclusione di ogni incompatibilità affermata dalla Corte di giustizia (CGCE, 12 dicembre 2013 in C-335/2013). (cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Reg. Venezia, 14/10/2011).

In tema di radiofonia mobile, gli enti locali sono tenuti al pagamento della tassa governativa sugli abbonamenti telefonici cellulari, non estendendosi ad essi l'esenzione riconosciuta dall'art. 13 bis, primo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641, a favore dell'Amministrazione dello Stato, trattandosi di norma di agevolazione fiscale di stretta interpretazione, e attesa, ai sensi dell'art. 1, comma 2, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, l'inesistenza di una generalizzata assimilazione tra amministrazioni pubbliche, la cui configurabilità presuppone una specifica scelta (nella specie, non adottata) legislativa. (cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Reg. Venezia, 14/10/2011).

Cass. civ. n. 24939/2013

In tema di deduzioni ai fini IRPEG ed IRAP, i costi di natura straordinaria per la loro utilità pluriennale, ai sensi dell'art. 2426, primo comma, numero 5), cod. civ., possono - previo consenso del collegio sindacale ove esistente - essere iscritti nell'attivo, anziché essere imputati in conto economico come componenti negativi del reddito di esercizio in cui sono sostenuti, ove la società ritenga, in base ad una scelta fondata su criteri di discrezionalità tecnica, di capitalizzarli in vista di un successivo ammortamento pluriennale invece di far gravare i costi interamente sull'esercizio in cui sono stati sostenuti; tale valutazione, ai fini della graduazione del beneficio, deve tenere conto che l'iscrizione di queste spese all'attivo dello stato patrimoniale è consentita, oltre che dall'utilità pluriennale, di cui siano causa immediata e diretta, anche dalla circostanza che esse non abbiano avuto, come contropartita, l'incremento di valore di specifici beni o diritti anch'essi iscritti all'attivo. (dichiara inammissibile, Comm. Trib. Reg. Napoli, 11/11/2010).

Cass. civ. n. 24932/2013

In tema di detrazione IVA, ai sensi dell'art. 17, paragrafo 6, della sesta Direttiva del Consiglio CEE n. 77/388, le spese di rappresentanza, ove non abbiano un carattere strettamente professionale in quanto volte a propiziare la crescita di immagine, non si possono considerare impiegate ai fini di operazioni soggette ad imposta da parte del soggetto passivo che intende esercitare il diritto di detrazione. Ne consegue che le spese di rappresentanza sostenute da una società farmaceutica per l'organizzazione di congressi e convegni e per l'acquisto di beni da destinare ad omaggi o per il pagamento, in favore dei partecipanti, del soggiorno ed ospitalità, sono deducibili entro i limiti indicati dall'art. 74 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, purché si dimostri che rispondono, quanto alla finalità, ad esigenze di carattere professionale e di rilevante interesse scientifico e, quanto ai modi, a criteri di ragionevolezza e di subalternità rispetto agli scopi scientifici. Tali spese, invece, vanno qualificate come relative a pubblicità diretta, regolamentate ai sensi dell'art. 36, comma 13, legge 27 dicembre 1997, n. 449, qualora, non siano volte ad incentivare il prodotto in sé, ma soltanto a favorire la partecipazione dei medici per propiziare la crescita d'immagine della società offerente, non potendo essere considerata di carattere strettamente professionale. (cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Firenze, 14/04/2007).

Cass. civ. n. 23136/2013

In tema di agevolazioni fiscali per investimenti produttivi in aree svantaggiate ai sensi dell'art. 8 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, è necessario che le relative spese siano riferite a beni strumentali nuovi, fiscalmente ammortizzabili tra gli immobilizzi materiali ai sensi degli artt. 67 e 68 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 ("ratione temporis" vigente) e, ove insistenti su suolo altrui, funzionalmente autonomi rispetto all'immobile del terzo su cui sono realizzati. Ne consegue che, ove si tratti di spese incrementative riferite a beni detenuti a titolo diverso dalla proprietà, pur non essendo la circostanza di per sé sola sufficiente ad escludere l'agevolazione, è decisivo che il bene, per la sua autonomia, sia idoneo ad essere rimosso ed utilizzato separatamente dall'investitore al termine della locazione o comodato del bene altrui cui accede. (cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Napoli, 23/04/2008).

Cass. civ. n. 20249/2013

L'agevolazione della riduzione alla metà dell'IRPEG sancita, per gli "enti ospedalieri", dall'art. 6, primo comma, lett. a), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, espressamente inserita tra quelle di carattere soggettivo, è inapplicabile, pure in via di interpretazione estensiva, alle aziende sanitarie locali costituitesi per effetto del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, non potendo esse, alla stregua del quadro normativo succedutosi nel tempo, equipararsi ai primi, perché assegnatarie, oltre che dell'assistenza ospedaliera, di attività e funzioni nuove e diverse da quelle già di questi ultimi, i quali, peraltro, hanno mantenuto una loro autonomia, o perché costituiti in "aziende ospedaliere" oppure quali "presidi ospedalieri" nell'ambito delle predette a.s.l. (rigetta, Comm. Trib. Reg. Trieste, 08/05/2006).

Cass. civ. n. 17961/2013

In tema di IRPEG, va esclusa l'esenzione dall'imposta in favore della Cassa Nazionale del Notariato, che ha natura di ente previdenziale di diritto privato in forza del d.lgs. 30 giugno 1994, n. 509 ed opera secondo criteri di gestione autonoma e privatistica atteso che l'art. 88 del D.P.R. n. 917, "ratione temporis" vigente, è applicabile - alla stregua di una interpretazione sistematica degli artt. 87, 88 e 108 del medesimo D.P.R. - ai soli enti pubblici tassativamente elencati in quanto diramazione dello Stato e soggetti a criteri gestionali propri delle amministrazioni pubbliche. Né la disciplina di vantaggio è suscettibile di estensione analogica in ragione del carattere eccezionale delle norme tributarie in materia di esenzione e agevolazione. (rigetta, Comm. Trib. Reg. Roma, 27/11/2007).

Cass. civ. n. 17673/2013

Con riferimento alla determinazione della misura del compenso degli amministratori di società di capitali, ai sensi dell'art. 2389, primo comma, cod. civ. (nel testo vigente prima delle modifiche, non decisive sul punto, di cui al d.lgs. n. 6 del 2003), qualora non sia stabilita nello statuto, è necessaria una esplicita delibera assembleare, che non può considerarsi implicita in quella di approvazione del bilancio, attesa: la natura imperativa e inderogabile della previsione normativa, discendente dall'essere la disciplina del funzionamento della società dettata, anche, nell'interesse pubblico al regolare svolgimento dell'attività economica, oltre che dalla previsione come delitto della percezione di compensi non previamente deliberati dall'assemblea (art. 2630, secondo comma, cod. civ., abrogato dall'art. 1 del d.lgs. n. 61 del 2002); la distinta previsione della delibera di approvazione del bilancio e di determinazione dei compensi (art. 2364 nn. 1 e 3 cod. civ.); la mancata liberazione degli amministratori dalla responsabilità di gestione, nel caso di approvazione del bilancio (art. 2434 cod. civ.); il diretto contrasto delle delibere tacite ed implicite con le regole di formazione della volontà della società (art. 2393, secondo comma, cod. civ.). Conseguentemente, l'approvazione del bilancio contenente la posta relativa ai compensi degli amministratori non è idonea a configurare la specifica delibera richiesta dall'art. 2389 cit., salvo che un'assemblea convocata solo per l'approvazione del bilancio, essendo totalitaria, non abbia espressamente discusso e approvato la proposta di determinazione dei compensi degli amministratori. (cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Reg. Torino, 24/11/2009).

Cass. civ. n. 4925/2013

In tema di responsabilità aggravata ai sensi dell'art. 96 cod. proc. civ., non vi è alternatività, ma cumulabilità tra le domande disciplinate dal primo e terzo comma, essendo esse basate su presupposti parzialmente differenti, sicché il giudice, sussistendone le condizioni, può pronunciare condanna applicando entrambe le disposizioni di legge, pur dovendo evitare di ristorare il medesimo pregiudizio due volte. (rigetta, Comm. Trib. Reg. Genova, 19/10/2006).

I canoni percepiti dalle Autorità portuali per la concessione di aree demaniali marittime non sono soggetti ad Irpeg, in quanto le attività degli enti pubblici non economici, pur avendo natura commerciale, non sono assoggettabili ad imposizione quando tali enti agiscono nella loro veste di pubblica autorità, mentre sono assoggettate a tributo quando agiscono come soggetti di diritto privato. (rigetta, Comm. Trib. Reg. Genova, 19/10/2006).

La domanda di risarcimento per responsabilità aggravata, di cui all'art. 96, terzo comma, cod. proc. civ., che può essere riconosciuta d'ufficio dal giudice con condanna del soccombente a somma anche determinata in via equitativa, può essere proposta dalle parti anche nel giudizio di legittimità, essendo stato abrogato dall'art. 46, comma 20, della legge 18 giugno 2009, n. 69 il terzo comma dell'art. 385 cod. proc. civ., già previsto per tale giudizio e fondato sui medesimi presupposti dell'art. 96, comma terzo, cod. proc. civ., con la specificazione dell'importo massimo liquidabile (non superiore al doppio dei massimi tariffari). (rigetta, Comm. Trib. Reg. Genova, 19/10/2006).

Cass. civ. n. 21390/2012

In materia tributaria, costituisce condotta abusiva l'operazione economica che abbia quale suo elemento predominante ed assorbente lo scopo elusivo del fisco, sicché il divieto di siffatte operazioni non opera ove esse possano spiegarsi altrimenti che con il mero conseguimento di risparmi di imposta; la prova del disegno elusivo, nonché delle modalità di manipolazione e di alterazione degli schemi negoziali classici, considerati come irragionevoli in una normale logica di mercato ed utilizzati solo per pervenire a quel risultato fiscale, incombe sull'Amministrazione finanziaria. (Così statuendo, la S.C., riformando sul punto la sentenza impugnata, ha ritenuto non abusiva l'operazione di acquisizione di un terreno edificabile, realizzata attraverso l'acquisto delle quote della società proprietaria dell'area interessata piuttosto che con la fusione per incorporazione di quest'ultima nella società acquirente, ravvisando la non fungibilità, sotto il profilo degli effetti giuridici ed economici, e rispetto all'obbiettivo economico da conseguirsi, tra la cessione di quote sociali dell'alienante e la fusione per incorporazione, regolata, nella specie, dalla disciplina antecedente alla riforma del diritto societario di cui al d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6). (cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Reg. Milano, 29/10/2009).

Cass. civ. n. 19864/2012

La "doppia soccombenza totale" dell'amministrazione finanziaria nei due gradi di giudizio che, ai sensi dell'art. 3, comma 2-bis, del d.l. n. 40 del 2010 (convertito nella legge n. 73 del 2010), consente al contribuente la definizione agevolata della lite tributaria pendente in sede di legittimità, va accertata facendo riferimento esclusivo alla oggettiva posizione di vantaggio o svantaggio in concreto conseguita dall'erario in esito al giudizio di merito, e non già con riferimento alle ragioni poste dal giudice di merito a fondamento della propria decisione. Ne consegue che il suddetto requisito non sussiste (e, di conseguenza, è preclusa al contribuente la definizione agevolata della lite) in tutti i casi in cui il giudice di appello abbia accolto il gravame dell'amministrazione finanziaria, a nulla rilevando se l'accoglimento sia avvenuto a causa dell'infondatezza della pretesa del contribuente, piuttosto che a causa di un errore di giudizio del tutto autonomo e non indotto dalle allegazioni difensive della parte privata. (dichiara inammissibile, Comm. Trib. Reg. Milano, 17/02/2005).

Cass. civ. n. 9096/2012

In tema di reddito d'impresa, le spese relative all'acquisizione di servizi, a norma dell'art. 75 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, ai fini della determinazione dell'esercizio di competenza, si considerano sostenute alla data in cui le prestazioni dalle quali derivano i servizi sono ultimate, non avendo alcun rilievo il momento in cui viene effettuato il pagamento, con l'unica eccezione dei contratti di locazione, mutuo, assicurazione o altri contratti da cui derivino corrispettivi periodici, in relazione ai quali le spese per i corrispettivi sono imputabili all'esercizio di maturazione degli stessi. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che, in relazione all'attività di intermediazione svolta da alcune banche al fine della stipula di un contratto di "leasing", aveva ritenuto imputabili all'esercizio in cui questo era stato concluso anche le spese sostenute per il pagamento della parte di corrispettivo versata successivamente, al termine di un periodo di osservazione di un anno, in funzione delle inadempienze verificatesi, in forza di apposita clausola contrattuale). (rigetta, Comm. Trib. Reg. Milano, 21/07/2006).

Cass. civ. n. 7671/2012

In tema di IRAP, l'art. 5, comma terzo, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, ha fornito un'interpretazione autentica del disposto dell'art. 11, comma terzo, del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, (nel testo risultante dalle modifiche introdotte dall'art. 1, comma primo, lett. b), del d.lgs. 30 dicembre 1999, n. 506), nel senso che sono soggetti all'IRAP pure i contributi esclusi dalla base imponibile delle imposte sui redditi, ed anche se corrisposti in epoca antecedente al 31 dicembre 2002, salvo diverse disposizioni delle leggi istitutive dei singoli contributi o altre disposizioni di carattere speciale. Ne consegue che, ai sensi dell'art. 11, comma terzo, citato, devono essere esclusi dal calcolo per la determinazione della base imponibile dell'IRAP i soli contributi di cui la legge preveda espressamente l'erogazione in correlazione ad un componente negativo indeducibile, senza che tale specifica indicazione normativa possa essere surrogata dalla mera affermazione dell'imprenditore di avere utilizzato il contributo per coprire spese non deducibili. (rigetta, Comm. Trib. Reg. Bari, 15/07/2009).

Cass. civ. n. 6548/2012

In tema di imposte dei redditi e sul valore aggiunto, i costi di sponsorizzazione di un marchio sono deducibili anche da chi, pur non essendo titolare del marchio, tragga comunque un'utilità dallo sfruttamento del segno distintivo altrui, per il potenziale incremento della propria attività commerciale. Tali costi, infatti, ineriscono all'attività di impresa, ai sensi degli artt. 109, comma quinto , del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e 19 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633; il concetto di inerenza è, invero, nozione di origine economica, legata all'idea del reddito come entità calcolata al netto dei costi sostenuti per la sua produzione, che, nel campo fiscale, si traduce in un risparmio di imposta e in relazione alla cui sussistenza, ove si abbia riguardo a spese intrinsecamente necessarie alla produzione del reddito dell'impresa, non incombe alcun onere della prova in capo al contribuente. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva ritenuto deducibili i costi di sponsorizzazione sostenuti dal distributore esclusivo per l'Italia di un prodotto, rilevando che, per la connaturale inerenza degli stessi all'attività di tale soggetto, gravasse sull'Amministrazione l'onere di provare che i medesimi incidessero, invece, in tutto o in parte, sull'attività del produttore del bene e titolare del marchio sponsorizzato). (rigetta, Comm. Trib. Reg. Milano, 21/09/2009).

Cass. civ. n. 3433/2012

In tema di imposte sui redditi, ai sensi dell'art. 108 (ex 74, secondo comma) del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, costituiscono spese di rappresentanza quelle affrontate per iniziative volte ad accrescere il prestigio e l'immagine dell'impresa ed a potenziarne le possibilità di sviluppo, mentre vanno qualificate come spese pubblicitarie o di propaganda quelle erogate per la realizzazione di iniziative tendenti, prevalentemente anche se non esclusivamente, alla pubblicizzazione di prodotti, marchi e servizi, o comunque dell'attività svolta. Pertanto, le spese di sponsorizzazione costituiscono spese di rappresentanza, deducibili nei limiti della norma menzionata, ove il contribuente non provi che all'attività sponsorizzata sia riconducibile una diretta aspettativa di ritorno commerciale. (Nella specie, la società contribuente, garante nel settore degli impianti per imballaggi, non aveva allegato, né provato qualsivoglia diretta aspettativa di ritorno commerciale riconducibile all'attività di un pilota professionista ed all'apposizione di una svista sula sua vettura). (cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Reg. Bologna, 20/04/2010).

Cass. civ. n. 3064/2012

Nel processo tributario, ove l'Amministrazione finanziaria si limiti a ribadire e riproporre in appello le stesse ragioni e argomentazioni poste a sostegno della legittimità del proprio operato, come già dedotto in primo grado, in quanto considerate dalla stessa idonee a sostenere la legittimità dell'avviso di accertamento annullato, è da ritenersi assolto l'onere d'impugnazione specifica previsto dall'art. 53 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, secondo il quale il ricorso in appello deve contenere "i motivi specifici dell'impugnazione" e non già "nuovi motivi", atteso il carattere devolutivo pieno dell'appello, che è un mezzo di impugnazione non limitato al controllo di vizi specifici della sentenza di primo grado, ma rivolto ad ottenere il riesame della causa nel merito. (cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Piemonte Torino, 15/11/2005).

Cass. civ. n. 2276/2011

In tema di imposte sui redditi, le spese sostenute da una società farmaceutica per l'organizzazione di congressi e convegni e per il pagamento, in favore dei medici partecipanti, delle relative spese di viaggio e soggiorno possono essere qualificate come spese di rappresentanza - e come tali deducibili entro i limiti indicati dall'art. 74 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 - purché si dimostri che le attività in questione abbiano rilevante interesse scientifico per lo sviluppo delle conoscenze nei settori della chimica, della tecnica farmaceutica etc., con esclusione di scopi pubblicitari e ricadano nell'ambito delle disposizioni dell'art. 19, comma 14, della legge 11 marzo 1988, n. 67 e relativi regolamenti. (cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Reg. Milano, 14/04/2005).

Cass. civ. n. 22849/2010

In tema di fusione di società, si ha un'operazione fiscalmente neutra e, quindi, soggetta alla specifica disciplina di favore quanto alle imposte sul reddito d'impresa, ai sensi dell'art. 123, commi 1 e 2, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (T.U.I.R.), nel testo "ratione temporis" vigente, quando una società, dopo avere rivalutato in bilancio la partecipazione societaria, interamente posseduta, passando dal criterio del costo di acquisizione a quello del valore del patrimonio netto, ed iscritto la conseguente plusvalenza in una specifica riserva non distribuibile, ai sensi dell'art. 2426, n. 4, cod. civ., a seguito della fusione con incorporazione della società già interamente partecipata, trasferisca l'importo della riserva indistribuibile in una riserva straordinaria. In tal caso, infatti, non si configura il realizzo di una plusvalenza patrimoniale, ai sensi dell'art. 54 T.U.I.R., ma si tratta di una conseguenza necessaria della fusione in quanto, divenuto il patrimonio della partecipata proprietà della partecipante, sono venute meno sia la partecipazione (la cui valutazione secondo il patrimonio netto aveva comportato iscrizione della relativa plusvalenza nella riserva di cui al citato art. 2426, n. 4, cod. civ.), sia la ragione stessa della presenza, nel bilancio della (già) partecipante (poi incorporante), di una riserva non distribuibile. (rigetta, Comm. Trib. Reg. Brescia, 15/11/2004).

Cass. civ. n. 13851/2010

In tema di imposte sui redditi, nella disciplina dell'art. 74, terzo comma, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, applicabile "ratione temporis" all'esercizio 1994, le spese per la selezione, formazione manageriale ed aggiornamento tecnico professionale del personale non costituiscono una categoria omogenea ai fini della deducibilità dal reddito d'impresa, in quanto soltanto le spese di formazione ed aggiornamento possono considerarsi pluriennali, e quindi deducibili in più esercizi, mentre tali non sono le spese relative alla selezione del personale. (cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Roma, 27/05/2002)

In tema di imposte sui redditi, l'art. 64, primo comma, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, nel testo applicabile "ratione temporis" all'esercizio 1994, laddove prevede che le imposte diverse da quelle sui redditi e da quelle per le quali è prevista la rivalsa, anche facoltativa, sono deducibili dal reddito d'imprese nell'esercizio in cui avviene il pagamento, usa il termine imposte in senso ampio, come sinonimo del genere tributo, così riferendosi anche alla tassa sui contratti di borsa di cui all'art. 1 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3278, che, quindi, è deducibile nel solo anno del pagamento e non rientra nella categoria delle spese pluriennali deducibili in più esercizi prevista dall'art. 74, terzo comma, essendo la prestazione patrimoniale imposta sui contratti di borsa non una spesa, ma un tributo pagato sulla spesa effettuata per l'acquisto di titoli mobiliari. (cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Roma, 27/05/2002)

Cass. civ. n. 22790/2009

In tema di determinazione del reddito d'impresa, l'affidamento da parte di più imprese ad un consorzio della gestione esclusiva di determinati affari d'interesse comune (pubblicità, rappresentanza, sicurezza, logistica, ecc.) con sopportazione della relativa spesa "pro quota", non spoglia l'impresa consorziata della propria soggettività giuridica e fiscale, né attribuisce al consorzio una natura puramente neutrale, con la conseguenza che: 1) tanto il consorzio, quanto ogni singola consorziata, sono soggetti all'imposta sul reddito delle persone giuridiche, ed il reddito derivante dall'esercizio delle rispettive imprese commerciali è soggetto ad imposta, nei modi stabiliti dall'art. 51, e segg., del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917; 2) l'impresa consorziata (come pure il consorzio) è parte del rapporto tributario avente ad oggetto il risultato della propria attività economica, da cui deriva la legittimazione ad impugnare la pretesa fiscale espressa nell'atto impositivo; 3) la parte di spesa affrontata da ciascuna impresa, in base al patto consortile, per assicurarsi i vantaggi derivanti dall'istituzione del consorzio, non ha in se stessa, indefettibilmente, la connotazione d'inerenza, ai sensi ed ai fini dell'art. 75, comma 5, del d.P.R. cit., essendo invece ogni consorziata tenuta a dimostrare, ai fini della deducibilità, se ed in quale misura, tale spesa sia stata effettivamente sostenuta dal consorzio e si riferisca (anche) ad attività o beni propri (inerenza), da cui siano derivati ricavi od altri proventi che abbiano concorso a formarne il reddito. (rigetta, Comm. Trib. Reg. Milano, 13/02/2001).

Cass. civ. n. 14326/2009

Ai fini della determinazione del reddito di impresa, le spese sostenute per la selezione del personale da assumere a tempo indeterminato non possono essere considerate "altre spese relative a più esercizi", ai sensi del terzo comma dell'art. 74 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, in quanto vengono erogate soltanto nel momento preliminare della selezione del personale e possono, quindi, essere dedotte dal contribuente nel solo esercizio di competenza. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza della Commissione tributaria regionale che aveva ritenuto deducibili, pro quota annuale, le spese sostenute da una società per inserzioni giornalistiche, radiotelevisive e remunerazioni dei selettori, finalizzate all'assunzione di personale a tempo indeterminato). (cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Milano, 31/07/2001).

Cass. civ. n. 8482/2009

Ai fini della determinazione del reddito di impresa, le spese sostenute per la selezione del personale da assumere a tempo indeterminato non possono essere considerate "altre spese relative a più esercizi", ai sensi del terzo comma dell'art. 74 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, in quanto vengono erogate soltanto nel momento preliminare della selezione del personale e possono, quindi, essere dedotte dal contribuente nel solo esercizio di competenza. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza della Commissione tributaria regionale che aveva ritenuto deducibili, pro quota annuale, le spese sostenute da una società per inserzioni giornalistiche, radiotelevisive e remunerazioni dei selettori, finalizzate all'assunzione di personale a tempo indeterminato). (cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Milano, 31/07/2001).

Cass. civ. n. 28176/2008

In tema di Irpeg, l'art. 88, comma secondo, lett. c), del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 dispone che l'esercizio di attività previdenziali, assistenziali e sanitarie da parte di enti pubblici istituiti esclusivamente a tal fine non costituisce esercizio di attività commerciale; pertanto, il reddito fondiario degli immobili strumentali utilizzati in relazione a tali attività non subisce la "trasformazione" in reddito d'impresa ex art. 40, primo comma, del d.P.R. n. 917 del 1986, con la conseguenza che il reddito complessivo va determinato sommando i vari redditi, compresi quelli fondiari, come espressamente dispone l'art. 108 del d.P.R. citato. Ne consegue la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale di quest'ultimo articolo, sollevata in riferimento agli artt. 32 (trattandosi nella specie di immobili strumentali dell'Ulss, già Usl) e 53 Cost. posto che gli immobili in questione non producono reddito d'impresa. (cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Reg. Venezia, 22 giugno 2005)

Cass. civ. n. 21270/2008

In tema di reddito d'impresa, nell'ambito della distinzione prevista, ai fini della diversa deducibilità, dall'art. 74, comma 2, della legge 22 dicembre 1986, n. 917, le spese di ospitalità sostenute da aziende produttrici di farmaci nella organizzazione di convegni o congressi sono qualificabili quali spese di rappresentanza, deducibili nella misura di un terzo del relativo ammontare, e non come spese di pubblicità o propaganda, integralmente deducibili, atteso che hanno quale effetto quello di accrescere il prestigio della società organizzatrice, ma non costituiscono spese necessarie per l'attività propagandistica o di incentivazione del prodotto. Nell'ambito delle spese di rappresentanza, poi, le spese di vitto non possono essere ricomprese nell'ambito delle spese integralmente detraibili se di valore inferiore alle vecchie 50.000 lire italiane, posto che la norma si riferisce inequivocabilmente a beni ed oggetti materiali distribuiti gratuitamente, e non può ritenersi riferita anche all'offerta del vitto, che non è inquadrabile nella categoria dei beni, ma più propriamente in quella dei servizi, in quanto attiene fondamentalmente all'attività di manipolazione necessaria per la preparazione del cibo e di distribuzione ai commensali. (rigetta, Comm. Trib. Reg. Milano, 6 novembre 2001).

Cass. civ. n. 17602/2008

In materia di imposte sui redditi, rientrano tra le spese di rappresentanza di cui all'art. 74 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, i costi sostenuti per accrescere il prestigio della società senza dar luogo ad una aspettativa di incremento delle vendite, mentre ne restano escluse le spese di pubblicità e propaganda, aventi come scopo preminente quello di informare i consumatori circa l'esistenza di beni e servizi prodotti dall'impresa, con l'evidenziazione e l'esaltazione delle loro caratteristiche e dell'idoneità a soddisfare i bisogni al fine di incrementare le vendite; occorrendo, di conseguenza, una rigorosa verifica in fatto della effettiva finalità delle spese e della loro diretta imputabilità. (Nella specie la S.C. ha cassato la sentenza di merito, che aveva qualificato quelle sostenute dalla contribuente come spese di pubblicità, in quanto priva di un'adeguata motivazione atta a suffragare quanto ritenuto, avendo basato la valutazione sulla natura delle spese unicamente sull'elenco delle voci riepilogative dei recuperi alludenti a oggettistica varia e costi di spedizione, senza prendere in esame le pezze giustificative con le causali dei costi e le comunicazioni aziendali allegate dalla società ricorrente). (cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Bologna, 20 Giugno 2002).

In tema di imposte sui redditi, le difficoltà interpretative determinate dai ripetuti ripensamenti dell'Amministrazione finanziaria e dai contrastanti orientamenti giurisprudenziali in ordine alla deducibilità dal reddito d'impresa degli accantonamenti relativi all'indennità suppletiva di clientela, prevista dagli accordi economici collettivi che disciplinano i rapporti di agenzia e rappresentanza commerciale, giustificano la disapplicazione delle sanzioni amministrative irrogate a seguito del mancato riconoscimento della deduzione, senza che assuma alcun rilievo, in contrario, il mancato esercizio da parte del contribuente della facoltà di interpellare al riguardo l'Amministrazione, in quanto l'oggettiva incertezza richiesta dall'art. 8 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 e dall'art. 6, comma secondo, del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 ai fini della disapplicazione deve collegarsi non già ad uno stato soggettivo e temporaneo superabile attraverso la fattiva attivazione del contribuente nelle sedi appropriate, ma ad una caratteristica intrinseca ed obiettiva del dato normativo. (cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Bologna, 20 Giugno 2002).

Cass. civ. n. 13220/2007

In tema di accertamento delle imposte sui redditi, l'esercizio dell'attività di intermediazione immobiliare, addotto dal contribuente a giustificazione di movimenti effettuati sui propri conti correnti bancari, consente di escludere che, in applicazione della presunzione di cui all'art. 39, primo comma, lettera d), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, i relativi versamenti corrispondano a ricavi non dichiarati, soltanto qualora si accerti che il contribuente ha versato sul proprio conto corrente denaro di terzi, che gli abbiano conferito il mandato di compiere operazioni sul mercato immobiliare; in mancanza di detta prova, la deduzione dal presunto reddito dei costi e delle spese sostenuti per l'acquisto degli immobili postula, qualora l'attività imprenditoriale di compravendita immobiliare sia parte di quella professionale del contribuente, la dichiarazione di tale attività e l'annotazione dei relativi movimenti di somme nel registro di cui all'art. 19 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ovvero, qualora si tratti di un'attività ulteriore e distinta da quella professionale, ma ugualmente non registrata e non dichiarata, l'osservanza delle speciali disposizioni relative alla deducibilità dei costi. (cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Milano, 20 Giugno 2001).

In tema di accertamento delle imposte sui redditi, l'efficacia retroattiva dell'art. 2, comma 6-bis, del d.l. 27 aprile 1990 n. 90, convertito con modificazioni dalla legge 26 giugno 1990, n. 165, il quale ha fornito l'interpretazione autentica degli artt. 74 e 75 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, prevedendo la deducibilità delle spese e dei componenti negativi del reddito d'impresa anche in mancanza dell'iscrizione nel conto dei profitti e delle perdite, e l'ulteriore ampliamento delle facoltà di prova del contribuente, derivante dall'art. 5 del d.P.R. 9 dicembre 1996, n. 695, cheha abolito, con effetto anche sui processi pendenti, l'obbligo di registrazione previsto dal comma sesto dell'art. 75 cit., non escludono la necessità che i predetti componenti siano desumibili da una contabilità regolarmente tenuta, la quale consenta di correlarli ai ricavi. (cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Napoli, 18 Dicembre 2000)

Cass. civ. n. 12290/2007

In tema di accertamento delle imposte sui redditi, l'esercizio dell'attività di intermediazione immobiliare, addotto dal contribuente a giustificazione di movimenti effettuati sui propri conti correnti bancari, consente di escludere che, in applicazione della presunzione di cui all'art. 39, primo comma, lettera d), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, i relativi versamenti corrispondano a ricavi non dichiarati, soltanto qualora si accerti che il contribuente ha versato sul proprio conto corrente denaro di terzi, che gli abbiano conferito il mandato di compiere operazioni sul mercato immobiliare; in mancanza di detta prova, la deduzione dal presunto reddito dei costi e delle spese sostenuti per l'acquisto degli immobili postula, qualora l'attività imprenditoriale di compravendita immobiliare sia parte di quella professionale del contribuente, la dichiarazione di tale attività e l'annotazione dei relativi movimenti di somme nel registro di cui all'art. 19 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ovvero, qualora si tratti di un'attività ulteriore e distinta da quella professionale, ma ugualmente non registrata e non dichiarata, l'osservanza delle speciali disposizioni relative alla deducibilità dei costi. (cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Milano, 20 Giugno 2001).

Cass. civ. n. 11226/2007

La sentenza del giudice tributario con la quale si accerta il contenuto e l'entità degli obblighi del contribuente per un determinato anno d'imposta può fare stato anche con riferimento alle imposte dello stesso tipo dovute per gli anni successivi solo per quanto attiene le qualificazioni giuridiche o altri elementi preliminari correlati ad un interesse protetto avente il carattere della durevolezza, mentre non può avere alcuna efficacia vincolante quando l'accertamento relativo ai diversi anni d'imposta debba fondarsi su dati e ricostruzioni contabili diversi. (rigetta, Comm. Trib. Reg. Roma, 20 Dicembre 2000).

In tema di imposte sui redditi, rientrano nel concetto di spese di pubblicità, ai sensi dell'art. 74 del d.P.R. n. 917 del 1986, non solo le spese di pubblicità in senso stretto, ma anche tutte quelle che hanno in concreto lo scopo di incrementare le vendite, non esaurendosi nel fine di accrescere il prestigio della società. (rigetta, Comm. Trib. Reg. Roma, 20 Dicembre 2000).

In tema di contenzioso tributario, la rinuncia nel corso del giudizio, da parte dell'erario, ad una pretesa fiscale nei confronti del contribuente comporta di per sé la rinuncia alle sanzioni amministrative astrattamente derivanti dalla condotta che l'amministrazione ha rinunciato a fare accertare. (rigetta, Comm. Trib. Reg. Roma, 20 Dicembre 2000).

Cass. civ. n. 10959/2007

In materia di imposte sui redditi, rientrano tra le spese di rappresentanza di cui all'articolo 74 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, i costi sostenuti per accrescere il prestigio della società senza dar luogo ad una aspettativa di incremento delle vendite, mentre ne restano escluse le spese sostenute per incrementare le vendite; i pranzi offerti ai clienti non costituiscono spese di rappresentanza qualora sussista una diretta finalità promozionale e di incremento delle vendite (nella specie la S.C. ha ritenuto la sentenza di merito, che aveva qualificato quelle sostenute dalla contribuente come spese di pubblicità in quanto dirette ad aumentare il volume delle vendite, priva di un'adeguata motivazione atta a suffragare quanto ritenuto, non consentendo di ricostruire l'"iter logico" che aveva indotto il giudice di seconde cure a ritenere le dette spese dirette ad aumentare il volume delle vendite, occorrendo una rigorosa verifica in fatto della effettiva finalità delle spese e della sua diretta imputabilità). (cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Venezia, 24 Febbraio 2000).

In tema di imposte sui redditi, e con riguardo alla determinazione del reddito d'impresa, l'art. 70, terzo comma, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, nello stabilire che le disposizioni dei precedenti commi secondo e terzo, concernenti la deducubilità degli accantonamenti ai fondi per le indennità di fine rapporto e ai fondi di previdenza del personale dipendente, "valgono anche per gli accantonamenti relativi alle indennità di fine rapporto di cui alle lettere c), del comma primo dell'art. 16" dello stesso t.u. - norma quest'ultima secondo la quale l'imposta si applica separatamente alle "indennità percepite per la cessazione dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, di cui al comma secondo dell'art. 49, se il diritto all'indennità risulta da atto di data certa anteriore all'inizio del rapporto" -, opera un rinvio non ai soli fini dell'identificazione della categoria del rapporto sottostante cui si riferisce l'indennità (nel qual caso sarebbe stato sufficiente il rinvio al secondo comma dell'art. 49 - pure menzionato alla lettera c dell'art. 16 -, che individua appunto i redditi di lavoro autonomo, fra i quali rientra quello dell'amministratore della srl di cui alla controversia di specie), ma altresì ai fini della sussistenza delle condizioni richieste dalla stessa lettera c) dell'art. 16, e cioè che "il diritto all'indennità risulta da atto di data certa anteriore all'inizio del rapporto". (cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Venezia, 24 Febbraio 2000).

Cass. civ. n. 9567/2007

In tema di imposte sui redditi, il criterio distintivo tra spese di pubblicità o propaganda e spese di rappresentanza, diversamente disciplinate dall'art. 74, comma secondo, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, va individuato nella diversità, anche strategica, dei rispettivi obiettivi, svincolati nel secondo caso da una diretta aspettativa di ritorno commerciale, e collegati nel primo ad un incremento più o meno immediato della vendita di quanto realizzato nei vari cicli produttivi ed in determinati contesti, anche temporali: pertanto, fermo restando che entrambe le tipologie di costi debbono trovare giustificazione in iniziative coerenti con gli scopi dell'impresa, e che le une e le altre ne realizzano, in definitiva, gli interessi, costituiscono spese di rappresentanza quelle affrontate per iniziative volte ad accrescere il prestigio e l'immagine dell'impresa ed a potenziarne le possibilità di sviluppo, mentre vanno qualificate come spese pubblicitarie o di propaganda quelle erogate per la realizzazione di iniziative tendenti, prevalentemente anche se non esclusivamente, alla pubblicizzazione di prodotti, marchi e servizi, o comunque dell'attività svolta. (rigetta, Comm. Trib. Reg. Milano, 9 Maggio 2000).

Cass. civ. n. 525/2007

In tema di contenzioso tributario, qualora il contribuente impugni l'avviso di accertamento con cui, in rettifica del dichiarato reddito d'impresa, l'ufficio consideri utile di esercizio imponibile la somma percepita a rimborso di opere di ristrutturazione di un immobile, non è nuovo e, quindi, inammissibile il motivo di appello con cui l'ufficio riconduca tale introito, già in primo grado definito finanziamento infruttifero, al diverso concetto di contributo di cui all'art. 53, primo comma, lett. e), del d.P.R. n. 917 del 1986, in quanto, inalterati i fatti costitutivi della pretesa fiscale, viene semplicemente introdotta una loro diversa qualificazione giuridica, senza alcuna menomazione del diritto di difesa della controparte. (rigetta, Comm. Trib. Reg. Bologna, 12 Aprile 2000).

Cass. civ. n. 25053/2006

In tema di reddito d'impresa, le attività di promozione dei farmaci e di sostegno all'immagine delle case farmaceutiche si rivolgono per la gran parte ai medici, i quali sono destinatari, in particolare, di una specifica forma di pubblicità mirante non a reclamizzare astrattamente il prodotto decantandone le virtù o la piacevolezza visiva della confezione, ma ad informare il professionista della natura e delle utilità farmaceutiche del prodotto, delle ipotesi in cui esso risulti indicato e di quelle in cui risulti addirittura nocivo. Alla stregua della disciplina dettata dall'art. 74, comma 2, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, costituiscono, pertanto, spese di pubblicità tutte quelle dirette a rendere noto un farmaco presso la classe medica, anche attraverso l'organizzazione di riunioni ed incontri di breve durata e con la partecipazione di un numero ristretto di specialisti, mentre altre spese, rivolte genericamente a promuovere l'immagine della casa farmaceutica costituiscono spese di rappresentanza (all'affermazione del principio la S.C. perviene muovendo dal rilievo che il consumo dei prodotti farmaceutici non è regolato dal criterio del piacere, ma da quello dell'utilità, atteso che la decisione in ordine all'assunzione dei farmaci "utili" è sempre consigliabile, e molto spesso per legge necessario, sia rimessa non al "consumatore", bensì ad un professioniste specializzato, senza dire che il S.s.n. rimborsa solo i farmaci prescritti da un medico). (cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Firenze, 29 Settembre 2000).

L'abrogazione delle norme istitutive dell'imposta locale sui redditi, e la sostituzione di questa con altre imposte, non ha fatto venir meno l'obbligo del contribuente di provvedere al pagamento dell'ILOR per gli anni in cui quella normativa è stata in vigore, né l'obbligo di presentare in relazione a quei periodi d'imposta dichiarazioni veritiere. Da ciò consegue che l'illecito costituito dalla infedele dichiarazione per tali anni non è stato abrogato, continuando ad applicarsi ad esso le relative sanzioni. Di "abolitio criminis" in relazione agli illeciti connessi all'accertamento ed alla riscossione di un'imposta, infatti, può correttamente parlarsi soltanto quando questa venga radicalmente meno, di guisa che essa non possa essere più pretesa e riscossa neppure in riferimento alle annualità pregresse (come a seguito della dichiarazione di incostituzionalità dell'obbligazione ILOR per i lavoratori autonomi); quando, invece, la legge istitutiva di un'imposta venga abrogata a far tempo da una data stabilita dal legislatore, ma l'imposta continui ad essere dovuta per i fatti verificatisi anteriormente, in relazione ad essi l'obbligo di corrispondere l'imposta rimane in vigore, sicché non sono abrogate le norme sanzionatorie che tale obbligazione tributaria assistono. (cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Firenze, 29 Settembre 2000).

Cass. civ. n. 22021/2006

In tema d'imposte sui redditi e con riguardo alla determinazione del reddito d'impresa, l'art. 74, terzo comma, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, nel prevedere la deducibilità delle spese relative a più esercizi, non reca, a differenza dell'art. 67, secondo comma, alcuna tipizzazione dei criteri di esposizione di tali componenti negativi del reddito. Pertanto, la ripartizione pluriennale dei costi in questione non può aver luogo semplicemente applicando i criteri legali stabiliti per gli ammortamenti, dovendo l'impresa indicare specifici criteri commisurati alla durata dell'utilità del bene, al fine di stabilire la quota di costo imputabile a ciascun esercizio. (cassa senza rinvio, Comm. Trib. Reg. Roma, 18 Novembre 1999)

In tema di determinazione del reddito d'impresa, e con riguardo ai presupposti per l'ammortamento - processo tecnico contabile diretto a calcolare il consumo subito dai beni strumentali destinati all'esercizio dell'impresa i cui costi vanno ripartiti in quote pluriennali -, esso può effettuarsi con beni suscettibili di deperimento e consumo dopo un certo numero di anni, sì da dover essere sostituiti quando non risultino più funzionali allo scopo per il quale sono stati acquistati. Dal reddito d'impresa sono infatti detraibili le quote di ammortamento dei beni utilizzabili per un limitato periodo di tempo, perché soggetti a logorio fisico o economico, tant'è che la disciplina fiscale dei diversi coefficienti di ammortamento tiene espressamente conto dell'effettivo tasso di usura al quale sono soggetti i beni strumentali in relazione all'impiego cui vengono singolarmente destinati. Pertanto, considerato che i dipinti acquistati per abbellire le pareti di un albergo non perdono il loro pregio nel tempo, mentre forniscono l'utilità cui sono mirati, ma semmai lo incrementano, i relativi costi d'acquisto non possono essere inclusi fra quelli pluriennali di produzione del reddito, ma vanno piuttosto considerati tra gli investimenti patrimoniali della società. (cassa con rinvio, Comm. Trib. Centrale Roma, 20 Marzo 2000).

In tema di determinazione del reddito d'impresa, il marchio costituisce un bene immateriale ammortizzabile nel valore che rappresenta nell'economia dell'azienda e per la durata per cui si protraggono gli inerenti diritti di esclusiva, ma ad esso resta estranea la spesa occorrente per ottenere la registrazione (vale a dire il compenso al mandatario per la predisposizione del dossier per l'UIBM), la quale si esaurisce nell'esercizio entro il quale è stata sostenuta e va ad esso riferita; analogamente, la spesa afferente la pratica tecnica necessaria ad ottenere un finanziamento per la ristrutturazione di un immobile (nella specie, un albergo) non è condizionata al momento esecutivo di erogazione, ma va piuttosto riferita all'utilità di scopo cui il prestito è diretto, tanto comportando l'inclusione dell'esborso nell'esercizio nel quale è stato fatturato, a prescindere dal periodo in cui sia stato materialmente elargito il mutuo. (cassa con rinvio, Comm. Trib. Centrale Roma, 20 Marzo 2000).

Cass. civ. n. 8344/2006

In tema d'imposte sui redditi e con riguardo alla determinazione del reddito d'impresa, l'art. 74, terzo comma, del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, nel prevedere la deducibilità delle spese relative a più esercizi, non reca, a differenza dell'art. 67, secondo comma, alcuna tipizzazione dei criteri di esposizione di tali componenti negativi del reddito. Pertanto, la ripartizione pluriennale dei costi in questione non può aver luogo semplicemente applicando i criteri legali stabiliti per gli ammortamenti, dovendo l'impresa indicare specifici criteri commisurati alla durata dell'utilità del bene, al fine di stabilire la quota di costo imputabile a ciascun esercizio. (cassa senza rinvio, Comm. Trib. Reg. Roma, 18 Novembre 1999).

Cass. civ. n. 6650/2006

In tema di imposte sui redditi e con riguardo al reddito di impresa, la semplice produzione di documenti di spesa (nella specie, "note spese" liquidate da una società ai propri dipendenti) non prova, di per sé, la sussistenza del requisito della inerenza all'attività di impresa. A tal riguardo, infatti, perché un costo possa essere incluso tra le componenti negative del reddito, non solo è necessario che ne sia certa l'esistenza, ma occorre altresì che ne sia comprovata l'inerenza, vale a dire che si tratti di spesa che si riferisce ad attività da cui derivano ricavi o proventi che concorrono a formare il reddito di impresa. Per provare tale ultimo requisito, non è sufficiente, poi, che la spesa sia stata dall'imprenditore riconosciuta e contabilizzata, atteso che una spesa può essere correttamente inserita nella contabilità aziendale solo se esiste una documentazione di supporto, dalla quale possa ricavarsi, oltre che l'importo, la ragione della stessa. (rigetta, Comm. Trib. Reg. Milano, 26 Marzo 1999).

Cass. civ. n. 372/2006

In tema di reddito d'impresa, per le spese di rappresentanza l'art. 74, comma secondo, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, consente al contribuente di scegliere, analogamente a quanto previsto dal precedente comma primo per le "spese relative a studi e ricerche", fra la deduzione nel solo esercizio di competenza e quella per quote costanti negli esercizi successivi - analoga "ratio" presiedendo alla deducibilità, ai sensi dell'art. 74, comma secondo, prima parte, delle spese di pubblicità nell'esercizio di competenza ovvero negli esercizi successivi per quote costanti -, sicché non si applica, in presenza di una siffatta specifica previsione, la norma di carattere generale del successivo art. 75, comma secondo, lettera b), che stabilisce la contabilizzazione delle spese per servizi alla data in cui le prestazioni sono ultimate. (cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Reg. Milano, 22 Aprile 1999).

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