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Articolo 479 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Trasmissione del diritto di accettazione

Dispositivo dell'art. 479 Codice Civile

Se il chiamato all'eredità muore senza averla accettata, il diritto di accettarla si trasmette agli eredi [459 c.c.](1).

Se questi non sono d'accordo per accettare o rinunziare, colui che accetta l'eredità acquista tutti i diritti e soggiace a tutti i pesi ereditari, mentre vi rimane estraneo chi ha rinunziato(2).

La rinunzia all'eredità propria del trasmittente include rinunzia all'eredità che al medesimo è devoluta [468, 519 ss. c.c.](3).

Note

(1) La norma in commento si applica qualora il chiamato all'eredità (c.d. trasmittente) muoia dopo l'apertura della successione di un altro soggetto ma prima di averla accettata. Il diritto di accettare l'eredità del primo de cuius entra a far parte del patrimonio del trasmittente e, al decesso di questo, è ricompreso tra i diritti sui quali si apre la successione.
(2) Se gli eredi del trasmittente sono più d'uno, ciascuno è libero di accettare o meno l'eredità trasmessa dal primo de cuius. Dei debiti e pesi ereditari dell'eredità del primo defunto, rispondono soltanto coloro che hanno accettato l'eredità di questi.
(3) Mentre è consentito rinunciare all'eredità del primo defunto e accettare l'eredità del trasmittente, non è ammesso il contrario. Per accettare l'eredità del primo defunto è indispensabile aver accettato l'eredità del trasmittente poichè il diritto di accettare la prima consegue dall'accettazione della seconda.

Ratio Legis

La norma consente di individuare soggetti a cui l'eredità possa essere devoluta, anche qualora il chiamato muoia prima di aver accettato l'eredità.

Brocardi

Delationis transmissio
Transmissio iustinianea

Spiegazione dell'art. 479 Codice Civile

All'apertura della successione il chiamato non è immediatamente erede, ma esclusivamente titolare di due distinte situazioni giuridiche:
  1. il diritto di accettare l'eredità che ha natura di diritto potestativo;
  2. i poteri di amministrare la massa ereditaria ai sensi dell'art. 460 del codice civile.
La delazione ereditaria, infatti, non determina l'acquisto dell'eredità, ma attribuisce esclusivamente il diritto di accettarla.

Tale diritto, qualora il delato (c.d. trasmittente) muoia senza averlo esercitato, verrà trasmesso agli eredi (c.d. trasmissari) di quest'ultimo essendo un diritto di natura patrimoniale ed in quanto tale trasmissibile per successione alla morte del suo titolare.

Il legislatore, prevedendo un'eccezione al principio di indisponibilità della delazione, ha in tal modo voluto preferire gli eredi del delato agli ulteriori chiamati dell'originario de cuius.

Presupposto indefettibile affinché operi la trasmissione è che il delato all'eredità muoia prima di aver accettato l'eredità e senza aver definitivamente perduto il diritto di accettarla.
Qualora il delato morisse dopo aver rinunciato all'eredità ai sensi dell'art. 519 del codice civile la trasmissione del diritto potrebbe ancora attuarsi qualora sussistessero i presupposti per la revoca della rinunzia di cui all'art. 525 del codice civile.

Qualora un soggetto sia chiamato in subordine (si pensi all'ipotesi di sostituzione ordinaria) e dopo la sua morte il primo chiamato rinunci all'eredità e non operi nei suoi confronti la rappresentazione, il diritto di accettare del secondo chiamato si trasmetterà ai suoi eredi operando anche in tale ipotesi l'istituto in esame poiché ai sensi dell'art. 521 del codice civile il primo chiamato in seguito alla rinuncia deve considerarsi come mai chiamato e di conseguenza il chiamato in subordine assume la qualità di unico chiamato cui si applicherà la disciplina della trasmissione.
Ai fini di una maggiore intelligibilità si faccia il seguente esempio: Tizio muore lasciando a succedergli quale primo chiamato Caio e quale ulteriore chiamato Sempronio. Sempronio dopo l'apertura della successione muore, dopo la sua morte Caio rinuncia all'eredità di Tizio. Caio ex art. 521 del codice civile deve considerarsi come mai chiamato all'eredità e unico delato risulta dunque Sempronio il quale morendo ha trasmesso il suo diritto di accettare ai propri eredi.

Costituendo la trasmissione un'eccezione al principio di indisponibilità della delazione, come sopra anticipato, la stessa è ammessa esclusivamente in caso di successione a titolo universale per legge o testamento non operando in caso di disposizione a titolo particolare mortis causa (legato) dell'eredità o di disposizione inter vivos dei diritti ereditari. In questi casi infatti si avrà un atto dispositivo della delazione che determinerà accettazione tacita della stessa ai sensi dell'art. 477 del codice civile.

L'operare della trasmissione determina in capo al trasmissario il sorgere di due distinte delazioni: una nei confronti dell'originario de cuius e una nei confronti del suo trasmittente.
Ne consegue che il trasmissario sarà titolare di due diritti di accettare l'eredità uno relativo all'eredità dell'originario de cuius e uno nei confronti del suo trasmittente.

Qualora il trasmissario accetti l'eredità del trasmittente potrà successivamente accettare o rinunziare a quella dell'originario de cuius.
Qualora, invece, accetti quella dell'originario de ciuius avendo disposto di un diritto facente parte dell'eredità del trasmittente avrà anche tacitamente accettato l'eredità di quest'ultimo.

Allo stesso modo qualora il trasmissario rinunci all'eredità del trasmittente ciò determinerà anche la rinuncia all'eredità dell'originario de cuius il cui diritto di accettare fa parte dell'eredità rinunciata.
Qualora invece il trasmissario rinunci all'eredità dell'originario de cuius ciò comporterà la disposizione di un diritto facente parte dell'eredità del trasmittente con conseguente accettazione tacita della sua eredità.

In caso di pluralità di trasmissari stante l'unicità della delazione:
  1. si determinerà in capo ai trasmissari accettanti una situazione di contitolarità;
  2. le quote dei trasmissari rinuncianti spetteranno ai trasmissari accettanti.

Quanto ai rapporti tra gli istituti della trasmissione, della rappresentazione, della sostituzione ordinaria e dell'accrescimento.
La trasmissione prevale sugli altri istituti in quanto qualora ricorrano i presupposti della trasmissione la delazione non viene meno, ma viene trasmessa agli eredi del trasmittente, mentre presupposto affinché operino gli istituti della rappresentazione della sostituzione e dell'accrescimento è che venga meno la delazione del chiamato.




Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 479 Codice Civile

Cass. civ. n. 22175/2020

Ai fini dell'imposta di successione, il presupposto dell'imposizione tributaria è costituito dalla chiamata all'eredità, non già dall'accettazione, così che, allorché la successione riguardi anche l'eredità devoluta al dante causa e da costui non ancora accettata, l'erede è tenuto al pagamento dell'imposta anche relativamente alla successione apertasi in precedenza a favore del suo autore, la cui delazione sia stata a lui trasmessa ai sensi dell'art. 479 c.c.

Cass. civ. n. 19303/2017

In caso di trasmissione del diritto di accettare l'eredità, il trasmissario deve compiere due distinti atti di accettazione, essendo chiamato a succedere in due eredità, quella originaria e quella del trasmittente, sicché l'acquisto della qualità di erede del trasmittente non implica automaticamente anche l'acquisto dell'eredità alla quale quest'ultimo era chiamato.

Cass. civ. n. 1628/1985

La facoltà di accettazione tacita dell'eredità a norma dell'art. 476 c.c., spetta anche agli eredi del chiamato all'eredità il quale sia deceduto prima di averla accettata, in quanto, secondo l'art. 479, la delazione resta identica nel passaggio dal chiamato al suo erede, con la conseguenza che quest'ultimo oltre ad accettare l'eredità così come poteva accettarla il suo autore, può compiere, rispetto all'eredità, il cui diritto di accettare gli viene trasmesso, tutti gli atti spettanti al chiamato che prima della sua morte non abbia accettato l'eredità.

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Consulenze legali
relative all'articolo 479 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

M. P. chiede
lunedì 21/10/2024
“Salve,
la mia domanda riguarda la successione ereditaria di mio zio ”C”.
In origine erano quattro fratelli: “A” ”B” ”C” ”D”.
”B” è mia madre.
Il primo a morire è il più giovane “D” a febbraio 2003. Lascia moglie e una figlia.
Un anno dopo, febbraio 2024, muore suo fratello “C”. Non era sposato e non aveva figli. Non lascia testamento. Viene presentata in Comune la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà in cui vengono indicati come eredi i due fratelli superstiti “A”, ”B” e la figlia del fratello premorto in base al principio della rappresentazione
Dopo qualche mese, fine luglio 2024, muore il fratello più grande ”A”. Lascia una moglie. Non hanno avuto figli e muore senza lasciare testamento. Suoi eredi sono per i 2/3 la moglie e per 1/3 la nipote e la sorella “B”.
L’avvocato sostiene inizialmente che in base al principio della rappresentazione la moglie di ”A” subentra ad ”A” nella successione di “C”. Gli contesto che, per quanto ne so, tale principio non trova applicazione per gli affini. Si corregge e mi dice che subentra in base all’art. 479 c.c.
Le incertezze dell’avvocato sia nel lessico che nell’indicazione degli articoli di legge da applicare mi costringono a richiedere un’ulteriore consulenza e a sostenere, quindi, un aggravio di costi per me ma mi preme sapere ha ragione l’avvocato: mio zio ”A” era vivo al momento della morte di ”C” e quindi ne è erede. Morendo, sua moglie e sua erede gli subentra nell’eredità di ”C”?
L’art. 479 c.c., quindi, non tutela solo la parentela ma anche l’affinità? Se ”A” e sua moglie avessero avuto dei figli avrei capito… ma la moglie di ”A” è cognata di ”C” ed è legata a quest’ultimo solo da legami di affinità. Ha comunque diritto a un terzo dell’eredità di ”C”?
Grazie.”
Consulenza legale i 26/10/2024
La soluzione al quesito richiede una brevissima disamina dei due istituti giuridici coinvolti e dei requisiti per la loro applicazione: la rappresentazione e la trasmissione del diritto di accettare.

L’istituto della rappresentazione viene disciplinato all’interno degli artt. 467 e seguenti c.c.
Perché possa operare, sono richiesti determinati requisiti soggettivi, e precisamente:
  • il rappresentato (ossia il chiamato che non può o non vuole accettare l’eredità) deve essere un figlio o un fratello del de cuius;
  • il rappresentante (ossia colui che subentra al rappresentato) deve essere un discendente del rappresentato.

Nel caso di specie, poiché "A" non ha avuto discendenti, l’istituto della rappresentazione non può trovare applicazione, non potendo peraltro valere in favore del coniuge del rappresentato (come correttamente viene precisato nel quesito).

Inoltre, i requisiti oggettivi della rappresentazione richiedono che il chiamato non possa (ad esempio, perché premorto al de cuius) o non voglia (esempio, rinunzia) accettare l’eredità.

Nella fattispecie in esame, invece, “A” risulta deceduto dopo l’apertura della successione di “C” senza avere accettato l’eredità, il che rende inapplicabile, anche sotto questo profilo, la rappresentazione.

In questa situazione trova invece applicazione l’istituto della trasmissione del diritto di accettare, disciplinato dall’art. 479 c.c.
Tale istituto non richiede alcun requisito soggettivo al fine della sua operabilità, essendo sufficiente l’elemento oggettivo della morte del chiamato senza aver potuto esercitare il diritto di accettare.
Questo diritto, nel caso in esame, è entrato nel patrimonio giuridico di “A”, trasmettendosi, alla sua morte e quindi in seguito all’apertura della successione, agli eredi di “A”, in questo caso la moglie, in ragione di 1/3 indiviso.



Anonimo chiede
venerdì 17/05/2024
“Spett.le Borcardi.it
Oggetto: successione ereditaria.
Le parti:
-(A) Figlio di (B).
-(B) Madre di (A).
-(C) figlia di (A) e nipote di (B)
-D) sorella di (A) e figlia di (B)
Dunque.
Il Figlio (A) in pensione, il cui suo patrimonio è di sole passività (quindi non proponibile l’accettazione con benefico di inventario della sua eredità) ha deciso di prendersi cura dell’anziana madre vedova (B) nel ruolo di caregiver, a tal fine, ha trasferito la sua residenza nell’abitazione di proprietà della madre (B), senza portare con se alcun bene mobile personale (in quanto inesistenti) salvo gli effetti di prima necessità ossia gli abiti.
Gli arredi dell’appartamento e quanto altro ivi presente in esso sono di proprietà della madre, dove vive da 40 anni.
La madre (B) ha una seconda figlia (C) che vive per conto proprio.
Il Figlio indebitato (A) non sposato, ha una figlia maggiorenne (D), che abita separatamente per conto proprio.
Quando il figlio (A) muore, la figlia (D) rinuncia l’eredità del padre defunto.
La madre (B) del defunto (A), a seguito della rinuncia all’eredità della nipote (D) subentra automaticamente nella successione del figlio (A), (così, nella fattispecie, credo che la sorella (C) del defunto fratello (A) subentri nella successione in qualche modo).
La domanda è:
-1) come evitare che i debiti del figlio (A) vengano trasmessi alla madre convivente (B) anche e non solo in relazione alla presunzione del possesso di beni del figlio defunto, per evitare la trasmissione dei debiti?
In quanto, se (B) non rinuncia l’eredità di (A), i debiti di (A) potrebbero essere ereditati inconsapevolmente dalla sorella (C) e dalla nipote (D) quando accetteranno l’eredità di (B).
-2) Inoltre, se la madre (B) muore prima di avere rilasciato la rinuncia all’eredità del figlio (A) come possono tutelarsi la sorella (C) e la nipote (D) per accettare l’eredità di (B) senza ereditare i debiti di (A) ?
Possono rinunciare l’eredità di (A) in rappresentanza di (B) ed accettare l’eredità di (B) scevra dei debiti di (A) ?
- Scenario: (B) muore prima di rinunciare all'eredità di (A).
- Azione di (C) e (D): (C) e (D) dichiarano la rinuncia all'eredità di (A) in rappresentazione di (B).
- Risultato: I debiti di (A) non vengono trasferiti a (B), e quindi (C) e (D) non li ereditano indirettamente tramite l'eredità di (B).
-3) Infine, come superare la presunzione di accettazione tacita di (A) da parte della madre convivente (B) relativamente a presunti beni mobili che il creditore potrebbe ipotizzare lasciati nell’abitazione della madre prima della sua morte e condizionare l’accettazione di (C) e (D)?
-4) E se la madre (B) muore prima dello scadere dei tre mesi dalla morte del figlio (A), come si devono comportare gli eredi (C) e (D) della madre (B) ?
-5) Rammento comunque che la madre defunta (B), non poteva fare l’inventario ex art. 485 c. c. in quanto di fatto, il figlio (A), seppure convivente con essa, prima della sua morte non ha lasciato alcuna bene mobile all’interno (e fuori) dall’appartamento dove conviveva con la madre (A), e quindi il creditore deve provare quali beni mobili sarebbero invece in possesso della madre (B).

Cordialità.”
Consulenza legale i 27/05/2024
Il primo evento che viene in considerazione è l’apertura della successione di Marco, a cui è chiamata a succedere la figlia Roberta ex art. 566 del c.c..
Per effetto della rinunzia di Roberta all’eredità del padre, la stessa si devolve in favore dei chiamati ulteriori, che nel caso di specie sono la madre Maria e la sorella Carla, in concorso tra loro ex art. 571 del c.c..
La circostanza che Marco abbia vissuto presso l’abitazione di proprietà della madre negli ultimi anni prima della sua morte si ritiene che non possa avere alcuna influenza sotto il profilo della configurabilità di una accettazione tacita dell’eredità da parte della madre con cui ha convissuto, ed in particolare per essere la stessa in possesso di beni mobili di proprietà del defunto e per non aver ottemperato all’obbligo, incombente sul chiamato possessore ex art. 485 del c.c., di redigere, anche in caso di rinunzia all’eredità, l’inventario entro il termine di tre mesi dall’apertura della successione.

La situazione di fatto non consentirebbe a coloro che ne hanno interesse di poter sostenere una tesi di questo tipo, considerato che si trattava di abitazione di esclusiva proprietà della madre, presso cui il figlio deceduto ha pochi anni prima della sua morte trasferito soltanto la residenza per assistere la madre.
Del resto, si tenga presente che ad una conclusione di questo tipo (ovvero di configurabilità di una accettazione tacita di eredità) la giurisprudenza di legittimità (Cass. civ. Sez. II n. 7076/1995; Cass. n. 4845/2003 e Cass. n. 5862/2014) è giunta nel particolare caso in cui un genitore (debitore) aveva deciso di donare al figlio (erede rinunciante) la nuda proprietà della sua casa di abitazione, con riserva di usufrutto in favore dello stesso donante.
Sembra più che evidente che in un caso come questo tutto ciò che si trova all’interno dell’abitazione non possa che presumersi di proprietà dell’usufruttuario, peraltro originario pieno proprietario.

In casi come questo non può farsi a meno di far valere il principio espresso dalla stessa S.C. nella sentenza sopra citata, nella parte in cui è detto quanto segue:
“…per il nostro ordinamento giuridico, le presunzioni semplici, di cui all’art. 2729 del c.c., quando presentino i caratteri della gravità, precisione e concordanza, costituiscono una prova completa, sulla quale il giudice può ben fondare il suo convincimento e, quindi, la decisione della controversia (cfr. Cass. 21 dicembre 1988, n. 6987)…” .

Nessun carattere di “gravità, precisione e concordanza” , invece, può attribuirsi, nella situazione in esame, alla circostanza che l’abitazione della madre costituì l’ultimo domicilio del defunto, risultando facilmente documentabile, come si è detto prima, che trattavasi di immobile di proprietà della stessa madre e dalla medesima abitato in via esclusiva da circa quaranta anni.
Ciò induce a poter asserire che la madre, oltretutto chiamata in subordine all’eredità del figlio, non può qualificarsi come chiamato possessore di beni ereditari, con la conseguenza che potrà ritenersi pienamente valida ed efficace una rinunzia pura e semplice all’eredità del figlio, senza alcuna necessità di redigere inventario.

Chiarito ciò, occorre adesso prendere in esame l’altro scenario che nel quesito si ipotizza, ovvero l’ipotesi in cui, in pendenza del termine per accettare l’eredità del figlio Marco, la madre Maria dovesse morire, senza manifestare alcuna volontà al riguardo.
In questo caso è evidente che verrà in considerazione l’istituto giuridico della trasmissione del diritto di accettazione, disciplinato dall’art. 479 c.c.

Il primo comma di tale norma afferma che il trasmissario deve essere erede del trasmittente e non semplice chiamato, mentre l’ultimo comma ribadisce che la rinunzia all’eredità del trasmittente include quella all’eredità che al medesimo è devoluta.
Ebbene, tale disposizione deve essere interpretata in senso ampio, ovvero nel senso che, mentre in ogni caso di mancato acquisto dell’eredità del secondo de cuius non si ha neppure trasmissione, non è vero il contrario, ovvero una volta acquistata l’eredità del trasmittente è ben possibile rifiutare quella del primo defunto senza che ciò possa ricadere nel divieto di accettazione parziale, trattandosi di due distinte eredità.
Una conferma in tal senso si può dedurre dal fatto che il destinatario ultimo, trattandosi di due eredità, dovrà compiere due distinti atti di accettazione (così Cass. civ. sent. n. 735 del 07/04/1961).
Inoltre, è bene evidenziare che l’accettazione da parte del trasmissario dell’eredità del primo de cuius comporta esercizio di un diritto ricompreso nella seconda eredità e, dunque, ne determina sua accettazione tacita, mentre, come si è detto prima, l’accettazione dell’eredità del trasmittente lascia libero l’agente di accettare o meno l’eredità del primo de cuius.

Quanto fin qui osservato consente di poter rispondere come segue alle domande che nel quesito vengono poste:
se la madre Maria dovesse morire prima di manifestare la volontà di rinunziare all’eredità del figlio Marco (per la quale rinunzia, si ripete, non occorre redigere inventario, non sussistendo i presupposti di cui all’art. 485 c.c.), i chiamati all’eredità di Maria troveranno nel suo patrimonio anche il diritto di accettare l’eredità di Marco.
Gli stessi, tuttavia, conformemente a quanto disposto dall’ultimo comma dell’art. 479 c.c., saranno del tutto liberi di accettare l’eredità di Maria e rinunziare a quella di Marco, trattandosi, come si è visto prima, di due distinte eredità, per le quali occorrono due distinti atti di accettazione.


Anonimo chiede
giovedì 21/03/2024
“Buonasera,
effettuo le premesse del caso:

1) mio nonno Lino muore nel 1994 e mia mamma Tizia rinuncia all'eredità legittima con atto depositato in cancelleria del tribunale qualche tempo dopo.
Tale atto NON RISULTA TRASCRITTO però all'agenzia delle entrate, ma è presente in tribunale e dispongo di ricevuta originale.

2) nonna Caia muore nel 2015 e mia mamma Tizia NON effettua scelta in merito all'eredità, quindi NON ACCETTA e NON RIFIUTA (nessun atto di accettazione e rinuncia presente in tribunale e nemmeno trascrizioni all'agenzia delle entrate).

3) mia mamma Tizia muore nell'agosto del 2023.
Era titolare di un libretto postale e di un conto corrente postale, e le risultavano quote di terreni e fabbricati come da visura all'agenzia delle entrate.

Aggiungo, se servisse, che nessuna spartizione dei beni appartenuti a nonno Caio e nonna Caia ha ancora avuto luogo tra i chiamati e/o eredi di questi (vale a dire i fratelli di mia mamma, e mia mamma stessa prima che morisse).

Quindi chiedo cortesemente conferma:

1) che io mi trovi in DUE DISTINTE PROCEDURE di successione (delazione). Pertanto potrei ACCETTARE (anche tacitamente) l'eredità di mamma Tizia e RIFIUTARE l'eredità di nonna Caia. Corretto?

2) Per accettare (tacitamente quindi) l'eredità di mamma Tizia è sufficiente sbloccare il libretto postale che lei aveva presso Poste Italiane ed incassarne l'ammontare? (Stesso dicasi per il conto corrente presso le medesime Poste).
E' quindi necessario procedere, in secondo luogo, a rinuncia formale con atto presso il tribunale per l'eredità di nonna Caia?

3) Per quanto riguarda le quote di terreni e fabbricati di mia mamma Tizia cosa succede? Rinunciando all'eredità di nonna Caia rinuncerei anche ad essi, corretto?

Grazie infinite e buon proseguimento.

Consulenza legale i 28/03/2024
Il primo atto giuridico che viene in considerazione è la rinuncia all’eredità effettuata da Tizia nell’anno 1994 a seguito dell’apertura della successione del padre Lino, rinuncia che, stando a quanto viene detto nel quesito, risulta regolarmente effettuata secondo le forme prescritte dall’art. 519 del c.c., ovvero con dichiarazione formale resa dinanzi al cancelliere del Tribunale del luogo di apertura della successione.

Nessuna volontà, invece, è stata manifestata da Tizia al momento dell’apertura della successione della madre Caia, deceduta nell’anno 2015.
Ora, l’art. 480 del c.c. dispone al primo comma che il diritto di accettare si prescrive nel termine di dieci anni dall’apertura della successione.
Tuttavia, poiché la morte di Tizia, delata, è intervenuta prima del decorso di questi dieci anni, dovrà farsi applicazione del disposto di cui all’art. 479 c.c., norma che disciplina l’istituto giuridico della trasmissione del diritto di accettare l’eredità.
Dispone il primo comma di tale norma che se il chiamato all’eredità (nel caso di specie Tizia) muore senza averla accettata, il relativo diritto si trasmette ai suoi eredi.
Di particolare interesse è anche l’ultimo comma di tale norma, strettamente connesso a quanto disposto al primo comma.
Infatti, poiché il primo comma afferma che il beneficiario deve essere "erede" del trasmittente e non semplice chiamato, all’ultimo comma il legislatore ha voluto ribadire che la rinunzia all'eredità del trasmittente include quella all'eredità che al medesimo è devoluta.
Tale disposizione va interpretata in senso ampio, ovvero nel senso che in ogni caso di mancato acquisto dell'eredità non si ha neppure trasmissione, mentre non è vero il contrario, in quanto, trattandosi di due distinte eredità, una volta acquistata l'eredità del trasmittente, ben si può rifiutare quella del primo defunto, senza violare il divieto di accettazione parziale.

Dopo aver analizzato gli aspetti teorici della questione, si può adesso meglio rispondere alle singole domande che vengono poste.

  1. Il chiamato (o i chiamati) all’eredità di Tizia si trovano di fronte a due distinte procedure successorie (quella del nonno Lino e quella di Tizia) e sarà possibile accettare anche tacitamente l’eredità di Tizia e rinunziare a quella di Lino.
Infatti, è opinione prevalente quella secondo cui l'operare della trasmissione della delazione realizzi non una duplice successione, ma una sola successione direttamente dal primo defunto al trasmissario, in quanto questi succede per un diritto derivato da chi non ha potuto esercitarlo.
Ne consegue che il destinatario ultimo dovrà compiere due distinti atti di accettazione, trattandosi di due eredità, quella originaria e quella del trasmittente (così Cass. civ. sent. n. 735/1961).

  1. Qualunque atto dispositivo del patrimonio ereditario della defunta Tizia si configura quale accettazione tacita di eredità.
Produrrà indubbiamente tale effetto, dunque, l’atto di rivolgersi a Poste Italiane spa per esigere la riscossione del saldo attivo del libretto di deposito a risparmio intestato alla de cuius.
Il compimento di tale atto, come si è detto prima, avrà effetto soltanto con riferimento all’eredità di Tizia, mentre da esso non potrà derivarne alcuna conseguenza sull’eredità della nonna Caia, il cui diritto di accettazione è ancora presente nel patrimonio di Tizia.
Se si vuole evitare di incorrere in un atto di accettazione tacita dell’eredità di Caia è opportuno, dunque, effettuare una formale rinunzia all’eredità ex art. 519 c.c., recandosi presso la cancelleria del competente Tribunale, ovvero sempre quello del luogo di apertura della successione di Caia.

  1. La domanda posta al punto 3 del quesito, almeno per come è formulata, fa sorgere invece qualche dubbio circa l’attuale e concreta possibilità di rinunciare all’eredità di Caia, in quanto si fa riferimento a quote di terreni e fabbricati, intestati a Tizia e che sembrano provenire dalla successione di Caia.
Se così fosse non potrebbe più parlarsi di trasmissione del diritto di accettare l’eredità di Caia, essendo stato tale diritto consumato con il compimento di un atto di accettazione tacita di quell’eredità da parte di Tizia.
Si ricorda, infatti, che, per giurisprudenza ormai costante, è da considerare accettazione tacita di eredità il comportamento del chiamato che ponga in essere non solo atti di natura meramente fiscale, come la denuncia di successione (cfr, da ultimo, Cass. civ. Sez. III, ordinanza n. 12259/2022; Cass. Civ. Sez. V semt. n. 9186/2022), ma anche atti al contempo fiscali e civili, come la voltura catastale, che rileva non solo dal punto di vista tributario ma anche sotto il profilo civile per l'accertamento, legale o semplicemente materiale, della proprietà immobiliare e dei relativi passaggi (così, sempre da ultimo, Cass. civ. Sez. III ordinanza n. 12259/2022; Cass. civ. Sez. VI ordinanza n. 11478/2021; Cass. civ. Sez. VI ordinanza n. 1438/2020).

Pertanto, se le quote di terreni e fabbricati a cui ci si riferisce provengono dall’eredità di Caia, non si può più configurare una duplicità di delazione ereditaria (quella di Tizia e quella di Caia), ma si avrà una sola delazione ancora attuale, ovvero quella della madre Tizia, nel cui patrimonio risultano ormai definitivamente acquisiti i beni costituenti il patrimonio di Caia.

Se, invece, per tali beni non è stato posto in essere alcun atto di accettazione tacita (ci si riferisce alle volture catastali), allora vale tutta quanto detto prima in relazione alla duplicità di delazione ed alla possibilità di accettare, anche tacitamente, l’eredità di Tizia e rinunziare aquella della nonna Caia.


S. N. chiede
domenica 24/09/2023
“Seguito parere Q202333389
Facendo seguito al precedente parere io ho fatto la denuncia di successione di Tiziona (madre) con accettazione a mia sola firma insieme a mia sorella.Non resta che fare la rinuncia di Tizia la cui eredità è stata accorpata a Tiziona. Sia io come mia sorella avevamo fatto la rinuncia di Tizia.Mia sorella insieme ai due figli io da solo senza i miei figli. Il notaio ha richiesto che la denuncia di rinunzia sia fatta contemporaneamente nello stesso atto con la presenza dei rinuncianti. E' cosi.
O con una procura in quanto con residenza a Saronno lontano dalla Sicilia. Mia sorella oltre a non gradire la accettazione non gradisce per via notarle la rinuncia in quanto preferisse far passare i 10 anni. Attendasi una risposta in merito.”
Consulenza legale i 10/10/2023
La questione in esame si riallaccia alla precedente consulenza n. 33389, avente ad oggetto il tema della trasmissione del diritto di accettare un’eredità (in particolare, si tratta del diritto di accettare l’eredità che i figli di Tiziona trovano adesso nel patrimonio di quest’ultima ed attinente all’eredità della sorella premorta Tizia).
Nel quesito 33389 è stato precisato che Tizia (originario de cuius) ha lasciato alla sua morte due figli celibi, i quali hanno rinunciato all’eredità della madre.
Nella risposta data si è detto che adesso alla successione di Tiziona hanno diritto di concorrere oltre ai figli superstiti della stessa Tiziona, anche i due figli di Tizia, nella loro qualità di rappresentanti della madre premorta Tizia, ex artt. 467 e ss. c.c.
E’ stato anche evidenziato che se si ha interesse a rinunciare al diritto di accettare l’eredità di Tizia, diritto che adesso si ritrova nuovamente nel patrimonio ereditario di Tiziona, tutti coloro che rivestono la posizione di chiamati all’eredità di Tiziona (figli e nipoti ex filia) potranno legittimamente accettare l’eredità di quest’ultima e nel contempo rinunciare all’eredità di Tizia che alla medesima Tiziona si è devoluta per rinuncia da parte degli altri chiamati.

Trattandosi di un atto di natura strettamente personale, non occorre che la dichiarazione di voler rinunciare all’eredità di Tizia sia manifestata da tutti gli eredi di Tiziona contestualmente nel medesimo atto, ben potendo ciascuno dei chiamati rinunciare singolarmente a quell’eredità.
Del resto in tal senso si ritiene che possa tra l’altro argomentarsi dal tenore letterale del secondo comma dell’art. 479 c.c., ove è detto che se gli eredi del chiamato all’eredità “…non sono d’accordo per accettare o rinunziare, colui che accetta l’eredità acquista tutti i diritti e soggiace a tutti i pesi ereditari, mentre vi rimane estraneo chi ha rinunziato.”.
Tale disposizione lascia chiaramente intendere che se ciascun erede del secondo de cuius (c.d. trasmittente) è libero di decidere se accettare o rinunziare all’eredità del primo de cuius, deve per forza di cose ammettersi che l’eventuale rinunzia possa da ciascuno di essi essere manifestata con autonomo e separato atto, oltre che intervenire in tempi diversi.

Per quanto concerne la forma di questa rinunzia, sembra superfluo che la sorella che si trova a Saronno debba avvalersi di una procura, in quanto probabilmente sfugge il fatto che la competenza a ricevere la dichiarazione di rinuncia spetta, in modo concorrente, ai notai e al cancelliere del Tribunale competente (ovvero il Tribunale dell’ultima residenza del defunto) e che, qualora ci si rivolga a un notaio, occorre considerare che qualunque notaio, su tutto il territorio nazionale, può ricevere la dichiarazione di rinuncia, anche con riferimento a eredità relitte da defunti in luogo diversa dalla residenza del pubblico ufficiale che riceve l’atto (quindi, un notaio di Saronno può ricevere la dichiarazione di rinunzia ad un’eredità apertasi in Sicilia).

Altro aspetto che si chiede di prendere in esame è se la sorella, dopo aver accettato l’eredità della madre Tiziona, possa, con riferimento al diritto di accettare l’eredità rinvenuto nel patrimonio della medesima, attendere che spiri il termine decennale di prescrizione, senza manifestare alcuna volontà.
Ebbene, in linea prettamente teorica ciò è sicuramente ammissibile, trattandosi, come più volte si è detto, di due distinte ed autonome eredità ed avendo lo stesso legislatore indirettamente previsto, la facoltà di accettare l’eredità del trasmittente ma non quella al medesimo devoluta.
Tuttavia, onde evitare che una volta accettata l’eredità del trasmittente (ovvero di Tiziona, secondo de cuius) si possa involontariamente incorrere nel compimento di un atto implicante accettazione tacita dell’eredità di Tizia, si ritiene opportuno e consigliabile manifestare sin da subito la volontà di rinunziare all’eredità di quest’ultima.

M. G. chiede
venerdì 19/05/2023
“Vorrei porre il seguente quesito:

Sono deceduti nel 2009 un mio prozio senza eredi diretti e successivamente mio padre che era il nipote e che è deceduto prima dello spirare del termine fissato dal giudice per l’accettazione o meno dell’eredità. Io ho accettato davanti al cancelliere nello stesso giorno l’eredità di mio padre con “Beneficio d’inventario” e l’eredità del mio prozio con “Beneficio d’inventario” presupponendo che le due eredità fossero distinte e separate e io ne fossi subentrato iure proprio. Il Cancelliere ha proceduto a registrare gli atti in un momento successivo assegnando casualmente la precedenza all’atto di accettazione dell’eredità con “Beneficio d’inventario” del mio prozio e poi quella di mio padre annotando una differenza di orario tra il primo atto e il secondo di appena 8 minuti.. Tenuto conto che mio padre aveva un debito mentre mio prozio vanta un piccolo patrimonio, gli avvocati di controparte appigliandosi sulla cronologia della trascrizione vorrebbero farmi decadere dal “Beneficio d’inventario” di mio padre. Può essere mai plausibile una cosa del genere? In che modo posso difendermi? Possibile che io debba subire una tale grave conseguenza dovuta ad un evidente errore altrui? Si tenga conto che la differenza di appena 8 minuti tra un atto e l’altro è significativa del fatto che il cancelliere ha riportato sul registro l’annotazione degli atti non contestualmente e non in nostra presenza bensì in un momento successivo.

Distinti saluti”
Consulenza legale i 25/05/2023
Il principio estremamente rigido e formalistico a cui si appigliano i creditori del trasmittente è quello, sostenuto in dottrina (Azzariti), secondo cui, mentre l’accettazione dell’eredità del trasmittente lascia libero l’agente di accettare o meno l’eredità del primo de cuius, l’accettazione dell’eredità del primo de cuius da parte del trasmissario comporterebbe esercizio di un diritto ricompreso nella seconda eredità e quindi sua accettazione tacita.
Tuttavia, una tale tesi può valere per il caso in cui il trasmissario, chiamato all’eredità del secondo de cuius (trasmittente), non manifesti alcuna espressa volontà in relazione all’eredità dello stesso secondo de cuius, ma non in un caso come quello in esame, in cui sono stati posti in essere nella medesima data, seppure ad orari uno successivo all’altro, due distinti atti di accettazione, entrambi con beneficio di inventario.

Peraltro, come correttamente evidenziato nello stesso quesito, è opinione prevalente quella secondo cui l’operare della trasmissione della delazione realizzi non una duplice successione, ma una sola successione direttamente dal primo defunto al trasmissario, in quanto quest’ultimo succede per un diritto derivato da chi non ha potuto esercitarlo, con la conseguenza che, trattandosi di due distinte eredità (quella originaria e quella del trasmittente), il destinatario ultimo dovrà compiere due distinti atti di accettazione, ciò che risulta correttamente fatto (così Cass. 735/1961).

Tenuto conto del corretto compimento dei due distinti atti di accettazione, entrambi posti in essere ricorrendo al beneficio di inventario, a questo punto la diversa cronologia che, per mero errore del pubblico ufficiale ricevente, è stata ad essi attribuita, potrebbe al limite esplicare rilevanza sotto il profilo della diversa posizione in cui si viene a trovare il chiamato all’eredità del trasmittente, ovvero non più quella di chiamato non possessore di beni ereditari (a cui fa riferimento l’art. 487 c.c.), bensì quella di chiamato nel possesso dei beni ereditari ex art. 485 del c.c..
Conseguenza di tale diverso inquadramento della posizione del chiamato sarà che quest’ultimo, per poter godere degli effetti derivanti dall’accettazione con beneficio di inventario, dovrà sottostare ai più ristretti termini fissati dal sopra citato art. 485 c.c., dovendo provvedere all’inventario entro tre mesi dal giorno dell’apertura della successione o della notizia della devoluta eredità (ciò che si presume sia stato fatto).

A ciò si aggiunga un’ulteriore considerazione, che si ritiene possa valere a sconfessare la tesi rigidamente formalistica sostenuta dai creditori del secondo de cuius.
Il primo comma dell’art. 479 c.c., disciplinante proprio l’istituto giuridico della trasmissione del diritto di accettazione, afferma espressamente che il beneficiario deve essere “erededel trasmittente e non semplice chiamato, il che contribuisce a dare ulteriore e preminente rilevanza alla dichiarazione di accettazione con beneficio di inventario posta in essere dal chiamato all’eredità con riferimento all’eredità del trasmittente, in assenza della quale non sarebbe neppure stato possibile accettare l’eredità del primo de cuius.
Ciò trova conferma nell’ultimo comma di quella stesa norma, ove viene ribadito che la rinunzia all’eredità del trasmittente include quella all’eredità che al medesimo è devoluta.
Si ritiene che quest’ultima disposizione debba essere interpretata in senso ampio, ovvero nel senso che in ogni caso di mancato acquisto dell’eredità non si ha neppure trasmissione, mentre non è vero il contrario, ovvero che una volta acquistata l’eredità del trasmittente, ben si può rifiutare quella del primo defunto, senza con ciò violare il divieto di accettazione parziale, trattandosi di due distinte eredità.
Con ciò vuol dirsi che, a prescindere dal criterio temporale che il cancelliere ha erroneamente voluto attribuire a quegli atti, è la stessa lettera dell’art. 479 c.c. a dare priorità alla dichiarazione di accettazione dell’eredità del secondo de cuius trasmittente, nella parte in cui richiede che il chiamato all’eredità di quest’ultimo per accettare l’eredità del primo de cuius debba trovarsi nella posizione di erede.

Infine, al di là di queste considerazioni meramente teoriche, fondate pur tuttavia sul dato letterale ed incontestabile dell’art. 479 c.c., non si possono sottovalutare anche le seguenti altri considerazioni, attinenti esplicitamente alla pubblicità che la legge prevede per l’atto di accettazione con beneficio di inventario.
Trattasi di atto soggetto a due distinte forme di pubblicità:
a) l’inserzione nella prima parte del registro delle successioni, tenuto presso il Tribunale del luogo in cui si è aperta la successione (così art. 484 comma 1, nonché gli artt. 52 e 53 disp. att. c.c.;
b) la trascrizione presso l’Ufficio dei Registri immobiliari del luogo in cui si è aperta la successione (così art. 484 comma 2 c.c.).
Entrambe le forme hanno funzione di certificazione o mera pubblicità notizia, dal che ne consegue che perfino la loro inosservanza non può produrre l’inefficacia dell’accettazione beneficiata e neppure la sola decadenza dal beneficio, tanto più che tali adempimenti fanno carico al cancelliere e non anche all’erede.
In tal senso può anche argomentarsi dalla tacita abrogazione, per effetto del nuovo codice civile, di quella norma della Legge notarile la quale prescriveva che la dichiarazione di accettazione con beneficio di inventario non acquistava efficacia prima della sua trascrizione nel registro delle successioni (art. 1 comma 3 Legge n. 89/1913).

A tutto ciò poi si aggiunga quanto affermato dalla Corte di Cassazione, Sez. II civile, sentenza n. 19838 del 23.07.2019, ove la S.C. precisa che per verificare l’eventuale decadenza dell’erede dal beneficio del termine ha rilievo la sola data di redazione dell’inventario e non quella del suo inserimento nel registro delle successioni.
Come può notarsi, dunque, non vi è alcuna pronuncia giudiziale o alcuna norma che faccia riferimento all’ora in cui viene ricevuto l’atto di accettazione di eredità, potendo assumere rilevanza soltanto la data.

Anonimo chiede
martedì 18/04/2023
“Mia sorella Tizia, vedova, muore e lascia due figli celibi. Nella successione lascia una grave passività.
I figli fanno la revoca e non accettano la successione. Un'altra sorella ed il sottoscritto fanno la stessa cosa rifiutano la passività. In vita restano, pertanto, oltre al sottoscritto e mia sorella, mia madre, la quale non esprime ne assenso e ne diniego, in seguito muore. Mia madre ha, di proprio, una quota di terreno che non ha niente a che vedere con la successione di Tizia. Si riapre di nuovo la successione e rimangono in corsa mia sorella e il sottoscritto per la quota di mia madre, a cui siamo succeduti. Dovremo fare la successione di mia madre. Cosa succede? Alla quota di terreno in proprio di mia madre si aggiunge la quota passiva di Tizia o è possibile separare le due cose mediante un atto notarile e se mia sorella non ne vuole sapere, da solo posso procedere al rifiuto della passività ed accettazione della quota di terreno?”
Consulenza legale i 26/04/2023
Dispone l’art. 565 del c.c. che, in caso di successione apertasi per legge, eredi legittimi sono nell’ordine, e fatte salve le ipotesi di concorso stabilite dalle successive norme, il coniuge, i discendenti, gli ascendenti, i collaterali, gli altri parenti (fino al sesto grado) ed infine lo Stato.
Nel caso di specie, Tizia, vedova, lascia quali eredi legittimi i figli celibi, la madre e due collaterali (un fratello ed una sorella).
I figli rinunciano sin da subito all’eredità della madre, con la conseguenza che l’eredità si sarebbe dovuta devolvere secondo il disposto di cui all’art. 571 del c.c., norma che disciplina il concorso di genitori o ascendenti con fratelli e sorelle (essendo rimasti questi come chiamati all’eredità).

Tuttavia, mentre i collaterali manifestato la volontà di rinunciare all’eredità di Tizia, nessuna volontà viene espressa a tale riguardo dalla madre (che per comodità chiameremo Tiziona), la quale nel frattempo decede.
In conseguenza di quest’ultimo evento, il diritto di accettare l’eredità rimane nel patrimonio di Tiziona, diritto che si trasmetterà insieme agli altri beni e diritti che compongono il suo patrimonio ereditario ex art. 479 c.c.
Nulla viene detto sull’esistenza o meno di discendenti del fratello e della sorella di Tizia, in favore dei quali eventualmente opera il diritto di rappresentazione ex art. 468 del c.c., con la conseguenza che anche questi si verrebbero a trovare nella posizione di chiamati all’eredità della medesima Tizia.

Dando per presupposto che costoro non abbiano discendenti, alla morte di Tiziona, come si è prima accennato, troverà applicazione l’art. 479 c.c
In particolare, assume rilevanza, per quanto qui interessa, l’ultimo comma di tale norma, dalla cui lettura si desume chiaramente che è possibile rinunciare al diritto di accettare l’eredità che si rinviene nel patrimonio del trasmittente senza per questo dover rinunciare all’eredità dello stesso trasmittente.
Ciò significa che il fratello e la sorella di Tizia possono accettare l’eredità della propria madre Tiziona e nel contempo rinunciare al diritto di accettare l’eredità della stessa Tizia esistente nel patrimonio della madre, in relazione al quale quest’ultima non aveva manifestato alcuna volontà.

E’ necessario precisare, inoltre, che alla successione di Tiziona hanno il diritto di concorrere anche i figli di Tizia, nella loro qualità di rappresentanti della madre premorta Tizia, ex artt. 467 e ss. c.c.
Pertanto, se si ha interesse, come appare evidente, a rinunciare all’eredità di Tizia, tutti coloro che si trovano nella posizione di chiamati all’eredità di Tiziona (figli e nipoti ex filia) potranno legittimamente accettare l’eredità di quest’ultima e nel contempo rinunciare all’eredità di Tizia che alla medesima si è devoluta.

Anonimo chiede
mercoledì 08/02/2023 - Campania
“Buona sera, vorrei porre un quesito relativo alla maturazione della rinuncia a quote ereditarie una volta trascorsi dieci anni dal decesso del de cuius (rinuncia tacita). Espongo brevemente e da profana i fatti.

In data 20 agosto 2002 moriva la Signora X, che aveva redatto testamento pubblico il 23 aprile 1993.

L' 11 febbraio 2003, l 'Archivio Notarile comunicava agli eredi di avere pubblicato il testamento della signora in parola.

La Signora Y, nipote in linea retta, diveniva "potenzialmente erede" (in uno con altri familiari) per rappresentanza, essendo deceduta la Signora Z, figlia di X e madre di Y.

La Signora Y decedeva anch'essa in data 09.09.2004 senza aver accettato la quota ereditaria e senza aver posto in essere alcun atto di possesso in relazione al deposito costituente l' unico cespite facente dell' eredità. Si precisa che Y non conviveva con X.

La Signora Y decedeva ab intestato in Aversa, lasciando a sé superstiti il coniuge e tre figli. La relativa denuncia di successione veniva presentata al competente Ufficio in data 8 agosto 2008 e regolarmente trascritta in data 12 febbraio 2009. Nella denuncia di successione non veniva indicata la quota potenzialmente ereditata per rappresentazione da Y.
Chiamerò erede A il marito e eredi B,C e D i figli.

L'erede A è, pur essendo intenzionato a rinunciare (anche tacitamente) nel corso degli anni ha posto in essere i seguenti comportamenti: ha pagato le quote condominiali e lavori di manutenzione per la parte relativa ad Y. Gli eredi B,C e D (i figli) non hanno posto in essere alcun comportamento in relazione al cespite, non lo hanno neppure mai visto.

Pongo le seguenti domande:
1) La rinuncia tacita di A è valida?
2) La rinuncia tacita di B,C e D è valida?

Ove la rinunce di cui al punto 1 e 2, risultassero ambedue valide o solo una di esse, quali iniziative devono essere poste in essere per formalizzare la situazione?

Essendo morta la mamma il nove settembre 2004 ed essendo ipoteticamente maturata la rinuncia tacita nel 2014, i figli di A,B e C nati dopo quella data devono effettuare a loro volta la rinuncia?

Certi del vostro impegno, porgo cordiali saluti.”
Consulenza legale i 14/02/2023
Il caso che si richiede di analizzare coinvolge gli istituti giuridici della rappresentazione ereditaria e della trasmissione del diritto di accettare l’eredità.
Alla morte di X chiamata all’eredità per testamento risulta essere la figlia Z, la quale, tuttavia, non può succedere in quanto premorta.
Si configura in tal modo uno dei presupposti essenziali per l’operatività del diritto di rappresentazione, ovvero il presupposto oggettivo, sancito dall’art. 467 del c.c., dell’impossibilità per il primo chiamato di accettare l’eredità.
Inoltre, non avendo la de cuius disposto alcuna sostituzione e ricorrendo anche il presupposto soggettivo richiesto dall’art. 468 del c.c. (nella parte in cui dispone che la rappresentazione può aver luogo, nella linea retta, in favore dei discendenti dei figli), sarà Y, figlia di Z, a subentrare nel diritto di accettare l’eredità di X.
Per Y, ovviamente, valgono tutte le norme che il codice civile detta in tema di chiamata ereditaria, tra cui, in particolare, quelle sull’accettazione espressa e tacita nonché quelle relative al termine decennale per manifestare la volontà di accettazione o rinuncia, termine che deve farsi decorre dal momento dell’apertura della successione del de cuius originario, ovvero della signora X (20 agosto 2002).

Il passaggio successivo si realizza con la morte di Y, avvenuta in data 09.09.2004, la quale nel frattempo non aveva manifestato alcuna volontà in relazione all’eredità di X né aveva posto in essere alcun atto da cui poter fare scaturire l’accettazione tacita di quell’eredità.
E’ in questo momento che viene in considerazione il secondo istituto giuridico a cui prima si è fatto riferimento, ovvero quello della trasmissione del diritto di accettare l’eredità, disciplinato dall’art. 479 c.c.
A differenza di ciò che è accaduto alla morte di X, infatti, la signora Y, chiamata all’redità per rappresentazione, ha già nel suo patrimonio il diritto di accettare l’eredità di X, diritto che, tuttavia, non ha potuto esercitare, ma che, come tale, è suscettibile di trasmissione in favore dei suoi eredi, legittimi o testamentari.

Nel quesito si dice che Y, deceduta ab intestato, lascia quali suoi eredi legittimi il coniuge A ed i figli B, C e D, i quali, seppure a distanza del termine annuale prescritto dall’art. 31 del T.U. successioni e donazioni, presentano la relativa dichiarazione di successione, dichiarazione che, avendo ad oggetto beni immobili, viene regolarmente trascritta in data 12.02.2009 presso la competente Conservatoria dei Registri immobiliari (come è stato precisato da chi pone il quesito con successivo ticket).

Un passaggio importante del quesito, oltre che risolutore della questione a cui si chiede di dare risposta, è quello in cui viene detto che “…Nella denuncia di successione non veniva indicata la quota potenzialmente ereditata per rappresentazione da Y..”.
Ebbene, tale comportamento non costituisce altro, sotto il profilo giuridico, che esercizio di quella facoltà che l’ultimo comma dell’art. 479 c.c. riconosce a colui in favore del quale opera la trasmissione del diritto di accettare l’eredità, ovvero la facoltà di accettare l’eredità del trasmittente, ma non quella del de cuius originario.
Quest’ultima parte della norma, infatti, va interpretata nel senso che, mentre in ogni caso di mancato acquisto dell’eredità del trasmittente non si ha neppure trasmissione, non è vero il contrario, e cioè una volta acquistata l’eredità del trasmittente, ben si può rifiutare quella del primo defunto, senza per questo violare il divieto di accettazione parziale, trattandosi di due distinte eredità.
Pertanto, in considerazione di quanto fin qui detto, può affermarsi che, essendo trascorsi quasi venti anni dalla morte della signora X (de cuius originario) e non avendo alcuno dei chiamati all’eredità manifestato la volontà di accettare quell’eredità, né espressamente e neppure tacitamente, il relativo diritto deve intendersi ormai definitivamente prescritto, sia per i chiamati diretti che per quelli in subordine (Y, A, B, C, D e loro discendenti).
Non occorre porre in essere alcun atto per formalizzare tale rinuncia, essendo sufficiente il decorso del termine decennale di prescrizione ed il mancato compimento in quell’arco temporale di atti implicanti accettazione tacita dell’eredità.

Per quanto concerne, la posizione di A, il quale ha provveduto a pagare le quote condominiali e le spese per lavori di manutenzione nel frattempo resisi necessari, si tratta di atti che possono farsi rientrare tra i poteri conservativi, di vigilanza e amministrazione temporanea a cui fa riferimento il secondo comma dell’art. 460 del c.c., a condizione che, nel loro compimento, non si sia fatto uso di denaro facente parte dell’eredità di X.
In quest’ultimo caso, infatti, si configurerebbe un’accettazione tacita dell’eredità, così come sarebbe stato tale l’inserimento nella dichiarazione di successione di Y dell’immobile facente parte del patrimonio ereditario di X e la successiva trascrizione nei registri immobiliari di quella dichiarazione di successione.
Infatti, costituisce principio pacifico nella giurisprudenza di legittimità (si veda da ultimo l’ordinanza della Corte di Cassazione n. 12259 del 14.04.2022) quello secondo cui, a differenza della mera denuncia di successione, che ha valore esclusivamente fiscale, la voltura catastale (conseguente alla trascrizione nel Registri immobiliari) ha rilievo sia agli effetti civili che a quelli catastali, ed è atto idoneo ad integrare un'accettazione tacita dell'eredità.
Si precisa che la voltura catastale, oltre che per il pagamento dell’imposta, rileva anche ai fini dell’aggiornamento della situazione patrimoniale, dal momento che si tratta di un atto con cui viene comunicato all’Agenzia delle Entrate il trasferimento della titolarità di un diritto reale su un determinato bene immobile. Nel momento in cui tale atto viene compiuto dal chiamato all’eredità, lo stesso costituisce elemento di per sé sufficiente ad integrare la fattispecie di accettazione tacita dell’eredità, essendo irragionevole che il chiamato, pur non volendo accettare l’eredità ed attuare il trasferimento in suo favore del diritto su un bene ereditario, si gravi comunque dell’onere di richiedere la voltura catastale in ordine a detto bene.

Per quanto concerne l’ultima domanda, ovvero quella con cui si chiede se i figli di A, B e C, nati dopo il 9 settembre 2004, debbano effettuare a loro volta la rinuncia, anche a questa va data risposta negativa, non sussistendo più in loro favore una chiamata ereditaria a cui poter rinunciare per intervenuta prescrizione del relativo diritto.

R. T. chiede
venerdì 11/11/2022 - Toscana
“Mia moglie è morta a dicembre 2021 senza testamento e io sto compilando il modulo per la successione legittima che prevede come aventi diritto, il coniuge e 4 fratelli. Nel frattempo, a marzo 2022 è morto uno dei fratelli, lasciando un figlio.
Chi devo indicare come erede, il fratello morto ma vivo al momento della morte di mia moglie, o suo figlio?
Grazie.”
Consulenza legale i 17/11/2022
La fattispecie che qui si prospetta configura un’ipotesi di trasmissione del diritto di accettazione dell’eredità, istituto giuridico previsto e disciplinato dall’art. 479 c.c., il quale al suo primo comma dispone che se il chiamato all’eredità (per legge o per testamento) muore senza averla accettata, il diritto di accettare si trasmette ai suoi eredi.
Per comodità di esposizione si può individuare con Tizia la moglie deceduta, con Caio il fratello successivamente defunto e con Caietto il figlio di quest’ultimo.
Alla morte di Caio, il figlio Caietto subentrerà nell’intera posizione giuridica del defunto Caio, compresa l'eventuale sua posizione di chiamato ad altra eredità.
Di conseguenza, il diritto di accettare l'eredità si trasmette agli eredi del chiamato, che sono così preferiti rispetto ai chiamati ulteriori del primo defunto.
Presupposto della trasmissione della delazione è che vi sia un chiamato all'eredità che deceda prima di avere acquistato l'eredità e senza avere perduto il diritto di accettarla, ciò che si ritiene sia accaduto proprio nel caso di specie.

Come si può facilmente evincere da una semplice lettura dell’art. 479 c.c., il primo comma afferma che il beneficiario deve essere "erede" del trasmittente e non semplice chiamato, ciò che trova ulteriore specificazione all'ultimo comma della medesima norma, ove viene ribadito che la rinunzia all'eredità del trasmittente include quella all'eredità che al medesimo è devoluta.
La norma va interpretata nel senso che in ogni caso di mancato acquisto dell'eredità non si ha neppure trasmissione, mentre non è vero il contrario, e cioè che una volta acquistata l'eredità del trasmittente, è ben possibile rifiutare quella del primo defunto, senza per ciò violare il divieto di accettazione parziale, trattandosi di due distinte eredità.

Dopo aver cercato di delineare la situazione che si presenta sotto il profilo giuridico, è possibile a questo punto analizzare la medesima situazione da un punto di vista tecnico ed operativo, ai fini di una corretta presentazione della denuncia di successione.

Ora, secondo una prima tesi sarebbe possibile presentare una sola dichiarazione di successione, ossia quella di Tizia, indicando direttamente come coerede Caietto e Caio come rinunziatario ex art. 479 c.c.
Contraria a tale tesi e modalità operativa è l'Agenzia delle Entrate, la quale con Risoluzione 234/E del 2009 e Risposta n. 42 del 12 febbraio 2019) si è espressa nel seguente modo:
Chi acquisisce il patrimonio relitto in via definitiva (a seguito di plurimi e temporalmente successivi decessi di propri danti causa) dovrà soggiacere all'onere di presentare, oltre alla propria dichiarazione anche le precedenti (nel caso in cui non vi abbiano o non abbiano potuto provvedervi i precedenti chiamati) e sottoporsi a più tassazioni per effetto del meccanismo successorio, secondo cui il chiamato all'eredità, che abbia o meno manifestato la volontà di accettare, è soggetto, per l'appunto, all'obbligo di presentare la dichiarazione di successione e di corrispondere l'imposta dovuta”.

Corretta e preferibile, dunque, è la tesi secondo cui occorre presentare due dichiarazioni di successione, e precisamente:
1) la prima, quella di Tizia, indicando come erede il fratello Caio, vivo al momento della morte di Tizia;
2) la seconda, che dovrà essere presentata da Caietto, indicando nell’attivo ereditario anche il diritto di accettare l’eredità di Tizia.

Per ogni successione andranno corrisposte le relative imposte ipo-catastali, la tassa ipotecaria, l’imposta di bollo ed i tributi speciali.

Per quanto concerne la determinazione delle quote, trattandosi di successione legittima, occorrerà fare riferimento a quanto disposto dall’art. 582 del c.c., norma che disciplina, appunto, il concorso del coniuge con ascendenti, fratelli e sorelle.
In particolare, al coniuge superstite andranno i due terzi del patrimonio ereditario, mentre il restante terzo verrà diviso in parti eguali tra fratelli e sorelle.
In termini di quote si avrà che al coniuge andranno 8/12, mentre ai fratelli 1/12 ciascuno (è in ragione di tale quota che Caietto avrà il diritto di accettare l’eredità della zia Tizia).

M. G. chiede
mercoledì 15/06/2022 - Puglia
“Salve,
scrivo per proporre un quesito.

Mio padre, nel 2007, per fare un favore a zio Caio segue la trattativa di alienazione di un bene immobiliare per conto dello zio. A seguito di questa alienazione, mio padre si è trovato coinvolto personalmente in un procedimento riguardante la transizione del denaro derivante dalla vendita dell'immobile. Al termine dei vari gradi di giudizio, mio padre ha perso la causa ed è stato condannato al risarcimento verso un altro parente per la somma di 100000 €.
Nel 2009, mio padre fa causa allo zio Caio chiedendo che la predetta somma dovuta come risarcimento fosse a lui imputata. Durante il corso della causa, nel 2010, lo zio Caio, non sposato e senza figli, muore senza lasciare testamento.
Data la situazione, mio padre per continuare la causa chiede al giudice di individuare gli eredi di Caio. Nel frattempo, purtroppo, nel 2016, anche mio padre è deceduto.
Siccome l'avvocato di mio padre non ne dichiara la morte, la causa continua.
Nel frattempo, consigliati dall'avvocato di mio padre, io e mio fratello accettiamo con beneficio inventario sia l'eredità di mio padre, nullatenente, che quella di mio zio Caio. Nel 2022, il giudice emette una sentenza da cui si evince che non ci sono altri eredi di Caio se non io e mio fratello(con beneficio di inventario) e conferma che mio padre deve risarcire la somma di100000 € .
La domanda è questa: non avendo nessun documento che prova che mio padre abbia rinunciato dell'eredità di Caio, io e mio fratello, eredi sia di Caio che di nostro padre(con beneficio di inventario), siamo tenuti a pagare il debito 100000 € o sono due eredità distinte?”
Consulenza legale i 22/06/2022
Per rispondere al quesito occorre analizzare gli eventi per come si sono succeduti nel tempo:
1. anno 2007 condanna del padre di colui che pone il quesito (che per comodità chiameremo Primo) a risarcire la somma di euro 100.000 ad un altro parente;
2. anno 2009: Primo instaura un giudizio contro il fratello Antonio per il recupero dal suo patrimonio della somma dovuta a titolo di risarcimento danni;
3. anno 2010, morte ab intestato dello zio Antonio, il quale, non essendo coniugato e non avendo figli, lascia come unico erede legittimo (almeno così sembra intuisce dal tenore letterale del quesito) il fratello Primo;
4. anno 2016: muore anche Primo, senza avere accettato l’eredità del fratello Antonio.
5. accettazione con beneficio di inventario dell’eredità di Primo e di Secondo da parte dei figli di Primo.

E’ in quest’ultimo passaggio che va trovata la risposta a ciò che viene chiesto.
L’istituto giuridico che viene in considerazione è quello della trasmissione del diritto di accettare l’eredità, disciplinato dall’art. 479 c.c., il quale costituisce espressione del principio generale secondo cui l’erede subentra nell'intera situazione giuridica del defunto e, quindi, anche nell'eventuale sua posizione di chiamato ad altra eredità.
Secondo quanto previsto da tale norma, il diritto di accettare l'eredità si trasmette agli eredi del chiamato, che sono così preferiti rispetto ai chiamati ulteriori del primo defunto.
Presupposti per la configurabilità della trasmissione del diritto di accettare sono:
a) che vi sia un chiamato all'eredità che deceda prima di avere acquistato l'eredità stessa;
b) che lo stesso chiamato non abbia ancora perduto il diritto di accettarla.

Secondo la tesi prevalente, oltre che preferibile, l'operare della trasmissione della delazione realizza non una duplice successione (da Primo ad Antonio e da Antonio ai figli di Primo), ma una sola successione direttamente dal primo defunto al trasmissario, in quanto questi succede per un diritto derivato da chi non ha potuto esercitarlo.
Da ciò se ne fa conseguire che il destinatario ultimo dovrà compiere due distinti atti di accettazione, trattandosi di due eredità, quella originaria e quella del trasmittente (in tal senso si è espressa Cass. civ. sentenza n. 735/1961).

Occorre tenere presente che mentre l'accettazione dell'eredità del primo de cuius (ossia quella dello zio Antonio) da parte del trasmissario comporta esercizio di un diritto ricompreso nella seconda eredità e quindi accettazione tacita di quest’ultima, l'accettazione dell'eredità del trasmittente (il padre Primo) lascia libero l'agente di accettare o meno l'eredità del primo de cuius.

Facendo applicazione di quanto fin qui detto al caso di specie, dunque, può dirsi che corretta è stata la scelta, suggerita dal proprio legale, di accettare, con due distinti atti, l’eredità di entrambi i de cuius nella forma dell’accettazione con beneficio di inventario.
Come si è prima cercato di spiegare, infatti, si tratta di due distinte successioni, derivanti da due delazioni anch’esse distinte, ciò che trova conferma anche nel disposto di cui all’ultimo comma dell’art. 479 c.c., ove si distingue tra eredità del trasmittente ed eredità a quest’ultimo devoluta, al fine di precisare che la rinuncia all’eredità del trasmittente (Primo) comporta anche rinunzia all’eredità che al medesimo è devoluta (quella di Antonio).
Proprio perché si tratta di due eredità distinte, sarebbe stato ben possibile per i trasmissari (i figli di Primo) accettare la sola eredità del trasmittente (Primo) e rinunciare all'eredità delata (quella di Antonio) senza violare il divieto di accettazione parziale.

Inoltre, tale trasmissione non determina alcun mutamento nelle situazioni giuridiche attive e passive che caratterizzano i patrimoni di entrambi i de cuius, il che significa che solo nel patrimonio del padre Primo continuerà a sussistere il debito risarcitorio di euro 100.000, sullo stesso de cuius gravante in forza della sentenza dell’anno 2007, e di cui risulta creditore l’altro parente, se ancora in vita, o i suoi eredi.
Ovviamente, poiché i figli di Primo si sono avvalsi dell’accettazione con beneficio di inventario, saranno tenuti a soddisfare tale debito esclusivamente con beni facenti parte del patrimonio dello stesso Primo (beni che sembrano non esservi, in quanto si dice che il padre era “nullatenente”).

Di tale debito, poi, non può intendersi gravato il patrimonio ereditario dello zio Antonio, in quanto l’acquisto dell’eredità di quest’ultimo da parte dei figli di Primo è un acquisto avvenuto a titolo personale, che impone di tenere distinte le passività delle due eredità, sebbene sia frutto dell’esercizio di un diritto a sua volta acquistato iure successionis.
La mancata accettazione da parte di Primo non consente di ritenere che nel suo patrimonio siano transitati anche i beni del fratello Antonio e sui quali i creditori di Primo potrebbero avanzare pretese (così Cass. civ. Sezione VI n. 19303 del 02.08.2017).

MAURIZIO S. chiede
sabato 13/06/2020 - Lazio
“Spett.le Brocardi,
M.S. Lazio
Sono con la presente a sottoporvi il presente quesito sul tema delle successioni ereditarie:

Roberto è il defunto

Mario è il figlio di Roberto defunto

Francesca è la madre di Roberto defunto e la nonna di Mario

Carlo è il fratello di Roberto defunto.

Roberto muore non facendo in tempo ad onorare i propri debiti, suo figlio Mario rilascia la rinuncia all’eredità, il fratello, Carlo provvede anche esso a rilasciare la rinuncia all’eredità, la madre Francesca muore subito dopo la morte del figlio Roberto ancor prima di rinunciare alla sua eredità debitoria (atto che si riteneva auspicato a seguito della rinuncia della nipote all’eredità del padre Mario), ma la stessa Francesca (vedova) al momento della sua morte era titolare del 100% dell’abitazione in cui viveva, la cui legittima eredità apparterrebbe al 50% a favore del nipote Mario in quanto il figlio Roberto defunto, e al 50% a favore del figlio Carlo fratello di Roberto.

Il quesito che pongo è:

dato ché, la madre Francesca essendo morta dopo il figlio indebitato Roberto, e non avendo fatto in tempo a rinunciare l’eredità, invece eredità rinunciata dal nipote Mario e dal figlio Carlo, non vi è il rischio che il nipote Mario e il figlio Carlo nel momento in cui accettano l’eredità rispettivamente della nonna e della madre Francesca, automaticamente si accollano anche l’eredità (debiti) del figlio morto Roberto quale padre di Mario e fratello di Carlo propriamente per non avere la madre Francesca, fatto in tempo a rinunciare all’eredità del defunto figlio indebitato Roberto?

Se la risposta fosse affermativa, la legge offre un rimedio per far si che il nipote Mario e il figlio Carlo di Francesca defunta, possano ereditare al 50% cadauno l’appartamento della nonna e della madre Francesca senza l’accollamento dei debiti ereditati da Francesca appartenenti al figlio Roberto, per non avere fatto in tempo a rinunciare all’eredità di suo figlio Roberto?

Cordiali saluti.”
Consulenza legale i 18/06/2020
La lettura dell’art. 479 c.c. consente di trovare la soluzione al caso in esame.
Tale norma trova applicazione nei casi in cui il chiamato all’eredità (c.d. trasmittente) muoia dopo l’apertura della successione di un altro soggetto e senza aver avuto possibilità di manifestare la volontà di accettare o rinunziare a quell’eredità.
Al momento del decesso del trasmittente, quel diritto di accettare l’eredità del primo de cuius entra nel suo patrimonio e si trasmette ai suoi eredi (c.d. trasmissari) insieme a tutti gli altri diritti.
Scopo della norma è, chiaramente, quello di trovare dei soggetti a cui devolvere l’eredità del primo de cuius, e la medesima norma si fonda sul principio generale secondo cui al momento dell’apertura della successione, colui il quale si trova nella posizione di chiamato all’eredità (o delato) non è immediatamente erede, ma titolare di due distinte posizioni giuridiche, ovvero il diritto di accettare l’eredità (al quale si attribuisce natura di diritto potestativo) ed il potere di amministrare la massa ereditaria ex art. 460 del c.c..

Peraltro, poiché la trasmissione del diritto di accettare costituisce un’eccezione al principio di indisponibilità della delazione, la medesima si realizza soltanto nei confronti di colui o coloro che succedono a titolo universale (sia per legge che per testamento) e non nei confronti del successore a titolo particolare.
Con ciò vuol dirsi che se il de cuius avesse disposto a titolo particolare in favore dei suoi eredi di quel diritto di accettare l’eredità che si trova nel suo patrimonio (es. se Francesca avesse disposto in favore di Carlo del diritto di accettare l’eredità di Roberto), tale atto dispositivo della delazione avrebbe determinato accettazione tacita della stessa ex art. 477 del c.c..

Qualora, invece, il trasmittente nulla disponga in ordine a quel diritto di accettare, si avrà che in capo al trasmissario sorgeranno due distinte delazioni:
  1. la prima delazione è quella nei confronti dell’originario de cuius;
  2. la seconda delazione è quella nei confronti del suo trasmittente (il secondo de cuius).
Pertanto, lo stesso trasmissario diventerà titolare di due distinti e, per certi versi autonomi, diritti di accettare, ossia il diritto di accettare l’eredità dell’originario de cuius e quello di accettare l’eredità del suo trasmittente.

Proprio per regolare queste due distinti diritti di accettazione il legislatore ha dettato il secondo comma dell’art. 479 c.c., disponendo che “la rinunzia all’eredità propria del trasmittente include rinunzia all’eredità che al medesimo è devoluta”.
Ciò vuol dire che, in caso di accettazione:
  1. se il trasmissario accetta l’eredità del trasmittente (cioè del secondo de cuius), potrà successivamente accettare o rinunziare a quella dell’originario de cuius;
  2. se il trasmissario accetta l’eredità dell’originario de cuius non potrà più rinunziare a quella del trasmittente, in quanto disponendo di un diritto che fa parte del patrimonio ereditario del trasmittente, avrà compiuto un atto di accettazione tacita della seconda eredità.

Lo stesso principio vale in caso di rinunzia, e così si avrà che:
  1. se il trasmissario rinuncia all’eredità del trasmittente (secondo de cuius), ciò comporterà anche la rinunzia all’eredità dell’originario de cuius, e questo in forza del principio generale espresso dall’art. 520 del c.c., secondo cui è nulla la rinunzia fatta solo per parte.
Infatti, poiché il diritto di accettare l’eredità fa parte del patrimonio del trasmittente, non è possibile rinunziare all’eredità di quest’ultimo per accettarne solo una parte, cioè il diritto di accettare l’eredità del primo de cuius
  1. se, al contrario, il trasmissario rinuncia all’eredità dell’originario de cuius, poiché tale atto comporta disposizione di un diritto facente parte dell’eredità del trasmittente, l’eredità di quest’ultimo si intenderà tacitamente accettata ex art. 477 c.c.

Facendo applicazione dei principi sopra esposti al caso di specie si avrà che, apertasi la successione legittima di Francesca ed essendo Mario e Carlo chiamati all’eredità della stessa per legge a titolo universale (Mario per rappresentazione di Roberto), i medesimi (trasmissari) si trovano dinanzi a due distinte delazioni, quella di Roberto (primo de cuius) e quella di Francesca (trasmittente).
Sia Mario che Carlo potranno:
  1. rinunziare al diritto di accettare l’eredità di Roberto, rinvenuto nel patrimonio di Francesca, rinunzia che sarà opportuno ripetere in quanto manifestata nella qualità di trasmissari di Francesca;
  2. accettare l’eredità di Francesca, ciascuno per la quota che gli compete (1/2 indiviso). In realtà la rinuncia all’eredità di Roberto sarebbe già sufficiente per configurare una accettazione tacita dell’eredità di Francesca ex art. 477 c.c. (poiché con quell’atto hanno disposto di un diritto facente parte del patrimonio ereditario di quest’ultima), ma ragioni di certezza giuridica consigliano di accettare espressamente anche l’eredità di Francesca.

Per quanto concerne in particolare la posizione di Mario, chiamato all’eredità della nonna Francesca per rappresentazione del padre Roberto (alla cui eredità ha rinunciato), di una tale ipotesi si occupa espressamente il secondo comma dell’art. 468 del c.c., il quale riconosce ai discendenti del rappresentato di succedere per rappresentazione anche se hanno rinunziato all’eredità della persona in luogo della quale subentrano.
Ciò significa che Mario (rappresentato) ha il diritto di succedere a Francesca per rappresentazione del figlio Roberto (rappresentato), anche se precedentemente ha rinunziato all’eredità di Roberto.


Pasquale E. chiede
sabato 11/01/2020 - Veneto
“Buongiorno, di seguito il quesito di cui chiedo delucidazioni.

Monica, orfana, vedova dal 2006, perde anche l'unico figlio nel 2007.
Non avendo eredi legittimi, nomina con testamento pubblico redatto dal Notaio in presenza di testimoni, erede universale la sua amica Patrizia con cui non ha nessun legame di parentela, la quale, anch'essa vedova e senza figli, passa però a miglior vita nel 2015 senza lasciare testamento.
Francesca, sorella di Patrizia, ha diritto all'eredità di Monica che è deceduta qualche giorno fa?

Ricapitolando:

" A " non avendo eredi legittimi nomina " B " erede universale dal notaio
" B " vedova e senza figli muore prima di " A " senza lasciare testamento

All'avvenuta morte di " A "
" C " sorella ed erede legittima di " B " ha diritto all'eredità di " A " ?”
Consulenza legale i 16/01/2020
Purtroppo la risposta al quesito è negativa e se ne chiariranno adesso le motivazioni.

In mancanza di eredi legittimari, quali sono coniuge, figli e ascendenti (così art. 536 del c.c.), chi vuole disporre del proprio patrimonio per il tempo in cui avrà cessato di vivere gode di ampia libertà, potendo con testamento indicare chiunque come beneficiario.

La mancanza di legittimari e di fratelli e sorelle, dovrebbe però spingere il testatore, se vuole assicurarsi che il suo patrimonio abbia una destinazione ben precisa, a cercare di prevedere il verificarsi di ipotesi come quella qui descritta, ossia la premorienza del soggetto che è stato prescelto come erede.
Per tale ipotesi, infatti, il legislatore ha previsto un istituto giuridico ben preciso, ed è quello della c.d. sostituzione ordinaria, disciplinata dagli artt. 688 e ss. c.c.
Dispone l’art. 688 del c.c. che il testatore può nel suo testamento disporre di voler sostituire all’erede istituito altra persona per il caso in cui il primo non possa o non voglia accettare l’eredità, aggiungendo al successivo art. 689 del c.c. che la sostituzione può essere anche plurima (ossia possono sostituirsi più persone ad una sola o una sola a più) o reciproca (è questo il caso della nomina di più coeredi con previsione di una loro sostituzione tra gli stessi qualora taluno non possa o non voglia accettare).

Come può notarsi, la sostituzione opera al ricorrere dei medesimi presupposti richiesti per il diverso istituto della c.d. rappresentazione, previsto sempre dal codice civile e disciplinato dagli artt. 467 e ss. c.c., per effetto del quale i discendenti hanno il diritto di subentrare nel luogo e nel grado del loro ascendente in tutti i casi in cui questi non può (sono i casi di premorienza, ma anche incapacità, indegnità, assenza ex art. 70 del c.c.) o non vuole accettare l’eredità o il legato (perché vi rinunzia).
Tuttavia, l’art. 468 del c.c. pone una condizione ben precisa per l’operatività di tale istituto, disponendo che rappresentato può essere soltanto il figlio legittimo, legittimato, adottivo o naturale del defunto ovvero il fratello o la sorella (non opera neppure a favore del coniuge).
La finalità voluta dal legislatore è evidente: tutelare l’interesse dei parenti a mantenere nell’ambito della cerchia familiare il patrimonio del de cuius, prevedendo l’intervento dello Stato solo quando il defunto abbia omesso di fare testamento e non abbia parenti entro il sesto grado.

Se, invece, dovesse accadere che il chiamato all’eredità muore quando la successione a cui è chiamato si è aperta, ma prima di poterla accettare, poiché il diritto di accettare non si estingue con la morte del chiamato, ma si trasmette ai suoi eredi, saranno questi ultimi a poter accettare, in forza di una vocazione che viene definita indiretta.
E’ questo l’istituto della c.d. trasmissione del diritto di accettare l’eredità, espressamente previsto dall’art. 479 c.c., ammesso soltanto per mezzo della successione a titolo universale, sia nella qualità di erede legittimo che testamentario; non sarebbe possibile, infatti, una disposizione specifica del diritto di accettare, sia mortis causa che inter vivos, poiché, come risulta chiaramente dall’art. 477 del c.c., la donazione, vendita o cessione dei diritti di successione determina in ogni caso l’accettazione tacita di quell’eredità che si intende trasferire.

Ora, applicando i sopraesposti principi al caso di specie, può dirsi che Francesca non può vantare alcun diritto sull’eredità di Monica, e ciò per le seguenti ragioni:
  1. non è stata indicata da Monica come sostituta di Patrizia (quindi, non può operare l’istituto della sostituzione ordinaria ex art. 688 c.c.)
  2. non si ha alcuna trasmissione del diritto di accettazione in quanto Patrizia è venuta a mancare prima di Monica, quando ancora la successione di quest’ultima non si era aperta, mentre l’art. 479 c.c. richiede che la morte del chiamato all’eredità (trasmittente) avvenga quando la successione a cui è chiamato si sia già aperta e prima di poterla accettare;
  3. non può operare l’istituto della rappresentazione, in quanto tale istituto presuppone una limitazione di carattere soggettivo, potendo assumere la posizione di rappresentati soltanto i figli ed i fratelli e le sorelle del de cuius, ossia di Monica (questa, invece, non lascia alcuno di tali soggetti.

Esclusa l’operatività di tali istituti ed escluso che Francesca possa succedere in qualche modo a Monica, in assenza di alcuna volontà testamentaria, l’eredità di Monica non potrà che devolversi per legge in favore dei suoi parenti, se esistenti, fino al sesto grado ovvero, in difetto, in favore dello Stato.


Antonio P. chiede
venerdì 15/06/2018 - Lombardia
“A mia moglie è stato assegnato un appartamento in un testamento pubblico da parte della seconda moglie di suo padre da tempo deceduto.
Mia moglie è deceduta tre anni fa ed in questo mese è deceduto il testatore.
Il notaio all'apertura del testamento asserisce che io in qualità di coniuge non ho alcun diritto ma bensì solo i nostri due figli.
Chiedo pertanto se veramente io non posso avvalere i miei diritti di coniuge e il motivo della mia eventuale esclusione.
Chiedo inoltre se mia moglie può essere definita erede o solo donataria in quanto ci sono i nipoti della defunta testatrice.”
Consulenza legale i 20/06/2018
Quanto asserito dal notaio non può ritenersi corretto sulla base delle considerazioni che qui seguono.
Per comodità di lettura chiameremo Tizia la moglie di chi pone il quesito e Tiziona la seconda moglie del padre di Tizia.
Essendosi la morte di Tiziona verificata in un momento successivo alla morte di Tizia, la prima conclusione a cui può immediatamente giungersi è che il diritto di ricevere in eredità l’appartamento che Tiziona ha lasciato a Tizia con testamento pubblico si trasmetta agli eredi di Tizia, e ciò per effetto di quel fenomeno giuridico che il codice civile definisce “rappresentazione” e che disciplina agli artt. 467 e seguenti c.c.

L’art. 467 c.c. dispone espressamente che la “rappresentazione” fa subentrare i discendenti nel luogo e nel grado del loro ascendente in tutti i casi in cui questi non può o non vuole accettare l’eredità o il legato.
Fin qui sembrerebbe in effetti che non avendo potuto Tizia accettare l’eredità perché premorta a Tiziona, i suoi discendenti, ossia i suoi figli, possano subentrarle.
La conclusione non potrà essere più tale, però, nel momento in cui si andrà a leggere il successivo art. 468 c.c., norma che, nell’individuare i soggetti in favore dei quali opera la rappresentazione, ne stabilisce le relative condizioni soggettive, e precisamente:
  1. il primo chiamato (cioè Tizia) deve avere discendenti legittimi o naturali;
  2. il primo chiamato deve essere figlio legittimo, legittimato, adottivo o naturale del defunto (ossia di Tiziona), oppure fratello o sorella della stessa Tiziona.
Nel nostro caso non risulta che Tizia rivesta una delle qualità di cui alla lettera b), dicendosi soltanto che è figlia del secondo marito di Tiziona, e risultando dunque escluso ogni rapporto di parentela con la stessa Tiziona.
Nessun diritto, sempre per la stessa ragione, può dirsi spettare al coniuge di Tizia, avendo il legislatore attribuito in via esclusiva il diritto di rappresentazione ai discendenti e non potendo tale normativa applicarsi in via analogica anche in favore del coniuge.

Diversa sarebbe stata la situazione se Tiziona fosse premorta a Tizia e quest’ultima a sua volta non avesse manifestato alcuna volontà di accettare l’eredità di Tiziona prima di morire.
In quest’ultima ipotesi avrebbe trovato applicazione la norma di cui all’art. 479 c.c., che disciplina la c.d. trasmissione del diritto di accettazione: gli eredi di Tizia (questa volta sia il coniuge che i figli) avrebbero trovato nel suo patrimonio anche il diritto di accettare l’eredità di Tiziona e, manifestando la volontà di accettare, sarebbe divenuti tutti eredi di Tiziona.

Si tenga peraltro conto che, se non vi fosse stata la disposizione testamentaria, l’eredità si sarebbe devoluta per legge ex art. 565 c.c., norma che individua quali eredi legittimi il coniuge, i discendenti legittimi e naturali, gli ascendenti legittimi, i collaterali, gli altri parenti e lo Stato: come può notarsi, i figli dell’altro coniuge non sono compresi in questo elenco.

Sulla base delle considerazioni sopra svolte, diviene superfluo stabilire quale sia la posizione che in tale successione verrebbe a rivestire Tizia; a tal fine, comunque, risulterebbe indispensabile leggere con attenzione il testamento, onde stabilire se Tiziona abbia voluto disporre in favore di Tizia a titolo universale (ossia di erede) ovvero a titolo particolare (ossia come legato).

Indubbiamente diverso sarebbe il discorso se Tizia avesse nel frattempo e per qualunque ragione assunto la posizione di figlia di Tiziona, poiché in questo caso diventerebbe pienamente operante il diritto di rappresentazione, e dunque i figli di Tizia, accettando l’eredità di Tiziona in luogo della madre, acquisirebbero il diritto di ricevere l’appartamento.

Donato L. chiede
mercoledì 20/01/2016 - Veneto
“Buongiorno ho dei quesiti su una rinuncia di eredità.
Mio padre e i suoi fratelli hanno ereditato da parte di una zia una casa.
Tutti i fratelli hanno rinunciato all'eredità a favore di una sorella, sono passati 3 anni e mio padre non ha preso nessuna decisione e non ha fatto nessuna successione e non ha nessuna documentazione di questa eredità. Ad ottobre mio padre è morto lasciando in sospeso questa eredità, ora nel fare la successione io mia sorella e mia madre vorremmo rinunciare questa casa ereditata a favore di mia zia , i quesiti sono: dobbiamo donare o rinunciare a favore di questa mia zia la casa? Si può rinunciare solo a questa eredità o si deve rinunciare a tutto? Nel rinunciare a favore di mia zia dobbiamo fare prima una successione integrativa (e che documenti ci vogliono?) a quella già presentata dagli altri fratelli (sempre che l'abbiano presentata) e pagare delle sanzioni per il ritardo o si può fare prima la rinuncia di quella sola casa ereditata con un atto notarile e poi fare il nostro atto di successione con le sole proprietà di mio padre?spero di essere stato chiaro nel esporre i fatti e i dubbi che noi abbiamo.”
Consulenza legale i 26/01/2016
Nel caso di specie è opportuno, innanzitutto, verificare se era stata presentata denuncia di successione degli eredi della zia (verificando presso l'Agenzia delle Entrate territorialmente competente). Se la denuncia di successione della zia non è stata presentata gli eredi dovranno presentarla (se non è stata presentata alcuna denuncia entro 1 anno dall'apertura della successione, sono previste delle sanzioni). Se invece è stata presentata, si dovrà verificare se, effettivamente, il padre (Tizio) non abbia rinunciato o accettato l'eredità.

Se emerge che Tizio, chiamato all'eredità della zia, è morto senza averla accettata, è applicabile l'art. 479 del c.c., ai sensi del quale se il chiamato muore senza aver accettato l'eredità il diritto di accettare questa eredità si trasmette agli eredi. Nel patrimonio ereditario di questi, infatti, vi è anche il diritto di accettare o meno l'eredità precedente. Il diritto in esame non risulta prescritto, in quanto non è decorso il termine decennale dall'apertura della successione della zia di cui all'art. 480 del c.c..

Una volta accettata l'eredità di Tizio, gli eredi potranno scegliere se accettare o meno anche quella a lui in precedenza spettante ma dallo stesso non accettata, mediante apposito atto di accettazione o di rinuncia. Non potranno, invece, prima rinunziare a quella della zia di Tizio e poi accettare quella di Tizio stesso (art. 479 co. 3 c.c.). Del resto, non potrebbero disporre dei beni della zia se non in qualità di eredi del padre. Al contempo, se gli eredi decidono di rinunziare all'eredità di Tizio, non viene loro trasmesso alcun diritto su quella che a lui spettava (cioè quella della zia).

Il fatto che si debbano compiere due diversi atti (di cui uno per l'eredità di Tizio ed uno, che può essere di rinuncia, per quella a lui spettante) non sembra violare il divieto di accettazione parziale di cui all'art. 475 co. 3 c.c., perché si tratta comunque di due eredità distinte. Inoltre, ciò trova conferma nello stesso art. 479 c.c. che disciplina la trasmissione del diritto di accettare, per cui è ragionevole concludere che siano necessari due atti di accettazione distinti ed autonomi.

L'eventuale rinuncia va fatta nelle forme di cui all'art. 519 del c.c., cioè con dichiarazione ricevuta da notaio o dal cancelliere del Tribunale del circondario in cui si è aperta la successione.

Ai sensi dell'art. 478 del c.c. la rinuncia fatta a favore di alcuni solo dei chiamati importa accettazione (v. anche art. art. 520 del c.c.). Inoltre, a seconda che si sia in presenza di una successione legittima o testamentaria, la legge regola diversamente gli effetti della rinuncia quanto ai soggetti cui l'eredità si devolve (art. 521, 522 c.c.). Pertanto, per perseguire lo scopo evidenziato in quesito (devoluzione a favore di una persona precisa), si dovrà tener conto anche di questi aspetti nella scelta tra rinunciare ovvero accettare e successivamente donare, dopo aver comunque verificato l'attuale situazione (se vi è stata rinuncia da parte degli altri eredi, se è stata fatta in modo regolare ecc.).

Antonia chiede
sabato 17/03/2012 - Sardegna
“Nel caso in cui il decuius abbia redatto testamento, cosa succede se uno dei chiamati all'eredità muore prima che sia stata aperta la successione? Può trasmettere un diritto di accettare l'eredità che è ancora solo una "possibilità di diritto" dato che non vi è potuta essere neanche delazione ereditaria?”
Consulenza legale i 20/03/2012

L'apertura della successione è un effetto giuridico connesso ad un evento naturale; la morte della persona opera la separazione dei diritti dal loro titolare, e dal momento della morte si dice che la successione è aperta (art. 456 del c.c.). La delazione è pure un concetto giuridico, e si riferisce al successore. La delazione è l'effettiva chiamata, è l'offerta concreta della possibilità di accettare rivolta all'istituito e non sempre è contemporanea all'apertura della successione.

Se il chiamato all'eredità, dopo l'apertura della successione del de cuius, muore senza avere accettato, il diritto di accettare si trasmette ai suoi eredi, venendo a far parte del suo asse (trasmissione del diritto di accettazione) così come previsto ai sensi dell'art. 479 del c.c.). Poichè l'accettazione non può essere parziale, l'erede del chiamato non può accettare la trasmissione di questo diritto e rinunciare al resto: la rinunzia all'eredità propria del trasmittente include anche la rinunzia all'eredità a lui devoluta.

Se, invece, il chiamato all'eredità muore prima dell'apertura della successione (premorienza), sarà applicabile l'istituto della rappresentazione, il quale è una devoluzione della chiamata rivolta ai figli e ai discendenti (legittimi e naturali) del primo istituito che non può succedere. L'istituto opera solo se il primo chiamato è figlio o fratello del de cuius. Si può dire, dunque, che la rappresentazione favorisce sempre e soltanto i nipoti o pronipoti del de cuius.

E' bene ricordare che il nostro ordinamento dà la possibilità al testatore di fare anche delle sostituzioni, cioè delle chiamate di secondo grado. Con la sostituzione c.d. ordinaria, si provvede a sostituire la persona del chiamato nell'ipotesi che l'istituito non possa venire alla successione (ad esempio perchè premorto). Una volta vericatosi il presupposto per la chiamata del sostituto, è come se egli fosse stato nominato fin dall'inizio, e la sua accettazione avrà sempre effetto retroattivo.


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