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Articolo 522 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Devoluzione nelle successioni legittime

Dispositivo dell'art. 522 Codice Civile

(1)Nelle successioni legittime [565 c.c.] la parte di colui che rinunzia si accresce a coloro che avrebbero concorso col rinunziante(2), salvo il diritto di rappresentazione [467 ss. c.c.] e salvo il disposto dell'ultimo comma dell'articolo 571. Se il rinunziante è solo, l'eredità si devolve a coloro ai quali spetterebbe nel caso che egli mancasse(2).

Note

(1) Nelle successioni legittime, la parte di eredità del rinunziante viene devoluta, nell'ordine:
- per rappresentazione (v. art. 467 ss. c.c.);
- in caso di concorso tra genitori o ascendenti e fratelli o sorelle, se entrambi i genitori rinunciano o non possono succedere, la loro quota di eredità si devolve agli ascendenti ulteriori ex art. 571 c.3 del c.c.;
- per accrescimento, ai sensi della disposizione in commento.
(2) L'accettazione dell'eredità effettuata dal coerede determina in via automatica l'accettazione anche della quota pervenuta per accrescimento.
(3) Qualora il rinunziante sia l'unico erede, l'eredità si devolve ai chiamati di ordine e grado ulteriore ai sensi degli articoli 566 ss. del c.c.. In mancanza di altri successibili, l'eredità si devolve allo Stato (v. art. 586 del c.c.), che non può rinunciarvi (c.d. erede necessario).

Ratio Legis

La norma, in caso di rinunzia all'eredità, privilegia la rappresentazione. Attraverso tale istituto l'eredità viene devoluta ai più stretti familiari del rinunziante, presumendo che questa sarebbe stata la volontà del de cuius se fosse stato a conoscenza della rinuncia del primo chiamato.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

252 La più notevole innovazione in questa materia è quella per cui si ammette la rappresentazione anche in caso di rinunzia. La riforma è già stata sopra illustrata: mi limito quindi a segnalare due modificazioni che sono in connessione con essa. Nell'art. 522 del c.c., relativo alla devoluzione della parte di eredità del rinunziante nelle successioni legittime, ho fatto salvi il diritto di rappresentazione e quello spettante agli ascendenti delle due linee per l'art. 571 del c.c.. Nell'art. 523 del c.c., che tratta della devoluzione medesima nelle successioni testamentarie, ho fatto pure salvo il diritto di rappresentazione, oltre l'eventuale sostituzione disposta dal testatore. Gli stessi articoli sono stati poi modificati in dipendenza del ripristino dell'istituto dell'accrescimento, di cui sarà data a suo luogo ragione. Nel primo ho ripristinato l'espressione "si accresce", che era stata sostituita, nel progetto definitivo, con l'altra "si acquista di diritto"; nel secondo ho stabilito che la parte del rinunziante si accresce ai coeredi testamentari e, se non ha luogo l'accrescimento, si devolve agli eredi legittimi.

Massime relative all'art. 522 Codice Civile

Cass. civ. n. 29146/2022

La formale revoca della rinuncia sopraggiunta in pendenza del termine per l'accettazione dell'eredità fissato, ai sensi dell'art. 481 c.c., all'erede in rappresentazione, senza che questi abbia accettato, impedisce che possa aver luogo l'accrescimento a favore dei chiamati congiuntamente con il rinunziante; una volta concesso il termine, infatti, l'accrescimento può realizzarsi solo dopo lo spirare di esso e sempre che, nel frattempo, non sia intervenuta la revoca della rinunzia da parte del rinunziante o l'accettazione da parte del chiamato per rappresentazione.

La revoca formale della rinuncia all'eredità sopraggiunta in pendenza del termine per l'accettazione fissato all'erede in rappresentazione, senza che questi abbia accettato, impedisce che possa aver luogo l'accrescimento a favore dei chiamati congiuntamente con il rinunziante. Una volta concesso il termine, tale effetto si sarebbe realizzato solo dopo lo spirare del termine, e sempre che, nel frattempo, non fosse intervenuta la revoca della rinunzia da parte del rinunziante o l'accettazione da parte del chiamato per rappresentazione.

Cass. civ. n. 8021/2012

In forza del combinato disposto degli artt. 522 e 676 c.c., la quota del coerede rinunziante si accresce "ipso iure" a favore di coloro che avrebbero con lui concorso, senza che sia necessaria una specifica accettazione dei subentranti, atteso che l'acquisto per accrescimento consegue all'espansione dell'originario diritto all'eredità, già sussistente in capo ai subentranti, con l'ulteriore conseguenza che, determinatosi tale acquisto, la rinunzia all'eredità diviene irrevocabile.

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Consulenze legali
relative all'articolo 522 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

A. C. chiede
mercoledì 15/03/2023 - Marche
“buongiorno, premetto di essere figlio unico e non ci sono altre persone in linea diretta di successione oltre me da parte dei miei genitori. La domanda è la seguente:
in caso di morte di mio padre, posso rinunciare totalmente all' eredità in toto (casa, conto corrente, macchina) in favore di mia madre, lasciando tutto a lei. Negli anni a seguire alla morte di mia madre andrebbe comunque tutto a me? oppure perchè ho rinunciato prima, non ho più diritti ad acquisire l'eredità di mia madre dopo.
Mi rendo conto che la domanda è un po' articolata, ma il quesito è relativamente semplice.
Vi ringrazio anticipatamente della risposta. Buona giornata”
Consulenza legale i 21/03/2023
Il caso prospettato nel quesito trova un esplicito riferimento normativo all’art. 522 c.c., il quale dispone che, nel caso di successione legittima, la parte di colui che rinunzia si accresce in favore di coloro che avrebbero concorso con il rinunziante, fatto salvo il diritto di rappresentazione.
Ciò significa che, a prescindere dalla discussione sviluppatasi in dottrina in ordine alla configurabilità o meno per tale ipotesi di un vero e proprio accrescimento in senso tecnico, la rinuncia di uno dei chiamati all’eredità comporta una automatica espansione della quota dell’altro o degli altri chiamati alla medesima eredità.
Tale automatica espansione delle quota, a sua volta, trova conferma al primo comma dell’art. 521 c.c., ove è detto che colui che rinunzia all’eredità è considerato come se non vi fosse mai stato chiamato.

Dal combinato disposto di tali norme, dunque, se ne deve far conseguire che, in assenza dei presupposti per l’operatività del diritto di rappresentazione (ovvero in assenza di figli del rinunciante) ed in assenza di altri successibili aventi diritto a concorrere con il coniuge superstite ex art. 582 del c.c. (ovvero ascendenti e fratelli e sorelle del de cuius), quest’ultimo diventerà l’unico erede ex lege del defunto, ed al medesimo sarà devoluta l’intera eredità secondo quanto disposto dall’art. 583 del c.c..

I beni e diritti derivanti da tale acquisto ereditario (casa, conto corrente, macchina) entreranno a far parte del patrimonio della madre superstite, divenendone unica ed esclusiva proprietaria.
Nel momento in cui si aprirà la successione di quest’ultima, dunque, quei medesimi beni, se non consumati o alienati, si troveranno nel suo patrimonio ereditario, ma come beni personali della defunta, a prescindere dalla loro provenienza (ovvero a prescindere dal fatto che siano stati acquistati per successione al coniuge precedentemente defunto).
Pertanto, il figlio superstite, nella sua qualità di unico erede legittimo e salva diversa volontà testamentaria, avrà diritto a conseguire l’intero patrimonio della de cuius ex art. 566 del c.c..

Salvatore L. P. chiede
domenica 28/11/2021 - Campania
“Una zia muore un anno fa senza lasciare testamento non ha figli, genitori o coniuge. Nessuno. Gli eredi sono 15 cugini di primo grado figli a tre fratelli del padre della defunta. Ora quattro di eredi hanno rinunciato, in cancelleria, alla successione ed eredità. Essendo tutti e quattro fratelli di mio padre, la rinuncia opera a favore di mio padre o di tutti gli altri 11? Il notaio che cura la successione ritiene che le quattro quote oggetto della rinuncia vadano a mio padre che è il loro fratello carnale e non divisa tra tutti. Vorrei sapere il vostro pensiero”
Consulenza legale i 02/12/2021
Ciò che sostiene il notaio è corretto e si cercherà adesso di illustrarne le motivazioni.
Nel quesito viene detto che la zia defunta al momento della morte non lascia coniuge, né figli, né genitori, ma solo fratelli.
In favore di questi, stante anche l’assenza di volontà testamentarie, si apre la successione legittima ex art. 570 del c.c..
Poiché anche i fratelli risultano deceduti (non si comprende bene se tutti o soltanto alcuni), a questi subentrano per rappresentazione i figli, e ciò secondo quanto espressamente previsto dalle norme che il codice civile detta in ordine a tale istituto giuridico agli artt. 467 e ss.
In particolare, dispone il primo comma dell’art. 468 del c.c. che nella linea collaterale la rappresentazione ha luogo in favore dei discendenti dei fratelli e delle sorelle del defunto.

Ora, poiché sembra di capire che la de cuius lascia tre fratelli, sono tre le quote che si sono venute a formare al momento dell’apertura della successione, in quanto secondo quanto disposto al primo comma del citato art. 570 c.c. fratelli e sorelle succedono in parti uguali (ogni fratello, dunque, ha diritto ad un terzo del patrimonio ereditario).
A questo punto si deve ritornare alle norme dettate in tema di rappresentazione, e più precisamente agli ultimi due commi dell’art. 469 del c.c., dai quali risulta che quando vi è rappresentazione la divisione si fa per stirpi e che se uno stipite ha prodotto più rami, la suddivisione avviene per stirpi anche in ciascun ramo.
Ciò significa che le tre quote uguali spettanti ai tre fratelli della de cuius verranno a loro volta divise tra i discendenti dei medesimi fratelli e secondo il loro numero.
Quindi, se il fratello A ha tre figli, il fratello B ne ha cinque ed il fratello C ne ha quattro, la quota di A andrà divisa in tre, quella di B in cinque e quella di C in quattro.

Inoltre, poiché la suddivisione avviene per stirpi, la rinuncia da parte dei discendenti di uno dei fratelli andrà ad accrescere la quota di coloro che fanno parte di quella medesima stirpe.
Quindi, se la stirpe di B ha prodotto cinque rami e quattro hanno rinunciato, la quota dei rinuncianti va ad accrescere quella dell’unico erede accettante della stirpe di B.
Ecco perché il notaio afferma che le quattro quote oggetto di rinuncia vanno a favore del loro unico fratello carnale (in quanto sono tutti rami di una medesima stirpe).
A conferma di ciò può, infine, richiamarsi quanto disposto dall’art. 522 c.c., norma che, dettata proprio in tema di rinuncia all’eredità, statuisce che nelle successioni legittime la quota di colui che rinuncia si accresce a coloro che avrebbero concorso con il rinunciante, ed in questo caso il concorso riguarda i soli figli (rappresentanti) di uno dei fratelli della de cuius.

Roberto N. chiede
mercoledì 25/04/2018 - Toscana
“La moglie di mio zio è deceduta,pare, senza lasciare testamento.

Pare avesse il conto corrente cointestato con mio zio .

La casa è di proprietà di mio zio.

Avendo lei alcune sorelle viventi e alcuni nipoti figli di fratelli e sorelle premorti,vorrei sapere come e quando dovrà essere divisa l'eredità,se adesso,oppure alla morte del marito,mio zio, che è ancora in vita.

Mio zio aveva due fratelli e una sorella.

Uno dei due fratelli è premorto ed è premorto anche l'unico figlio che aveva,è rimasta la moglie.(Può essere considerata erede legittima)?

L'altro fratello , mio padre ,è premorto ed io ho un fratello.

La sorella è ancora in vita ed ha una figlia.

Pare che anche lo zio non abbia fatto testamento.

In questo caso come verrebbe divisa l'eredità al momento del suo decesso?.

Grazie”
Consulenza legale i 04/05/2018
Partendo dal primo quesito, per la verità non molto chiaro, va detto che l’eredità della moglie dello zio andrà suddivisa subito, senza che sia necessario attendere la morte anche di quest’ultimo. Appena un soggetto muore, infatti, si apre immediatamente la successione e vengono individuati i chiamati all’eredità, che dovranno decidere se accettarla (ed in che modo) oppure rifiutarla.
Il patrimonio della signora in questione, in ogni caso, non avendo lei fatto testamento, andrà suddiviso tra il marito (lo zio di chi ha posto il quesito) e gli altri parenti, nell’ordine stabilito dalla legge.

Per quanto concerne, invece, l’eredità dello zio, essa andrà suddivisa come segue.

In assenza di coniuge, figli o ascendenti (genitori), gli succederanno i fratelli e le sorelle in parti uguali (art. 570 c.c.).
La sue eredità, se lo zio morisse ora, andrebbe dunque divisa esattamente in tre parti.

In particolare:

- la prima parte andrebbe alla sorella (la figlia di quest’ultima non parteciperebbe alla successione dello zio defunto, essendo la madre ancora in vita);

- la seconda parte andrebbe ai due nipoti (uno dei quali è colui che ha posto il quesito), a titolo di rappresentazione. La rappresentazione è quell’istituto previsto e disciplinato dall’art. 467 c.c., in base al quale al posto del chiamato che non può o non vuole accettare l’eredità (non vuole perché rinuncia; non può perché è indegno o perché è morto prima di aver accettato l’eredità) subentrano i suoi discendenti. E’ come se questi ultimi si sostituissero a lui in tutto e per tutto, prendendone il posto.
La rappresentazione opera in linea retta oppure in linea collaterale.
Nel primo caso succedono per rappresentazione i discendenti del chiamato all’eredità.
Nel secondo caso, succedono per rappresentazione i discendenti dei fratelli e/o delle sorelle del chiamato.
Nel caso di specie, dunque, al fratello premorto che ha due figli questi ultimi succederanno al padre per rappresentazione nell’eredità dello zio.

- Con riguardo, infine, al terzo fratello, è evidente che se sono morti sia lui che il figlio, la moglie di lui non erediterà nulla dal cognato. Infatti la moglie del fratello dello zio defunto, rispetto a quest’ultimo, non è parente né affine (gli affini sono i parenti del coniuge), pertanto non entrerà nella sua successione in alcun modo.
Di conseguenza, non potendo questa “parte” dell’eredità andare a nessuno, perché il chiamato non può accettarla (essendo premorto) e nessuno gli può subentrare per rappresentazione, essa si “accrescerà” agli altri eredi, ovvero andrà ad aumentare la quota degli altri eredi (la sorella dello zio ancora in vita ed i due nipoti).
Questa è la regola stabilita dall’art. 522 c.c. proprio per i casi in cui nelle successioni legittime più persone siano chiamate nello stesso grado (nel nostro caso, i due fratelli e la sorella).


Enzo C. chiede
giovedì 17/11/2016 - Lazio
“Il quesito è questo. Il sig. X è deceduto nel marzo del 2004, senza lasciare un testamento, e gli eredi sono la moglie e due figli ( fratello e sorella ). Il fratello fa decorrere i dieci anni senza accettare la sua quota di eredità. A questo punto per rappresentazione subentra il figlio di quest'ultimo ma, anche lui, fa trascorrere il termine di prescrizione. Ora non potendo più procedere alla rappresentazione credo si debba proseguire con la successione legittima. In tale caso gli ulteriori eredi sono quelli del nipote del de cuius oppure del padre. Se sono gli eredi del nipote, possono considerarsi eredi il fratello (avuto dalla madre con un altro compagno) e la madre stessa? Grazie”
Consulenza legale i 21/11/2016
Nessuna delle soluzioni offerte nel quesito è quella corretta.

La regola, che si evince dall’interpretazione sistematica delle norme del codice civile in materia di accettazione dell’eredità e del termine di prescrizione per farlo (in particolare, articoli 479 e 480 cod. civ.), è quella per cui la delazione (cioè la chiamata ereditaria: in altre parole, il diritto di accettare o rinunziare all’eredità in quanto appartenenti alla categoria dei successibili) si trasmette agli eredi del chiamato.
Pertanto, nel momento in cui si apre la successione del defunto, automaticamente nasce il diritto di esercitare una serie di facoltà – come accettare o rinunciare all’eredità – in capo, simultaneamente, a più soggetti, ovvero al primo chiamato (cioè colui che per legge sarebbe il primo erede, nell’ordine) ed altresì, contemporaneamente, agli eredi del medesimo.

Nel caso di specie, si tratta del fratello che ha lasciato decorrere il termine decennale e di suo figlio (il nipote del de cuius).

La “chiamata”, tuttavia, è la medesima: ciò comporta, quale conseguenza, che il diritto di accettare l’eredità rimane lo stesso e dunque che il termine di prescrizione per esercitarlo rimane invariabilmente di dieci anni, decorrenti dall’apertura della successione.
Quindi, se il primo chiamato (il figlio, nel nostro caso) muore o rinuncia all’eredità entro i dieci anni, i suoi eredi (suo figlio, nipote del defunto) avranno ancora il diritto di accettare al posto suo. Diversamente, se il primo chiamato lascia decorrere i dieci anni senza esprimersi, decadrà dal diritto di accettare l’eredità unitamente ai suoi eredi.

Insomma, il diritto di accettare degli eredi del chiamato, esiste già in potenza quando si apre la successione, ma esiste una condizione impeditiva al suo esercizio che dipende dalle scelte del primo chiamato.
Tanto che, pacificamente, si ritiene che i chiamati ulteriori possano chiedere al Giudice che fissi un termine (ovviamente più breve dei dieci anni) entro il quale i primi chiamati debbano decidere se accettare o meno.

Ciò premesso, la questione specifica dell’individuazione, nell’ambito delle successioni legittime, del soggetto cui spetterebbe la quota di eredità del chiamato nel caso in cui quest’ultimo rinunciasse è oggetto di nutrito dibattito tra gli studiosi del diritto.

Vengono senz’altro in considerazione due norme.
La prima è l’art. 521 cod. civ., secondo il quale “Chi rinunzia all'eredità è considerato come se non vi fosse mai stato chiamato”; la seconda è l’art. 522 cod. civ., per il quale : “Nelle successioni legittime la parte di colui che rinunzia si accresce a coloro che avrebbero concorso col rinunziante, salvo il diritto di rappresentazione e salvo il disposto dell'ultimo comma dell'articolo. Se il rinunziante è solo, l'eredità si devolve a coloro ai quali spetterebbe nel caso che egli mancasse”.
Dalla combinazione delle due norme pare evincersi che, in caso di rinuncia (cui è equiparabile la mancata accettazione dell’eredità), la quota del rinunciante “si accresca” - ovvero venga devoluta in modo che le quote degli altri aumentino quantitativamente - a coloro che avrebbero concorso con lui.

Si discute, tuttavia, se si possa applicare questo principio (cioè quello dell’accrescimento), dettato per la verità solo in materia di successione testamentaria, anche nel diverso ambito delle successioni legittime.
Non ci sono purtroppo sentenze specifiche sul tema dell’accrescimento nelle successioni legittime, ed in particolare sul problema di come determinare/calcolare le quote ereditarie nel caso di successione legittima quando uno dei chiamati rinuncia all’eredità.
In concreto, se chi muore lascia un coniuge e due figli, ne caso in cui uno di questi ultimi rinunci, come si devolverà la sua parte? A metà tra la madre ed il fratello superstiti, oppure – dato che per legge la suddivisione è 1/3 alla prima e 2/3 ai secondi – nel rispetto di queste proporzioni?

Esiste, per la verità, una pronuncia a Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Cassazione civile, sez. un., 09/06/2006, n. 13429), la quale ha ritenuto determinante, ai fini della formazione delle quote, unicamente la situazione al momento della apertura della successione, essendo irrilevanti a tali fini la rinuncia di un coerede all’eredità.
Secondo alcuni studiosi, tale sentenza risolverebbe il problema dell’art. 522 cod. civ.: tuttavia la sentenza, in effetti, statuisce in materia di successione necessaria (ovvero quella degli eredi che per legge non possono essere esclusi dal testamento ed hanno diritto ad una quota predeterminata, detta “di legittima”) e non di successione secondo legge, come nel caso che ci occupa.

Se nella successione necessaria, adottando il paradigma interpretativo delle Sezioni Unite, occorre arrestarsi al momento dell’apertura della successione per stabilire le quote, nella successione legittima è invece necessario spostarsi in un tempo successivo all’apertura della successione e, in buona sostanza, fino allo spirare del termine decennale di prescrizione dell’accettazione di eredità (come nel nostro caso) per individuare quali sono i chiamati in quel momento, e con essi stabilire la soluzione del concorso tramite una delle possibili combinazioni dettate dal codice civile.

Ad avviso di chi scrive, anche esaminando le varie posizioni degli studiosi, si può affermare che – in base ad una combinazione tra l’art. 521 c.c. e l’art. 522 c.c., in coerenza con la parte del codice civile in cui sono collocati – si dovrà fare riferimento ai chiamati effettivi senza computare il rinunciante, che è come se non fosse mai stato chiamato.
In buona sostanza, per tornare al caso concreto in esame, la quota del rappresentato (il fratello defunto), sostanzialmente rinunciata per decorso del termine, verrà devoluta – ragionevolmente in parti uguali, in forza dei ragionamenti di cui sopra – alla madre ad alla sorella superstiti (coniuge e figlia del de cuius).

Cristiano O. chiede
mercoledì 14/10/2015 - Veneto
“Buongiorno, Vi pongo un quesito, prima di andare dal Notaio: nella Rinuncia all'Eredità, la Devoluzione della stessa agli eredi rimasti da chi è formalizzata la comunicazione agli eredi stessi ? Dal Notaio stesso, dalla Cancelleria del Tribunale, Altri Uffici, o è resa visibile nelle Visure Catastali degli immobili oggetto di Rinuncia ed entro quanto tempo dalla formalizzazione dell' Atto. Grazie!
Cordiali saluti”
Consulenza legale i 19/10/2015
La rinuncia all’eredità, cioè la dichiarazione solenne con cui il chiamato all’eredità decide di non volerla acquistare (artt. 519 e ss. c.c.), può essere ricevuta da un notaio o dal cancelliere del tribunale del circondario in cui si è aperta la successione e va fatta entro tre mesi dalla morte, se si è nel possesso dei beni ereditari, o entro dieci anni se non si è nel possesso dei beni.

In particolare, il notaio ha un unico compito: egli, alla presenza del rinunziante redige verbale della dichiarazione di rinuncia, indicando le generalità del chiamato all'eredità e l’eredità a cui si rinuncia.
Successivamente, dopo la redazione del verbale, l'unico adempimento prescritto è quello di chiedere, con apposita istanza, che la rinuncia sia inserita nel registro delle successioni presso il tribunale della apertasi successione.

Il notaio non ha il dovere di sapere o di informarsi su chi siano gli altri eredi, né, quindi, di avvisarli della rinuncia. Né la legge impone un dovere di tal genere alla cancelleria del tribunale, che riceva direttamente la dichiarazione di rinuncia o registri quella comunicatale dal notaio.

Di conseguenza, è onere degli altri chiamati verificare se risultano nel registro delle successioni delle rinunce, presso la competente cancelleria.

A livello catastale, non viene effettuata alcuna iscrizione/registrazione della rinuncia. L'eventuale immobile del de cuius resta intestato al medesimo fino a che non viene richiesta una voltura, di regola immediatamente conseguente alla presentazione della dichiarazione di successione.
Peraltro, è proprio l'Agenzia delle Entrate a richiedere che, in presenza di rinuncia o revoca di rinuncia, sia allegata alla dichiarazione di successione l'originale o copia autentica dell’atto o verbale di rinuncia o revoca di rinuncia all’eredità.

Marina chiede
venerdì 21/06/2013 - Veneto
“Il de cuius è uno zio materno.Mio fratello ha rinunciato all' eredità a cui poteva accedere per rappresentazione di nostra madre premoriente.La sua parte va in accrescimento a me e a mia sorella coeredi del de cuius o a mia nipote,figlia di mio fratello per rappresentazione di costui?In questa ulteriore ipotesi il diritto all'erdità è automatico o mia nipote deve fare specifica richiesta per potervi accedere?”
Consulenza legale i 02/07/2013
Innanzitutto va precisato che tra il de cuius e i figli di sua nipote (madre di chi pone il quesito e, si presume, figlia di un fratello/sorella del defunto) può operare l'istituto della rappresentazione se il fratello/sorella del de cuius non abbia a sua volta potuto o voluto accettare l'eredità, ai sensi dell'art. 467 del c.c.. Si presumerà di qui in poi, pertanto, che il fratello (o sorella) del de cuius sia premorto allo stesso.

Secondo quanto disposto dall'art. 469 del c.c., primo comma, la rappresentazione "ha luogo in infinito, siano uguali o disuguali il grado dei discendenti e il loro numero in ciascuna stirpe". Ciò significa che nel caso in esame, la rinuncia di uno dei figli dell'erede premorto fa nascere nei suoi discendenti il diritto a succedere per rappresentazione al de cuius.

In punto di conflitto tra colui che succede per rappresentazione e gli altri eredi, è molto chiaro l'art. 522 del c.c.: "Nelle successioni legittime la parte di colui che rinunzia si accresce a coloro che avrebbero concorso col rinunziante, salvo il diritto di rappresentazione e salvo il disposto dell'ultimo comma dell'art. 571".

Pertanto, la nipote che succede per diritto di rappresentazione esclude che la quota del rinunziante vada ad accrescere (in senso atecnico, di "accrescimento" si parla propriamente all'art. 674 del c.c.) la quota degli altri coeredi.

Quanto all'accettazione dell'eredità, il principio generale vuole che essa debba essere accettata, espressamente (art. 475 del c.c.) o tacitamente (art. 476 del c.c.). Vi sono poi altri casi in cui la legge considera un chiamato all'eredità come erede, si veda ad esempio l'ipotesi del chiamato in possesso di beni ereditari (art. 485 del c.c.).

Quindi, la nipote di colui che pone il quesito è a tutti gli effetti "chiamata" all'eredità: ella dovrà poi accettare, nei modi previsti dal legislatore. Se dovesse rinunciare e non vi fossero altri soggetti che succedano per rappresentazione, opererà l'"accrescimento" a favore di coloro che avrebbero concorso con il rinunziante, ai sensi del citato articolo 522.

Annalisa C. chiede
lunedì 22/10/2012 - Liguria
“Mio nonno è mancato nel 2007 e, in base a un testamento olografo presentato dalla seconda moglie, lasciava tutto a lei e un legato di 15.000 euro a ciascuno di noi 3 nipoti, non contemplando i 2 figli. Mia mamma ha rinunciato formalmente alla sua quota di eredità, mentre mio zio ha impugnato il testamento, che è stato dichiarato illegittimo. Mi è stato detto che io e mio fratello in quanto eredi di secondo grado possiamo subentrare a mia mamma nel diritto ereditario, altrimenti la quota di mia mamma andrà ad aumentare quella della vedova e di mio zio. E' corretto? Come mi devo comportare se volessi subentrare? Non avendo ad oggi idea dell'ammontare del patrimonio di mio nonno, posso poi decidere di tirarmi indietro se il gioco non valesse la candela? grazie, cordiali saluti”
Consulenza legale i 23/10/2012

Il discendente di un figlio del de cuius può succedere per rappresentazione al proprio genitore ai sensi dell'art.art. 467 del c.c. e ss. Nel caso di specie, in cui il testamento è stato dichiarato illegittimo e quindi opera la successione legittima, il nipote del defunto potrà accettare l'eredità in qualità di figlio di un suo diretto discendente, il quale ha rinunciato all'eredità.

Se vi è il rischio di una damnosa hereditas l'accettazione dovrà essere fatta con beneficio d'inventario, così limitando la propria responsabilità di erede verso creditori del defunto e legatari alle sole poste attive dell'eredità.


Enrica D. L. chiede
mercoledì 10/03/2021 - Lombardia
“Buongiorno,
mi rivolgo a voi per avere conferma delle informazioni fornitemi dai vari uffici di zona.
Si tratta di una successione, senza testamento.
Il dubbio nasce a fronte di uno degli eredi che intende non accettare l'eredità.
Allegherò "albero genealogico" con dei nomi propri al fine di rendere più facile per me spiegarmi, e per voi farvi capire da chi (come me) non comprende il complesso linguaggio giuridico :D
Grazie in anticipo”
Consulenza legale i 16/03/2021
Il caso che viene prospettato riguarda la morte di Romolo, a cui succedono per legge (non vi è testamento) le sorelle Prima (Va.), Seconda (Le.) e Terza (Gi.).
Norma applicabile è innanzitutto l’art. 570 del c.c., il cui primo comma dispone che se chi muore non lascia figli, né genitori né altri ascendenti, gli succedono i fratelli e le sorelle per quote eguali.

Pertanto, le sorelle Prima, Seconda e Terza avranno diritto ad una quota pari a 4/12 ciascuna del patrimonio di Romolo.

La sorella Seconda (Le.) però intende rinunciare all’eredità, e ci si chiede in favore di quali successibili debba essere devoluta la sua quota.
Poiché Seconda ha due figli Cr. e Ca., troveranno applicazione le norme sul diritto di rappresentazione, ossia quell’istituto giuridico disciplinato dagli artt. 467 e ss. c.c., per effetto del quale i discendenti subentrano nel luogo e nel grado del loro ascendente tutte le volte in cui questi non possa o non voglia accettare l’eredità (il non voler accettare l’eredità significa proprio rinunciarvi).

Dal punto di vista soggettivo si rientra perfettamente nel campo di applicazione di questo istituto, in quanto l’art. 468 del c.c. dispone che nella linea collaterale la rappresentazione ha luogo a favore dei discendenti dei fratelli e delle sorelle del de cuius.
Quindi, la sorella Seconda (Le.), che intende rinunziare all’eredità, si verrà a trovare nella posizione di rappresentata, mentre rappresentanti saranno i figli Cr. e Ca. (è giusta la considerazione che l’eredità di Romolo passa ai figli di Seconda (Le.)

Chiaramente, poiché Cr. e Ca. subentreranno nella medesima posizione di Seconda (Le.), la quota a loro complessivamente spettante sarà sempre l’originaria quota di 4/12 a cui aveva diritto Seconda (Le.), da dividersi in parti eguali in ragione di 2/12 ciascuno.

Se anche uno dei figli di Seconda, Cr. o Ca., decide di rinunciare all’eredità, la sua quota si accresce solo a favore dell’altro figlio di Seconda, e non anche a favore di Prima (Va.) e Terza (Gi.).
Ciò trova spiegazione nel disposto di cui al terzo comma dell’art. 469 c.c., in cui viene espressamente detto che quando vi è rappresentazione la divisione si fa per stirpi.

Se, al contrario, entrambi i figli di Seconda (Le.) decidessero di rinunziare all’eredità e non avessero figli in favore dei quali potrebbe continuare ad operare l’istituto della rappresentazione (che, si ricorda, ha luogo in infinito ex art. 469 comma 1 c.c.), a quel punto per la quota di Seconda (Le.) opererebbe l’istituto dell’accrescimento, ossia quel particolare fenomeno giuridico che produce l’effetto di espandere la quota degli altri contitolari qualora venga meno la titolarità di qualcuno di essi.
Nel caso di successione legittima tale istituto trova il suo fondamento all’art. 522 del c.c., ove viene espressamente detto che la parte di colui che rinunzia si accresce in favore di coloro che avrebbero concorso col rinunziante.
Pertanto, il patrimonio ereditario di Romolo verrà diviso tra Prima (Va.) e Terza (Gi.) in ragione di ½ ciascuno.


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