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Articolo 565 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Categorie dei successibili

Dispositivo dell'art. 565 Codice Civile

(1)Nella successione legittima l'eredità si devolve al coniuge(2) [581 c.c.], ai discendenti(3) [566, 567 c.c.], agli ascendenti(3) [569 c.c.], ai collaterali [570 c.c.], agli altri parenti(4) [572 c.c.] e allo Stato(5) [586 c.c.], nell'ordine e secondo le regole stabilite nel presente titolo.

Note

"E' costituzionalmente illegittimo l'art 565 nella parte in cui esclude dalla categoria dei chiamati alla successione legittima, in mancanza di altri successibili, e prima dello Stato, i fratelli e le sorelle naturali riconosciuti o dichiarati" - (C. Cost. 4 luglio 1979, n. 55).
"E' costituzionalmente illegittimo l'art 565 nella parte in cui, in mancanza di altri successibili all'infuori dello Stato, non prevede la successione legittima tra fratelli e sorelle naturali, dei quali sia legalmente accertato il rispettivo status di filiazione nei confronti del comune genitore" - (C. Cost. 12 aprile 1990 n. 184).
(2) E' escluso il coniuge a cui sia stata addebitata la separazione.
(3) Articolo così modificato dall'art. 75, comma 1, D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.
(4) Sono chiamati a succedere al defunto i parenti fino al sesto grado (v. art. 76 del c.c.).
(5) Qualora il defunto sia cittadino italiano o un apolide residente in Italia (v. art. 586 del c.c.).

Ratio Legis

Il fondamento della successione legittima deve essere individuato nella tutela della famiglia, istituto di importanza sociale e di rilievo costituzionale (v. art. 29 Cost.).

Brocardi

Adfinitatis iure nulla successio permittitur
Hereditas ab intestato
Legitima hereditas est, quae ab intestato defertur
Omnia fere iura heredum perinde habentur ac si continuo sub tempus mortis heredes extitissent
Qui intestatus moritur, creditur proximis heredibus suis sponte sua relinquere legitimam hereditatem
Successio ab intestato

Massime relative all'art. 565 Codice Civile

Cass. civ. n. 25077/2020

L'interesse del successibile "ex lege" ad impugnare il testamento olografo può essere disconosciuto, qualora costui non dia prova dell'inesistenza in vita di altri eredi legittimi di grado poziore in termini di evidente probabilità, ancorché non di oggettiva certezza. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO TRIESTE, 21/12/2018).

Cass. civ. n. 22192/2020

In tema di successione legittima, il rapporto di parentela con il "de cuius", quale titolo che, a norma dell'art. 565 c.c., conferisce la qualità di erede, deve essere provato tramite gli atti dello stato civile. Tuttavia, ove essi manchino o siano andati distrutti o smarriti ovvero, ancora, omettano la registrazione di un atto, la prova dei fatti oggetto di registrazione - quali la nascita, la morte o il matrimonio - può essere data con qualsiasi mezzo, ai sensi dell'art. 452 c.c. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO TRENTO, 15/06/2016).

Corte cost. n. 193/2017

E' costituzionalmente illegittimo l'art. 5 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 25 luglio 1978, n. 33 (Modifiche al testo unico delle leggi provinciali sull'ordinamento dei masi chiusi, approvato con decreto del Presidente della Giunta Provinciale 7 febbraio 1962, n. 8, e alla legge provinciale 9 novembre 1974, n. 22), riprodotto dall'art. 18 del decreto del Presidente della Giunta Provinciale di Bolzano 28 dicembre 1978, n. 32 (Approvazione del testo unificato delle leggi provinciali sull'ordinamento dei masi chiusi), come modificato dall'art. 3 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 24 febbraio 1993, n. 5 (Modifica delle leggi provinciali sull'ordinamento dei masi chiusi e della legge provinciale 20 febbraio 1970, n. 4, e successive modifiche ed integrazioni, sull'assistenza creditizia ai coltivatori diretti assuntori di masi chiusi), nella parte in cui prevede che, tra i chiamati alla successione nello stesso grado, ai maschi spetta la preferenza nei confronti delle femmine.

Cass. civ. n. 22223/2014

Il figlio che aziona in giudizio un diritto del genitore, del quale afferma essere erede "ab intestato", ove non sia stato contestato il rapporto di discendenza con il "de cuius", non deve ulteriormente dimostrare, al fine di dare prova della sua legittimazione ad agire, l'esistenza di tale rapporto producendo l'atto dello stato civile, attestante la filiazione, ma è sufficiente, in quanto chiamato all'eredità a titolo di successione legittima, che abbia accettato, anche tacitamente, l'eredità, di cui costituisce atto idoneo l'esercizio stesso dell'azione.

Cass. civ. n. 25341/2010

L'onere di provare la qualità di erede, gravante sul soggetto che agisce in giudizio in tale qualità, viene meno quando la controparte abbia tardivamente sollevato eccezioni in proposito (nella specie con la comparsa conclusionale di primo grado), dopo avere accettato il contraddittorio senza alcuna contestazione al riguardo.

Cass. civ. n. 19011/2007

In tema di accertamento della qualità di erede legittimo, la pronuncia — n. 532 del 2000 della Corte costituzionale — di non fondatezza della questione, già sollevata nel medesimo processo, di illegittimità costituzionale dell'art. 565 c.c. preclude che la stessa questione possa essere ancora riproposta, nè sussiste la possibilità di estendere, in via di interpretazione e con il richiamo agli artt. 3 e 30 Cost., la categoria degli eredi legittimi oltre le persone verso cui produce effetti l'accertamento della filiazione naturale in base all'art. 258 c.c., sino a ricomprendervi, oltre i genitori naturali, anche tutti i parenti naturali. (Nella fattispecie, la S.C. — in conformità alla sentenza del giudice d'appello — ha affermato il principio dell'inesistenza, nel nostro ordinamento, di un'organica normativa imperniata su un unitario status filiationis riferibile a tutte le persone che, ex art. 74 c.c., discendano dallo stesso stipite, così negando l'invocata qualità ad una parente collaterale di quinto grado, tale affermatasi ex art. 572 c.c. ai fini successori ed in mancanza di altri eredi legittimi).

Cass. civ. n. 21628/2006

Ai sensi dell'art. 295 c.p.c., è legittimo il provvedimento di sospensione necessaria del giudizio promosso dall'attore per l'accertamento della qualità di unico erede legittimo del de cuius; avendo il giudice di merito ritenuto pregiudiziale la decisione della causa instaurata dal convenuto per il riconoscimento dello status di figlio naturale dell'erede premorto del de cuius è difatti legittima l'interpretazione dell'art. 565 c.c. al riguardo formulata dal giudice di merito che, nel determinare la portata precettiva della norma, abbia ritenuto i parenti naturali equiparati a quelli legittimi. (Nella specie, con il ricorso per cassazione era stata censurata tale interpretazione perché, tra l'altro, in contrasto con la pronuncia della Corte costituzionale n. 532/000, secondo cui dall'art. 30 Cost. non discende in maniera necessitata la parificazione ai parenti legittimi di quelli naturali; la S.C., nel formulare il principio surrichiamato, ha statuito che con la decisione di cui sopra la Corte costituzionale, nel respingere l'eccezione d'incostituzionalità dell'art. 565 c.c., aveva ritenuto legittima la prospettata interpretazione della norma, secondo cui nella previsione dei parenti dovrebbero ritenersi esclusi quelli naturali, ma non aveva in alcun modo valutato l'alternativa interpretazione della stessa norma fondata sull'irrequivoco disposto dell'art. 74 c.c.- in base al quale sono parenti coloro che discendono dallo stesso stipite — non limitato dal dettato dell'art. 258 c.c., che mira ad escludere non il rapporto parentale con la famiglia del genitore ma solo che gli effetti del riconoscimento si estendano da un genitore a un altro, mentre le singole disposizioni, secondo cui i figli naturali sono equiparati a quelli legittimi, appaiono la conferma del suddetto principio, che è del resto rispondente a quelli costituzionali di uguaglianza e di difesa della filiazione naturale).

Cass. civ. n. 7276/2006

In tema di successione legittima, il rapporto di parentela con il de cuius a norma dell'art. 565 c.c., quale titolo che conferisce la qualità di erede, deve essere provato tramite gli atti dello stato civile. Tuttavia, nel caso in cui essi manchino o siano andati distrutti o smarriti ovvero omettano la registrazione di un atto, la prova dei fatti oggetto di registrazione — quali la nascita, la morte o il matrimonio — può essere data con qualsiasi mezzo, ai sensi dell'art. 452 c.c.

Cass. civ. n. 4414/1999

In tema di successione legittima non è necessario altro titolo, per la vocazione ereditaria, che la qualità di erede legittimo da provarsi in forma documentale mediante gli atti dello stato civile, mentre l'accettazione anche tacita dell'eredità - che può risultare dalla stessa proposizione dell'azione in veste di erede - è titolo necessario e sufficiente per la proponibilità di azioni fondate su tale qualità, restando priva di rilievo, allo stesso fine, la mancata produzione della denuncia di successione, che è atto prettamente fiscale, e restando a carico del convenuto la prova di fatti impeditivi, estintivi o modificativi del diritto esercitato dagli attori.

Cass. civ. n. 1484/1995

L'onere della prova della qualità di erede legittimo, ove questa qualità sia contestata, è soddisfatto non dalla presentazione della denuncia di successione, ma dalla produzione degli atti dello stato civile, dai quali si desume il rapporto di parentela con il de cuius, a norma dell'art. 565 c.c.

Cass. civ. n. 8737/1993

In tema di successioni legittime, qualora sussista una pluralità di designati a succedere in ordine successivo, si realizza una delazione simultanea a favore dei primi chiamati e dei chiamati ulteriori, con la conseguenza che questi ultimi, in pendenza del termine di accettazione dell'eredità per i primi chiamati, sono abilitati ad esercitare un'accettazione (espressa o tacita) valida, ma con efficacia subordinata al venir meno, per rinuncia o prescrizione - eventi che configurano una condicio iuris - del diritto dei primi chiamati.

Cass. civ. n. 921/1969

La prova della qualità di erede legittimo può essere data mediante atto di notorietà.

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Consulenze legali
relative all'articolo 565 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

D.M. chiede
sabato 10/12/2022 - Lombardia
“Buongiorno,

questo il quesito.
Alice (A) e Bob (B) sono figli di primo letto di Padre (P). P, alla morte della prima moglie, si sposa in seconde nozze con Moglie2 (M2). P

Qualè la quota di eredità che:
1) spetta a A e B, alla morte di M2 nel caso in cui P e M2 non abbiano figli di secondo letto?
2) spetta a A e B, alla morte di M2 nel caso in cui P e M2 non abbiano uno o più figli di secondo letto?

Nei casi precedenti, qual'è la quota di eredità che spetta ad A e B se P viene a mancare prima di M2?

Grazie, un saluto cordiale”
Consulenza legale i 15/12/2022
In mancanza di volontà testamentaria, trovano applicazione le norme che il codice civile detta in tema di successione legittima, ed in particolare il riferimento va fatto agli artt. 565 e ss. c.c.
La prima ipotesi che si chiede di prendere in considerazione è quella della premorienza di M2 (moglie2).
In questo caso i figli Alice e Bob non possono vantare alcun diritto sull’eredità della de cuius, in quanto tra di loro non vi è alcun legame di natura giuridica.
Pertanto, in mancanza di figli, di ascendenti e di fratelli e sorelle di M2, unico soggetto chiamato all’eredità sarà il coniuge superstite P, in favore del quale si devolve tutta l’eredità ex art. 583 del c.c..

La seconda situazione prospettata è quella che ipotizza la premorienza di M2 a P, e che P ed M2 abbiano avuto uno o più figli di secondo letto (nel quesito in realtà si dice “…nel caso in cui P e M2 non abbiano uno o più figli di secondo letto”, ma il “non” è sicuramente dovuto ad un mero errore, altrimenti si tratterebbe di una situazione in tutto analoga alla prima).
Anche in questo caso Alice e Bob, figli di primo letto di P, non possono vantare alcun diritto sull’eredità di M2, trattandosi di estranei, mentre l’eredità andrà divisa tra P ed i figli avuti con M2, secondo le quote stabilite dall’art. 581 del c.c., e precisamente:
a) se il figlio è uno solo, metà dell’eredità va a P e l’altra metà al figlio;
b) se i figli sono più di uno, a P. spetta un terzo indiviso dell’eredità, mentre i restanti due terzi indivisi ai figli di seconde nozze.
In entrambi i casi P., sussistendone i presupposti prescritti dall’art. 540 c.c., ha il diritto di abitazione sulla casa familiare e di uso dei mobili che l’arredano.

La terza ipotesi è quella che prevede la premorienza di P. ad M2.
Anche in questo caso si dovrà fare applicazione dell’art. 581 c.c., e pertanto l’eredità andrà per 1/3 indiviso a favore di M2 e per 2/3 indivisi a favore di Alice e Bob.

PIERCARLO C. chiede
giovedì 21/01/2021 - Piemonte
“Tizia, senza ascendenti né discendenti, redige testamento olografo datato 02/04/2013 con il quale nomina erede universale suo marito Caio.
Caio, senza ascendenti né discendenti, redige testamento olografo datato 10/07/2019 con il quale nomina suo erede universale il fratello Sempronio e la moglie Tizia usufruttuaria in sostituzione di legittima di beni immobili e conti correnti bancari intestati a se stessa ed al marito Caio.
Caio decede il 16/10/2019.
Tizia decede il 10/04/2020.
Si chiede se Sempronio ha diritto ad ereditare i beni di Tizia.”
Consulenza legale i 27/01/2021
Per rispondere alla domanda posta un ruolo fondamentale assume chiaramente la data di apertura della successione di entrambi i de cuius Tizia e Caio.

Secondo il disposto dell’art. 536 del c.c., eredi legittimari sono coniuge, figli e discendenti dei figli, ascendenti.
Alla morte di Caio, avvenuta per prima nell’anno 2019, il suo patrimonio viene così diviso:
  1. alla moglie Tizia viene lasciato, a titolo di legato in sostituzione di legittima (ipotesi espressamente prevista dall’art. 551 del c.c.), l’usufrutto dei beni immobili e dei depositi bancari, ovviamente per la parte di cui lo stesso testatore sarebbe risultato intestatario al momento della morte (non essendo possibile disporre di beni altrui);
  2. il fratello Sempronio, invece, viene nominato erede universale, con la conseguenza che allo stesso va non soltanto la nuda proprietà di ciò di cui la moglie diviene usufruttuaria, ma anche ogni altro bene facente parte del patrimonio di Caio e di cui lo stesso testatore non abbia espressamente disposto.

Inoltre, alla moglie Tizia, nella qualità di coniuge superstite, compete il diritto di abitazione sulla casa familiare e di uso dei mobili che la corredano, e ciò ex art. 540 del c.c..

Deceduta Tizia, il suo testamento non può trovare attuazione, in quanto la persona che la stessa ha voluto nominare come erede universale, ossia il coniuge Caio, le è premorto e la testatrice non ha né modificato il testamento che aveva già redatto nè previsto, in quello redatto in data 02.04.2013, alcuna sostituzione, ciò che le sarebbe stato consentito fare ex art. 688 del c.c..
In conseguenza di ciò si apre la successione legittima e, pertanto, il suo patrimonio ereditario non può che devolversi secondo le norme che il codice civile detta per tale tipo di successione, ossia ex artt. 565 e ss. c.c.

In particolare, l’art. 565 del c.c. individua come successibili il coniuge, i discendenti, gli ascendenti, i collaterali, gli altri parenti (ma fino al sesto grado ex art. 572 del c.c.) ed infine lo Stato.
Come può notarsi, non sono contemplati tra i successibili gli affini, ossia i parenti dell’altro coniuge, secondo la definizione che l’art. 78 del c.c. dà di affinità.

Poiché Sempronio riveste la posizione di affine di Tizia, non avrà alcun diritto a concorrere alla sua successione, la quale, in assenza di ascendenti e discendenti, andrà in favore dei collaterali (fratelli e sorelle di Tizia) ovvero, in assenza anche di questi, in favore degli altri parenti entro il sesto grado (il parente di grado prossimo esclude quello di grado remoto)

Tuttavia, Sempronio non resterà del tutto a mani vuote, in quanto alla morte di Tizia, per il principio espresso al primo comma dell’art. 979 del c.c., si estingue l’usufrutto che la stessa aveva sui beni del marito Caio, per riunirsi alla nuda proprietà di cui Caio aveva disposto in favore del fratello, divenendo quest’ultimo pieno ed esclusivo proprietario dei beni immobili e di quanto si ritroverà sui conti correnti.

Per questi ultimi va fatta una precisazione.
Quando Caio nel suo testamento dispone di voler lasciare alla moglie Tizia l’usufrutto dei conti correnti bancari intestati a se stesso ed alla moglie, tale disposizione deve intendersi limitata alla sola quota di pertinenza dello stesso testatore, non potendo egli disporre di beni che non gli appartengono.
Infatti, in caso di conti correnti cointestati (si presume che con l’espressione “intestati a se stessa ed al marito Caio” ci si intenda riferire proprio a questo caso), vale il principio della c.d. comunione de residuo espresso alla lettera c) dell’art. 177 del c.c., ossia il principio secondo cui, scioltasi la comunione per morte di uno dei coniugi, il coniuge superstite ottiene subito, in qualità di contitolare, la metà del conto, mentre soltanto l’altra metà cadrà in successione e dovrà essere divisa con gli altri eredi.

Pertanto, la disposizione con cui Caio ha voluto attribuire alla moglie l’usufrutto dei conti correnti ed al fratello Sempronio la nuda proprietà quale erede universale, deve intendersi limitata al 50% del saldo attivo dei suddetti conti esistente alla morte di Caio.
L’altro 50% è divenuto di esclusiva proprietà di Tizia e non potrà che trasmettersi ai suoi eredi secondo le norme della successione legittima (tra questi si è detto che non vi può rientrare il cognato Sempronio, in quanto ad essa legato non da un rapporto di parentela, ma di affinità).


Renata B. chiede
martedì 21/04/2020 - Piemonte
“Buongiorno, è morta mia zia [sorella di mio padre] non ha lasciato testamento, non aveva ne marito ne figli, i genitori [i miei nonni] sono morti, è rimasto solo un fratello vivente. Oltre il vivente aveva altri 6 fratelli tutti deceduti, ma con figli. Sono stata contattata da mio cugino che ha richiesto la nostra parte delle spese funebri e utenze,,,[essendo i conti bloccati perchè deceduta]. Mi ha comunicato che ha diviso le spese per 7 eredi. La mia domanda è: come faccio a conoscere l'entità del patrimonio lasciato ? Anche perchè mi hanno solo chiesto e non detto quello che effettivamente c'è. Io so di certo della casa di proprietà dove viveva, e alcuni conti bancari. In conclusione vorrei sapere, come verrà ripartita in percentuali l'eredità e chi mi contatterà. Il cugino era delegato ai pagamenti, una volta sboccati i conti, avrà ancora accesso al denaro di mia zia? Grazie distinti saluti Renata Basile”
Consulenza legale i 27/04/2020
La persona della cui successione si tratta, zia di chi pone il quesito, occupa sotto il profilo giuridico la posizione di parente in linea collaterale di terzo grado ex artt. 75 e 76 c.c.
Alla sua morte, non essendo stato ritrovato alcun testamento, si è aperta la successione legittima, con conseguente applicazione dell’art. 565 del c.c., norma che individua le categorie di successibili nei seguenti soggetti:
  1. coniuge
  2. discendenti
  3. ascendenti
  4. collaterali
  5. altri parenti
  6. Stato.
L’ordine in cui tali soggetti succedono è quello stabilito dalla medesima norma e, salvo i casi di concorso, il parente più prossimo esclude il più remoto.

Nel caso di specie non vi è alcuno che rientri nelle prime tre categorie di soggetti, in quanto la zia non lascia coniuge, né discendenti (figli), né ascendenti (genitori), mentre i primi successibili sono i collaterali, ossia i fratelli, i quali sono in numero di sette.
Tra questi, però, soltanto uno è vivente, mentre i restanti sei sono deceduti.
Poiché i fratelli deceduti hanno dei figli, opera in favore di questi ultimi l’istituto giuridico della rappresentazione, disciplinato agli artt. 467 e ss. c.c., per effetto del quale i discendenti subentrano nel luogo e nel grado del loro ascendente in tutti i casi in cui l’ascendente non può (perché premorto) o non vuole (perché vi rinunzia) accettare l’eredità.

L’art. 468 del c.c. distingue tra linea retta e linea collaterale, disponendo che la rappresentazione ha luogo nella linea retta a favore dei figli del de cuius, mentre nella linea collaterale a favore dei discendenti dei fratelli e delle sorelle dello stesso de cuius.
Vi sono qui, dunque, tutti i presupposti perché essa possa operare, in quanto ad essere rappresentati sono proprio i fratelli del de cuius, cioè della zia, ai quali non può essere devoluta l’eredità di quest’ultima perché premorti.
Pertanto, il primo punto che occorre tenere fermo è che, alla morte della zia, persone chiamate all’eredità sono:
  1. il fratello vivente;
  2. i figli dei fratelli premorti per rappresentazione.

Tra questi ultimi, secondo quanto disposto dall’ art. 469 del c.c., la divisione si fa per stirpi, il che significa che per ciascuno dei fratelli va considerata una sola quota di eredità.
Pertanto, in virtù del combinato disposto del predetto art. 469 c.c. e del primo comma dell’art. 570 del c.c., l’eredità della zia andrà divisa in sette quote eguali, tanti quanti sono i fratelli.
Se poi i fratelli premorti hanno avuto più di un figlio, quell’unica quota andrà divisa in tante quote eguali quanti sono i figli.
Da ciò se ne deve dedurre che la volontà del cugino di voler dividere in sette le spese che si rende necessario sostenere può trovare attuazione soltanto se ciascuno dei fratelli premorti abbia avuto un solo figlio.
Se così fosse, a ciascun erede andrebbe in percentuale una quota pari ad un settimo.

Se, invece, ipotizziamo che i fratelli premorti abbiano avuto due figli ciascuno, allora le percentuali saranno le seguenti:
  1. al fratello vivente andrà una quota pari a 2/14
  2. a ciascuno dei figli degli altri sei fratelli premorti (in totale dodici perché abbiamo ipotizzato due figli per ogni fratello premorto) andrà una quota pari ad 1/14.
Le medesime percentuali dovranno essere rispettate per la suddivisione delle spese richieste dal cugino.

A questo punto, sorge giustamente il problema di stabilire quale sia l’esatta consistenza del patrimonio della zia defunta, anche per valutare la convenienza o meno di accettare l’eredità dalla medesima lasciata.
Per quanto riguarda gli immobili la soluzione è molto semplice, in quanto è sufficiente conferire ad una agenzia disbrigo pratiche l’incarico di effettuare una visura catastale (ci si potrebbe anche recare personalmente presso l’Agenzia delle entrate, Ufficio del territorio, e richiedere un certificato catastale).

Per eventuali mobili registrati, ossia autovetture, si ritiene che sia altrettanto semplice, così come per eventuali arredi, gioielli o preziosi in genere, in quanto se nel frattempo non sono stati trafugati da qualcuno dei parenti o nipoti più vicini, saranno presumibilmente custoditi presso l’ultima residenza della zia.

Un po’ più complesso, invece, è il problema per scoprire di quali conti correnti bancari o postali la zia era titolare, ancor più che la stessa non ha redatto alcun testamento, in cui magari avrebbe potuto fare menzione di tali conti.
Il rimedio più semplice e diretto può essere quello di effettuare un controllo della posta, anche quella meno recente, nella speranza di rinvenirvi qualche comunicazione trimestrale della banca.
Se ciò non dovesse dare alcun risultato, non resta che rivolgersi agli uffici bancari e postali più vicini alla casa di abitazione della defunta, esercitando un vero e proprio diritto di accesso, fondato sull’esigenza di tutelare un interesse proprio, quale quella relativo alla propria quota di eredità.
Generalmente gli istituti di credito richiedono un certificato di morte ed una autocertificazione, nella quale il richiedente dichiara di rivestire la posizione di chiamato all’eredità (non occorre aver accettato l’eredità né aver presentato la denuncia di successione, in quanto la richiesta è proprio funzionale all’accettazione dell’eredità).

Si ritiene, invece, che non si abbia alcuna legittimazione ad accedere all’anagrafe tributaria, ossia all’Agenzia delle entrate, la quale detiene il registro dei rapporti finanziari; sarebbe questo, in effetti, l’unico canale in grado di fornire le informazioni più corrette e complete, ma a tale anagrafe è possibile accedere solo in alcuni casi espressamente previsti dalla legge e previa autorizzazione giudiziaria (es. nel caso del creditore che voglia effettuare un pignoramento presso terzi in danno del proprio debitore).

Per quanto concerne il problema dei conti correnti bloccati e del timore che una volta sbloccati il cugino possa prelevare ciò che vuole, si ritiene che questo sia un problema facilmente superabile mediante richiesta di un estratto conto alla data della morte della zia, con la conseguenza che se qualcuno degli eredi andrà a prelevare più della quota a lui spettante, di ciò se ne potrà tener conto al momento dello scioglimento della comunione ereditaria e della liquidazione dei rispettivi rapporti di credito e debito tra i coeredi.
Nessuna responsabilità, purtroppo può addossarsi sulla banca, la quale, nel momento in cui sarà in possesso della denuncia di successione regolarmente presentata presso la competente Agenzia delle entrate, non potrà rifiutarsi di consegnare al singolo erede più di quanto gli spetta in ragione della sua quota di eredità (in tal senso si è espressa, peraltro, la Corte di Cassazione con sentenza n. 2224/2017).

Prima che tutto ciò accada, comunque, sarà possibile soddisfare la richiesta del cugino di far fronte ai pagamenti più immediati, suddividendo la relativa spesa secondo il calcolo percentuale prima elaborato, tenendosi conto che la compartecipazione a tali spese (funerarie e di amministrazione temporanea) rientra nei poteri che spettano ex art. 460 c.c. a colui che riveste la posizione di semplice chiamato all’eredità, non comportando accettazione tacita dell’eredità ex art. 476 del c.c..

Con riferimento, infine, all’ultima richiesta di chiarimenti fatta pervenire a questa redazione in data 27.04.2020, la richiesta del cugino di fornire i propri dati anagrafici e quelli del soggetto rappresentato (cioè del proprio genitore) è in effetti volta a completare la procedura di presentazione della dichiarazione di successione, documento che, una volta presentato regolarmente all’Agenzia delle Entrate, previo versamento delle relative imposte, dovrà essere esibito in banca per riscuotere le somme ivi depositate.
E’ evidente, invece, che non potrà essere il cugino a raccogliere la volontà di accettare o meno l’eredità da parte di chi si trova nella posizione di chiamato, essendo necessario che detta volontà venga manifestata in modo formale dinanzi ad un pubblico ufficiale a ciò abilitato (notaio o cancelliere); pertanto, sarà legittimo il rifiuto di rivelare allo stesso le proprie intenzioni.
Sarà anche necessario l’intervento di un notaio, dinanzi al quale tutti gli eredi dovranno comparire, per procedere allo scioglimento della comunione ereditaria, considerato che l’eredità comprende anche beni immobili.
Infine, non si trascuri il fatto che, nel momento in cui ci si deciderà a prendere parte alla divisione delle somme di denaro depositate in banca, si compirà un atto di accettazione tacita di eredità ex art. 476 c.c. e, pertanto, non sarà più possibile rinunziare alla stessa.


Anonimo chiede
sabato 06/05/2017 - Lombardia
“Buongiorno, cerco di esporre in maniera comprensibile il mio quesito specificando i soggetti interessati:

A marito di B
B moglie di A
C sorella di A
D figlia di C

A muore nel 1980 con testamento a favore di B
B muore nel 2016 lasciando testamento a favore di A
Premesso che B non ha né figli ne fratello ne genitori ne nipoti (eccetto D che é nipote/affine), C e D hanno qualche diritto di successione?
Ringrazio cordialmente.”
Consulenza legale i 12/05/2017
La risposta al quesito è senz’altro negativa.

Dalla sintetica descrizione degli eventi fornita, parrebbe che i coniugi abbiano fatto testamento reciproco, benché con due testamenti distinti (quindi validamente), disponendo l'uno a favore dell'altro.
Nel momento in cui A è deceduta, B non ha provveduto (così è lecito presumere) alla revoca del precedente testamento per adeguarne il contenuto al mutamento delle circostanze di fatto (morte della moglie) e di conseguenza il testamento già disposto in passato quando A era ancora viva è rimasto l’unico atto sulle ultime volontà di B cui fare riferimento.

E’ poco plausibile, in effetti, che sia accaduto quando potrebbe comunque desumersi dal quesito per come è formulato, ovvero che B avesse redatto il testamento a favore della moglie quando quest’ultima era già deceduta.
Peraltro, secondo quanto è possibile dedurre dalla lettura complessiva delle norme del codice civile sulle successioni testamentarie (ad esempio l’art. 642 sulla capacità di succedere di chi non è ancora in vita oppure ancora il 683 che sancisce la validità della revoca testamentaria anche qualora il testamento revocato sia inefficace per premorienza dell’erede istituito), ogni diposizione che istituisca erede una persona non in vita è – se non invalida – quantomeno certamente inefficace.

Tornando al caso di specie, il testamento fatto da B a favore di A non potrà essere efficace, essendo questa premorta.
Di conseguenza, non avendo il testatore disposto per alcuna sostituzione (ovvero B non ha designato un altro soggetto della famiglia che divenisse erede al posto della moglie nel caso in cui quest’ultima non potesse né volesse accettare l’eredità), né potendosi applicare l’istituto della rappresentazione (ovvero non esistono figli oppure fratelli o sorelle di B che siano premorti ed i cui discendenti possano prenderne il posto, art. 467 cod. civ.), si applicheranno nel caso in esame le norme sulla successione legittima (la legge si sostituisce al testamento inefficace).

In base a queste ultime, tuttavia, la successione si attua solo a favore dei parenti, ma non degli affini, ovvero dei parenti del coniuge, come sono C e D, le quali non godranno, dunque, di alcun diritto successorio.

Roberto chiede
giovedì 08/12/2011 - Lombardia
“Come viene suddivisa l'eredità di una persona senza più genitori, nè figli, nè fratelli, nè zii, ma con 4 cugini di pari grado? (3 cugini da parte della madre e 1 cugino da parte del padre). Grazie”
Consulenza legale i 03/01/2012

Se chi muore senza aver disposto per testamento non lascia prole, nè genitori o ulteriori ascendenti, nè fratelli o loro discendenti, succedono gi altri parenti fino al sesto grado. I cugini, dunque, essendo giuridicamente parenti di quarto grado, avranno ciascuno diritto ad una quota dell'eredità che nel caso di specie (essendovi 4 cugini) sarà pari ad un quarto ciascuno.


Emanuela chiede
mercoledì 18/05/2011 - Lazio

“E' morta una mia zia senza figli né altri parenti. Io e mio fratello siamo gli unici nipoti del marito anch'esso morto: a chi spetta l'eredità?”

Oriella chiede
mercoledì 16/03/2011 - Lazio

“In caso di morte dell'adottato non coniugato quali sono gli eredi del defunto.”

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