Cass. civ. n. 9054/2022
In tema di prova presuntiva, il giudice è tenuto, ai sensi dell'art. 2729 c.c., ad ammettere solo presunzioni "gravi, precise e concordanti", laddove il requisito della "precisione" è riferito al fatto noto, che deve essere determinato nella realtà storica, quello della "gravità" al grado di probabilità della sussistenza del fatto ignoto desumibile da quello noto, mentre quello della "concordanza", richiamato solo in caso di pluralità di elementi presuntivi, richiede che il fatto ignoto sia - di regola - desunto da una pluralità di indizi gravi, precisi e univocamente convergenti nella dimostrazione della sua sussistenza, e ad articolare il procedimento logico nei due momenti della previa analisi di tutti gli elementi indiziari, onde scartare quelli irrilevanti, e nella successiva valutazione complessiva di quelli così isolati, onde verificare se siano concordanti e se la loro combinazione consenta una valida prova presuntiva (c.d. convergenza del molteplice), non raggiungibile, invece, attraverso un'analisi atomistica degli stessi. Ne consegue che la denuncia, in cassazione, di violazione o falsa applicazione del citato art. 2729 c.c., ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., può prospettarsi quando il giudice di merito affermi che il ragionamento presuntivo può basarsi su presunzioni non gravi, precise e concordanti ovvero fondi la presunzione su un fatto storico privo di gravità o precisione o concordanza ai fini dell'inferenza dal fatto noto della conseguenza ignota e non anche quando la critica si concreti nella diversa ricostruzione delle circostanze fattuali o nella mera prospettazione di una inferenza probabilistica diversa da quella ritenuta applicata dal giudice di merito o senza spiegare i motivi della violazione dei paradigmi della norma.
Cass. civ. n. 21403/2021
In tema di prova per presunzioni, ai sensi degli artt. 2727 e 2729 c.c., non occorre che tra il fatto noto e quello ignoto sussista un legame di assoluta ed esclusiva necessità causale, essendo sufficiente che dal fatto noto sia desumibile univocamente quello ignoto, alla stregua di un giudizio di probabilità basato sull'"id quod plerumque accidit", sicché il giudice può trarre il suo libero convincimento dall'apprezzamento discrezionale degli elementi indiziari prescelti, purché dotati dei requisiti legali della gravità, precisione e concordanza.
Cass. civ. n. 39/2021
Nel caso di occupazione illegittima di un immobile, il danno subito dal proprietario, essendo collegato all'indisponibilità di un bene normalmente fruttifero, è oggetto di una presunzione relativa, che onera l'occupante della prova contraria dell'anomala infruttuosità di quello specifico immobile. (Cassa e decide nel merito, CORTE D'APPELLO ANCONA, 21/02/2018).
Cass. civ. n. 23860/2020
Non è configurabile nel sistema processuale un divieto di presunzioni di secondo grado, non essendo lo stesso riconducibile agli artt. 2729 e 2697 c.c., né ad altre norme; pertanto, è ben possibile che il fatto noto, accertato in via presuntiva, costituisca la premessa di un'ulteriore presunzione, ferma restando la necessità di valutare in concreto l'attendibilità del risultato, in termini di gravità, precisione e concordanza idonee a fondare l'accertamento del fatto ignoto. (Rigetta, COMM.TRIB.REG. VENEZIA, 16/05/2012).
Cass. civ. n. 22184/2020
In tema di accertamento dei redditi, costituisce presupposto per procedere col metodo analitico induttivo la complessiva inattendibilità della contabilità, da valutarsi sulla base di presunzioni ex art. 39, comma 1, lett. d), d.P.R. n. 600, del 1973, alla stregua di criteri di ragionevolezza, ancorché le scritture contabili siano formalmente corrette; dette presunzioni non devono essere necessariamente plurime, potendosi il convincimento del giudice fondare anche su un elemento unico, preciso e grave. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che non aveva valorizzato l'unica presunzione posta a fondamento dell'avviso di accertamento ex art 39 cit, costituita dal consumo di energia elettrica, presunzione dalla quale l'Ufficio era risalito alla quantificazione dei redditi di un'impresa di autolavaggio). (Cassa con rinvio, COMM.TRIB.REG. ROMA, 12/07/2012).
Cass. civ. n. 20342/2020
Una presunzione giuridicamente valida non può fondarsi su dati meramente ipotetici, ma, trattandosi di una deduzione logica, deve essere desunta da fatti certi sulla base di massime di esperienza o dell'"id quod plerumque accidit"; al contrario, la congettura è una mera supposizione che si ricava da fatti incerti in via di semplice ipotesi. (Rigetta, CORTE D'APPELLO MILANO, 07/03/2019).
Cass. civ. n. 1163/2020
Nella prova per presunzioni, ai sensi degli artt. 2727 e 2729 c.c., non occorre che tra il fatto noto e quello ignoto sussista un legame di assoluta ed esclusiva necessità causale, essendo sufficiente che dal fatto noto sia desumibile univocamente quello ignoto, alla stregua di un giudizio di probabilità basato sull'"id quod plerumque accidit", sicché il giudice può trarre il suo libero convincimento dall'apprezzamento discrezionale degli elementi indiziari prescelti, purché dotati dei requisiti legali della gravità, precisione e concordanza. (Nella specie, la S.C. ha escluso che rispondesse ai requisiti di cui all'art. 2729 c.c. la decisione di merito secondo la quale, ai fini dell'accertamento del danno da perdita della capacità di produrre reddito, l'intenzione dell'attore di astenersi dalla ricerca di un'occupazione per il resto della propria vita potesse desumersi dal mancato inserimento, nella richiesta di iscrizione nelle liste di collocamento, della dichiarazione di disponibilità a svolgere attività lavorativa, circostanza verificatasi quando egli aveva appena ventitré anni). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO TORINO, 14/12/2016).
Cass. civ. n. 6199/2019
I limiti legali alla prova di un contratto per cui sia richiesta la forma scritta, "ad substantiam" o "ad probationem", così come quelli di valore previsti dall'art. 2721 c.c. per la prova testimoniale, operano esclusivamente quando il contratto sia invocato in giudizio quale fonte di diritti ed obblighi tra le parti contraenti e non anche ove esso sia dedotto quale semplice fatto storico influente sulla decisione. (Rigetta, CORTE D'APPELLO CATANIA, 17/07/2017).
Cass. civ. n. 5484/2019
La prova per presunzione semplice, che può anche costituire l'unica fonte del convincimento del giudice, integra un apprezzamento di fatto che, se coerentemente motivato, non è censurabile in sede di legittimità. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto immune da vizi logici la sentenza impugnata che, in causa per responsabilità sanitaria, aveva desunto dall'emorragia pre-ricovero di una gestante il derivato danno cerebrale del figlio, con ragionamento in sé coerente sotto il profilo logico-formale oltre che confortato delle risultanze di una consulenza tecnica d'ufficio). (Rigetta, CORTE D'APPELLO VENEZIA, 25/06/2015).
Cass. civ. n. 3513/2019
Nella prova per presunzioni, ai sensi degli artt. 2727 e 2729 c.c., non occorre che tra il fatto noto e quello ignoto sussista un legame di assoluta ed esclusiva necessità causale, ma è sufficiente che dal fatto noto sia desumibile univocamente quello ignoto, alla stregua di un giudizio di probabilità basato sull'"id quod plerumque accidit", sicché il giudice può trarre il suo libero convincimento dall'apprezzamento discrezionale degli elementi indiziari prescelti, purché dotati dei requisiti legali della gravità, precisione e concordanza. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che il giudice di merito, in applicazione di tali principi, avesse correttamente qualificato come donazioni simulate alcune vendite poste in essere dalla "de cuius" a favore di un figlio, deponendo in tal senso l'inverosimiglianza del prezzo indicato, notevolmente inferiore a quello di mercato, l'esistenza di un decadimento fisico della alienante al momento delle apparenti vendite, nonché la mancata prova dell'effettiva percezione del corrispettivo delle vendite, della provenienza della provvista relativa agli assegni consegnati in pagamento e della capacità reddituale degli acquirenti). (Dichiara inammissibile, CORTE D'APPELLO BARI, 20/05/2013).
Cass. civ. n. 2482/2019
L'art. 2729 c.c. ammette solo le presunzioni che abbiano i connotati della gravità, precisione e concordanza, laddove: la "precisione" va riferita al fatto noto (indizio) che costituisce il punto di partenza dell'inferenza e postula che esso non sia vago, ma ben determinato nella sua realtà storica; la "gravità" va ricollegata al grado di probabilità della sussistenza del fatto ignoto che, sulla base della regola d'esperienza adottata, è possibile desumere da quello noto; la "concordanza" richiede che il fatto ignoto sia, di regola, desunto da una pluralità di indizi gravi e precisi, univocamente convergenti nella dimostrazione della sua sussistenza, dovendosi tuttavia precisare, al riguardo, che tale ultimo requisito è prescritto esclusivamente nell'ipotesi di un eventuale, ma non necessario, concorso di più elementi presuntivi. (Rigetta, CORTE D'APPELLO ANCONA, 11/11/2016).
Cass. civ. n. 6387/2018
In tema di prova per presunzioni, nel dedurre il fatto ignoto dal fatto noto, la valutazione del giudice del merito incontra il solo limite della probabilità, con la conseguenza che i fatti su cui la presunzione si fonda non devono essere tali da far apparire l'esistenza del fatto ignoto come l'unica conseguenza possibile dei fatti accertati secondo un legame di necessità assoluta ed esclusiva, ma è sufficiente che l'operata inferenza sia effettuata alla stregua di un canone di ragionevole probabilità con riferimento alla connessione degli accadimenti, la cui normale sequenza e ricorrenza può verificarsi secondo regole di esperienza, basate sull'"id quod plerumque accidit". Ne consegue che, anche se il giudizio valutativo svolto dal giudice del merito sugli indizi è insindacabile, essendo il controllo di legittimità circoscritto alla verifica della correttezza logico giuridica del ragionamento seguito, tuttavia, in relazione all'utilizzo di massime o regole d'esperienza, anche in sede di giudizio di legittimità, si deve verificare che il giudizio probatorio non sia fondato su congetture, ovvero ipotesi non fondate sull'"id quod plerum accidit" o regole generali prive di una sia pur minima plausibilità invece che su vere e proprie massime di esperienza.
Cass. civ. n. 10973/2017
In materia di prova presuntiva, compete alla Corte di cassazione, nell’esercizio della funzione nomofilattica, il controllo che i principi contenuti nell’art. 2729 c.c. siano applicati alla fattispecie concreta al fine della ascrivibilità di questa a quella astratta. Se è vero che è devoluta al giudice di merito la valutazione della ricorrenza dei requisiti enucleabili dagli artt. 2727 e 2729 c.c. per valorizzare gli elementi di fatto quale fonte di presunzione, tuttavia, tale giudizio non può sottrarsi al controllo in sede di legittimità, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., se risulti che, violando i criteri giuridici in tema di formazione della prova critica, il giudice si sia limitato a negare valore indiziario a singoli elementi acquisiti in giudizio, senza accertarne l’effettiva rilevanza in una valutazione di sintesi.
Cass. civ. n. 5374/2017
In tema di prova per presunzioni, il giudice, dovendo esercitare la sua discrezionalità nell'apprezzamento e nella ricostruzione dei fatti in modo da rendere chiaramente apprezzabile il criterio logico posto a base della selezione delle risultanze probatorie e del proprio convincimento, è tenuto a seguire un procedimento che si articola necessariamente in due momenti valutativi: in primo luogo, occorre una valutazione analitica degli elementi indiziari per scartare quelli intrinsecamente privi di rilevanza e conservare, invece, quelli che, presi singolarmente, presentino una positività parziale o almeno potenziale di efficacia probatoria; successivamente, è doverosa una valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi isolati per accertare se essi siano concordanti e se la loro combinazione sia in grado di fornire una valida prova presuntiva, che magari non potrebbe dirsi raggiunta con certezza considerando atomisticamente uno o alcuni di essi. Ne consegue che deve ritenersi censurabile in sede di legittimità la decisione in cui il giudice si sia limitato a negare valore indiziario agli elementi acquisiti in giudizio senza accertare se essi, quand'anche singolarmente sforniti di valenza indiziaria, non fossero in grado di acquisirla ove valutati nella loro sintesi, nel senso che ognuno avrebbe potuto rafforzare e trarre vigore dall'altro in un rapporto di vicendevole completamento.
Cass. civ. n. 4241/2016
La presunzione semplice e la presunzione legale "iuris tantum" si distinguono unicamente in ordine al modo di insorgenza, perché mentre il fatto sul quale si fonda la prima dev'essere provato in giudizio ed il relativo onere grava su colui che intende trarne vantaggio, la seconda è stabilita dalla legge e, quindi, non abbisogna della prova di un fatto sul quale possa fondarsi e giustificarsi. Una volta, tuttavia, che la presunzione semplice si sia formata e sia stata rilevata, essa ha la medesima efficacia che deve riconoscersi alla presunzione legale "iuris tantum", quando viene rilevata, in quanto l'una e l'altra trasferiscono a colui, contro il quale esse depongono, l'onere della prova contraria, la cui omissione impone al giudice di ritenere provato il fatto previsto, senza consentirgli la valutazione ai sensi dell'art. 116 c.p.c.. (In applicazione dell'anzidetto principio, la S.C. ha riscontrato la violazione del regime della prova presuntiva in relazione alla circostanza dell'avvenuto pagamento del canone di locazione, pur avendo l'Amministrazione finanziaria fornito la prova di ogni rilevante fatto storico, che potesse avere valore di premessa del ragionamento inferenziale).
Cass. civ. n. 23201/2015
In tema di prova per presunzioni, il giudice, chiamato a esercitare la sua discrezionalità nell'apprezzamento e nella ricostruzione dei fatti, deve esplicitare il criterio logico posto a base della selezione degli indizi e le ragioni del suo convincimento, tenendo conto che il relativo procedimento è necessariamente articolato in due momenti valutativi: il primo, di tipo analitico, volto a selezionare gli elementi che presentino una positività parziale o almeno potenziale di efficacia probatoria, il secondo, di tipo sintetico, tendente ad una valutazione complessiva di tutte le emergenze precedentemente isolate, per accertare se esse siano concordanti e se la loro combinazione sia in grado di fornire una valida prova presuntiva; è, pertanto, sindacabile in sede di legittimità la motivazione di tale percorso logico-giuridico quando siano stati pretermessi, senza darne ragione, uno o più fattori aventi, per condivisibili massime di esperienza, un'oggettiva portata indiziante. (Nella specie, la S.C. ha annullato la decisione di merito che, in relazione a danni da incendio di un immobile, aveva escluso che la causa dello stesso potesse essere individuata in un fenomeno di autocombustione del fieno ammassato dai convenuti in altro locale del medesimo edificio andato a fuoco, senza esplicitare le ragioni della pretermissione delle risultanze emergenti dagli accertamenti condotti, nell'immediatezza del fatto, sia dei carabinieri che dal comandante dei locali vigili del fuoco, relativi alla presenza, subito dopo lo spegnimento delle fiamme, di fenomeni fermentativi ancora in atto).
Cass. civ. n. 5787/2014
La valutazione della prova presuntiva esige che il giudice di merito esamini tutti gli indizi di cui disponga non già considerandoli isolatamente, ma valutandoli complessivamente ed alla luce l'uno dell'altro, senza negare valore ad uno o più di essi sol perché equivoci, così da stabilire se sia comunque possibile ritenere accettabilmente probabile l'esistenza del fatto da provare.
Cass. pen. n. 8837/2014
In tema di riesame, non costituisce violazione dell'art. 309 comma quinto c.p.p. La circostanza che il PM, selezionando gli atti da produrre a sostegno della richiesta di applicazione della misura cautelare, abbia trasmesso, in luogo della videoregistrazione del fatto oggetto di indagine, annotazioni di servizio in cui erano riportati i dati relativi a quanto videoregistrato, posto che all'accusa compete la direzione dell'inchiesta e la scelta degli atti su cui basare la richiesta della misura. (Nella fattispecie la Corte ha rilevato che il GIP non aveva comunque mai preso visione della videoregistrazione ed aveva considerato per l'emissione della misura le annotazioni di servizio della P.G., regolarmente trasmesse al Tribunale del riesame).
Cass. civ. n. 12248/2013
Il ricorso alla presunzione deve ritenersi consentito al giudice alla sola condizione che i fatti su cui essa si fonda siano stati allegati e possano ritenersi provati, potendo il giudice avvalersene, in presenza di tale evenienza, senza apposita sollecitazione delle parti e in difetto di contraddittorio tra le stesse.
Cass. civ. n. 23096/2012
I requisiti di gravità, precisione e concordanza, richiesti dall'art. 2729 c.c. perché gli indizi possano assurgere al rango di prova presuntiva debbono valutarsi con riferimento ai fatti noti, dai quali risalire con deduzioni logiche ai fatti ignorati; quei requisiti, invece, sono inconcepibili rispetto alle regole statistiche o matematiche attraverso le quali si sviluppa il ragionamento logico deduttivo, le quali devono essere corrette e coerenti, ma non "gravi, precise e concordanti". (Nella specie, l'amministrazione finanziaria aveva ritenuto esistenti redditi non dichiarati, desumendoli dalla sproporzione tra i costi ed i ricavi dell'impresa contribuente, ed aveva quindi determinato il "quantum" del reddito non dichiarato, in assenza di scritture contabili, attraverso un calcolo aritmetico di media tra costi e prodotti venduti; il giudice di merito aveva tuttavia annullato il relativo avviso di accertamento, ritenendo che i calcoli compiuti dell'erario costituissero una "presunzione priva di gravità e precisione"; la S.C., in applicazione del principio di cui alla massima, ha cassato tale decisione).
Cass. civ. n. 9108/2012
In tema di prova per presunzioni, il giudice, posto che deve esercitare la sua discrezionalità nell'apprezzamento e nella ricostruzione dei fatti in modo da rendere chiaramente apprezzabile il criterio logico posto a base della selezione delle risultanze probatorie e del proprio convincimento, è tenuto a seguire un procedimento che si articola necessariamente in due momenti valutativi: in primo luogo, occorre una valutazione analitica degli elementi indiziari per scartare quelli intrinsecamente privi di rilevanza e conservare, invece, quelli che, presi singolarmente, presentino una positività parziale o almeno potenziale di efficacia probatoria; successivamente, è doverosa una valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi isolati per accertare se essi siano concordanti e se la loro combinazione sia in grado di fornire una valida prova presuntiva, che magari non potrebbe dirsi raggiunta con certezza considerando atomisticamente uno o alcuni di essi. Ne consegue che deve ritenersi censurabile in sede di legittimità la decisione in cui il giudice si sia limitato a negare valore indiziario agli elementi acquisiti in giudizio senza accertare se essi, quand'anche singolarmente sforniti di valenza indiziaria, non fossero in grado di acquisirla ove valutati nella loro sintesi, nel senso che ognuno avrebbe potuto rafforzare e trarre vigore dall'altro in un rapporto di vicendevole completamento.
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Le presunzioni semplici costituiscono una prova completa alla quale il giudice di merito può attribuire rilevanza anche in via esclusiva ai fini della formazione del proprio convincimento, nell'esercizio del potere discrezionale, istituzionalmente demandatogli, di scegliere, fra gli elementi probatori sottoposti al suo esame, quelli ritenuti più idonei a dimostrare i fatti costitutivi della domanda o dell'eccezione, non occorrendo l'acquisizione, a conforto, di ulteriori elementi presuntivi o probatori desunti dall'esame della documentazione contabile o bancaria del contribuente, in quanto, se gli indizi hanno raggiunto la consistenza di prova presuntiva, non vi è necessità di ricercarne altri o di assumere ulteriori fonti di prova.
Cass. civ. n. 26022/2011
Allorquando la prova addotta sia costituita da presunzioni - le quali anche da sole possono formare il convincimento del giudice del merito - rientra nei compiti di quest'ultimo il giudizio circa l'idoneità degli elementi presuntivi a consentire illazioni che ne discendano secondo il criterio dell'"id quod plerumque accidit", essendo il relativo apprezzamento sottratto al controllo in sede di legittimità se sorretto da motivazione immune dal vizi logici o giuridici e, in particolare, ispirato al principio secondo il quale i requisiti della gravità, della precisione e della concordanza, richiesti dalla legge, devono essere ricavati in relazione al complesso degli indizi, soggetti a una valutazione globale, e non con riferimento singolare a ciascuno di questi, pur senza omettere un apprezzamento così frazionato, al fine di vagliare preventivamente la rilevanza dei vari indizi e di individuare quelli ritenuti significativi e da ricomprendere nel suddetto contesto articolato e globale.
Cass. civ. n. 22656/2011
Nella prova per presunzioni, ai sensi degli artt. 2727 e 2729 c.c., non occorre che tra il fatto noto e quello ignoto sussista un legame di assoluta ed esclusiva necessità causale, ma è sufficiente che il fatto da provare sia desumibile dal fatto noto come conseguenza ragionevolmente possibile, secondo un criterio di normalità; occorre, al riguardo, che il rapporto di dipendenza logica tra il fatto noto e quello ignoto sia accertato alla stregua di canoni di probabilità, con riferimento ad una connessione possibile e verosimile di accadimenti, la cui sequenza e ricorrenza possono verificarsi secondo regole di esperienza. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto corretto il riconoscimento, operato dal giudice di merito, dell'usucapione su un locale adibito a servizio igienico, prendendo atto che fosse incontestata la circostanza che l'uso ventennale in capo ad uno dei litiganti si desumesse dalla facile accessibilità al locale anche da parte di persona diversa dall'originario proprietario e dal fatto che la medesima, oltre a non avere altro servizio igienico presso il proprio immobile, aveva effettuato a sue spese anche dei lavori di ristrutturazione mai modificati dal proprietario stesso).
Cass. civ. n. 6181/2009
Ai fini del raggiungimento della prova per presunzioni, le soglie minime di gravità, precisione e concordanza richieste dall'art. 2729 cod. civ. e la possibilità di ritenere come ammessi, ai sensi dell'art. 232 c.p.c., i fatti dedotti nell'interrogatorio formale, cui il convenuto non abbia ingiustificatamente risposto, sono valutate dal giudice di merito alla luce del complessivo contesto, sostanziale e processuale, con la conseguenza che i fatti possono ritenersi di volta in volta provati o non provati all'esito di una valutazione caso per caso e che quest'ultima non è sindacabile in sede di legittimità purché adeguatamente e congruamente motivata. (Nella specie, proposta azione risarcitoria da parte di persona che, nel badare alla manutenzione dell'appartamento di un parente assente, era inciampata in un tappeto lasciato arrotolato sul pavimento, il giudice di merito, con valutazione considerata corretta dalla S.C., aveva ritenuto non raggiunta la prova sia del nesso di causalità tra la caduta della persona e la posizione dell'oggetto sia della colpa del proprietario dell'immobile).
Cass. civ. n. 26331/2008
Il ricorso alla prova presuntiva esige indefettibilmente che a fondamento di essa il giudice ponga una pluralità di elementi, caratterizzati dai requisiti della gravità, precisione e concordanza. Pertanto l'indicazione, nella sentenza di merito, di un solo ed equivoco elemento presuntivo dal quale è stata ricavata la prova del fatto ignorato costituisce un vizio motivazionale, censurabile in sede di legittimità ai sensi dell'art. 360, n. 5, c.p.c. (in base a tale principio la S.C. ha cassato la sentenza di merito che, nell'accogliere un'azione revocatoria, aveva ritenuto provata la
scientia fraudis sulla base della sola sproporzione tra il prezzo dichiarato nell'atto di vendita ed il valore commerciale del bene del quale il debitore si era disfatto).
Cass. civ. n. 17535/2008
In tema di presunzioni, qualora il giudice di merito sussuma erroneamente sotto i tre caratteri individuatori della presunzione (gravità, precisione e concordanza) fatti concreti che non sono invece rispondenti a quei requisiti, il relativo ragionamento è censurabile in base all'art. 360, n. 3, c.p.c. (e non già alla stregua del n. 5 dello stesso art. 360), competendo alla Corte di cassazione, nell'esercizio della funzione di nomofilachia, controllare se la norma dell'art. 2729 c.c., oltre ad essere applicata esattamente a livello di proclamazione astratta, lo sia stata anche sotto il profilo dell'applicazione a fattispecie concrete che effettivamente risultino ascrivibili alla fattispecie astratta.
Cass. civ. n. 19088/2007
In tema di presunzioni semplici, gli elementi assunti a fonte di prova non debbono essere necessariamente più d'uno, potendo il convincimento del giudice fondarsi anche su di un solo elemento purché grave e preciso, dovendosi il requisito della «concordanza» ritenersi menzionato dalla legge solo in previsione di un eventuale ma non necessario concorso di più elementi presuntivi. (Nella specie la S.C. ha confermato la decisione di merito che ha desunto la conoscenza dello stato d'insolvenza di un imprenditore, successivamente dichiarato fallito, in capo alla banca, da un unico fatto costituito dall'improvvisa revoca di tutte le linee di credito e richiesta d'immediato soddisfacimento di tutti i suoi crediti).
Cass. civ. n. 3646/2004
L'esistenza di una presunzione sulla quale sia possibile fondare la decisione di una causa può validamente desumersi in presenza di una pluralità di elementi di valutazione gravi precisi e concordanti, nei quali il requisito della gravità è ravvisabile per il grado di convincimento che ciascuno di essi è idoneo a produrre a fronte di un fatto ignoto, la cui esistenza deve poter essere dimostrata in termini di ragionevole certezza, il requisito della precisione impone che i fatti noti e l'iter logico del ragionamento probabilistico ben determinati nella loro realtà storica, ed il requisito unificante della concordanza richiede che il fatto ignoto sia di regola desunto da una pluralità di fatti noti gravi e precisi, univocamente convergenti nella dimostrazione della sua sussistenza, mentre la sommatoria di una serie di dati in sé insignificanti e privi di precisione e gravità non può assumere rilevanza alcuna. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto provato il conferimento di un incarico professionale relativo alla stima di un immobile ed alla redazione di un computo metrico — estimativo [e non alla semplice redazione di un preventivo per le spese burocratiche di ristrutturazione, come sostenuto dai convenuti] sulla base della effettiva redazione del computo, del possesso in capo al professionista di piantine e fotografie dell'immobile, e della attribuzione di valore confessorio ad alcune frasi pronunciate dai presunti committenti in corso di causa).
Cass. civ. n. 18719/2003
Nella decisione della causa di merito, il giudice è libero di fondare il proprio convincimento su prove presuntive a differenza di altri mezzi di prova, ove le ritenga più attendibili, e non è tenuto ad ammettere gli ulteriori mezzi di prova richiesti dalle parti, se è già in grado di formarsi un convincimento sulla base delle risultanze acquisite al processo, essendo tuttavia in ogni caso tenuto a motivare le proprie scelte, e ad ammettere l'eventuale prova contraria al fatto ignoto che si pretende provare tramite presunzioni, ove ciò sia richiesto da una delle parti e la prova non sia né inammissibile o ininfluente. (Nella specie, la S.C. ha cassato per vizio di motivazione la sentenza di merito che non aveva ammesso alcune prove testimoniali, volte a dimostrare l'esistenza di un accordo, sul presupposto che già emergesse in via presuntiva la prova della inesistenza di tale accordo).
Cass. civ. n. 15737/2003
Le presunzioni semplici costituiscono una prova completa alla quale il giudice di merito può attribuire rilevanza, anche in via esclusiva, ai fini della formazione del proprio convincimento, nell'esercizio del potere discrezionale, istituzionalmente demandatogli, di individuare le fonti di prova, controllarne l'attendibilità e la concludenza e, infine, scegliere, fra gli elementi probatori sottoposti al suo esame, quelli ritenuti più idonei a dimostrare i fatti costitutivi della domanda o dell'eccezione. Spetta pertanto al giudice di merito valutare l'opportunità di fare ricorso alle presunzioni, individuare i fatti da porre a fondamento del relativo processo logico e valutarne la rispondenza ai requisiti di legge, con apprezzamento di fatto che, ove adeguatamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità, dovendosi tuttavia rilevare che la censura per vizio di motivazione in ordine all'utilizzo o meno del ragionamento presuntivo non può limitarsi ad affermare un convincimento diverso da quello espresso dal giudice di merito, ma deve fare emergere l'assoluta illogicità e contraddittorietà del ragionamento decisorio, restando peraltro escluso che la sola mancata valutazione di un elemento indiziario possa dare luogo al vizio di omesso esame di un punto decisivo. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso che il ritiro del libretto nominativo da parte dell'invalido potesse costituire presunzione della ricezione della comunicazione relativa all'emissione di pagamento dei ratei arretrati dell'indennità di accompagnamento).
Cass. civ. n. 5045/2002
In tema di prove, è inammissibile la c.d.
praesumptio de praesumpto, non potendosi valorizzare una presunzione come fatto noto, per derivarne da essa un'altra presunzione. (Nella specie, alla stregua del principio di cui alla massima, la S.C. ha confermato la decisione dei giudici di merito che avevano ritenuta non provata la pretesa del ricorrente, imprenditore commerciale, di ottenere la somma di trecento milioni di lire quale, liquidazione del proprio credito nei confronti di un istituto di credito — somma corrispondente al valore di preziosi che lo stesso assumeva depositati nella cassetta di sicurezza concessa in uso dall'istituto, che era stata aperta da ignoti e svuotata del suo contenuto — pretesa in relazione alla quale era stata invocata la prova per presunzioni in base alla considerazione che per un imprenditore commerciale sarebbe «cosa assai poco probabile» depositare in una cassetta di sicurezza gioielli per un tale valore. Nell'occasione, la Corte territoriale, con motivazione ritenuta corretta dalla S.C., aveva escluso che si potesse presumere la conservazione in cassetta di preziosi di elevato valore in base al solo fatto che il ricorrente godesse di altri redditi, dato a sua volta presuntivamente ricavabile dall'esercizio di un determinato commercio; e che si sarebbe dovuto saldare, ai fini dell'accoglimento della richiesta del ricorrente, alle ulteriori presunzioni della utilizzazione di siffatti redditi per l'acquisto di gioielli, al momento del furto, nella cassetta di cui si trattava).
Cass. civ. n. 13291/1999
La presunzione semplice e la presunzione legale iuris tantum si distinguono unicamente in ordine al modo di insorgenza, perché mentre il fatto sul quale si fonda la prima dev'essere provato in giudizio ed il relativo onere grava su colui che intende trarne vantaggio, la seconda è stabilita dalla legge e, quindi, non abbisogna della prova di un fatto sul quale possa fondarsi e giustificarsi. Una volta, tuttavia, che la presunzione semplice si sia formata e sia stata rilevata (cioè, una volta che del fatto sul quale si fonda sia stata data o risulti la prova), essa ha la medesima efficacia che deve riconoscersi alla presunzione legale iuris tantum, quando viene rilevata, in quanto l'una e l'altra trasferiscono a colui, contro il quale esse depongono, l'onere della prova contraria.
Cass. civ. n. 9782/1999
Perché possa ritenersi correttamente desunta una presunzione semplice è sufficiente che i fatti sui quali essa si fonda siano tali da far apparire l'esistenza del fatto ignoto come una conseguenza del fatto noto, già accertato in giudizio, alla stregua di canoni di ragionevole probabilità, dovendosi cioè ravvisare una connessione fra la verificazione del fatto già accertato e quella del fatto ancora ignoto secondo regole di esperienza che convincano il giudice circa la probabilità e verosimiglianza della verificazione del secondo quale conseguenza del primo, potendo, dunque, il relativo accertamento presentare qualche margine di opinabilità, poiché il procedimento logico di deduzione non è quello rigido che è imposto, viceversa, in caso di presunzione legale. Il giudizio in base al quale il giudice di merito ragiona per presunzione semplice sottrae al sindacato di legittimità, se convenientemente motivato alla stregua di detti criteri. (Principi affermati dalla Suprema Corte con riguardo ad un caso, in cui, in relazione ad acquisto a non domino, si era desunta per presunzioni la prova dell'inesistenza della buona fede dell'acquirente).
Cass. civ. n. 4777/1998
Al di fuori dei casi di prova legale, non esiste nel nostro ordinamento una gerarchia delle prove, per cui i risultati di talune di esse debbano necessariamente prevalere nei confronti di altri dati probatori, essendo la valutazione delle prove rimessa al prudente apprezzamento del giudice. Ne deriva che il convincimento del giudice di merito sulla verità di un fatto può fondarsi anche su una presunzione che sia in contrasto con le altre prove acquisite, se da lui ritenuta di tale precisione e gravità da rendere inattendibili gli altri elementi di giudizio ad esso contrari, alla sola condizione che egli fornisca del convincimento cosa attinto una giustificazione adeguata e logicamente non contraddittoria.
Cass. civ. n. 2061/1998
In tema di prova civile, prima di avvalersi delle presunzioni il giudice non è tenuto ad invitare la parte contro cui esse operano a fornire la prova contraria. Costituendo le presunzioni unicamente un procedimento logico cui la legge consente di collegare determinati effetti sul piano probatorio, la parte interessata può in sede di merito evidenziare gli elementi idonei a mostrarne le possibili carenze o le eventuali contraddizioni, ma non può addebitare al giudice un obbligo che non gli compete.