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Articolo 2393 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Azione sociale di responsabilità

Dispositivo dell'art. 2393 Codice Civile

L'azione di responsabilità contro gli amministratori è promossa in seguito a deliberazione dell'assemblea, anche se la società è in liquidazione [22, 2364, n. 4, 2366, 2373, 2409].

La deliberazione concernente la responsabilità degli amministratori può essere presa in occasione della discussione del bilancio, anche se non è indicata nell'elenco delle materie da trattare [2366], quando si tratta di fatti di competenza dell'esercizio cui si riferisce il bilancio.

L'azione di responsabilità può anche essere promossa a seguito di deliberazione del collegio sindacale, assunta con la maggioranza dei due terzi dei suoi componenti(1).

L'azione può essere esercitata entro cinque anni(2) dalla cessazione dell'amministratore dalla carica.

La deliberazione dell'azione di responsabilità importa la revoca dall'ufficio degli amministratori contro cui è proposta, purché sia presa col voto favorevole di almeno un quinto del capitale sociale. In questo caso, l'assemblea stessa provvede alla sostituzione degli amministratori [2386].

La società può rinunziare all'esercizio dell'azione di responsabilità e può transigere [1966], purché la rinunzia e la transazione siano approvate con espressa deliberazione dell'assemblea, e purché non vi sia il voto contrario di una minoranza di soci che rappresenti almeno il quinto del capitale sociale [2394, 2394 bis, 2395, 2434] o, nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, almeno un ventesimo del capitale sociale, ovvero la misura prevista nello statuto per l'esercizio dell'azione sociale di responsabilità ai sensi dei commi primo e secondo dell'articolo 2393 bis.

Note

(1) Comma aggiunto dall'art. 3, L. 28 dicembre 2005, n. 262.
(2) La previsione di un termine di prescrizione quinquennale sembra confermare la natura extracontrattuale dell'azione.

Ratio Legis

La norma in commento, riguardando un'azione esperibile dalla società, individua gli organi sociali investiti della competenza decisionale in merito all'instaurazione di un simile giudizio avverso gli amministratori.

Spiegazione dell'art. 2393 Codice Civile

L’azione di responsabilità sociale è azione che presuppone la violazione dei doveri connessi all’incarico assunto dall’amministratore, perciò qualificabile come azione volta a far valere la responsabilità contrattuale degli amministratori. Ciò implica che la disciplina recata dalla norma in oggetto non sarà applicabile alle azioni promosse nei confronti degli amministratori in virtù della commissione di illeciti extracontrattuali.

La proposizione dell'azione di responsabilità sociale presuppone una apposita delibera dell’assemblea ordinaria o del collegio sindacale (assunta a maggioranza dei due terzi dei suoi componenti). Secondo la giurisprudenza prevalente, la delibera assembleare è elemento atto ad integrare la legittimazione attiva del rappresentante sociale, non potendo essere inclusa tra i presupposti processuali.

Generalmente, al fine di procedere, è necessario che la deliberazione circa l’azione di responsabilità costituisca un punto specifico dell’ordine del giorno, fatto salvo il caso in cui l’assemblea sia chiamata ad approvare il bilancio di esercizio, nel qual caso potrà procedere anche in assenza di specifica indicazione nell’o.d.g.

Considerato che l’obbligo di diligente gestione vincola l’amministratore unicamente nei confronti della società, solo quest’ultima sarà legittimata ad agire avverso l’amministratore. I singoli soci, infatti, sono pregiudicati solo indirettamente dalle conseguenze degli inadempimenti riferibili agli amministratori.

L'azione può essere promossa entro il termine di cinque anni dal momento della cessazione dell'incarico dell'amministratore cui si riferisce.

La delibera dell'azione di responsabilità comporta l'automatica revoca degli amministratori solo se approvata con il voto favorevole di almeno un quinto del capitale sociale. In mancanza, risulta necessaria una distinta ed espressa delibera di revoca, ai sensi dell’art. .

La rinuncia all'azione sociale di responsabilità e le transazioni devono essere approvate con espressa delibera assembleare. La previsione della norma è imperativa e non consente forme equipollenti. Pertanto l'assenza di un'espressa delibera assembleare determina la nullità della transazione e della rinuncia.

Relazione al D.Lgs. 6/2003

(Relazione illustrativa del decreto legislativo recante: "Riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative, in attuazione della legge 3 ottobre 2001, n. 366.")

6 Il potere di gestione e il potere di rappresentanza. La gestione dell'impresa sociale spetta in via esclusiva agli amministratori (art. 2380 bis, primo comma), i quali hanno poteri di gestione estesi a tutti gli atti che rientrano nell'oggetto sociale (art. 2380 bis, primo comma) e una rappresentanza generale per tutti gli atti compiuti in nome della società (art. 2384 del c.c., primo comma). Lo statuto o l'atto di nomina o di delega possono limitare in vario modo questi poteri di gestione o di rappresentanza, o entrambi, anche prevedendo una dissociazione tra rappresentanza generale (ad esempio attribuita al presidente) e poteri di gestione (ad esempio attribuiti al consiglio, al comitato esecutivo o ad amministratori delegati). In tutti questi casi le limitazioni "che risultano dallo statuto o da una decisione degli organi competenti" (art. 2384, secondo comma, nonché articolo 9.2 della direttiva n. 151 del 9 marzo 1968 del Consiglio dei Ministri della CEE), anche se pubblicate, non sono opponibili ai terzi, salvo che si provi che questi abbiano intenzionalmente agito a danno della società (art. 2384, secondo comma). Nei rapporti esterni, per tutelare l'affidamento dei terzi - e salva l'exceptio doli - sia gli atti compiuti dall'amministratore munito del potere di rappresentanza ma privo del potere di gestione (atti estranei all'oggetto sociale o casi di dissociazione del potere di rappresentanza dal potere di gestione), sia gli atti che eccedono i limiti - anche se pubblicati - ai poteri di gestione o di rappresentanza, rimangono validi e impegnativi; nei rapporti interni, invece, la mancanza o eccesso di potere o l'estraneità dell'atto all'oggetto sociale restano rilevanti quale base per un'azione di responsabilità (art. 2393 del c.c. e art. 2393 bis), quale giusta causa di revoca (art. 2383 del c.c., terzo comma), e quale motivo di denuncia al collegio sindacale o al tribunale (art. 2408 del c.c. e art. 2409 del c.c.).

Massime relative all'art. 2393 Codice Civile

Cass. civ. n. 21245/2021

In tema di società di capitali, la delibera assembleare con la quale è autorizzato il promovimento dell'azione sociale di responsabilità ex art. 2393 c.c. deve contenere l'individuazione degli elementi costitutivi dell'azione, sia sotto il profilo oggettivo che soggettivo, in mancanza dei quali la delibera deve considerarsi generica e, dunque, invalida, non essendo idonea ad esprimere la volontà compiutamente informata dei soci.

Cass. civ. n. 13221/2021

In tema di azione di responsabilità ex artt. 2393 e 2394 c.c. promossa dal curatore fallimentare, la cessazione dalla carica dell'amministratore, che abbia ritualmente presentato le proprie dimissioni, è opponibile al fallimento, anche se non è iscritta nel registro delle imprese, poiché non può operarsi un'estensione della responsabilità - che è, comunque, per fatto proprio (anche se di natura omissiva) - a comportamenti messi in atto da terzi in epoca successiva alle dimissioni, solo perché il collegio sindacale ha omesso di adempiere agli obblighi di pubblicità, alla cui inerzia l'amministratore dimissionario non può supplire, essendo ormai estraneo all'organizzazione societaria.

Cass. civ. n. 12108/2020

In tema di azione sociale di responsabilità ex art. 2393 c.c. nei confronti degli amministratori esecutivi di una banca (a cui vanno equiparati i direttori generali muniti di delega), il danno corrispondente alle perdite cagionate dalla stipula di contratti di "swap" estremamente rischiosi (TRS e IRS), effettuata senza informare il consiglio di amministrazione e con l'impiego, in bilancio, di artifizi contabili (per occultare, nel valore iniziale dei titoli, le perdite subite in una precedente operazione e distribuirle negli esercizi successivi), deve essere determinato prendendo in considerazione il saldo netto dei flussi finanziari dei tassi, funzionanti a sistema binario, che risultano dai documenti contabili, senza che abbia rilievo l'esistenza di un "fair value" negativo già al momento della stipula (il quale non rappresenta un danno effettivo, ma dimostra solo che il contratto parte squilibrato a svantaggio della contraente), potendo invece essere considerato, in caso di transazione, il "mark to market" dei menzionati contratti al tempo del relativo accordo, ma non per quantificare il danno, bensì solo per verificare la vantaggiosità della transazione.

Cass. civ. n. 21692/2016

In tema di società di diritto privato interamente partecipata da comuni, non è configurabile la responsabilità contabile degli amministratori per l'assenza di un rapporto di servizio con gli enti pubblici azionisti, risolvendosi il pregiudizio patrimoniale derivante dall'eventuale loro "mala gestio" in un "vulnus" gravante, in via diretta, solo sul patrimonio della società stessa, soggetta a regole privatistiche e dotata di autonoma e distinta personalità giuridica rispetto ai soci, mentre è ipotizzabile a carico dei sindaci dei comuni stessi che non abbiano esercitato i poteri ed i diritti spettanti al socio pubblico al fine di indirizzare correttamente l'azione degli organi sociali o di reagire opportunamente ai loro illeciti, in relazione ai quali non vale la distinzione tra danno diretto ed indiretto per l'ente locale, occorrendo fare riferimento al danno concretamente imputabile agli enti di cui sono rappresentanti.

Cass. civ. n. 14963/2011

A norma dell'articolo 2393 c.c. compete esclusivamente all'assemblea dei soci il potere di deliberare sia il promovimento dell'azione sociale
di responsabilità sia la rinuncia all'esercizio di tale azione, sia la transazione. Pertanto, la rinuncia o la transazione effettuata dal nuovo amministratore (o dal legale rappresentante della società) senza la preventiva delibera assembleare è affetta non da mera inefficacia, secondo la disciplina dell'atto posto in essere dal rappresentante senza poteri, ovvero da mera annullabilità, in base alle regole sul difetto di capacità a contrattare, ma da nullità assoluta e insanabile, deducibile da chiunque vi abbia interesse e rilevabile d'ufficio, atteso che detta delibera assembleare costituisce modo formale e inderogabile di espressione della volontà della società di cui non sono ammessi equipollenti.

Cass. civ. n. 14655/2011

La controversia riguardante l'azione di responsabilità a carico degli amministratori (o dei terzi che hanno concorso con loro nel cagionare il danno) di una società per azioni a partecipazione pubblica anche se maggioritaria o, come nella specie, totalitaria (in capo a più enti), per il danno patrimoniale subito dalla compagine sociale a causa delle condotte illecite di tali soggetti è assoggettata alla giurisdizione del giudice ordinario e non del giudice contabile atteso che, da un lato, l'autonoma personalità giuridica della società porta ad escludere l'esistenza di un rapporto di servizio tra amministratori, sindaci e dipendenti e P.A. e, dall'altro, il danno cagionato dalla "mala gestio" incide in via diretta solo sul patrimonio della società, che resta privato e separato da quello dei soci.

Cass. civ. n. 9619/2009

L'azione di responsabilità dei creditori sociali nei confronti degli amministratori di società è soggetta a prescrizione quinquennale, decorrente dal momento in cui i creditori sono oggettivamente in grado di venire a conoscenza dell'insufficienza del patrimonio sociale ai fini della soddisfazione dei loro crediti; tale incapienza, consistente nell'eccedenza delle passività sulle attività, non corrisponde alla perdita integrale del capitale sociale, che può verificarsi anche in presenza di un pareggio tra attivo e passivo, né allo stato d'insolvenza di cui all'art. 5 della legge fall., trattandosi di una condizione di squilibrio patrimoniale più grave e definitiva, la cui emersione non coincide necessariamente con la dichiarazione di fallimento, potendo essere anteriore o posteriore. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha dichiarato inammissibile il motivo d'impugnazione con cui si censurava la sentenza impugnata, nella parte in cui aveva ritenuto insufficiente, ai fini della decorrenza della prescrizione, la prova dell'avvenuta stipulazione di una transazione tradottasi in un concordato stragiudiziale remissorio, essendo quest'ultimo diretto a porre rimedio non già all'incapienza patrimoniale, ma allo stato d'insolvenza, e non essendo state fornite indicazioni in ordine alle risultanze complessive del bilancio ed all'ammontare del patrimonio netto da esso emergente).

Cass. civ. n. 20476/2008

In tema di azione di responsabilità contro amministratori e sindaci, ai sensi degli artt. 2393 e 2394 cod. civ., la decorrenza del termine di prescrizione quinquennale (dal momento in cui il patrimonio sociale risulti insufficiente al soddisfacimento dei crediti sociali) può essere anteriore o posteriore alla dichiarazione di fallimento o all'assoggettamento dell'impresa alla liquidazione coatta amministrativa e può non coincidere con la dichiarazione dello stato di insolvenza, ma presuppone che detta insufficienza - intesa come eccedenza delle passività sulle attività del patrimonio netto dell'impresa o insufficienza dell'attivo sociale a soddisfare i debiti della società - sia oggettivamente conoscibile dai creditori. Ai fini dell'individuazione del momento di esteriorizzazione dell'insufficienza patrimoniale antecedente al fallimento o alla messa in liquidazione coatta amministrativa, è senz'altro idoneo il bilancio di esercizio, tenuto conto della sua opponibilità "erga omnes" e della sua leggibilità anche per operatori non particolarmente qualificati. (La S.C. ha fatto applicazione del suddetto principio di diritto in una fattispecie nella quale l'azione era stata proposta dal commissario della società in liquidazione coatta amministrativa più di cinque anni dopo l'approvazione del bilancio che aveva evidenziato una notevole eccedenza del passivo e perdite pari al doppio del capitale sociale).

Cass. civ. n. 18939/2007

Anche nella società cooperativa a responsabilità limitata l'autorizzazione dell'assemblea al promovimento dell'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori, richiesta dall'art. 2393 c.c., costituisce una condizione dell'azione, la cui esistenza va verificata d'ufficio dal giudice; è sufficiente, peraltro, che tale autorizzazione sussista nel momento della pronuncia della sentenza che definisce il giudizio.

Cass. civ. n. 9901/2007

In tema di società, l'amministratore convenuto in giudizio, unitamente ad altri soggetti, con l'azione sociale di responsabilità, non può giovarsi, ai sensi dell'art. 1304 c.c., della transazione intervenuta tra la società ed i coobbligati solidali, qualora la transazione non sia stata autorizzata dall'assemblea con deliberazione adottata senza il voto contrario della minoranza qualificata prevista dall'art. 2393 c.c.: tale delibera costituisce infatti una forma tipica ed inderogabile di espressione della volontà sociale, il cui difetto è causa di nullità assoluta ed insanabile della transazione stipulata con l'amministratore, trattandosi di un requisito prescritto a garanzia dei soci di minoranza, la cui tutela risulterebbe pertanto svuotata di ogni contenuto qualora, essendo convenuti anche soggetti che non rivestono la predetta qualità, l'atto in questione potesse perfezionarsi senza l'espressa autorizzazione richiesta da tale disposizione.

Cass. civ. n. 21858/2005

A differenza che in altri casi di deliberazione societaria, la legge non richiede che la deliberazione con cui l'assemblea di una società per azioni autorizza l'esercizio dell'azione di responsabilità contro gli amministratori a norma dell'art. 2393 c.c. rechi una specifica motivazione volta ad illustrare le ragioni di tale scelta, restando ovviamente affatto impregiudicata la fondatezza degli addebiti mossi all'amministratore, destinati ad essere vagliati solo nella causa contro di lui successivamente instaurata. Ciò non implica, peraltro, che detta deliberazione assembleare si sottragga a qualsiasi possibile censura di legittimità, non solo sotto il profilo della correttezza del procedimento con cui essa è stata adottata, ma anche per aspetti concernenti il suo contenuto, ed in particolare per eventuali vizi di eccesso di potere o per una situazione di conflitto d'interessi in cui eventualmente versi il socio che abbia espresso in quell'assemblea un voto determinante.

Cass. civ. n. 9090/2003

La deliberazione assembleare richiesta dal primo comma dell'art. 2393 c.c. per l'esercizio dell'azione sociale di responsabilità è un elemento indispensabile al fine di integrare la legittimazione di colui che, in qualità di legale rappresentante della società, agisce nel processo; in caso di contestazione tra le parti in ordine alla esistenza della predetta delibera, grava sul legale rappresentante della società attrice l'onere di dimostrare che l'azione di responsabilità è stata debitamente deliberata dall'assemblea, così da mettere il giudice in condizione di eseguire il necessario accertamento. Ne, mancando l'assolvimento di tale onere, la prova dell'esistenza della delibera assembleare può dirsi raggiunta per effetto della menzione che di essa abbia fatto consulente tecnico d'ufficio nella sua relazione, attraverso l'indicazione degli estremi di reperimento nel libro dei verbali delle adunanze della società, atteso che il fatto riferito dal consulente non solo non ha una valenza tecnica inerente, alla sfera di cognizione propria dell'indagine peritale, ma si risolve in un atto negoziale, il cui significato e la cui portata richiedono un'attività interpretativa che è quella specificamente propria del giudice ed in ordine alla quale le parti debbono essere poste in condizione di interloquire.

Cass. civ. n. 9904/2000

In materia di azioni sociali di responsabilità, la delibera assembleare di esercitare l'azione si configura, sul piano del processo, quale presupposto processuale e, sul piano sostanziale, quale mandato, le cui cause di estinzione sono quelle indicate all'articolo 1722 c.c. tra le quali non rientra l'estinzione del processo; pertanto, interrotto e poi estinto il giudizio di responsabilità a seguito di fallimento e proposta dal curatore azione ex art. 146 L. fall., nel corso della quale la società sia tornata in bonis, questa può agire nei confronti degli amministratori sulla base della originaria delibera

Cass. civ. n. 10869/1999

A norma dell'articolo 2393 c.c. compete esclusivamente all'assemblea dei soci il potere di deliberare sia il promovimento dell'azione sociale di responsabilità sia la rinuncia all'esercizio di tale azione, sia la transazione; pertanto, la rinuncia o la transazione effettuata dal nuovo amministratore (o dal legale rappresentante della società) senza la preventiva delibera assembleare è affetta non da mera inefficacia, secondo la disciplina dell'atto posto in essere dal rappresentante senza poteri, ovvero da mera annullabilità, in base alle regole sul difetto di capacità a contrattare, ma da nullità assoluta e insanabile, deducibile da chiunque vi abbia interesse e rilevabile d'ufficio; la delibera assembleare costituisce modo formale e inderogabile di espressione della volontà della società di cui non sono ammessi equipollenti. (Nella specie la S.C. ha annullato la decisione di merito secondo cui la sottoscrizione di un accordo da parte di tutti i soci costituiva manifestazione della volontà, equiparabile ad una delibera assembleare, di ratificare l'operato del legale rappresentante).

Cass. civ. n. 8699/1998

In ipotesi di società a responsabilità limitata composta da soli due soci (titolari ciascuno del 50% del capitale sociale) entrambi amministratori, è valida la deliberazione assembleare con la quale si decida l'azione di responsabilità nei confronti di uno di quei soci, il quale si sia astenuto dalla deliberazione, e con la quale il medesimo venga revocato dalla carica di amministratore. Infatti, relativamente all'azione di responsabilità, risulta raggiunta la maggioranza richiesta dall'art. 2393 c.c., e, quanto alla revoca dalla carica di amministratore, v'è stato il voto favorevole dell'altro socio-amministratore, titolare di una quota ben superiore al quinto del capitale sociale, come prescritto dal terzo comma della stessa norma. La validità di una siffatta deliberazione permane anche nel caso che lo statuto sociale prescriva la maggioranza assoluta dei voti per tutte le deliberazioni assembleari, posta l'illegittimità della norma statutaria che fissi maggioranze superiori a quella prevista dalla legge per la deliberazione dell'azione sociale di responsabilità.

L'azione sociale di responsabilità, prevista dall'art. 2393 c.c., può formare oggetto di rinuncia e transazione, sicché, per il combinato disposto dell'art. 806 c.p.c., essa è deferibile al giudizio arbitrale.

Cass. civ. n. 6244/1998

Nel caso in cui venga proposta l'azione di responsabilità nei confronti di uno degli amministratori di una società e, successivamente, venga proposta la medesima azione nei confronti degli altri, il giudice, per affermare che la prima citazione ha avuto l'effetto di interrompere la prescrizione anche riguardo agli altri amministratori (ex art. 1310 c.c.) deve valutare se le violazioni a carico di questi ultimi accertate possano essere considerate alla stregua di concause distinte ma eziologicamente concorrente dei danni arrecati ex artt. 2392 e 2394 c.c.

Cass. civ. n. 9849/1996

Il giudice innanzi al quale sia stata proposta un'azione sociale di responsabilità contro gli amministratori, ex art. 2393 c.c., deve verificare, anche d'ufficio, la sussistenza della deliberazione assembleare che, a norma del primo comma della menzionata disposizione, tale azione approva. La verifica deve essere svolta in via preliminare, costituendo quella deliberazione un presupposto (ancorché suscettibile di successiva regolarizzazione ex tunc) che attiene alla legíttímazione di colui che ha agito nel processo, ossia alla stessa
efficacia della costituzione in giudizio della società in nome e per conto della quale fazione di responsabilità è stata esercitata.

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