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Articolo 2409 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Denunzia al tribunale

Dispositivo dell'art. 2409 Codice Civile

Se vi è fondato sospetto che gli amministratori, in violazione dei loro doveri, abbiano compiuto gravi irregolarità nella gestione che possono arrecare danno alla società o a una o più società controllate, i soci che rappresentano il decimo del capitale sociale o, nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, il ventesimo del capitale sociale possono denunziare i fatti al tribunale [2392, 2400] con ricorso notificato anche alla società. Lo statuto può prevedere percentuali minori di partecipazione.

Il tribunale, sentiti in camera di consiglio gli amministratori e i sindaci, può ordinare l'ispezione dell'amministrazione della società a spese dei soci richiedenti, subordinandola, se del caso, alla prestazione di una cauzione [119 c.p.c.]. Il provvedimento è reclamabile.

Il tribunale non ordina l'ispezione e sospende per un periodo determinato il procedimento se l'assemblea sostituisce gli amministratori e i sindaci con soggetti di adeguata professionalità, che si attivano senza indugio per accertare se le violazioni sussistono e, in caso positivo, per eliminarle, riferendo al tribunale sugli accertamenti e le attività compiute.

Se le violazioni denunziate sussistono ovvero se gli accertamenti e le attività compiute ai sensi del terzo comma risultano insufficienti alla loro eliminazione, il tribunale può disporre gli opportuni provvedimenti provvisori e convocare l'assemblea [2363, 2364, 2364 bis, 2366] per le conseguenti deliberazioni. Nei casi più gravi può revocare gli amministratori ed eventualmente anche i sindaci [2487] e nominare un amministratore giudiziario, determinandone i poteri e la durata.

L'amministratore giudiziario può proporre l'azione di responsabilità contro gli amministratori [2393, 2393 bis, 2394, 2394 bis] e i sindaci [2407]. Si applica l'ultimo comma dell'articolo 2393.

Prima della scadenza del suo incarico l'amministratore giudiziario rende conto al tribunale che lo ha nominato; convoca e presiede l'assemblea per la nomina dei nuovi amministratori e sindaci o per proporre, se del caso, la messa in liquidazione della società o la sua ammissione ad una procedura concorsuale.

I provvedimenti previsti da questo articolo possono essere adottati anche su richiesta del collegio sindacale, del consiglio di sorveglianza o del comitato per il controllo sulla gestione, nonché, nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, del pubblico ministero; in questi casi le spese per l'ispezione sono a carico della società.

Ratio Legis

La norma disciplina uno strumento dalla natura incerta e che consente ai soci ed ai sindaci di provocare l'intervento dell'autorità giudiziaria affinché venga posto rimedio ad irregolarità riscontrate nella gestione sociale, a condizione che esse assumano i caratteri della gravità, dell'attualità e della dannosità.

Spiegazione dell'art. 2409 Codice Civile

La norma disciplina il procedimento volto a promuovere il controllo giudiziario sugli atti di gestione e l’adozione di misure atte a porre rimedio ad irregolarità potenzialmente pregiudizievoli per la società.

In particolare, si prevede che tanti soci che rappresentino almeno il dieci per cento del capitale sociale (un ventesimo nelle società quotate) possano ricorrere al Tribunale, qualora sussista un fondato sospetto circa la commissione di gravi irregolarità nella gestione della società, da parte degli amministratori o dei sindaci.
I ricorrenti devono fornire elementi indiziari che lascino perlomeno presumere l’inadempimento degli amministratori ai propri doveri di fonte legale e statutaria riguardanti tanto la gestione operativa, quanto la gestione organizzativa dell’ente societario. Da ciò discende che lo strumento potrà essere azionato anche nel caso in cui si contesti la violazione dell’obbligo di istituzione di assetti organizzativi ed amministrativi adeguati ai sensi dell’art. 2086.
A tal fine, le irregolarità devono rivelarsi:
  • gravi: tale requisito andrà valutato con riferimento al tipo di norma violata ed agli effetti che ne conseguono per la società. Si discute però se la gravità debba essere considerata rispetto alla singola irregolarità o alla gestione societaria nel suo complesso;
  • potenzialmente dannose per la società (irrilevanza degli interessi dei soci e dei terzi/creditori).
  • attuali: tale carattere difetta nel caso in cui l’irregolarità sia stata sanata o rimediata dagli stessi amministratori o dall’assemblea (magari mediante revoca degli amministratori).
La natura giuridica del procedimento in oggetto è controversa: secondo un primo orientamento si tratterebbe di procedimento autonomo e concorrente con gli altri rimedi previsti dal Codice (su tutti, l’impugnazione delle delibere assembleari) in caso di irregolarità dei singoli atti gestori; secondo altra tesi, invece, sarebbe un procedimento meramente residuale.
In ogni caso, il sindacato rimesso all’autorità giudiziaria non può travalicare in un sindacato sul merito delle scelte gestorie, dovendo osservarsi anche in questa sede la regola della business judgment rule.

La procedibilità d'ufficio è esclusa. La legittimazione attiva spetta ai soci che rappresentino il decimo del capitale sociale nelle società chiuse e il ventesimo del capitale sociale nelle società aperte.
Legittimati attivi sono anche il collegio sindacale e, nei sistemi dualistico e monistico, rispettivamente il consiglio di sorveglianza e il comitato per il controllo della gestione.
Sono legittimati passivi:
a) la società;
b) gli amministratori;
c) i componenti dell'organo di controllo;
d) i liquidatori.

Il procedimento si instaura mediante ricorso notificato alla società.
Una volta depositato il ricorso, le parti dovranno essere sentite in camera di consiglio dal Tribunale, al fine di accertare la sussistenza dei presupposti per l’adozione degli opportuni provvedimenti correttivi. A tal proposito il Tribunale può disporre l’ispezione dell’amministrazione sociale, i cui risultati sono sostanzialmente assimilabili alla consulenza tecnica d'ufficio (C.T.U.).
L'ispezione non è ordinata e il procedimento è sospeso se l'assemblea sostituisce amministratori e sindaci con soggetti dotati di capacità professionali tali da garantire il superamento delle irregolarità riscontrate.

Accertati i presupposti della denuncia, il Tribunale può assumere i provvedimenti provvisori che ritenga necessari al fine di ripristinare la regolarità della gestione sociale e prevenire ulteriori irregolarità nel corso del tempo necessario all’esame delle censure mosse dal ricorrente. La norma ammette dunque anche l’adozione di provvedimenti atipici di natura provvisoria (come la sospensione degli amministratori), il cui contenuto deve essere parametrato al tipo di irregolarità rilevata ed alla sua gravità.
Infine, il procedimento può culminare nell’assunzione dei provvedimenti definitivi di:
- Convocazione dell’assemblea, per l’adozione delle decisioni più opportune;
- Revoca degli amministratori e nomina dell’amministratore giudiziario.

Il decreto di nomina indica i poteri e la durata in carica dell'amministratore giudiziario, fermo restando che l’amministratore dovrà essere investito di tutti i poteri necessari al ripristino della regolarità gestoria. In ogni caso quest’ultimo può promuovere l’azione sociale di responsabilità avverso gli amministratori o i sindaci. Prima della scadenza dell'incarico, l'amministratore giudiziario rende conto al Tribunale mediante il deposito di una relazione che illustri le attività compiute e i risultati conseguiti.
Alla scadenza dell'incarico l’amministratore giudiziario può:
- convocare l'assemblea, che presiede, proponendo la nomina dei nuovi amministratori e sindaci;
- proporre la messa in liquidazione o l’accesso ad uno degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza.

Relazione al D.Lgs. 6/2003

(Relazione illustrativa del decreto legislativo recante: "Riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative, in attuazione della legge 3 ottobre 2001, n. 366.")

6 Il potere di gestione e il potere di rappresentanza. La gestione dell'impresa sociale spetta in via esclusiva agli amministratori (art. 2380 bis, primo comma), i quali hanno poteri di gestione estesi a tutti gli atti che rientrano nell'oggetto sociale (art. 2380 bis, primo comma) e una rappresentanza generale per tutti gli atti compiuti in nome della società (art. 2384 del c.c., primo comma). Lo statuto o l'atto di nomina o di delega possono limitare in vario modo questi poteri di gestione o di rappresentanza, o entrambi, anche prevedendo una dissociazione tra rappresentanza generale (ad esempio attribuita al presidente) e poteri di gestione (ad esempio attribuiti al consiglio, al comitato esecutivo o ad amministratori delegati). In tutti questi casi le limitazioni "che risultano dallo statuto o da una decisione degli organi competenti" (art. 2384, secondo comma, nonché articolo 9.2 della direttiva n. 151 del 9 marzo 1968 del Consiglio dei Ministri della CEE), anche se pubblicate, non sono opponibili ai terzi, salvo che si provi che questi abbiano intenzionalmente agito a danno della società (art. 2384, secondo comma). Nei rapporti esterni, per tutelare l'affidamento dei terzi - e salva l'exceptio doli - sia gli atti compiuti dall'amministratore munito del potere di rappresentanza ma privo del potere di gestione (atti estranei all'oggetto sociale o casi di dissociazione del potere di rappresentanza dal potere di gestione), sia gli atti che eccedono i limiti - anche se pubblicati - ai poteri di gestione o di rappresentanza, rimangono validi e impegnativi; nei rapporti interni, invece, la mancanza o eccesso di potere o l'estraneità dell'atto all'oggetto sociale restano rilevanti quale base per un'azione di responsabilità (art. 2393 del c.c. e art. 2393 bis), quale giusta causa di revoca (art. 2383 del c.c., terzo comma), e quale motivo di denuncia al collegio sindacale o al tribunale (art. 2408 del c.c. e art. 2409 del c.c.).
6 Denuncia al tribunale Varie sono state le modifiche apportate alla denuncia al tribunale delle gravi irregolarità nella gestione prevista dall'art. 2409 del c.c.: possibilità di denunciare anche irregolarità delle società controllate; necessità che le irregolarità possano recare danno alla società; prevalenza dei rimedi endosocietari se concretamente i nuovi amministratori e sindaci si attivano per accertare e, in caso positivo, eliminare le irregolarità; possibilità per la società di partecipare al procedimento e di impugnare anche l'ordine di ispezione. La legittimazione alla denuncia è stata estesa al collegio sindacale e, nel sistema dualistico o monistico, al consiglio di sorveglianza e al comitato per il controllo della gestione; è stata invece ristretta la legittimazione alla denuncia del pubblico ministero, che è stata limitata alle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, alle società, cioè, per le quali il notevole numero di soci può giustificare un'iniziativa di tale organo pubblico. Nel quinto comma dell'articolo 2409 si è altresì precisato che in caso di proposizione dell'azione di responsabilità da parte dell'amministratore giudiziario, l'assemblea, cessate le funzioni dell'amministratore medesimo, può valutare l'opportunità che l'azione di responsabilità stessa sia proseguita, e ciò sulla base della disciplina generale dell'ultimo comma dell'art. 2393 del c.c..

Massime relative all'art. 2409 Codice Civile

Cass. civ. n. 388/2023

I provvedimenti resi sulla denunzia di irregolarità nella gestione di una società ex art. 2409 c.c., ancorché comportino la nomina di un ispettore o di un amministratore con la revoca di quello prescelto dall'assemblea, ovvero risolvano questioni inerenti alla regolarità del relativo procedimento, sono privi di decisorietà; ne consegue che la decisione resa dalla Corte d'appello sul reclamo nei confronti di detti provvedimenti non è impugnabile con ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost., tranne che per la parte in cui rechi condanna alle spese.

Cass. civ. n. 30052/2011

Nel procedimento per il riassetto amministrativo e contabile della società di cui all'art. 2409 c.c., la condanna al pagamento delle spese processuali pronunciata a favore di colui che le abbia anticipate, partecipando al procedimento in forza di interessi giuridicamente qualificati dalla sua posizione rispetto alla corretta amministrazione della società, pur non essendo accessoria ad una decisione su diritti soggettivi, né collegabile a comportamenti anteriori al processo, è legittima nella parte in cui si fondi sulla soccombenza processuale dei controinteressati nel contrasto delle posizioni soggettive, anche se non può avere, comunque, ad oggetto le spese di ispezione giudiziale della società, che restano sempre a carico dei denuncianti.

La denunzia di cui all'art. 2409 c.c. è ammessa a tutela dell'interesse della società e dà vita ad un procedimento di amministrazione di interessi privati, definito di volontaria giurisdizione, il quale comporta un'attività oggettivamente amministrativa, connotata dalla modificabilità e revocabilità dei provvedimenti i quali, se pure incidenti sui diritti di terzi come gli amministratori, cui, dunque, è consentita la partecipazione al procedimento a tutela del loro interesse legittimo, non decidono in ordine ad alcun rapporto di diritto sostanziale fra i soci denunzianti ed i terzi, con la conseguenza che tali provvedimenti non sono ricorribili per cassazione, tranne per la parte in cui rechino condanna alle spese, ancorché comportino la nomina di un ispettore o decidano questioni inerenti alla regolarità del procedimento.

Cass. civ. n. 27663/2011

Le spese sostenute dalla società nel corso dell'amministrazione giudiziaria, disposta dal giudice ai sensi dell'art. 2409 c.c., non possono gravare sui ricorrenti, sia se si tratti del compenso dell'amministratore giudiziario, sia se relative alla gestione ordinaria, o straordinaria, necessaria per eliminare le gravi irregolarità riscontrate, in quanto è la società che si giova dell'attività di tale ausiliario del giudice. (Nella specie, l'amministratore giudiziario, nominato dal tribunale, era stato revocato dalla corte di appello in sede di reclamo).

Cass. civ. n. 403/2010

Il procedimento previsto dall'art. 2409 c.c. per il controllo giudiziario della società per azioni non è applicabile alla società a responsabilità limitata, in tal senso deponendo, oltre alla diversità dei connotati attribuiti a tale tipo di società dalla riforma organica di cui al D.L.vo 17 gennaio 2003, n. 6, la formulazione letterale dell'art. 2488 c.c. (nel testo introdotto dal D.L.vo n. 6 cit.) e dell'art. 92 disp. att. c.c., nonché, per le ipotesi in cui sia obbligatoria la costituzione del collegio sindacale, la genericità del rinvio alla disciplina delle società per azioni contenuto nell'art. 2477 c.c., il quale va pertanto riferito ai soli requisiti professionali ed alle cause di ineleggibilità, incompatibilità e decadenza dei sindaci previste dagli artt. 2397 e ss. c.c., conformemente all'intento manifestato dal legislatore di privatizzare il controllo societario in favore dei singoli soci.

L'ordinanza del tribunale, la quale abbia dichiarato inammissibile il ricorso proposto ai sensi dell'art. 2409 c.c., è impugnabile con il ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost. unicamente per la parte della decisione contenente la condanna degli originari istanti alle spese del procedimento.

Cass. civ. n. 17939/2009

E' ammissibile il reclamo avverso il decreto, avente natura sostanziale di sentenza, con cui il tribunale abbia negato l'approvazione del conto della gestione dell'amministratore giudiziario, nominato ex art. 2409 c.c. e poi revocato, se comunque il mezzo sia stato proposto dinanzi alla corte di appello, potendo il reclamo convertirsi in appello, in applicazione del principio di conservazione dettato dall'art. 159, terzo comma, c.p.c. Tale principio - per il quale, ove il vizio di nullità impedisca un determinato effetto, l'atto può produrre gli altri effetti ai quali è idoneo - opera, infatti, allorché l'atto non solo abbia i requisiti di forma e di sostanza dell'atto in cui vien convertito, ma sia stato proposto,come nella specie, dinanzi al giudice competente per il grado di giudizio, dovendosi escludere la conversione dell'atto solo se dall'esame del contenuto del mezzo utilizzato risulti inequivocabilmente la volontà della parte di utilizzare soltanto un mezzo diverso, ancorché inammissibile.

Cass. civ. n. 22489/2004

Nei provvedimenti sulla denuncia di irregolarità nella gestione di società resi dal tribunale in camera di consiglio a norma dell'art. 2409 c.c., non è proponibile il ricorso per cassazione ex art.111 Cost. avverso la statuizione sulle spese, perché questa, pur avendo natura decisoria in quanto costitutiva di un rapporto obbligatorio, è tuttavia priva di definitività, essendo parte integrante di un provvedimento assoggettato ad un diverso mezzo di impugnazione, quale il reclamo alla corte d'appello territorialmente competente ai sensi dell'art.739 c.p.c.

Cass. civ. n. 10989/2004

I provvedimenti resi sulla denunzia di irregolarità nella gestione di una società ex art. 2409 c.c., ancorché comportino la nomina di un ispettore o di un amministratore con la revoca di quello prescelto dall'assemblea, ovvero risolvano questioni inerenti alla regolarità del relativo procedimento, sono privi di decisorietà in quanto, nell'ambito di attribuzioni di volontaria giurisdizione rivolte alla tutela di interessi anche generali ed esercitate senza un vero e proprio contraddittorio, si risolvono in misure cautelari e provvisorie, coinvolgono diritti soggettivi, ma non statuiscono su di essi a definizione di un conflitto tra parti contrapposte, né hanno attitudine ad acquistare autorità di giudicato sostanziale. Ne consegue che tali provvedimenti non sono impugnabili con ricorso per cassazione ex art. 111 Costituzione, tranne che per la parte in cui rechino condanna alle spese, e tale principio non incontra deroga ove la corte d'appello abbia risolto in senso positivo o negativo le questioni inerenti all'ammissibilità del reclamo, incluse quelle che attengano alla legittimazione ed all'interesse del reclamante, dato che la pronuncia sull'osservanza delle norme che regolano il processo, disciplinando i presupposti, i modi ed i tempi con i quali la domanda può essere portata all'esame del giudice, ha necessariamente la medesima natura dell'atto giurisdizionale per cui il processo è predisposto, di modo che, se tale atto sia privo di decisorietà, non può avere autonoma valenza di provvedimento decisorio.

Cass. civ. n. 9828/2002

Nel procedimento per il riassetto amministrativo e contabile delle società a responsabilità limitata o per azioni di cui all'art. 2409 c. c., la condanna al pagamento delle spese processuali pronunciata a favore di colui che le abbia anticipate partecipando al procedimento in forza di interessi giuridicamente qualificati dalla sua posizione rispetto alla corretta amministrazione della società , pur non essendo accessoria ad una decisione su diritti soggettivi, né collegabile a comportamenti anteriori al processo, è legittima nella parte in cui si fondi sulla soccombenza processuale dei controinteressati nel contrasto delle posizioni soggettive, anche se non può avere, comunque, ad oggetto le spese di ispezione giudiziale della società, che restano sempre a carico dei denuncianti.

Cass. civ. n. 6365/2001

In tema di provvedimenti resi sulla denuncia cli irregolarità nella gestione di una società (art. 2409 c.c.), i decreti della corte d'appello a seguito di reclamo avverso le statuizioni del tribunale non possono essere oggetto di ricorso per cassazione, ai sensi dell'art. 111 Cost., perché essi sono atti di volontaria giurisdizione e non assumono carattere contenzioso neppure quando contengano la revoca degli amministratori o dei sindaci, trattandosi di provvedimenti, disposti nell'interesse della società ad una corretta amministrazione, che si esauriscono in misure cautelare e provvisorie e che, pur coinvolgendo diritti soggettivi, non pronunciando al riguardo per definire un conflitto tra parti contrapposte con attitudine ad acquisire autorità di giudicato sostanziale. È viceversa ammissibile il ricorso per cassazione avverso la parte di detto provvedimento recante la condanna alle spese processuali, atteso che tale statuizione è costitutiva di un rapporto obbligatorio ed è munita dei connotati della pronunzia giurisdizionale idonea ad assumere valore di giudicato.

Cass. civ. n. 3750/2001

Il procedimento di volontaria giurisdizione instaurato ex art. 2409 c.c. (di carattere non contenzioso anche nel caso in cui l'esito sia la revoca dell'amministratore), benché articolato in due gradi di giudizio, non postula la composizione di contrapposte posizioni di diritto soggettivo, sicché, rispetto al provvedimento che definisca il relativo giudizio, non può legittimamente configurarsi la posizione di «parte soccombente» tenuta al rimborso delle spese a favore di «altra parte» (vittoriosa) a norma dell'art. 91 c.p.c. Ne consegue l'inammissibilità del ricorso per cassazione avverso il provvedimento conclusivo del menzionato procedimento ex art. 2409 che nulla abbia disposto in merito alle spese.

Cass. civ. n. 10804/1999

L'oggetto e gli effetti dell'impugnazione di delibera assembleare (nella specie, di delibera di approvazione del bilancio) e del procedimento di cui all'articolo 2409 c.c. sono differenti e solo parzialmente coincidenti; infatti, nella prima si controverte e si decide, all'esito di un processo a cognizione piena ed esauriente concluso con sentenza idonea al giudicato, della rispondenza del bilancio a chiarezza e del rispetto dei principi di verità e correttezza, posti dall'articolo 2423 c.c. e valutati alla stregua dei criteri di cui agli artt. 2523 bis e seguenti dello stesso codice; nel secondo, si accerta sommariamente la fondatezza o meno della denuncia di gravi irregolarità nella gestione della società, nell'interesse esclusivo di quest'ultima, senza statuire definitivamente su diritti soggettivi dei soci o dei terzi; conseguentemente, il giudice dell'impugnazione, seppure può utilizzare per la formazione del suo convincimento le risultanze del procedimento camerale, non può pedissequamente riportarsi agli accertamenti ed alla valutazione in quella sede effettuati per ritenere non veritiero o falso il bilancio e dichiarare la nullità della delibera che lo ha approvato, ma deve procedere ad un accertamento autonomo o comunque ad una valutazione critica degli accertamenti compiuti e dei provvedimenti assunti in sede camerale. (Nella specie, la S.C., in applicazione dei principi esposti, ha cassato con rinvio la sentenza di merito, che si era limitata all'affermazione che il decreto di nomina di un amministratore giudiziario ex art. 2409 c.c. «attestava» la non corrispondenza della contabilità e del bilancio alla situazione reale e che l'attendibilità del bilancio e della relazione erano «inequivocabilmente» inficiati dagli accertamenti effettuati nel procedimento in camera di consiglio).

Cass. civ. n. 9636/1997

Le spese del procedimento di volontaria giurisdizione, promosso ai sensi dell'art. 2409 c.c. per denunciare irregolarità nella gestione di società, restano a carico del soggetto che abbia assunto la relativa iniziativa, mentre si sottraggono alle regole degli artt. 91 ss. c.p.c., le quali postulano l'identificabilità di una parte vittoriosa e di una parte soccombente in esito alla definizione di un conflitto di tipo contenzioso.

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