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Articolo 2394 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Responsabilità verso i creditori sociali

Dispositivo dell'art. 2394 Codice Civile

Gli amministratori rispondono verso i creditori sociali per l'inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell'integrità del patrimonio sociale [2409, 2509].

L'azione(1) può essere proposta dai creditori quando il patrimonio sociale risulta insufficiente al soddisfacimento dei loro crediti [2949].

La rinunzia all'azione da parte della società non impedisce l'esercizio dell'azione da parte dei creditori sociali. La transazione può essere impugnata dai creditori sociali soltanto con l'azione revocatoria [2901] quando ne ricorrono gli estremi [2393, 2393 bis, 2395].

Note

(1) L'azione è esperibile nel termine di cinque anni, che decorre da quando si manifesta l'evento dannoso, conseguente al comportamento illecito.

Ratio Legis

La disposizione fissa i presupposti per l'esercizio dell'azione di responsabilità da parte dei creditori sociali, sebbene non sia del tutto chiaro, dal tenore della sua formulazione, se tale azione abbia natura meramente surrogatoria o debba considerarsi autonoma rispetto all'azione sociale di responsabilità.

Spiegazione dell'art. 2394 Codice Civile

La norma in commento dispone che anche i creditori sociali siano legittimati a promuovere l’azione di responsabilità avverso gli amministratori, purché:
- gli amministratori abbiano violato i propri doveri di gestione conservativa del patrimonio sociale;
- il patrimonio sociale sia insufficiente ai fini del soddisfacimento dei creditori.

Non vi è tuttavia accordo in dottrina e giurisprudenza sulla natura dell’azione esercitabile dai soci. Secondo un primo orientamento, si tratterebbe anche in questo caso di esercizio in via surrogatoria dell’azione sociale di responsabilità. Secondo altra parte della giurisprudenza e della dottrina, tuttavia, sarebbe preferibile considerare l’azione come autonoma azione volta a far valere la responsabilità extracontrattuale degli amministratori nei confronti dei creditori, derivandone in particolare che gli amministratori potranno essere condannati a risarcire direttamente i soci e che gli stessi non potranno eccepire atti o fatti relativi al rapporto con la società.

Il termine quinquennale dell'azione non decorre dal momento della commissione dei fatti integrativi della responsabilità, ma dal momento in cui la situazione di incapienza del patrimonio (non per forza d'insolvenza) divenga conoscibile ai creditori.

La rinuncia non produce normalmente alcun effetto benefico per il patrimonio sociale, sicché non risulta idonea a precludere l'azione di responsabilità dei creditori.
La transazione comporta la compensazione del pregiudizio arrecato al patrimonio sociale.

Massime relative all'art. 2394 Codice Civile

Cass. civ. n. 13221/2021

In tema di azione di responsabilità ex artt. 2393 e 2394 c.c. promossa dal curatore fallimentare, la cessazione dalla carica dell'amministratore, che abbia ritualmente presentato le proprie dimissioni, è opponibile al fallimento, anche se non è iscritta nel registro delle imprese, poiché non può operarsi un'estensione della responsabilità - che è, comunque, per fatto proprio (anche se di natura omissiva) - a comportamenti messi in atto da terzi in epoca successiva alle dimissioni, solo perché il collegio sindacale ha omesso di adempiere agli obblighi di pubblicità, alla cui inerzia l'amministratore dimissionario non può supplire, essendo ormai estraneo all'organizzazione societaria.

Cass. civ. n. 13220/2021

Nell'azione di responsabilità promossa dal curatore a norma dell'art. 146, comma 2, l.fall., la mancata o irregolare tenuta delle scritture contabili, pur se addebitabile all'amministratore convenuto, non giustifica che il danno risarcibile sia determinato e liquidato nella misura corrispondente alla differenza tra il passivo accertato e l'attivo liquidato in sede fallimentare, potendo tale criterio essere utilizzato solo quale parametro per una liquidazione equitativa ove ne sussistano le condizioni, purché l'attore abbia allegato un inadempimento dell'amministratore almeno astrattamente idoneo a porsi come causa del danno lamentato, indicando le ragioni che gli hanno impedito l'accertamento degli specifici effetti dannosi concretamente riconducibili alla condotta dell'amministratore medesimo.

Cass. civ. n. 15839/2020

L'azione ex art. 146 l.fall. dei creditori sociali verso gli amministratori soggiace al termine prescrizionale di cui all'art. 2394 c.c., decorrente dal momento in cui i creditori sono oggettivamente in grado di avere percezione dell'insufficienza del patrimonio sociale, per l'inidoneità dell'attivo - raffrontato alle passività - a soddisfare i loro crediti.

Cass. civ. n. 28613/2019

L'azione di responsabilità promossa ai sensi dell'art. 2394, comma 2, c.c. dai creditori sociali (o anche solo da uno di essi in rappresentanza di tutti) nei confronti degli amministratori e/o dei sindaci prescinde dal mancato pagamento di un determinato credito e dall'escussione infruttuosa del patrimonio sociale e presuppone, invece, la dimostrazione che - in conseguenza dell'inadempimento delle obbligazioni ex artt. 2476, comma 1, e 2486 c.c. (incombenti anche sugli organi sociali di una società cooperativa ex art. 2519, comma 2, c.c.) - si sia perduta la garanzia patrimoniale generica e, cioè, che, per l'eccedenza delle passività sulle attività, il patrimonio sociale sia divenuto insufficiente a soddisfare le ragioni del ceto creditorio, situazione non necessariamente coincidente con lo stato di insolvenza o con la perdita integrale del capitale sociale. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione d'appello che, pur avendo correttamente qualificato ex art. 2394 c.c. l'azione esperita dalla creditrice di una cooperativa edilizia, non aveva considerato che gli amministratori, senza rilievi da parte del revisore, avevano dapprima predisposto un bilancio con poste patrimoniali falsificate e così consentito alla società di proseguire l'attività nonostante la causa di scioglimento costituita dalla perdita del capitale sociale e, poi, proceduto all'assegnazione ai soci degli immobili costruiti, compiendo un atto gestorio che, sebbene rientrante nello scopo sociale, era idoneo a pregiudicare l'integrità del patrimonio della società in scioglimento). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO ROMA, 25/10/2017).

Cass. civ. n. 21662/2018

Nell'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori e dei sindaci di una società di capitali, spettante, ai sensi degli artt. 2394 e 2407 c.c., ai creditori sociali, l'insufficienza del patrimonio sociale al soddisfacimento dei crediti, rilevante ai fini del decorso della prescrizione quinquennale, può risultare dal bilancio sociale che costituisce, per la sua specifica funzione, il documento informativo principale sulla situazione della società non solo nei riguardi dei soci, ma anche dei creditori e dei terzi in genere. Sicché spetta al giudice di merito, con un apprezzamento in fatto insindacabile in cassazione, accertare se la relazione dei sindaci al bilancio che abbia evidenziato l'inadeguatezza della valutazione di alcune voci - a fronte della quale l'assemblea abbia comunque deliberato la distribuzione di utili ai soci, senza rilievi da parte degli organi di controllo -, sia idonea ad integrare di per sé l'elemento della oggettiva percepibilità per i creditori circa la falsità dei risultati attestati dal bilancio sociale.

Cass. civ. n. 25178/2015

L'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori e dei sindaci di una società di capitali, spettante, ai sensi degli artt. 2394 e 2407 c.c., ai creditori sociali, ed altresì esercitabile dal curatore fallimentare ex art. 146 l. fall., è soggetta a prescrizione quinquennale decorrente dal momento in cui l'insufficienza del patrimonio sociale al soddisfacimento dei crediti risulti da qualsiasi fatto che possa essere conosciuto, non richiedendosi, a tal fine, che essa emerga da un bilancio approvato dall'assemblea. Ne consegue che, ove ai sindaci sia stata contestata l'omessa vigilanza sulla illegittima riduzione per esuberanza del capitale sociale, che detta insufficienza abbia cagionato, quel termine comincia a decorrere già con la relativa delibera assembleare, la quale, in ragione della sua iscrizione presso il registro delle imprese e della contestuale esecuzione da parte degli amministratori, mediante il rimborso ai soci, costituisce il fatto complessivamente idoneo a rendere noto ai terzi lo squilibrio patrimoniale della società.

Cass. civ. n. 7914/2015

Nell'ipotesi di scissione societaria, la responsabilità degli amministratori ex art. 2394 cod. civ. nei confronti dei creditori sociali non è predicabile per il solo verificarsi della conseguente diminuzione patrimoniale della società scissa - in quanto la società beneficiaria è solidalmente responsabile, ex art. 2504 decies, secondo comma, cod. civ. (ora art. 2506 quater, comma terzo - N.D.R.) - occorrendo, invece, dimostrare la sussistenza di un danno effettivamente subito dai creditori sociali per effetto di tale operazione.

Cass. civ. n. 13907/2014

Le norme sulle azioni di responsabilità contro gli amministratori di s.p.a. e di s.r.l. di cui al d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, entrate in vigore il 1° gennaio 2004, hanno introdotto una nuova normativa di diritto sostanziale, la quale, non avendo natura interpretativa né processuale, è inapplicabile, in mancanza di una diversa disciplina sull'efficacia della legge nel tempo che deroghi all'art. 11 disp. prel. cod. civ., alle azioni di responsabilità già esercitate dal curatore, a norma degli artt. 146 legge fallim. e 2394 cod. civ., per fatti anteriormente commessi.

Cass. civ. n. 8426/2013

Il commissario liquidatore che, in rappresentanza del ceto creditorio, agisca ex art. 2394 c.c. esercita un'azione che, non nascendo dalla messa in liquidazione coatta amministrativa, è soggetta allo stesso termine di prescrizione quinquennale entro cui avrebbero potuto esperirla i creditori, la cui decorrenza anteriormente alla dichiarazione dello stato di insolvente è ammissibile ove preesistano elementi oggettivi - la cui allegazione e prova incombe sulla parte che eccepisca la prescrizione - che siano conoscibili dal ceto creditorio e dai quali emerga il "deficit" patrimoniale.

Cass. civ. n. 11155/2012

Qualora il curatore fallimentare di una società di capitali eserciti l'azione di responsabilità verso l'ex amministratore imputato di "mala gestio" (nella specie, per violazione del divieto di nuove operazioni dopo la perdita del capitale sociale), il mancato rinvenimento della contabilità d'impresa non determina in modo automatico che l'ex amministratore risponda della differenza tra l'attivo e il passivo accertati in sede fallimentare, potendo il giudice di merito applicare il criterio differenziale soltanto in funzione equitativa, attraverso l'indicazione delle ragioni che non hanno permesso di accertare gli specifici effetti pregiudizievoli della condotta e che rendono plausibile ascrivere al convenuto l'intero sbilancio patrimoniale.

Cass. civ. n. 10378/2012

Le azioni di responsabilità nei confronti degli amministratori di una società di capitali previste dagli artt. 2393 e 2394 c.c., pur essendo tra loro distinte, in caso di fallimento dell'ente confluiscono nell'unica azione di responsabilità, esercitabile da parte del curatore ai sensi dell'art. 146 legge fall., la quale, assumendo contenuto inscindibile e connotazione autonoma rispetto alle prime - attesa la "ratio" ad essa sottostante, identificabile nella destinazione, impressa all'azione, di strumento di reintegrazione del patrimonio sociale, unitariamente considerato a garanzia sia degli stessi soci che dei creditori sociali - implica una modifica della legittimazione attiva di quelle azioni, ma non ne immuta i presupposti. Ne consegue che i fatti addotti a fondamento della domanda identificano l'azione in concreto esercitata dal curatore, ed, in particolare, la disciplina in materia di prova e di prescrizione, quest'ultima in ogni caso quinquennale, ma, se fondata sulle circostanze idonee ad attivare l'azione sociale, con decorrenza non dal momento in cui l'insufficienza patrimoniale si è manifestata come rilevante per l'azione esperibile dai creditori, bensì dalla data del fatto dannoso e con applicazione della sospensione prevista dall'art. 2941, n. 7, c.c., in ragione del rapporto fiduciario intercorrente tra l'ente ed il suo organo gestorio. (Fattispecie anteriore all'entrata in vigore dei d.l.vo 17 gennaio 2003 n. 6, e 9 gennaio 2006, n. 5).

Cass. civ. n. 13465/2010

Il curatore del fallimento di un consorzio con attività esterna non è legittimato ad esercitare, nei confronti degli amministratori del consorzio, l'azione di responsabilità eventualmente spettante a coloro che vantino pretese creditorie a valere sul fondo consortile e lamentino l'incapienza di questo, ovvero abbiano subito danni diretti per essere stati fuorviati dalla violazione dei criteri legali che presiedono alla redazione della situazione patrimoniale del consorzio, restando questa un'azione risarcitoria individuale nella titolarità di ciascun singolo creditore nei confronti dell'amministratore del consorzio, che è soggetto diverso dal fallito, e che non è, egli stesso, fallito. Invero, i consorzi, pur quelli con attività esterna, costituiscono enti ben diversi dalla società per azioni, sia dal punto di vista strutturale, sia per le finalità in relazione alle quali operano, e sia per il modo di essere della loro base economico-finanziaria, con conseguente impossibilità di un'applicazione analogica dell'azione di responsabilità dei creditori sociali contemplata dall'art. 2394 c.c. e, per l'ipotesi di fallimento, dal successivo art. 2394 bis c.c..

Il curatore del fallimento di un consorzio con attività esterna non è legittimato ad esercitare, nei confronti degli amministratori del medesimo consorzio, l'azione di responsabilità extracontrattuale per lesione dei diritti di credito, ai sensi dell'art. 2043 c.c., non trovando nel patrimonio del consorzio la titolarità di un'azione di responsabilità già spettante all'ente (dato che per l'art. 2608 c.c. gli amministratori rispondono verso i consorziati e non verso il consorzio), e non potendo invocare una norma speciale che gli attribuisca, sul modello dell'art. 2394 (ora 2394 bis) c.c., il potere di agire per conto dei creditori nei confronti di un soggetto diverso dal fallito, né potendo a tal fine giovarsi dell'art. 146 della legge fall., perché la speciale disciplina del capo X della legge fallimentare è circoscritta all'ipotesi di fallimento di società, onde sarebbe arbitrario riferirla anche alla diversa figura del consorzio.

Cass. civ. n. 9619/2009

L'azione di responsabilità dei creditori sociali nei confronti degli amministratori di società è soggetta a prescrizione quinquennale, decorrente dal momento in cui i creditori sono oggettivamente in grado di venire a conoscenza dell'insufficienza del patrimonio sociale ai fini della soddisfazione dei loro crediti; tale incapienza, consistente nell'eccedenza delle passività sulle attività, non corrisponde alla perdita integrale del capitale sociale, che può verificarsi anche in presenza di un pareggio tra attivo e passivo, né allo stato d'insolvenza di cui all'art. 5 della legge fall., trattandosi di una condizione di squilibrio patrimoniale più grave e definitiva, la cui emersione non coincide necessariamente con la dichiarazione di fallimento, potendo essere anteriore o posteriore. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha dichiarato inammissibile il motivo d'impugnazione con cui si censurava la sentenza impugnata, nella parte in cui aveva ritenuto insufficiente, ai fini della decorrenza della prescrizione, la prova dell'avvenuta stipulazione di una transazione tradottasi in un concordato stragiudiziale remissorio, essendo quest'ultimo diretto a porre rimedio non già all'incapienza patrimoniale, ma allo stato d'insolvenza, e non essendo state fornite indicazioni in ordine alle risultanze complessive del bilancio ed all'ammontare del patrimonio netto da esso emergente).

Cass. civ. n. 20476/2008

In tema di azione di responsabilità contro amministratori e sindaci, ai sensi degli artt. 2393 e 2394 cod. civ., la decorrenza del termine di prescrizione quinquennale (dal momento in cui il patrimonio sociale risulti insufficiente al soddisfacimento dei crediti sociali) può essere anteriore o posteriore alla dichiarazione di fallimento o all'assoggettamento dell'impresa alla liquidazione coatta amministrativa e può non coincidere con la dichiarazione dello stato di insolvenza, ma presuppone che detta insufficienza - intesa come eccedenza delle passività sulle attività del patrimonio netto dell'impresa o insufficienza dell'attivo sociale a soddisfare i debiti della società - sia oggettivamente conoscibile dai creditori. Ai fini dell'individuazione del momento di esteriorizzazione dell'insufficienza patrimoniale antecedente al fallimento o alla messa in liquidazione coatta amministrativa, è senz'altro idoneo il bilancio di esercizio, tenuto conto della sua opponibilità "erga omnes" e della sua leggibilità anche per operatori non particolarmente qualificati. (La S.C. ha fatto applicazione del suddetto principio di diritto in una fattispecie nella quale l'azione era stata proposta dal commissario della società in liquidazione coatta amministrativa più di cinque anni dopo l'approvazione del bilancio che aveva evidenziato una notevole eccedenza del passivo e perdite pari al doppio del capitale sociale).

Cass. civ. n. 17033/2008

Il curatore del fallimento, quando agisce ai fini della reintegrazione del patrimonio del fallito, esercita un'azione di massa e svolge un'attività distinta ed autonoma rispetto a quella che avrebbe potuto svolgere il fallito stesso, ponendosi perciò necessariamente nella posizione di terzo. Allorché egli eserciti l'azione di responsabilità contro gli amministratori della società fallita (art. 146, secondo comma del R.D. 16 marzo 1942, n. 267), secondo le norme degli artt. 2392 e 2393 del c.c., il contenuto delle azioni contemplate dai detti articoli diventa inscindibile, onde è irrilevante la questione relativa all'asserita conformità dell'operato (anche se illegittimo) dell'amministratore della società fallita alla volontà espressa dai soci del tempo, non essendo tale volontà opponibile al curatore.

Cass. civ. n. 14961/2007

I creditori sociali perdono, per effetto della dichiarazione di fallimento della società di capitali debitrice, la legittimazione spettante in via esclusiva al curatore durante il corso della procedura concorsuale ad esercitare l'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori della società, ai sensi dell'art. 2394 c.c., e la riacquistano a seguito della chiusura del fallimento; tuttavia essi sono soggetti agli effetti della prescrizione maturata medio tempore atteso che la perdita della legittimazione attiva non è causa di sospensione della prescrizione.

Cass. civ. n. 20637/2004

In tema di decorrenza del termine di prescrizione per l'esercizio dell'azione di responsabilità verso amministratori e sindaci ai sensi dell'art. 2394 c.c., l'azione di responsabilità relativa può essere proposta dai creditori sociali dal momento in cui l'insufficienza del patrimonio sociale al soddisfacimento dei crediti risulti da qualsiasi fatto che possa essere conosciuto anche senza verifica diretta della contabilità della società, non richiedendosi a tal fine che essa risulti da un bilancio approvato dall'assemblea dei soci. (Principio espresso in fattíspecíe di azione di responsabilità esercitata dal curatore del fallimento, ex art. 146 legge fall.).

Cass. civ. n. 8544/2004

In tema di società cooperative, costituisce inosservanza dell'obbligo di conservazione dell'integrità del patrimonio sociale e genera, pertanto, responsabilità patrimoniale degli amministratori ex art. 2394 c.c. l'assegnazione in proprietà individuale degli alloggi realizzati, ai soci della cooperativa, quand'anche deliberata dall'assemblea, ove manchino o siano insufficienti altre risorse necessarie a fronteggiare le passività sociali.

Cass. civ. n. 15487/2000

In tema di società, presupposti necessari e sufficienti per l'esperimento dell'azione di responsabilità verso gli amministratori, ex art. 2394 c.c., devono ritenersi l'esistenza di un pregiudizio patrimoniale per i creditori (costituito dall'insufficienza del patrimonio sociale a soddisfarne le rispettive ragioni di credito), la condotta illegittima degli amministratori, nonché un rapporto di causalità tra pregiudizio e condotta, dovendosi, peraltro, commisurare l'entità del danno alla corrispondente riduzione della massa attiva disponibile in favore dei creditori stessi.

Cass. civ. n. 6244/1998

Nel caso in cui venga proposta l'azione di responsabilità nei confronti di uno degli amministratori di una società e, successivamente, venga proposta la medesima azione nei confronti degli altri, il giudice, per affermare che la prima citazione ha avuto l'effetto di interrompere la prescrizione anche riguardo agli altri amministratori (ex art. 1310 c.c.) deve valutare se le violazioni a carico di questi ultimi accertate possano essere considerate alla stregua di concause distinte ma eziologicamente concorrente dei danni arrecati ex artt. 2392 e 2394 c.c.

Cass. civ. n. 5287/1998

L'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori e dei sindaci di una società, esperibile, ex art. 2394 c.c., dai creditori sociali (ovvero, come nella specie, dal curatore fallimentare della società poi fallita, ex art. 146 legge fall.), è soggetta a prescrizione quinquennale con decorso non già dalla commissione dei fatti integrativi di tale responsabilità, bensì dal (successivo) momento dell'insufficienza del patrimonio sociale al soddisfacimento dei crediti (art. 2394, comma secondo, c.c., che subordina la proponibilità dell'azione al manifestarsi dell'evento dannoso), momento che, non coincidendo con il determinarsi dello stato di insolvenza, ben può risultare anteriore o posteriore alla dichiarazione di fallimento. L' onere della prova della preesistenza al fallimento dello stato di insufficienza patrimoniale della società spetta, poi, al soggetto (amministratore o sindaco) che, convenuto in giudizio a seguito dell'esperimento della detta azione di responsabilità, ne eccepisca l'avvenuta prescrizione, senza che, all'uopo, tale onere possa dirsi assolto mediante la generica deduzione, priva di qualsiasi altro utile elemento di fatto a sostegno dell'assunto, secondo cui l'insufficienza patrimoniale si sarebbe manifestata (come nel caso di specie) già al momento della messa in liquidazione della società, non essendo il procedimento di liquidazione necessariamente determinato dalla eccedenza delle passività sulle attività patrimoniali, e non implicando, altresì, la perdita integrale del capitale sociale una consequenziale perdita di ogni valore attivo del patrimonio sociale.

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