Cons. Stato n. 5414/2014
Nel caso in cui una sentenza, passata in giudicato, abbia dato una certa interpretazione di una norma di un C.C.N.L. e di essa si è fatta applicazione nei confronti delle parti in giudizio, e una successiva sentenza emessa dalla suprema Corte di Cassazione, ai sensi dell'art. 64, D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 dia una diversa interpretazione generale della stessa norma, l'Amministrazione è tenuta ad applicare, nei confronti di tutti i suoi dipendenti, la norma del contratto collettivo così come interpretata dalla suprema Corte di cassazione nello speciale procedimento di cui al citato art. 64, D.Lgs. n. 165 del 2001, e ciò non trova un limite nemmeno nel caso in cui la questione era stata precedentemente risolta in modo diverso in un giudizio di merito con una sentenza passata in giudicato.
Cass. civ. n. 14774/2010
Il ricorso per l'accertamento pregiudiziale sull'efficacia, validità ed interpretazione dei contratti collettivi, ai sensi dell'art. 64 del D.Lgs. n. 165 del 2001 è ammesso soltanto in relazione a pronunce dei giudici ordinari, e non anche con riferimento a decisioni dei giudici amministrativi, che sono impugnabili davanti alla Corte di cassazione soltanto per motivi inerenti la giurisdizione, in considerazione dell'organizzazione del sistema giurisdizionale dei cittadini disegnato dalla Costituzione e, in particolare della garanzia di indipendenza da essa attribuita agli organi di giurisdizione amministrativa.
Cass. civ. n. 10009/2010
In tema di indennità per incarico di coordinamento prevista dall'art. 10, comma 3, del C.C.N.L. Comparto Sanità biennio economico 2000-2001, stipulato il 20 settembre 2001, la disposizione contrattuale collettiva si interpreta nel senso che, ai fini del menzionato trattamento economico, il conferimento dell'incarico di coordinamento o la sua verifica con atto formale richiedono che di tale incarico vi sia traccia documentale, che esso sia stato assegnato da coloro che avevano il potere di conformare la prestazione lavorativa del dipendente, e che abbia ad oggetto le attività dei servizi di assegnazione nonché del personale, restando esclusa la possibilità per l'Amministrazione di subordinare il suddetto diritto a proprie ulteriori determinazioni di natura discrezionale.
Cass. civ. n. 8254/2010
In tema di ricorso per cassazione per violazione dei contratti e accordi collettivi nazionali del pubblico impiego contrattualizzato (ai sensi dell'art. 63, comma 5, del d.l.vo 165 del 2001), sono inammissibili le censure relative al vizio di motivazione nell'interpretazione della clausola controversa, stante l'irrilevanza della motivazione della sentenza impugnata a fronte del potere del giudice di legittimità di leggere direttamente il testo contrattuale e di enunciarne il significato.
Cass. civ. n. 7342/2010
In tema di impiego pubblico contrattualizzato, l'art. 24, comma 4, del C.C.N.L. del comparto Ministeri per il quadriennio 1998-2001 - che la Corte di Cassazione può interpretare direttamente ai sensi dell'art. 63, comma 5, del D.Lgs. n. 165 del 2001 anche nelle clausole che non hanno costituito oggetto di censura da parte del ricorrente - con il quale le parti hanno disciplinato il conferimento delle mansioni immediatamente superiori, non si riferisce all'ipotesi dell'assegnazione delle mansioni dirigenziali a dipendente non in possesso della relativa qualifica, atteso che la previsione pattizia si limita, al comma 1, a fornire una regolamentazione per la sola parte demandata alla contrattazione e, al comma 6, richiama espressamente la disciplina legale per quanto non previsto. Il conferimento delle mansioni dirigenziali a dipendenti non in possesso della relativa qualifica resta, pertanto, regolato dall'art. 52, comma 5, del D.Lgs. n. 165 del 2001, con conseguente diritto del lavoratore alla differenza di trattamento economico.
Cass. civ. n. 6748/2010
Nelle controversie in materia di pubblico impiego privatizzato, l'attivazione della procedura di accertamento sull'efficacia, validità ed interpretazione dei contratti collettivi prevista dall'art. 64 del D.Lgs. n. 165 del 2001 trova applicazione solo nel giudizio di primo grado, e non anche in quello d'appello.
Cass. civ. n. 26364/2009
In tema di ferie aggiuntive in favore di lavoratori sottoposti a rischio radiologico, l'art. 5, comma 6, del C.C.N.L. comparto sanità, secondo biennio economico 2000-2001, va interpretato nel senso che nel periodo di 15 giorni di ferie aggiuntive da usufruirsi in unica soluzione, ivi previsto per il personale esposto al rischio radiologico, vanno ricompresi e restano quindi assorbiti le festività, i giorni domenicali e il sabato, per coloro i quali prestano servizio in turni di cinque giorni settimanali, ricadenti in tale periodo, poiché la norma contrattuale contempla il beneficio di un ulteriore periodo feriale continuativo e unitariamente stabilito, da computarsi secondo il calendario e senza far riferimento ai giorni lavorativi.
Cass. civ. n. 21796/2009
Il meccanismo inteso ad utilizzare la controversia individuale quale occasione per diradare, in termini generali e potenzialmente definitivi, ogni incertezza sull'interpretazione ed applicazione del contratto collettivo, comporta qualche sacrificio dell'interesse del singolo lavoratore dedotto nel giudizio individuale (la pausa di 120 giorni concessi all'ARAN ed alle organizzazioni sindacali per pervenire ad un accordo sulla clausola controversa; la previsione che, in difetto di accordo, il giudice si astenga, comunque, dal decidere nel merito la controversia; la ricorribilità immediata per cassazione) e, pertanto, deve necessariamente essere contenuto in limiti compatibili con i principi di economia dell'attività giurisdizionale e di ragionevole ed equa durata del processo. Ne consegue che, secondo una interpretazione costituzionalmente orientata ai sensi degli artt. 24 e 111 Cost. - che trova conforto nella previsione della ricorribilità solo per cassazione delle sentenze interpretative e nel potere del giudice di primo grado di provvedere, con distinto provvedimento, all'ulteriore istruzione - si deve escludere che, attraverso i mezzi di impugnazione, possa recuperarsi detto procedimento speciale che resta esperibile solo nel giudizio di primo grado.
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Ove il giudice di primo grado, decidendo questioni concernenti l'efficacia, la validità o l'interpretazione delle clausole dei contratti collettivi del pubblico impiego privatizzato, decida anche sul merito della domanda e la corte territoriale, limitatasi a rilevare l'appellabilità, secondo la regola generale, della sentenza di "prime cure", non pronunci, per mancanza di una specifica censura al riguardo, in ordine all'eventuale invalidità della sentenza impugnata per inosservanza del disposto dell'art. 64, comma 3, del D.Lgs. n. 165 del 2001, la mancata formulazione di tale doglianza non comporta la formazione del giudicato sulla questione interpretativa, atteso che l'inosservanza della citata disposizione, in difetto di specifica censura, viene in rilievo soltanto ai fini dell'individuazione del mezzo di impugnazione.
Cass. civ. n. 23696/2008
È rimesso alla decisione del giudice di merito non promuovere il procedimento interpretativo di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 64, qualora l'apprezzamento della questione interpretativa della norma collettiva deponga nel senso di non ritenerla di spessore tale da doverne rimettere la soluzione alle parti stipulanti.
Cass. civ. n. 16676/2008
In tema di procedura di accertamento della validità, efficacia ed interpretazione dei contratti collettivi nazionali sottoscritti dall'ARAN, di cui all'art. 64 del D.Lgs. 165 del 2001, spetta al giudice valutare se l'intesa raggiunta dalle parti sociali, sulla questione indicata dal medesimo ai sensi del comma 1, integri o meno, per il suo effettivo contenuto, l'accordo sull'interpretazione o sulla modifica della clausola controversa contemplato nei commi 2 e 3 della norma citata, da cui, ove la conclusione sia negativa, il dovere di pronunciare, con sentenza, sulla sola questione di interpretazione, restando comunque salvo il potere della Corte di Cassazione, chiamata a decidere sull'impugnazione, di verificare l'eventuale l'erroneità del presupposto. Ne consegue che, ove il giudice prospetti alle parti sociali un dubbio interpretativo, indicando, tra le possibili interpretazioni, anche una lettura della clausola aderente al testo letterale, costituisce valido accordo di interpretazione autentica, idoneo a fornire la specifica regola di valutazione nel caso controverso, quello che privilegi quest'ultima alternativa, mentre nel caso in cui sia prospettato un dubbio sulla validità della clausola pur interpretata in sostanziale adesione al testo letterale, l'accordo con il quale le parti, condividendone l'esegesi, si limitino a contrapporre una diversa valutazione della sua validità, esula dall'ambito dei poteri attribuiti alle parti in funzione dell'interpretazione delle clausole collettive e non integra i requisiti previsti dalla norma.
Cass. civ. n. 16504/2008
Una volta che sia stato attivato lo speciale procedimento previsto dall'art. 64 del D.Lgs. n. 165 del 2001 in ipotesi di invalidità, ritenuta dal giudice di merito, della clausola controversa, questi, ai fini di decidere se emettere o meno sentenza sulla questione di validità, non è vincolato a considerare raggiunto l'accordo ogni qualvolta le parti collettive attestino tale conclusione a prescindere dal contenuto concreto dell'atto conclusivo del procedimento, dovendo invece verificare se il prodotto del procedimento interpretativo corrisponda effettivamente ad un accordo di interpretazione o di modifica, avvalendosi del criterio più generale secondo cui l'esistenza dell'accordo è desumibile dal fatto che viene fornita al medesimo giudice una clausola contrattuale, interpretata o modificata, che permetta la decisione del caso sottoposto alla sua cognizione, con l'ulteriore precisazione che, se le parti restituiscano lo stesso testo contrattuale limitandosi ad attestarne la sua validità, in opposizione al dubbio espresso dal giudice, non viene invero fornita nessuna regola di giudizio, ma soltanto una diversa valutazione sulla validità della clausola, nell'esercizio di un potere che l'ordinamento non riconosce alle parti contrattuali.
Cass. civ. n. 12328/2008
Nelle controversie in materia di pubblico impiego privatizzato, l'attivazione della procedura di accertamento sull'efficacia, validità ed interpretazione dei contratti collettivi prevista dall'art. 64 del D.Lgs. n. 165 del 2001 presuppone - come affermato anche dalla Corte Cost. n. 199 del 2003 - che il contratto od una sua clausola sia di contenuto oscuro e che la pregiudiziale interpretativa si presenti seria, sicché, ove il giudice di primo grado, pur in presenza dei presupposti richiesti per l'accertamento pregiudiziale, decida la controversia senza avviare l'"iter" procedurale previsto, il relativo vizio può essere fatto valere in sede di gravame. In assenza di tale impugnativa, il capo della sentenza del giudice d'appello - che rigetta la richiesta di attivazione della procedura incidentale - non è ricorribile per cassazione, atteso che la procedura ex art. 64, D.Lgs. 165 del 2001, è esperibile unicamente nel giudizio di primo grado.
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La sentenza è impugnabile soltanto con ricorso immediato per Cassazione, da proporsi nel termine di sessanta giorni dalla comunicazione dell'avviso di deposito della sentenza. In assenza di tale impugnativa non è però assoggettabile a ricorso per cassazione il capo della decisione del giudice d'appello che rigetta la richiesta di attivazione della procedura incidentale di cui all'art. 64, atteso che l'accertamento pregiudiziale disciplinato da questa norma è esperibile unicamente nel giudizio di primo grado.
Cass. civ. n. 10344/2008
I permessi straordinari retribuiti, di cui all'art. 15 del C.C.N.L. 14 settembre 2000 per il personale non dirigente del comparto regioni ed autonomie locali, possono essere concessi soltanto per frequentare i corsi indicati dalla clausola in orari coincidenti con quelli di servizio, non per le necessità connesse alla preparazione degli esami ovvero allo svolgimento di attività complementari (come, ad esempio, i colloqui con i docenti o il disbrigo di pratiche di segreteria), in quanto, sulla base di un'interpretazione della norma contrattuale fondata sugli artt. 1362 e 1363 cod. civ., deve ritenersi che le parti abbiano inteso limitare l'istituto alle sole attività didattiche che si svolgano in orari incompatibili con il servizio. Ne consegue che è legittimo il provvedimento disciplinare per assenza ingiustificata del dipendente assentatosi dal servizio per lo svolgimento di attività di studio preparatorie, propedeutiche al superamento dell'esame.
Cass. civ. n. 5950/2008
È inammissibile la questione pregiudiziale relativa all'interpretazione di un contratto collettivo, integrativo di contratto collettivo nazionale, prospettata al fine di desumere l'invalidità del primo per contrasto con quest'ultimo ovvero con contratto di altro comparto, poiché, nel primo caso, si tratta di fonti equiordinate entrambe di carattere nazionale, e, nel secondo caso, perché dal contratto collettivo non possono derivare vincoli per i contratti di altro comparto.
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In tema di procedura di accertamento della validità efficacia ed interpretazione dei contratti collettivi nazionali sottoscritti dall'ARAN, di cui all'art. 64 del D.Lgs. 165 del 2001, la instaurazione del subprocedimento sulla questione pregiudiziale è subordinata dalla legge alla condizione che la ri-soluzione delle questioni - che ne formano l'oggetto - risulti "necessaria" al fine della definizione della controversia, nel senso che tali questioni devono essere conosciute o decise dal giudice al fine della definizione della controversia e non costituire semplicemente dei punti pregiudiziali, ossia antecedenti logici del merito della causa, incontroversi tra le parti. Ne consegue che è inammissibile la questione pregiudiziale relativa all'interpretazione di un contratto collettivo, integrativo di contratto collettivo nazionale, prospettata al fine di desumere l'invalidità del primo per contrasto con quest'ultimo ovvero con contratto di altro comparto, poiché, nel primo caso, si tratta di fonti equiordinate entrambe di carattere nazionale, e, nel secondo caso, perché dal contratto collettivo non possono derivare vincoli per i contratti di altro comparto.
Cass. civ. n. 4505/2008
I contratti integrativi - attivati dalle amministrazioni sulle singole materie e nei limiti stabiliti dai contratti collettivi nazionali, tra i soggetti e con le procedure negoziali che questi ultimi prevedono - non sono sottoscritti dall'ARAN ma dalle singole amministrazioni, sicché gli stessi, se pure parametrati al territorio nazionale in ragione dell'amministrazione interessata, hanno una dimensione sempre di carattere decentrato rispetto al comparto. Ne consegue che a tali contratti non si applica né la procedura di interpretazione consensuale di cui all'art. 64 del D.Lgs. n. 165 del 2001 - la quale può essere promossa solo per i contratti di comparto (in quanto è solo per questi che l'ARAN svolge attività negoziale) - né la procedura ex art. 420-bis cod. proc. civ., la quale, pur avendo portata generale, riguarda solo i contratti ed accordi collettivi rispetto ai quali il contratto integrativo si pone in posizione di alterità nazionali.
Cass. civ. n. 10374/2007
La possibilità di denunziare in cassazione la violazione o falsa applicazione dei contratti collettivi del lavoro pubblico, di cui all'art. 40 del D.L.vo n. 165 del 2001, prevista in generale dall'art. 63, quinto comma, dell'art. 63 dello stesso D.L.vo, risulta statuita espressamente dall'art. 64 del medesimo testo normativo per le controversie (come nella specie) in tema di accertamento sull'efficacia, la validità e l'interpretazione dei contratti collettivi. A tal fine, pur potendo il giudice di legittimità procedere alla diretta interpretazione di siffatti contratti collettivi, dalla natura negoziale degli stessi deriva che tale interpretazione deve essere compiuta secondo i criteri dettati dagli artt. 1362 e seguenti c.c. e non sulla base degli artt. 12 e 14 delle disposizioni della legge in generale (la cui asserita errata applicazione da parte del giudice del merito pure era stata denunciata dall'Amministrazione ricorrente nella fattispecie). Ai fini dell'ammissibilità del ricorso in proposito è, peraltro, necessario che in esso siano motivatamente specificati i suddetti canoni ermeneutici in concreto violati, nonché il punto ed il modo in cui giudice del merito si sia da essi discostato, con la conseguenza che la parte ricorrente è tenuta, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso, a riportare in quest'ultimo il testo della fonte pattizia denunciata al fine di consentirne il controllo da parte della Corte di cassazione, che non può sopperire alle lacune dell'atto di impugnazione con indagini integrative.
Cass. civ. n. 5230/2007
Il nuovo istituto introdotto dall'art. 420-bis cod. proc. civ. presuppone che la controversia devoluta alla cognizione del giudice di merito ponga una questione interpretativa, sull'efficacia o validità della contrattazione collettiva nazionale, rilevante nel giudizio e di non agevole soluzione, potendo mutuarsi il "decisum" della Corte Costituzionale (Corte Cost. n.233 del 2002) in riferimento all'art. 64 del D.Lgs. n.165 del 2001 - cui il legislatore delegato del 2006 si è ispirato sulla scia delle innovazioni processuali preordinate a valorizzare la funzione nomofilattica della Corte di Cassazione nella contigua area delle controversie di lavoro pubblico privatizzato -, secondo il quale "presupposto per l'applicazione della procedura in esame è, come evidente, l'esistenza di un reale dubbio interpretativo, concernente la clausola contrattuale della quale il giudice deve fare applicazione nella controversia". Anche la procedura in esame può, quindi, essere utilizzata solo nei casi in cui la clausola contrattuale sia di contenuto oscuro e possa prestarsi a diverse e contrastanti letture interpretative, oppure sia sospettabile di nullità o inefficacia.
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Il nuovo art. 146-bis disp. att. cod. proc. civ., introdotto dall'art. 19 del D.Lgs. n. 40 del 2006, segna il parallelismo tra l'istituto processuale introdotto dall'art. 420-bis cod. proc. civ. con quello già disegnato dall'art. 64 del D.Lgs. n. 165 del 2001, prevedendo l'applicazione, in quanto compatibile, del citato art. 64, commi 4, 6, 7 e 8. Conseguentemente, in pendenza del giudizio davanti alla Corte di Cassazione, possono essere sospesi, trattandosi di sospensione facoltativa e non già necessaria, i processi la cui definizione dipende dalla risoluzione della medesima questione sulla quale la Corte è chiamata a pronunciarsi.
Cass. civ. n. 3770/2007
Il canone costituzionale della ragionevole durata del processo, coniugato con quello dell'immediatezza della tutela giurisdizionale (art. 24 Cost.), orienta l'interpretazione dell'art. 420-bis cod. proc. civ. nel senso, confortato anche da argomenti di interpretazione letterale, che tale disposizione trova applicazione solo nel giudizio di primo grado e non anche in quello d'appello, in sintonia con le scelte del legislatore delegato (D.Lgs. n. 40 del 2006) che, più in generale, ha limitato la possibilità di ricorso immediato per cassazione avverso sentenze non definitive rese in grado d'appello, lasciando invece inalterata la disciplina dell'impugnazione immediata delle sentenze non definitive rese in primo grado. Conseguentemente, la sentenza di accertamento pregiudiziale sull'interpretazione di un contratto collettivo, ove resa in grado di appello, non essendo riconducibile nel paradigma dell'art. 420-bis cod. proc. civ., non incorre in un vizio che inficia la pronuncia, bensì nel rimedio impugnatorio proprio, che non è quello del ricorso immediato per cassazione, il quale ove proposto deve essere dichiarato inammissibile, ma, trattandosi di sentenza che non definisce, neppure parzialmente, il giudizio, è quello generale risultante dal combinato disposto dell'art. 360, terzo comma, e 361, primo comma, cod. proc. civ. Pertanto non viene in rilievo l'affidamento che le parti possono aver riposto nella decisione della Corte territoriale emessa nel contesto processuale dell'art. 420-bis cod. proc. civ., atteso che l'interesse ad un giudizio di impugnazione sulla sentenza resa dal giudice di appello è salvaguardato dall'applicabilità del secondo periodo del terzo comma dell'art. 360 cod. proc. civ., come novellato dall'art 2 del D.Lgs. n. 40 del 2006, che prevede che avverso le sentenze che non definiscono il giudizio e non sono impugnabili con ricorso immediato per cassazione, può essere successivamente proposto il ricorso per cassazione, senza necessità di riserva, allorché sia impugnata la sentenza che definisce, anche parzialmente, il giudizio.
Cass. civ. n. 22427/2006
Il giudicato sulla giurisdizione può formarsi, oltre che a seguito della statuizione emessa dalle Sezioni Unite della S.C. in sede di regolamento preventivo di giurisdizione o di ricorso ordinario per motivi attinenti alla giurisdizione, ovvero per effetto di declaratoria espressa sulla giurisdizione data dal giudice di merito e non investita da specifica impugnazione, anche a seguito del passaggio in giudicato di una sentenza di merito che contenga il riconoscimento, sia pure implicito, della giurisdizione del giudice adito. Pertanto, qualora ai sensi dell'art. 64 del D.Lgs. n. 165 del 2001 vi sia stato accertamento pregiudiziale sull'efficacia, validità e interpretazione dei contratti collettivi - strumento preordinato a consentire il pronto intervento della Corte di Cassazione al fine di contenere le liti seriali e assicurare uniformità e certezza delle interpretazioni relative ai contratti collettivi nazionali del settore pubblico - il giudicato che si formi su dette questioni, che sono pregiudiziali soltanto in senso logico e non tecnico, si forma su parte del merito della controversia e preclude ogni questione relativa al potere giurisdizionale del giudice adito.
Cass. civ. n. 21022/2006
Il carattere obbligatorio del procedimento previsto dall'art. 64, comma 1, del D.Lgs. n. 165 del 2001, si desume dalla netta formulazione dell'articolo, secondo cui alla necessità di risolvere una questione concernente l'efficacia, la validità o l'interpretazione di un contratto o accordo nazionale sottoscritto dall'ARAN è collegato, senza alcuna ulteriore indicazione limitativa, il dovere per il giudice di indicare la questione in apposita ordinanza, disponendone la comunicazione all'ARAN, unitamente al ricorso e alla memoria, e rinviando la causa ad una nuova udienza di discussione. Pertanto, pur volendo riconoscere al giudice di merito un margine di apprezzamento nel decidere sulla sussistenza di siffatta necessità ove, come nella specie, emetta una sentenza sulla sola questione interpretativa, deve ritenersi che egli abbia positivamente verificato la sussistenza del presupposto per l'attivazione del procedimento, la cui mancanza configura un "error in procedendo" denunziabile in sede di legittimità. Tuttavia, se nessuna delle parti faccia valere il vizio indicato, la mancata motivazione non può essere considerata quale vizio attinente al regolare contraddittorio delle parti, dal momento che esso non condiziona l'intervento nel processo dell'ARAN e delle organizzazioni sindacali, conseguendone l'insussistenza dei presupposti per il rinvio della causa al giudice di merito affinché provveda ai sensi del citato art. 64 del D.Lgs. n. 165 del 2001.
Cass. civ. n. 16876/2006
L'art. 45, comma secondo, del D.Lgs. n. 165 del 2001, nell'imporre alle amministrazioni pubbliche di garantire ai propri dipendenti parità di trattamento contrattuale, non comporta che la Corte di cassazione, adita ai sensi del successivo art. 64, comma terzo, oppure dell'art. 63, comma quinto, per l'interpretazione del contratto collettivo, sia vincolata alle interpretazioni delle clausole già date dai giudici di merito, giacché la Corte di legittimità, come ogni giudice, è soggetta soltanto alla legge (ai sensi dell'art. 101, comma secondo, Cost.) ossia alle norme del diritto oggettivo nazionale e non altrui interpretazioni.
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La sentenza con cui la Corte di cassazione decide sul ricorso immediato di cui all'art. 64, comma terzo, del D.Lgs. n. 165 del 2001, rende definitiva l'interpretazione del contratto o accordo collettivo già controversa. Tuttavia, tale giudicato rimane nella disponibilità delle parti, le quali restano libere di concordare un diverso assetto dei loro interessi.
Cass. civ. n. 1076/2006
È inammissibile il ricorso per cassazione avverso l'ordinanza emessa dalla Corte d'appello ai sensi dell'art. 64 del D.Lgs. n. 165 del 2001, a conclusione dello speciale procedimento di accertamento pregiudiziale sull'efficacia, validità ed interpretazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche, volto ad assicurare l'uniforme applicazione di tali contratti ed a prevenire il rischio della proliferazione del contenzioso e della polverizzazione delle interpretazioni in materia, in quanto tale ordinanza si situa al termine di una fase incidentale del giudizio, ed è priva di contenuto decisorio e del carattere della definitività, in quanto è solo funzionale alla futura decisione della causa.
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Deve ritenersi escluso il ricorso per cassazione, in quanto il provvedimento del giudice è adottato nell'ambito di una fase incidentale, non è definitivo né decide una controversia.
Cass. civ. n. 7208/2005
Non essendo l'art. 64 suscettibile di interpretazione analogica o estensiva, è inammissibile il ricorso avverso la sentenza di primo grado che abbia deciso anche sul merito della domanda.
Cass. civ. n. 6113/2005
Quando venga meno la clausola contrattuale che forma oggetto dell'accertamento pregiudiziale, in quanto sostituita, sin dall'inizio della vigenza, dal sopravvenuto accordo di interpretazione autentica, ovvero di modifica della stessa clausola, si verifica - in qualsiasi stato e grado dello stesso sub procedimento - la cessazione della materia del contendere.