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Articolo 2900 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Condizioni, modalità ed effetti

Dispositivo dell'art. 2900 Codice Civile

Il creditore, per assicurare che siano soddisfatte o conservate le sue ragioni, può esercitare i diritti e le azioni che spettano verso i terzi al proprio debitore e che questi trascura di esercitare(1), purché i diritti e le azioni abbiano contenuto patrimoniale e non si tratti di diritti o di azioni che, per loro natura o per disposizione di legge, non possono essere esercitati se non dal loro titolare [790, 974, 1015 comma 3, 1113, 1201, 1259, 1780 comma 2, 1796 comma 2, 2036 comma 3, 2789, 2856, 2866, 2871 comma 2](2).

Il creditore, qualora agisca giudizialmente, deve citare anche il debitore al quale intende surrogarsi [102 c.p.c.](3).

Note

(1) Oltre alla fondamentale esistenza di un credito, anche eventuale o soggetto a condizione o termine, perché il creditore possa agire in via surrogatoria non è sufficiente l'inerzia del debitore, ma serve anche che da questa discenda direttamente un serio pregiudizio per le ragioni dei creditori, consistente nella concreta compromissione delle prospettive di esecuzione della generica garanzia patrimoniale gravante sul debitore. (v. art. 2740).
(2) Si specificano ulteriori importanti presupposti dell'azione surrogatoria: innanzitutto, i diritti o le azioni che la ammettono, in via giudiziale o stragiudiziale, devono per forza avere contenuto patrimoniale, in quanto soltanto i diritti patrimoniali concorrono a formare la garanzia generica del creditore; in secondo luogo, medesime azioni e diritti devono obbligatoriamente rivestire natura non personale, non essendo pertanto consentito al creditore l'esercizio di diritti che non possono prescindere dal loro titolare, ad esempio relativamente a rapporti familiari (separazione personale ex art. 150) o ai diritti della personalità, o ancora in relazione al diritto al nome ex art. 6 e all'immagine ex art. 10.
(3) Si introduce quindi una classica ipotesi di litisconsorzio necessario ai sensi dell'art. 102 c.p.c., in quanto, quando il creditore si surroga al debitore nell'esercizio di un'azione giudiziaria contro un terzo, al relativo procedimento deve essere chiamato a partecipare anche il debitore surrogato, della cui evocazione in giudizio sarà onerato il creditore stesso.
Da tale disposizione la prevalente dottrina ha fatto discendere a contrario l'ammissibilità di un'azione surrogatoria in via stragiudiziale, oltre a quella tradizionalmente operata in giudizio, in virtù della quale il creditore, senza rivolgersi all'autorità giudiziaria, potrà ad esempio iscrivere ipoteca o richiedere pagamenti, surrogandosi al debitore inerte.

Ratio Legis

La norma prevede la cosiddetta azione surrogatoria, al fine di consentire al creditore di sostituirsi al proprio debitore, muovendo dalla considerazione che quest'ultimo, sommerso dai debiti, corre il rischio di perdere interesse verso la cura dei propri affari, provocando così un serio pregiudizio anche per i suoi creditori. L'azione avvantaggia tutti i creditori del medesimo debitore, non solo quello che vi fa materialmente ricorso, e permette il recupero o comunque la conservazione all'interno del patrimonio del debitore di certi beni che altrimenti quest'ultimo avrebbe probabilmente perso, in funzione conservativa-cautelare.

Brocardi

Utendo iuribus debitoris

Spiegazione dell'art. 2900 Codice Civile

Natura giuridica preventiva e cautelare dell’azione secondo il nuovo codice

Dalla formulazione dell’articolo si deduce chiaramente, in conformità con la posizione nel capo, quale sia il possibile oggetto dell’azione, e quindi la sua natura.

Mentre infatti il corrispondente art. 1234 del codice precedente poneva ampiamente la finalità dell'azione attraverso la formula generica « per il conseguimento di quanto è loro dovuto », tale da poter comprendere anche l'azione esecutiva diretta, nell'articolo in esame del nuovo co­dice, il momento satisfattorio, della realizzazione del credito, appare collocato in posizione tendenziale, come finalità futura alla quale è an­teposto per intanto l'obbietto attuale dell'azione, di assicurare quel futuro soddisfacimento, o di conservare le ragioni del creditore.

Tutto ciò è messo chiaramente in luce anche dalla relazione mini­steriale, ove si accenna appunto — con riferimento alla studiata for­mulazione dell'articolo — alla finalità eminentemente conservativa del­l'azione, ricollegata così, secondo un comune profilo teleologico, agli altri mezzi conservativi regolati nel capo.

Né può generare dubbiezza l'alternativo accenno dell' inciso —quasi si trattasse di funzioni sostanzialmente differenti — alla finalità di assicurazione del soddisfacimento, ed a quella di conservazione delle azioni dell'attore. Nell'un caso e nell'altro, per vero, trattasi soltanto di mezzi cautelativi, che assicurano una situazione attuale in attesa e per il fine di future azioni.

E la dicotomia può spiegarsi, sia tenendo conto degli intendimenti del creditore, che possono mirare più o meno direttamente all’esperimento (successivo) dell'azione di esecuzione, azione che si potrebbe rendere superflua, altresì, con lo spontaneo adempimento del debitore nelle more degli atti di conservazione ; sia con riguardo all’ampiezza dell’ambito dell’azione surrogatoria, la quale, come si vedrà, può riferirsi a un numero indeterminato di diritti e azioni del debitore, alcune delle quali possono non esigere la realizzazione patrimoniale immediata, attraverso l'esecuzione, ma rappresentare soltanto un passo, mediato, verso quella futura realizzazione : onde l'interesse del creditore può limitarsi alla loro conservazione, in funzione di presupposto o di fase, nel cammino complesso a percorrersi per giungere alla realizzazione.


Soggetti. Crediti che possono legittimarla

Una conseguenza immediata di questa più limitata qualificazione dell' azione concerne l'individuazione dei possibili soggetti o meglio della natura dei crediti che possono legittimarla ; e come tale viene esplicitamente indicata anche nella relazione ministeriale. Ci si domandava infatti — sotto il cessato codice — l’idoneità o meno di legittimare l'azione dei crediti condizionali o a termine, nel periodo - antecedente alla verificazione della condizione ed alla scadenza. E la questione si poneva specialmente in ordine alla funzione esecutiva, che vedemmo ammessa, generalmente, nell'ambito dell'art. 1234 cod. civ tenuto conto che il titolo esecutivo, posto a base del procedimento sia pure verso il debitore del debitore e per un rapporto tra costoro delineato — avrebbe dovuto essere quello del creditore surrogante. Onde, non potendo a ciò valere se non un credito liquido ed esigibile evidentemente la pendenza della condizione o del termine vi avrebbe fatto ostacolo.

Ora invece la questione non ha più ragione di essere, dato che l'azione assume solo carattere cautelare, conservativo, in vista di una esecuzione futura ed eventuale. Laddove è principio generale che anche ai cre­ditori condizionali (cond. sospensiva : circa la risolutiva non può discutersi) od a termine, e persino ai titolari di legittime aspettative aventi fondamento nella legge, può essere consentito di porre in essere le opportune misure conservative per assicurare la realizzazione futura dei loro diritti in fieri od in itinere, i quali potrebbero, senza quelle cautele, svanire.

Naturalmente l'operatività dell'azione deve restare rigorosamente limitata al momento cautelatorio : nel senso che per passare alla proce­dura esecutiva dovrà poi attendersi che la condizione si sia verificata ed il termine scaduto, venendo con ciò a perfezionarsi un credito attuale liquido ed esigibile, elevabile a titolo per l'esecuzione.


Diritti e azioni che ne possono formare oggetto

Altra essenziale precisazione del nuovo codice — indipendente qui dalla qualifica dell'azione — è quella inerente alla natura dei diritti e delle azioni del debitore verso terzi - che ne possono formare og­getto.

Poiché trattasi di una surroga o sostituzione soggettiva del credi­tore al debitore nell'esercizio di determinate azioni, occorre evidentemente che si tratti di diritti ed azioni concettualmente suscettibili di una tale sostituzione, nel senso che esse possano svincolarsi dalla persona del debitore, e per l'iniziativa e per l'esperimento, assumendo una configurazione quasi di natura oggettiva, tale da potersi riferire anche ad un nuovo soggetto, senza che le prerogative intime e particolari dell'originario titolare vengano ad essere intaccate. La dottrina esclu­deva così dall'ambito della surrogatoria i cosiddetti diritti personalis­simi, indissolubilmente legati alla personalità di un determinato sog­getto, e come tali rimessi alla sua diretta esclusiva valutazione.

Si tratta di un ristretto geloso ambito nel quale la personalità domina sovrana, come a proposito di alcuni dei più intimi diritti familiari, o altrimenti nel campo della proprietà artistica, letteraria ed industriale, ove l'originaria iniziativa di sfruttamento econo­mico, attraverso l'esposizione in vendita la pubblicazione e la brevettazione, non può essere rimessa che all'autore, all'artista o all'inventore.

Ma, secondariamente, un altro necessario limite deriva dall'interesse del creditore ; nel senso che — mirando l'azione a precostituire i possi­bili obbietti di una azione esecutiva, per la realizzazione patrimoniale, su determinati cespiti economici espropriabili, dei diritti del creditore, — deve trattarsi di diritti ed azioni di contenuto economico, suscettibili di portare nel patrimonio del debitore un positivo contributo che au­menti la naturale garanzia dei propri creditori. Occorre, in altri termini,che trattisi di diritti ed azioni suscettibili di valutazione patrimo­niale attuale o futura, e ciò direttamente in sé stesse, e non soltanto in via mediata, per la possibile indiretta ripercussione che possano avere, ad es., sulla capacità produttiva del debitore.

Le due categorie di esclusioni possono coincidere e coincidono gene­ralmente, in quanto la più parte dei c. d. diritti personalissimi sono ap­punto di natura patrimoniale. Tuttavia la coincidenza non è asso­luta, e soprattutto si possono ipotizzare dei casi in cui, pur non trattan­dosi di diritti strettamente personali, difetti comunque la valutabilità ed operatività economica ; per cui venga meno l'interesse suddetto, giustificativo di un'azione che non potrebbe mai assumere carattere emulativo, specie con riferimento ad un terzo, che l'eserciti in nome altrui.

Ora, pur delineandosi in tal senso gli indicativi della dottrina e della giurisprudenza già sotto l'impero del cessato codice, la formula adot­tata dall'art. 1234 cod. civ. appariva in proposito ambigua o meglio incompleta; laddove, accennandosi ivi solamente a « quei diritti che sono esclusivamente inerenti alla persona del debitore » avrebbe potuto dubitarsi essere tenuta presenta dal legislatore solo la prima delle limitazioni concettuali suddette.

A tale ambiguità e lacuna ha provveduto appunto in senso chiarificativo il nuovo codice con la formula adottata nell'articolo in esame, nella quale anzi, per la maggiore estensione, sono anzitutto esclusi i diritti e le azioni che non abbiano contenuto patrimoniale e vi si aggiungono personalissimi, per loro natura o per legge. Anche quest’ultima precisazione è poi degna di rilievo ;.laddove, a dall'intimità del rapporto, per ragioni di convenienza di ordine estrinseco l'esercizio di un diritto o di un'azione può essere rimesso, per esplicita disposizione di legge, solo alla persona del titolare ; onde l’esperimento della surrogatoria troverebbe un ostacolo analogo, di natura normativa cogente.


Presupposti. Ragionevole timore dell’insolvibilità del patrimonio del debitore

Ma l'interesse del creditore - che è giustificazione e molla dell'azione — importa ancora un altro limite, non espli­citamente indicato nella formula dell'art. 2900 ed in quella del vecchio codice, sebbene derivante dalla finalità stessa dell'azione.

Posto che tale finalità inerisce alla garanzia patrimoniale del debi­tore, che si cerca di conservare nella sua integrità o di incrementare con l'attrazione di nuovi beni, già potenzialmente compresi ma che al­trimenti andrebbero perduti, la proposizione dell'azione non può ri­sultare giustificata se non quando si abbia un effettivo ragionevole ti­more circa l'insolvibilità di quel patrimonio, considerata in rapporto all'entità del credito dell'agente e degli altri che possono concorrervi con parità di diritti. Ancorché il patrimonio del debitore stesse per es­sere in aliqua parte depauperato, od altrimenti si presentasse la possibilità, agendo a nome del debitore, di aumentarlo, l'intervento del terzo creditore in affari non suoi. apparirebbe come una inutile arbitraria in­tromissione allorquando, ciò non di meno, il patrimonio attuale o resi­duato dalla depauperazione si presentasse ancora largamente sufficiente a garantire il credito: la situazione di insolvibilità non può concepirsi come una entità astratta, ma in un rapporto tra l'attivo ed il passivo di un patrimonio. Per cui, se tale rapporto risulta tuttora in eccedenza, il creditore deve ritenersi pago, senza dover ricorrere a misure, sia pure cautelari, ma superflue e che potrebbero tornare disaccette al debitore, arbitro del proprio interesse sin quando questo arbitrio con l'interesse dei credi­tori non venga in conflitto.

Dottrina e la giurisprudenza, tuttavia, sono concordi nel concepire tale apprezzamento di solvibilità con criteri non assoluti, ma con un certo relativismo ; e soprattutto nel non ritenere necessaria per la proponibilità dell'azione, la previa escussione dei beni del debitore. Condizione questa non posta nè nella regolamentazione posi­tiva precedente nè nella nuova, per cui non potrebbe dall' interprete essere introdotta senza arbitrio.


Presupposti. Trascuranza del debitore a esercitare i propri diritti e azioni

E parimenti all'interesse del creditore, inteso in ampio senso, si ricollega l'altra condizione, veramente essenziale, di proponibilità dell'azione, al quale proposito la nuova formulazione ha introdotto una precisa indicazione prima solo presupposta.

Poiché trattasi, cioè, di diritti e di azioni che competerebbero al debitore a tutela od incremento del proprio patrimonio, il quale per i creditori rappresenta solo una garanzia onde egli prima di ogni altro deve ritenersi abilitato ad esercitarle, in qualità di legittimo titolare, e solo in subordine. eccezionalmente, ciò viene consentito ad altri, i cre­ditori, a tutela del loro mediato interesse —, tale esercizio surrogatorio non pub trovare giustificazione se non quando quello diretto, del vero titolare, appaia negletto o trascurato, per cui da codesto passivo com­portamento la conservazione della garanzia possa risultare compro­messa. Occorre pertanto una inazione del debitore, maliziosa o negli­gente, la quale postuli la necessità di un intervento attivo alieno, che vi si sostituisca al fine di allontanare i1 pericolo di quella compromissione.

In proposito, pur nel silenzio dell'art. 1234 cessato codice, dottrina e giurisprudenza, conforme alla accezione tradizionale dell'istituto, già erano concordi. E concordi, sostanzialmente, anche nel precisare, tuttavia, che l'intensità della inazione dovesse valutarsi caso per caso, e rivestire una certa gravità, siccome importante una seria minaccia per la conservazione della garanzia dei creditori. Onde non si riteneva sufficiente, ad es., un semplice indugio o una momentanea inattività, ma si richiedeva che il fatto assumesse gli aspetti di un comportamento preordinato o sistematico.

Ora, come si è detto, nella nuova formulazione della norma è stata sentita la opportunità di accennare alla condizione, ed altresì di indi­care, con termine adeguato, il carattere ed intensità che debba presen­tare il comportamento negativo del debitore. A tal fine, piuttosto che l'inerzia, vera e propria, od inattività assoluta, si è ritenuta sufficiente per la legittimazione la trascuranza ; la quale contempla anche quei comportamenti sistematicamente negligenti od ostruzionistici che possono nuocere all'interesse dei creditori al pari e talvolta anche più dell'inazione. In sostanza si è considerato che, in tanto il debitore, agendo nel proprio interesse, rappresenta anche e tutela quello dei cre­ditori, in quanto osservi almeno la diligenza ordinaria di un buon padre di famiglia. Per cui, mancando questa diligenza, è opportuno che i termini vengano invertiti, nel senso di affidare invece al creditore, che scinde (nomine alieno) nel proprio interesse, la rappresentanza e la tutela di quello del debitore.


Valutazione preventiva dell’autorità giudiziaria. Non necessità

L’accennata formulazione del capoverso dell’articolo – nel quale l’azione viene contemplata, come si è detto, sotto l’aspetto della ritualità processuale, ma non senza importanti riferimenti di ordine sostanziale – offre motivo per ricordare come potenzialmente ancor viva, pure nell’ambito normativo del nuovo codice, la dibattuta questione sulla veste in cui agisca il creditore in surrogatoria rispetto al debitore e a terzi: se cioè in nome proprio, come titolare di una propria posizione di diritto ancorché ricollegata casualmente alla relazione del debitore con il terzo, ovvero nomine alieno, in rappresentanza del debitore al quale si sostituisca e del quale si debba intendere venire ad assumere tutti gli effetti la posizione.

In proposito la prima opinione, che vorrebbe trovare nel principio generale della garanzia patrimoniale il fondamento sostantivo di un complesso diritto del creditore che si estende oggettivamente anche su beni attraibili al patrimonio del debitore posseduti da terzi, trascura di considerare che tale estensione non figura nella legge, la quale accenna a beni presenti o futuri, ma già del debitore, e in quanto tali. L’estensione opera pertanto solo indirettamente, in senso mediato funzionale, al fine di far entrare nel patrimonio del debitore altri beni solo potenzialmente attraibili, onde poterli assimilare a quelli di garanzia diretta e potervi agire eventualmente in via esecutiva dopo l'attrazione. Non trattasi adunque, sinché i beni sono in possesso alieno, di un'azione del creditore inerente ai beni stessi, ma solo di un espediente strumen­tale per rendere i beni di tale azione suscettibili, valendosi di diritti od azioni che altrimenti competerebbero al debitore loro vero titolare.

Ciò assume particolare evidenza nel nuovo codice, che attribuisce alla surrogatoria carattere meramente preparatorio, riservando il momento esecutivo ad una successiva fase, quando i beni, almeno idealmente, siano già stati attratti nel patrimonio del debitore e confusi con esso. Al qual concetto, d'altra parte, s'informa tutta l'economia dell'istituto, laddove l'autonomia di iniziativa del debitore rimane come principio e persiste sino a quando — per ragionevole pericolo di insolvenza — un divergente interesse del creditore non si manifesti, ed appaia l'esercizio diretto dei diritti o delle azioni trascurato ; mentre, comunque, la legitti­mità della surroga non è oggettivamente assoluta, generale, ma trova un limite rispetto ai diritti od azioni aventi carattere personale. Più attendibile pertanto, ed ormai prevalente in dottrina e giurisprudenza, è l'opinione che ravvisa nel creditore in surroga solo un eser­cizio mediato di azioni e diritti altrui : esercizio che avviene nel proprio interesse e secondo. la .misura di questo, ma in nome del debitore ed in sua rappresentanza, per supplire ad una situazione di trascuranza ri­conosciuta dannosa.

Trattasi, cioè, di una azione diversa e non contenuta, propriamente, nel principio della responsabilità patrimoniale (garanzia) del debitore ; principio che non contempla che il patrimonio del debitore in quanto tale, e regola l'azione su di questo. Onde per agire oltre l'ambito defi­nito del detto patrimonio, per attrarvi altri beni e ricuperarli, occorre ricorrere alla posizione del debitore togliendo a prestito azioni e diritti che sono in potere di lui ed in nome di lui esercitarli, sebbene in funzione propria.

Esercizio dunque in rappresentanza del debitore, per cui al credi­tore procedente possono dal terzo essere opposte tutte le eccezioni, ancorché personali, che potrebbero sollevarsi contro lo stesso debitore ; nonché opporsi a compensazione eventuali crediti contro il debitore costituiti, ancorché questi non sia in causa.

Tuttavia questa rappresentanza, sebbene astrattamente perfetta, — in quanto agisce in funzione dell’interesse del creditore che potrebbe in pratica essere divergente da quello del debitore o comunque non proteggerlo a sufficienza, non toglie, anzi, pone l’opportunità che il debitore, principale interessato, sia chiamato in causa, perché aderisca all’azione esercitata in suo nome e la suffraghi, o altrimenti perché sia messo in grado di difendere da sé i suoi diretti interessi che potrebbero essere compromessi. È quanto appunto – a chiarimento di antichi dubbi – dispone ora il capoverso dell’art. 2900, nel senso che il creditore, qualora agisca giudizialmente, deve citare anche il debitore al quale, intende surrogarsi. Citazione pertanto che rappresenta condizione per la ritualità del giudizio, che altrimenti non potrebbe ritenersi integro.


Veste giuridica in cui agisce il creditore. Nomine alieno

Dalla formulazione del capoverso dell'articolo, atteggiato in senso condizionale, « quando il creditore agisca giudizialmente », se ne deduce ancora, con il conforto dell'esegesi letterale, un'altra illazione, come già conformemente indicata dalla giurisprudenza e dalla dottrina. Quella cioè che il principio della surrogatoria - se non la sua espres­sione tipica - possa valere anche per l'esercizio stragiudiziale di diritti del proprio debitore, a tutela od incremento del Patrimonio di questo. Tali, come si accenna esemplificativamente nella relazione ministeriale, gli atti interruttivi della prescrizione, o di opposizione della prescri­zione ad altrui pretese. Tale, ancora, l'accettazione dell'eredità in non* e luogo del debitore rinunciante (art. 524), sebbene qui occorra una pre­cisa autorizzazione giudiziale, la quale peraltro non inerisce all'esercizio vero e proprio del diritto (laddove l'accettazione avviene poi stragiudizialmente, nelle forme normali), ma solo ad un suo presupposto.

Anche qui, peraltro, ed anzi qui particolarmente, trattandosi della intromissione nella sfera vera e propria di diritto del debitore, a pre­scindere ancora da una giudiziale estrinsecazione, valgono i limiti sopra già indicati relativamente alla natura dei rapporti (patrimoniali, non personalissimi) in cui l'esercizio alieno possa incidere. E deve trattarsi, inoltre, dell'esercizio o della tutela di diritti già sorti, definiti e concreti, riguardo alla funzionalità dei quali sol manchi un impulso ; e non della semplice realizzazione di facoltà, o di libere iniziative, inerenti bensì alla sfera giuridica del debitore, ma che solamente a seguito della loro attuazione darebbero luogo a posizioni di diritto patrimonialmente apprezzabili. Ché altrimenti si avrebbe una sostituzione integrale della personalità del debitore, contraria alle prerogative della natura umana, una invadenza capricciosa e sconfinata nelle cose altrui che non può essere consentita in alcun sistema di diritto.

Relazione al Libro delle Obbligazioni

(Relazione del Guardasigilli al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni 1941)

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 2900 Codice Civile

Cass. civ. n. 34940/2022

L'azione surrogatoria, consentendo al creditore di prevenire e neutralizzare gli effetti negativi che possano derivare alle sue ragioni dall'inerzia del debitore, il quale ometta di esercitare le opportune azioni dirette ad incrementare il suo patrimonio, conferisce al creditore stesso la legittimazione all'esercizio di un diritto altrui, ed ha perciò carattere necessariamente eccezionale, potendo essere proposta solo nei casi ed alle condizioni previsti dalla legge. Ne discende che, qualora il debitore non sia più inerte, per aver posto in essere comportamenti idonei e sufficienti a far ritenere utilmente espressa la sua volontà in ordine alla gestione del rapporto, viene a mancare il presupposto perché a lui possa sostituirsi il creditore, il quale non può sindacare le modalità con cui il debitore abbia ritenuto di esercitare i suoi diritti nell'ambito del rapporto, né contestare le scelte e l'idoneità delle manifestazioni di volontà da lui poste in essere a produrre gli effetti riconosciuti dall'ordinamento, soccorrendo all'uopo altri strumenti di tutela a garanzia delle pretese del creditore, quali, ove ne ricorrano i requisiti, l'azione revocatoria ovvero l'opposizione di terzo.

Cass. civ. n. 34297/2022

La mancata richiesta all'assicuratore, da parte dell'assicurato, di rimborsare le spese (nella specie, il compenso spettante al consulente di parte) sostenute per resistere all'azione del danneggiato può integrare la trascuratezza del debitore che costituisce presupposto dell'azione surrogatoria (con cui il creditore è legittimato ad agire "in sostituzione" del debitore per conservare la garanzia patrimoniale), se si ingenera il pericolo che, a causa dell'inerzia, le ragioni creditorie possano essere frustrate; l'esercizio dell'azione ex art. 2900 c.c. non è incompatibile con l'intervenuta accettazione con beneficio d'inventario dell'eredità relitta dal debitore, trattandosi di circostanza neutra rispetto ai presupposti della surrogatoria e di istituto, finalizzato alla separazione del patrimonio degli eredi da quello del "de cuius" e alla sua liquidazione (individuale o, se richiesta, concorsuale), che non impedisce l'incremento dell'asse ereditario mediante la riscossione di crediti (nel caso, l'indennizzo assicurativo) da parte degli eredi beneficiati o, nell'ipotesi di loro inerzia, per iniziativa dei creditori del defunto.

Cass. civ. n. 26049/2020

Per la proposizione dell'azione surrogatoria non si richiede che il mancato esercizio da parte del debitore di diritti ed azioni a lui spettanti debba essere ascrivibile a colpa dello stesso. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di merito che, pretendendo il requisito di colpevolezza nell'inerzia del debitore, aveva dichiarato inammissibile l'impugnazione, proposta in via surrogatoria dal terzo danneggiato, della pronuncia di rigetto della domanda di garanzia avanzata dal responsabile civile nei confronti della società assicuratrice). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO TORINO, 22/01/2018).

Cass. civ. n. 18105/2020

L'azione surrogatoria di cui all'art. 2900 c.c. non può essere esercitata, per la prima volta, attraverso la proposizione del ricorso per Cassazione, "omisso medio" (senza, cioè, avere esercitato la medesima azione nella precedente sede di appello, ovvero avendola ivi erroneamente esercitata), non presentando essa caratteri morfologici meramente "rappresentativi" - tali, cioè, da consentire al soggetto in surroga di inserirsi nel processo in forza di un sottostante rapporto, del tutto indifferente per il terzo cui la domanda è rivolta - bensì connotandosi come attuazione di un potere (attraverso l'esercizio della relativa azione) il cui accertamento processuale è compito necessario del giudice e presuppone una indagine di fatto non compresa nei limiti strutturali e funzionali del giudizio di legittimità (limiti non mutati, "in parte qua", per effetto della modifica dell'art. 384 del codice di rito, sì come novellato dalla l. n. 353 del 1990, che consente alla S.C. una decisione di merito qualora non risultino necessari ulteriori accertamenti in fatto), poiché tale giudizio, a differenza dell'appello, presuppone una impugnativa di tipo "straordinario" (ovvero ad effetto devolutivo delimitato), che non dà luogo ad una nuova valutazione del merito della causa, bensì alla sola revisione della conformità alla legge (sostanziale o processuale) dell'attività giurisdizionale esercitata e dell'esattezza della pronuncia in diritto resa con la sentenza. (Dichiara inammissibile, CORTE D'APPELLO NAPOLI, 24/05/2018).

Cass. civ. n. 9233/2013

L'azione surrogatoria di cui all'art. 2900 cod. civ. non può essere esercitata, per la prima volta, attraverso la proposizione del ricorso per cassazione "omisso medio" (senza, cioè, avere esercitato la medesima azione nella precedente sede di appello, ovvero avendola ivi erroneamente esercitata), non presentando essa caratteri morfologici meramente "rappresentativi" - tali, cioè, da consentire al soggetto in surroga di inserirsi nel processo in forza di un sottostante rapporto del tutto indifferente per il terzo cui la domanda è rivolta - bensì connotandosi come attuazione di un potere, il cui accertamento processuale è compito del giudice e presuppone una indagine di fatto non compresa nei limiti del giudizio di legittimità (non mutati, in parte qua, per effetto della modifica dell'art. 384 cod. proc. civ., impugnativa di tipo straordinario ad effetto devolutivo limitato, che non dà luogo ad una nuova valutazione del merito della causa, ma alla sola revisione della conformità alla legge (sostanziale o processuale) dell'attività giurisdizionale esercitata e dell'esattezza della pronuncia in diritto resa con la sentenza.

Cass. civ. n. 5805/2012

L'azione surrogatoria, consentendo al creditore di prevenire e neutralizzare gli effetti negativi che possano derivare alle sue ragioni dall'inerzia del debitore, il quale ometta di esercitare le opportune azioni dirette ad incrementare il suo patrimonio conferisce al creditore stesso la legittimazione all'esercizio di un diritto altrui, ed ha perciò carattere necessariamente eccezionale, potendo essere proposta solo nei casi ed alle condizioni previsti dalla legge. Ne discende che, qualora il debitore non sia più inerte, per aver posto in essere comportamenti idonei e sufficienti a far ritenere utilmente espressa la sua volontà in ordine alla gestione del rapporto, viene a mancare il presupposto perché a lui possa sostituirsi il creditore, il quale non può sindacare le modalità con cui il debitore abbia ritenuto di esercitare la propria situazione giuridica nell'ambito del rapporto, né contestare le scelte e l'idoneità delle manifestazioni di volontà da questo poste in essere a produrre gli effetti riconosciuti dall'ordinamento, soccorrendo all'uopo altri strumenti di tutela a garanzia delle pretese del creditore, quali, ove ne ricorrano i requisiti, l'azione revocatoria ovvero l'opposizione di terzo. (Nella specie, in applicazione dell'enunciato principio, la S.C. ha confermato la valutazione operata dal giudice di merito, il quale aveva escluso il presupposto dell'inerzia nell'azione surrogatoria per l'adempimento di un contratto preliminare, rilevando come il debitore si fosse costituito nel giudizio di risoluzione del contratto, promosso dal proprio promittente venditore proponendo dapprima domanda riconvenzionale di esecuzione specifica ex art. 2932 c.c. e, poi, appello avverso la sentenza sfavorevole di primo grado).

Cass. civ. n. 9314/2008

Il creditore che agisce in surroga in luogo del proprio debitore, ai sensi dell'art. 2900 c.c., esercita il medesimo diritto che sarebbe spettato a quest'ultimo. Pertanto, ove si tratti di diritto di fonte contrattuale, ed il debitore surrogato abbia pattuito con la controparte una deroga alla competenza per territorio dell'autorità giudiziaria, l'azione surrogatoria dovrà essere proposta dinanzi a tale foro convenzionale, anche nelle ipotesi di litisconsorzio necessario. (Nella specie la S.C., in sede di regolamento di competenza, ha statuito che, nel caso in cui in un contratto di leasing le parti pattuiscano che l'utilizzatore potrà agire contro il concedente solo davanti ad un determinato foro, deve intendersi questo come il foro dinanzi al quale deve essere esercitata l'azione di riscatto, anche nell'ipotesi che ad agire non sia l'utilizzatore, ma, in sua vece, ed invia surrogatoria, il suo fideiussore).

Cass. civ. n. 10428/1998

Presupposto essenziale per l'esercizio dell'azione surrogatoria è la qualità di creditore e, quindi, la sussistenza di un credito certo, pur se sottoposto a termine o condizione. Conseguentemente non è legittimato ad agire in surrogatoria chi vanta un credito non certo nella sua esistenza perché oggetto di accertamento giudiziale.

Cass. civ. n. 7145/1995

Per la proposizione dell'azione surrogatoria (art. 2900 c.c.) non si richiede che il mancato esercizio da parte del debitore di diritti ed azioni a lui spettanti debba essere ascrivibile a colpa dello stesso.

Cass. civ. n. 723/1995

L'azione surrogatoria, volta a far valere diritti del debitore nei confronti di terzi, ha per presupposto l'inerzia del debitore relativamente all'esercizio di suoi diritti a contenuto patrimoniale, e quindi richiede da parte dell'attore la deduzione di prove idonee a dimostrare l'esistenza di tali diritti. (Nella specie la Suprema Corte ha ritenuto non censurabile in cassazione, perché adeguatamente motivata, l'affermazione del giudice di merito secondo cui non erano state dedotte in maniera idonea le circostanze relative ad una convenzione tra debitore, un suo altro creditore e un terzo acquirente di un suo immobile circa la funzione di garanzia di tale vendita, non essendosi precisato nemmeno se tale convenzione fosse scritta o verbale, se fosse anteriore o contestuale al contratto di vendita, se fosse o meno attuativa di un negozio indiretto e, segnatamente, fiduciario. La Suprema Corte ha rilevato anche che, pur comprovata l'esistenza di un negozio fiduciario, non sarebbe stata ancora dimostrata l'esistenza del diritto del debitore convenuto in surrogatoria di agire per riottenere la disponibilità dell'immobile, il patto relativo al ritrasferimento avendo portata meramente obbligatoria e operando solo una volta estinto il debito garantito. La Suprema Corte ha osservato, poi ad abundantiam ed in adesione all'opinione del giudice di merito — in relazione al petitum dell'attore, che aveva chiesto la vendita del bene immobile oggetto dell'azione — che l'azione surrogatoria può adempiere funzioni esecutive solo eccezionalmente, cioè solo quando tenda al soddisfacimento di un credito in denaro, che, se dal terzo fosse pagato al debitore surrogato, potrebbe essere da questo agevolmente sottratto all'esecuzione).

Cass. civ. n. 10353/1992

Ai fini della legittimazione all'azione surrogatoria basta che il credito del surrogante esista, mentre non è necessaria la sua liquidità, atteso che questa non è richiesta dalla legge (art. 2900 c.c.), né è desumibile dalla funzione dell'azione, tendente alla conservazione della garanzia.

Cass. civ. n. 741/1984

Per giustificare, mediante l'esercizio dell'azione surrogatoria prevista dall'art. 2900 c.c., la sostituzione del creditore nell'esercizio delle azioni di cui è titolare il debitore, non è sufficiente che questi trascuri la realizzazione dei suoi diritti, ma occorre altresì che la sua inerzia possa avere riflessi negativi sulla garanzia che, a norma dell'art. 2740 c.c., il patrimonio del debitore costituisce per il creditori: occorre, cioè, un interesse specifico, determinato dal pregiudizio cui possa derivare alle ragioni del creditore, essendo in definitiva l'azione surrogatoria diretta a tutelare il diritto di quest'ultimo contro il pericolo dell'insolvenza del suo debitore.

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Anonimo chiede
lunedì 25/09/2017 - Lombardia
“Buona serata. Premetto che da oltre 15 anni vivo con mia figlia (omissis) di 23 anni, universitaria e pertanto a mio carico; che sono divorziato da più di 12 anni dalla mia ex moglie e madre di mia figlia; che quest'ultima non ha mai contribuito a versare quanto pattuito in convenzione di divorzio perché senza lavoro e piena di debiti saldati dai suoi familiari. Ho sempre soprasseduto ad azioni per richiedere quanto di mia spettanza. Vengo ora a conoscenza di un evento che potrebbe arrecare grave danno economico al futuro di mia figlia. Espongo: otto anni fa è mancata la nonna di mia figlia lasciando un testamento molto discutibile e anche sospetto (forse non fatto di suo pugno perché malata) che esclude dall'eredita' la madre di mia figlia e costituendo eredi la di lei sorella e usufruttuario della casa famigliare il padre , marito della De cuius. Considerata l'inattività della mia ex moglie in un eventuale ricorso per riduzione, dovuti a motivi di rispetto e/o timore verso il padre che la mantiene e avvicinandosi i 10 anni per la prescrizione dell'azione di riduzione, cosa possiamo fare per tutelare gli interessi di mia figlia? È possibile in futuro agire con una petizione ereditaria? Concludo segnalando altresì che il dialogo con la famiglia della mia ex è, per vari motivi, pressoché nullo.
A disposizione per eventuali chiarimenti, anticipatamente ringrazio e cordialmente saluto”
Consulenza legale i 02/10/2017
La sua ex moglie è effettivamente erede legittimaria con riferimento alla successione apertasi alla morte della sua ex suocera e, come tale, potrebbe richiedere la riduzione delle disposizioni testamentarie che ledono tale quota riservata, sino alla misura necessaria alla reintegra del diritto leso.

Segnatamente, se, come pare di capire, alla sua morte l’ex suocera lasciava due figli ed il marito, con il testamento non poteva certamente diseredare né la figlia né il marito: a mente dell’art. 542 c.c. alla figlia è riservata la quota di ¼ del patrimonio della de cuius, così come al coniuge spettava la medesima quota di 1/4.
All’altra figlia invece potevano essere attribuiti i 2/4 del patrimonio, di cui un quarto quale quota di legittima ed ¼ quale quota disponibile (ovverosia quella quota di eredità di cui il testatore può disporre a suo piacimento senza ledere i diritti dei legittimari disponibile).

L’azione di riduzione si prescrive nel termine di 10 anni dall’apertura della successione (art. 2946 c.c.), e può essere esperita, oltre che dai legittimari, anche dagli eredi ed aventi causa.

In questo momento, e probabilmente non prima della prescrizione dell’azione di riduzione, sua figlia non può essere definita erede in quanto la successione della sua ex moglie non si è aperta; né tantomeno potrebbe essere attualmente definitiva come “avente causa”, in quanto non vanta al momento alcun diritto nei confronti della madre.

Il futuro pregiudizio che tale rinuncia all’azione di riduzione comporta, non è attuale e pertanto non potrà essere fatto valere dalla figlia.

L’unica possibilità per ottenere che la sua ex moglie agisca a tutela dei suoi diritti successori è quella di munirsi di un titolo di credito per poi agire, in surrogazione, per la riduzione delle disposizioni lesive.
Occorre cioè munirsi di un titolo per poter divenire “avente causa”.

La strada più semplice sembra quella di proporre un ricorso per decreto ingiuntivo, chiedendo che la sua ex moglie venga ad essere condannata al pagamento di tutti i contributi di mantenimento non versati negli anni (ovviamente quelli da ritenersi non prescritti), oltre interessi e rivalutazione monetaria.

Una volta munitosi del decreto ingiuntivo, qualora la sua ex moglie non provvedesse al pagamento di quanto spettante, sua figlia potrà agire con l’azione surrogatoria (Cass. civ. n. 4005/2013, Trib. Lucca n. 864/2007, Trib. Pesaro n. 604/2005 Trib. Cagliari 14.02.2002, Trib. Novara 18.03.2013, Cass n. 543/1970).

L'azione surrogatoria, prevista e disciplinata dall’art. 2900 c.c., è un mezzo di conservazione della garanzia patrimoniale: il creditore (surrogante) può sostituirsi al debitore (surrogato) nell'esercizio di diritti che quest'ultimo vanta verso terzi e che trascura di far valere.
La figlia creditrice potrà farsi autorizzare alla proposizione dell'azione di riduzione in luogo della madre inerte.

Esperendo tali semplici rimedi giurisdizionali, non otterrà di certo un quarto della successione della ex suocera e cioè quanto forse sarebbe potuto spettare a sua figlia un domani in caso di morte della madre, ma solo quanto la medesima ha omesso di versare in forza degli accordi di divorzio, somma probabilmente inferiore al valore dell’immobile.
Tuttavia tale strada potrebbe effettivamente ed indirettamente indurre l’altra parte ad agire a tutela dei propri diritti sulla successione della de cuius.

Nel caso di specie, non assumerebbero rilevanza né una petizione dell’eredità, azione per mezzo della quale l’erede chiede il riconoscimento della sua qualità contro chiunque possiede i beni ereditari, né una cosiddetta actio interrogatoria, per mezzo della quale chiunque può chiedere all’autorità giudiziaria che venga fissato un termine entro il quale l’erede dichiari se intende accettare o rinunciare all’eredità, azione che presuppone una chiamata all’eredità che ivi non c'è.