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Articolo 1113 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Intervento nella divisione e opposizione

Dispositivo dell'art. 1113 Codice Civile

I creditori(1) e gli aventi causa(2) da un partecipante possono intervenire nella divisione a proprie spese, ma non possono impugnare la divisione già eseguita, a meno che abbiano notificato un'opposizione anteriormente alla divisione stessa e salvo sempre ad essi l'esperimento dell'azione revocatoria o dell'azione surrogatoria.

Nella divisione che ha per oggetto beni immobili(3), l'opposizione, per l'effetto indicato dal comma precedente, deve essere trascritta prima della trascrizione dell'atto di divisione e, se si tratta di divisione giudiziale, prima della trascrizione della relativa domanda.

Devono essere chiamati a intervenire(4), perché la divisione abbia effetto nei loro confronti, i creditori iscritti e coloro che hanno acquistato diritti sull'immobile in virtù di atti soggetti a trascrizione e trascritti prima della trascrizione dell'atto di divisione o della trascrizione della domanda di divisione giudiziale.

Nessuna ragione di prelevamento in natura per crediti nascenti dalla comunione può opporsi contro le persone indicate dal comma precedente, eccetto le ragioni di prelevamento nascenti da titolo anteriore alla comunione medesima, ovvero da collazione [737](5).

Note

(1) Qualsiasi creditore è legittimato ad intervenire nella divisione, a prescindere dal fatto che sia privilegiato, anche quando il suo credito non sia ancora scaduto o sia sottoposto a condizione.
(2) Non è avente causa colui al quale sia stata alienata l'intero diritto del compartecipe: questi infatti diventa partecipe della comunione e ha un diritto proprio a chiederne la divisione.
Quanto al cessionario di una quota ereditaria, è dubbio se sia da considerare un avente causa: chi dà soluzione positiva sostiene che il coerede deve comunque sempre partecipare alla divisione; chi propende per la soluzione negativa, ritiene che il cessionario diventi parte necessaria nella divisione anche se non acquista la qualifica di coerede.
(3) Va ricordato che nelle divisioni di immobili non si ritiene applicabile per l'avente causa da un partecipante l'art. 2644 del c.c.: se un comunista alienasse un immobile facente parte della comunione e poi il bene venisse assegnato ad altro condividente, quest'ultimo farà salvo il suo diritto a prescindere dalla priorità della sua trascrizione rispetto a quella del terzo acquirente.
(4) La norma richiede solo che i creditori siano chiamati, non che partecipino effettivamente.
(5) L'ultimo comma afferma che i motivi collegati a crediti venuti in essere precedentemente alla comunione, oppure alla collazione, prevalgono su quelli dei creditori e degli aventi causa dal comunista.

Ratio Legis

La disposizione concerne l'intervento nella divisione e le opposizioni che i creditori e gli aventi causa di un comunista hanno diritto di esperire se uno di essi abbia agito per lo scioglimento della comunione medesima (v. art. 1111 del c.c.).
Se estranei alla divisione, oppure non opponendosi alla stessa, i creditori e i terzi aventi causa di un solo comunista, potrebbero ricevere un danno laddove venisse attribuita allo stesso una quota minore di quella in concreto di sua competenza.

Spiegazione dell'art. 1113 Codice Civile

Interventi volontari

A tutela dei propri diritti, i creditori e gli aventi causa di un partecipante possono intervenire nella divisione a proprie spese, ma, se la divisione è già eseguita, non possono impugnarla, eccettuato il caso che abbiano notificato l' opposizione anteriormente alla divisione stessa e salvo sempre ad essi l'esperimento dell'azione revocatoria, per il caso di frode, o dell'azione surrogatoria, per i diritti spettanti al proprio debitore o dante causa. Fin qui l'art. 1113, meglio formulato, coincide nel contenuto con l'art. 680.

Ma l'art. 1113, a completamento della opposizione prevista nel primo comma, continua col dire, a tutela dei terzi, che nella divisione che ha per oggetto beni immobili, l'opposizione, perché sia possibile l'impugnazione della seguita divisione, deve essere trascritta prima della trascrizione dell'atto di divisione e, se si tratta di divisione giudiziale, prima della trascrizione della relativa domanda. Si prescrive inoltre ex novo che devono essere chiamati a intervenire, perché la divisione abbia effetto nei loro confronti, i creditori iscritti e coloro che hanno acquistato diritti sull'immobile in virtù di atti soggetti a trascrizione e trascritti prima della trascrizione dell'atto di divisione o della trascrizione della domanda di divisione giudiziale.

Si legge, nella Relazione al Re Imperatore, che viene cosi offerta difesa ai diritti sorti durante lo stato di comunione contro il pericolo che la divisione arrechi pregiudizio a chi deriva il suo diritto da quello di un condividente, e che l' iscrizione dell'ipoteca e la trascrizione degli atti costitutivi degli altri diritti summenzionati si considerano come equivalenti ad opposizione, ma non sembra che una tale equivalenza sia giustificata.

Nel caso di opposizione, la divisione può sempre aver luogo ed essa sarà efficace anche nei confronti dei creditori e degli aventi causa opponenti, se questi non l'impugnano, giustificando la propria impugnativa. Nel caso, invece, dei creditori iscritti o dei titolari di diritti reali sull'immobile, la divisione non è di alcun effetto nei loro confronti, se non sono stati chiamati ad intervenirvi, senza bisogno di alcuna impugnativa.

Infine, sempre a maggior tutela dei creditori iscritti o dei titolari di diritti reali sull'immobile contemplato nel terzo comma, si è statuito che, contro le persone ricordate, non può opporsi nessuna ragione di prelevamento in natura per crediti nascenti dalla comunione, eccetto le ragioni di prelevamento nascenti da titolo anteriore alla comunione medesima ovvero dalla collazione ordinata dall' art. 737 del c.c.: tale espressa limitazione sembra superflua. Le ragioni di prelevamento nascenti da titolo anteriore alla comunione ovvero dalla collazione ordinata dall'art. 1095 non costituiscono, infatti, ragioni di prelevamento per crediti nascenti dalla comunione.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

522 L'art. 1113 del c.c. regola l'intervento nella divisione e l'opposizione alla divisione stessa da parte dei creditori e degli aventi causa da un partecipante. Il codice del 1865 (art. 680) si limitava ad attribuire ai creditori e ai cessionari di un partecipante il diritto d'intervenire nella divisione e tale diritto assicurava con la facoltà d'impugnare la divisione eseguita non ostante formale opposizione. Il testo completa la disciplina del codice precedente con alcune norme derivate dal disegno di legge sulla trascrizione presentato al Senato dal Guardasigilli Vittorio Scialoja nella tornata del 3 marzo 1910. Con queste norme si rende necessario l'intervento dei creditori iscritti e di coloro che hanno acquistato diritti su un immobile in virtù di atti soggetti a trascrizione e trascritti prima della trascrizione dell'atto di divisione o della trascrizione della domanda di divisione giudiziale, in quanto l'iscrizione dell'ipoteca e la trascrizione degli atti costitutivi degli altri diritti su menzionati si considerano come equivalenti a opposizione. E' cosi offerta difesa ai diritti sorti durante lo stato di comunione contro il pericolo che la divisione riesca di pregiudizio a chi deriva il suo diritto da quello di un condividente. Inoltre, contro il pericolo che i rapporti obbligatori tra partecipanti vengano a restringere l'entità del diritto che ad essi spetta nel momento in cui la comunione viene a costituirsi è offerta adeguata difesa dall'ultimo comma dell'articolo in esame, il quale dispone che nessuna ragione di prelevarnento in natura per crediti nascenti dalla comunione può opporsi a coloro che abbiano diritti resi pubblici prima della trascrizione dell'atto di divisione o della trascrizione della domanda di divisione giudiziale, salvo che tali ragioni derivino da titolo anteriore alla comunione, ovvero da collazione. Non potranno pertanto essere opposte le ragioni che contro un partecipante competano agli altri partecipanti per responsabilità incorse nella gestione dei fondi comuni, per restituzione di rendite, per rimborso di spese, ecc.

Massime relative all'art. 1113 Codice Civile

Cass. civ. n. 6228/2023

Nei giudizi di scioglimento della comunione, la prova della comproprietà dei beni dividendi non è quella rigorosa richiesta in caso di azione di rivendicazione o di accertamento positivo della proprietà, atteso che la divisione, oltre a non operare alcun trasferimento di diritti dall'uno all'altro condividente, è volta a far accertare un diritto comune a tutte le parti in causa e non la proprietà dell'attore con negazione di quella dei convenuti, sicché, in caso di non contestazione sull'appartenenza dei beni, non può disconoscersi la possibilità di una prova indiziaria, né la rilevanza delle verifiche compiute dal consulente tecnico, siccome ridondanti a vantaggio della collettività dei condividenti.

Nel giudizio di scioglimento della comunione, il dovere del giudice di ordinare, in presenza di trascrizioni o iscrizioni contro i singoli compartecipi, la chiamata in giudizio dei creditori e degli aventi causa ai sensi degli artt. 784 c.p.c. e 1113 c.c., rispondendo alla sola esigenza di consentire loro di vigilare sul corretto svolgimento del procedimento divisionale in ragione degli effetti riflessi da esso derivanti su garanzie patrimoniali ed effettiva realizzazione del proprio acquisto, non giustifica l'implicita imposizione, a carico dei compartecipi, di documentare, sotto pena di inammissibilità della domanda, la presenza o l'assenza di trascrizioni e iscrizioni sulla quota indivisa dei singoli, configurandosi la chiamata dei creditori iscritti e degli aventi causa dei compartecipi come onere da assolvere affinché la decisione faccia stato nei loro confronti, senza costituire condizione di validità della divisione.

Cass. civ. n. 30320/2022

L'esecuzione di un sequestro preventivo, nell'ambito di un procedimento penale, avente ad oggetto un bene appartenente ad un soggetto in comunione con terzi estranei al reato non costituisce motivo di sospensione necessaria del processo civile di scioglimento della comunione, ai sensi degli artt. 295 c.p.c., 654 c.p.p. e 211 disp. att. c.p.p., nelle more del giudicato penale, atteso che le esigenze del sequestro e della eventuale confisca trovano tutela nella disciplina della trascrizione del provvedimento ablatorio e degli effetti della sentenza di divisione regolati dall'art. 1113 c.c.

Cass. civ. n. 25097/2022

La vendita di una parte determinata della cosa comune da parte del singolo comunista non ha immediata efficacia traslativa, ma è tuttavia fattispecie negoziale perfetta, con efficacia meramente obbligatoria, che di per sé non pregiudica la posizione degli altri comproprietari, i quali non sono litisconsorti necessari nel giudizio nel quale l'acquirente abbia invocato, sebbene in maniera infondata, l'efficacia immediata del contratto.

Cass. civ. n. 2110/2021

L'esecuzione del preliminare di vendita di un immobile indiviso può essere domandata dal promissario acquirente per la sola quota indivisa del promittente venditore quando il bene non sia stato considerato nella sua interezza e in previsione della prestazione del consenso anche da parte degli altri proprietari, né è di ostacolo al trasferimento l'intervenuta divisione, alla quale il promissario abbia partecipato, ai sensi dell'art. 1113 c.c., prestandovi consenso.

Cass. civ. n. 26692/2020

Anche secondo il sistema tavolare la pubblicità della divisione (o della domanda di divisione giudiziale) non è sottoposta al regime predisposto per gli atti traslativi, ma è imposta ai fini del principio di continuità e per gli effetti previsti dall'art. 1113 c.c. Ne consegue che l'avente causa o il creditore di uno dei comproprietari, il quale abbia trascritto o iscritto il proprio titolo prima della trascrizione della divisione (o della domanda di divisione giudiziale), non rafforza definitivamente il proprio acquisto secondo lo schema dell'art. 2644 c.c., ma, nel concorso delle condizioni previste dall'art. 1113 c.c., acquisisce il diritto di impugnare la divisione già eseguita alla quale non sia stato chiamato a partecipare, o di disconoscerne immediatamente l'efficacia, se l'omissione è incorsa in danno dei soggetti indicati nel comma 3 dello stesso art. 1113 c.c. Nella stessa condizione si trovano l'avente causa e il creditore che abbiano trascritto o iscritto contro il compartecipe prima della trascrizione della domanda di divisione giudiziale.

Cass. civ. n. 15994/2020

I creditori iscritti e coloro che hanno acquistato diritti sull'immobile in virtù di atti trascritti hanno diritto ad intervenire nella divisione, ex art. 1113, comma 1, c.c., ma non ne sono parti necessarie, assumendo la posizione di litisconsorti, con la conseguente necessità d'integrazione del contraddittorio nel giudizio di appello, ex art. 331 c.p.c., soltanto con l'effettivo intervento in causa, anche a seguito di chiamata in giudizio, ex art. 1113, comma 3, c.c., la quale costituisce un onere per i comunisti, sui quali grava l'obbligo di salvaguardare il diritto d'intervento dei creditori iscritti e dei cessionari opponenti o trascriventi.

Cass. civ. n. 4428/2018

La vendita di un bene, facente parte di una comunione ordinaria, da parte di uno solo dei comproprietari, ha solo effetto obbligatorio, essendo la sua efficacia subordinata all'assegnazione del bene al venditore a seguito della divisione; pertanto, fino a tale momento, poiché il bene continua a far parte della comunione, l'acquirente può avvalersi solo dei diritti di cui all'art. 1113 c.c., e non è parte necessaria del giudizio di divisione e la sua mancata evocazione in giudizio comporta unicamente che la divisione non abbia effetto nei suoi confronti, ma non anche l'invalidità della sentenza pronunciata in sua assenza.

Cass. civ. n. 78/2013

L'art. 111 c.p.c., che disciplina la successione a titolo particolare e fa salve, tra le altre, le norme sulla trascrizione, enuncia una regola che attiene non tanto all'integrità del contraddittorio, quanto all'opponibilità della sentenza e si pone quindi su di un piano diverso rispetto all'art. 1113, terzo comma, c.c., dettato per il giudizio divisionale avente ad oggetto beni immobili, il quale, invece, anche al fine di garantire la continuità delle trascrizioni nei registri immobiliari, individua nella trascrizione dell'atto di acquisto il momento determinante per stabilire quali soggetti debbano partecipare al giudizio. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato l'impugnata sentenza che, nell'ambito di un giudizio di scioglimento di comunione su di un fondo, aveva negato la qualità di litisconsorti necessari agli aventi causa della ricorrente, il cui acquisto, sfornito di prova della sua trascrizione, era avvenuto durante il predetto giudizio).

Cass. civ. n. 19529/2012

In tema di scioglimento della comunione, i creditori iscritti e gli aventi causa da un partecipante, pur avendo diritto ad intervenire nella divisione, ai sensi dell'art. 1113, primo comma, c.c., non sono parti in tale giudizio, al quale devono partecipare soltanto i titolari del rapporto di comunione, potendo i creditori iscritti e gli aventi causa intervenire in esso, al fine di vigilare sul corretto svolgimento del procedimento divisionale, ovvero proporre opposizione alla divisione non ancora eseguita a seguito di giudizio cui non abbiano partecipato, senza avere alcun potere dispositivo, in quanto non condividenti; ne consegue che la mancata evocazione dei creditori iscritti e degli aventi causa nel giudizio di scioglimento comporta che la divisione non abbia effetto nei loro confronti, come è espressamente previsto dall'art. 1113, terzo comma, c.c.

Cass. civ. n. 27412/2005

Qualora con la domanda di divisione si chieda lo scioglimento della comunione non ereditaria avente ad oggetto la contitolarità della nuda proprietà, l'usufruttuario pro quota dell'immobile non è parte necessaria del giudizio, atteso che l'usufrutto e la nuda proprietà, costituendo diritti reali diversi, danno luogo — ove spettino a più persone — a un concorso di iura in re aliena sul medesimo bene e non anche ad una comunione in senso proprio, configurabile in presenza della contitolarità del medesimo diritto reale (1100 c.c.) ed alla quale è correlato il giudizio di divisione, che è volto alla trasformazione del diritto ad una quota ideale (della proprietà o di altro diritto reale limitato) su beni individuali; né, d'altra parte, l'art. 784 c.c. prefigura la sussistenza di un litisconsorzio necessario nei confronti dell'usufruttuario pro quota, atteso che, nel giudizio di divisione, l'usufruttuario stesso, il quale abbia acquistato il diritto in base a un negozio trascritto in data anteriore alla trascrizione della domanda di divisione, può essere chiamato in giudizio, ai sensi dell'art. 1113, comma terzo, c.c. in relazione all'art. 106 c.p.c., perché la sentenza abbia effetto nei suoi confronti.

Cass. civ. n. 7485/1991

Il creditore ipotecario chiamato nel giudizio di divisione a norma dell'art. 1113, terzo comma, c.c. assume la posizione di litisconsorte soltanto con l'effettivo intervento, per effetto del quale la divisione è efficace nei suoi confronti. Non ricorre pertanto la necessità d'integrazione del contraddittorio nel giudizio di appello nei confronti del creditore ipotecario che, ritualmente chiamato nel giudizio di primo grado, non vi sia intervenuto volontariamente.

Cass. civ. n. 2889/1973

Per il disposto dell'art. 1113, secondo comma, c.c., l'efficacia dell'opposizione del creditore, ai fini dell'impugnativa della divisione immobiliare di cui sia parte il debitore, è condizionata alla trascrizione dell'atto di opposizione anteriormente alla trascrizione della divisione. La trascrizione si pone quindi come una condizione di ammissibilità della domanda del creditore che deve ex officio essere rilevata dal giudice senza la necessità di un'eccezione di parte.

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Consulenze legali
relative all'articolo 1113 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

Giancarlo C. chiede
mercoledì 27/02/2019 - Sardegna
“Un immobile abitativo è eredità di cinque fratelli.
Uno abita l’appartamento ( senza riconoscere affitti agli altri) e la sua quota 1/5 è gravata da ipoteca equitalia. Gli altri quattro eredi vogliono vendere il bene. Chi vive in appartamento si oppone e il giudice decide in una perizia tecnica per valutare l’immobile e quindi proporre la vendita all’asta.
Può equitalia subentrare nel diritto dell’ipotecato e vendere, in accordo con gli altri, il bene tramite agenzia immobiliare?”
Consulenza legale i 04/03/2019
Da ciò che viene riferito nel quesito si presume che sia pendente un giudizio di divisione ereditaria e che ci si trovi nella fase in cui il giudice, dovendo procedere alla determinazione del valore dell’immobile, abbia disposto la nomina di un consulente tecnico per redigere un perizia estimativa e così poter dare corso alla sua vendita all’asta.

Norme di riferimento in materia sono l’art. 720 del c.c. (relativo alla vendita di immobili non divisibili) nonché, sotto il profilo processuale, l'art. 784 del c.p.c. e ss., contenenti la disciplina del procedimento per lo scioglimento di comunioni, i quali a loro volta richiamano le norme in materia di esecuzione forzata ( art. 570 del c.p.c. e ss).
E’ dunque con riferimento a tali norme che ci si deve muovere per poter rispondere al quesito posto.

Ma il caso di specie si caratterizza anche per un altro aspetto, ossia per il fatto che l’immobile da dividere è gravato da ipoteca in ragione di 1/5 indiviso in favore di Equitalia, per debiti imputabili ad uno solo dei fratelli.
Tale particolare comporta che debba trovare applicazione anche l’art. 1113 del c.c. (dettato in materia di comunione in generale e di scioglimento della comunione, ma riferibile sia alle divisioni ordinarie che alle divisioni ereditarie, sia alle divisioni giudiziali che a quelle contrattuali), nella parte in cui pone a carico dei condividenti l’onere di chiamare ad intervenire nella divisione i creditori e gli aventi causa muniti di titolo iscritto o trascritto anteriormente alla trascrizione della divisione (così il comma 4).

Ratio della norma è quella di tutelare i creditori e gli aventi causa di un condividente, i quali potrebbero ricevere dalla divisione un danno se al loro debitore o dante causa venisse assegnata una porzione di valore inferiore a quello della relativa quota indivisa.
Infatti, la stessa deve essere letta in combinato disposto con l’art. 2825 del c.c., il quale stabilisce un principio di surrogazione reale del bene concretamente assegnato al debitore condividente.

Il suddetto art. 1113 c.c., in effetti, ha fatto sorgere dei problemi interpretativi inerenti ai diritti che a tali creditori debbono essere riconosciuti ed alle conseguenze giuridiche che a tali diritti sono connessi.
I creditori, secondo la concorde opinione di dottrina e giurisprudenza, hanno diritto di intervento, diritto di opposizione e, in presenza di determinati presupposti, diritto di impugnazione, mentre non può loro attribuirsi alcun diritto dispositivo in ordine alla divisione, inteso come di diritto di chiedere la divisione e di parteciparvi manifestando quella volontà che è richiesta a pena di nullità.

Ciò induce inevitabilmente ad escludere che Equitalia, in quanto creditore ipotecario, possa subentrare nei diritti del condividente e, insieme agli altri eredi, addivenire all’accordo di vendere il bene, affidandone il relativo incarico ad una agenzia immobiliare e facendo così cessare la ragione del contendere (ogni manifestazione di volontà in ordine alle sorti del bene da dividere non può che provenire dai legittimi proprietari).
Il creditore ipotecario potrebbe solo fare delle proposte al Giudice incaricato di procedere alla divisione, ma nessuna delle norme processuali richiamate dagli art. 784 e ss cpc rende ammissibile ciò che ci si auspica nel quesito, ossia la vendita mediante agenzia immobiliare.

Quest’ultima forma di vendita, per la verità, ha costituito oggetto di una iniziativa legislativa di alcuni senatori risalente a qualche anno fa, con la quale si proponeva di modificare l’art. 591 del c.p.c., introducendo un nuovo strumento per il Giudice dell’esecuzione, ovvero l’affidamento della vendita forzata ad agenti di affari in mediazione immobiliare; si tratta, comunque, di una proposta che non è andata avanti e che di fatto non ha portato ad alcuna modifica in tal senso del codice di procedura civile.

A questo punto, pertanto, se si teme che l’immobile possa subire un notevole deprezzamento dalla sua vendita all’asta, ciò che può suggerirsi è di avvalersi della facoltà prevista dalla seconda parte dell’art. 720 c.c. I quattro fratelli, in grado di mettersi d’accordo tra loro, potrebbero chiedere congiuntamente l’attribuzione del bene in loro favore, conguagliando in denaro la quota del quinto fratello, versando in suo favore una somma di denaro che poi, di fatto, andrà a soddisfare le ragioni creditorie di Equitalia.

A quel punto, estromesso il quinto fratello, i quattro fratelli rimasti comproprietari potrebbero unanimemente decidere di affidare la vendita del bene ad una agenzia immobiliare, al fine di ricavarne il reale valore di mercato.


S. G. chiede
mercoledì 18/10/2023
“Ogg.: ipoteca contro un erede su quote di eredità di terreno: è possibile frazionare il terreno per liberare dalla ipoteca gli altri eredi?

Nel 2000 è stata fatta una successione di 4 terreni agricoli incolti di modesto valore economico, ognuno diviso in parti uguali tra 3 eredi; nel 2006 l' Agenzia Entrate ha imposto una ipoteca legale a carico di uno degli eredi. Solo un mese fa, essendosi verificata la possibilità di vendita di uno di questi terreni ad un pastore vicino per allargare la sua campagna, si è scoperta la ipoteca. Gli altri eredi, non volendo più avere a che fare con l'erede pignorato, vogliono frazionare il terreno in vendita in proporzione alla quota ipotecata, così da liberare dalla ipoteca tutta la parte rimanente, e poter così procedere alla vendita. E' possibile ciò, tenuto conto che la successione riguardava tutti i terreni agricoli ed era rimasta da allora suddivisa divisa egualmente pro quota tra tutti gli eredi (valore complessivo dei terreni ca. 4-5.000 euro, valore imponibile fiscale meno di 1000 euro)?”
Consulenza legale i 24/10/2023
La norma che può soddisfare le esigenze a cui si fa riferimento nel quesito è l’art. 2825 c.c., rubricato “Ipoteca su beni indivisi”.
Occorre partire dalla considerazione che attualmente ci si trova in una situazione di comunione ereditaria, dalla quale è possibile uscire soltanto a mezzo di divisione, sia essa volontaria o giudiziale, per effetto della quale sarà consentito assegnare a ciascuno dei condividenti porzioni il cui valore dovrà essere corrispondente alle quote astratte loro spettanti sui beni comuni.

Ora, succede non di rado che il bene o i beni da dividere si trovino gravati da ipoteca iscritta anteriormente all’atto di divisione ed in favore di uno o più creditori, i cui interessi devono necessariamente essere tutelati.
Proprio in virtù di tale necessità il legislatore impone che i creditori ipotecari siano chiamati ad intervenire nel rogito notarile di divisione, ponendo il relativo onere a carico degli stessi condividenti e non imponendo per il compimento di tale atto il rispetto di alcuna particolare forma.
Trattasi di un vero e proprio onere, posto nell’interesse degli stessi condividenti, e dal cui mancato assolvimento non se ne fa derivare l’invalidità dell’atto di divisione, bensì una sorta di inefficacia relativa, in quanto la divisione non sarà opponibile ai creditori ipotecari.
Il legislatore stabilisce che per rendere la divisione pienamente opponibile nei confronti dei creditori ipotecari è sufficiente che gli stessi siano chiamati ad intervenire al rogito notarile, ovvero che ne siano venuti a conoscenza al fine di poter tutelare i loro diritti, con la conseguenza che il loro volontario mancato intervento non potrà in alcun modo inficiare la validità di quell’atto (così art. 1113 c.c.).

Una volta chiamati i creditori ipotecari ad intervenire ed effettuata la divisione, potranno verificarsi le seguenti ipotesi:
A) al coerede, che sia anche debitore, vengono assegnati beni per un valore esattamente corrispondente alla quota astratta ipotecata: in questo caso l’ipoteca si concentra sui beni assegnati a seguito della divisione.
B) al coerede debitore gli vengono assegnati beni aventi un valore inferiore rispetto alla quota astratta ipotecata, ma con diritto ad un conguaglio in denaro a carico degli eredi che hanno ricevuto di più: in questo caso l’ipoteca rimane ferma sui beni assegnati e si trasforma in un pegno sul credito delle somme di denaro dovute dagli altri condividenti.

Per far sì che l’originaria iscrizione ipotecaria sulla quota astratta di tutti i beni indivisi venga, per così dire, traslata sul bene assegnato al coerede debitore in sede di divisione, occorre che il notaio incaricato di ricevere il relativo atto pubblico provveda ai necessari e conseguenziali adempimenti pubblicitari, ovvero
a far trascrivere l’ipoteca sul nuovo bene entro il termine di 90 giorni dall’atto di divisione (così dispone espressamente il secondo comma dell’art. 2825 c.c.).
A seguito di tale nuova iscrizione, l’ipoteca, tuttavia, manterrà il grado originario, il che consentirà al creditore di tutelare appieno le sue ragioni nei confronti di chiunque possa medio tempore aver potuto acquistare diritti o trascrivere atti in danno del suo debitore.

Da quanto fin qui detto e sinteticamente illustrato se ne deve dedurre che per conseguire il risultato desiderato non è sufficiente procedere a frazionamento catastale dell’immobile, bensì è indispensabile che dopo aver provveduto a tale frazionamento i coeredi escano dallo stato di indivisione, con attribuzione a ciascuno di essi di una distinta e ben definita porzione dell’immobile originario.
Solo a seguito dello scioglimento formale della comunione, ciascuno dei coeredi sarà considerato titolare esclusivo di una autonoma particella catastale, sulla quale, per il coerede debitore, si concentrerà l’ipoteca originariamente iscritta.

Ovviamente, nulla impedisce che in sede di frazionamento si possano venire a formare due distinte particelle catastali, delle quali una verrà assegnata al coerede debitore e l’altra indivisamente ai rimanenti coeredi, i quali passeranno dallo stato di comunione ereditaria a quello di comunione ordinaria.
A quel punto, i coeredi non debitori potranno liberamente alienare ad un terzo la particella loro assegnata, la quale risulterà libera da ogni iscrizione pregiudizievole, essendosi l’ipoteca concentrata sull’altra particella.