(massima n. 1)
L'azione surrogatoria di cui all'art. 2900 c.c. non può essere esercitata, per la prima volta, attraverso la proposizione del ricorso per Cassazione, "omisso medio" (senza, cioè, avere esercitato la medesima azione nella precedente sede di appello, ovvero avendola ivi erroneamente esercitata), non presentando essa caratteri morfologici meramente "rappresentativi" - tali, cioè, da consentire al soggetto in surroga di inserirsi nel processo in forza di un sottostante rapporto, del tutto indifferente per il terzo cui la domanda è rivolta - bensì connotandosi come attuazione di un potere (attraverso l'esercizio della relativa azione) il cui accertamento processuale è compito necessario del giudice e presuppone una indagine di fatto non compresa nei limiti strutturali e funzionali del giudizio di legittimità (limiti non mutati, "in parte qua", per effetto della modifica dell'art. 384 del codice di rito, sì come novellato dalla l. n. 353 del 1990, che consente alla S.C. una decisione di merito qualora non risultino necessari ulteriori accertamenti in fatto), poiché tale giudizio, a differenza dell'appello, presuppone una impugnativa di tipo "straordinario" (ovvero ad effetto devolutivo delimitato), che non dà luogo ad una nuova valutazione del merito della causa, bensì alla sola revisione della conformità alla legge (sostanziale o processuale) dell'attività giurisdizionale esercitata e dell'esattezza della pronuncia in diritto resa con la sentenza. (Dichiara inammissibile, CORTE D'APPELLO NAPOLI, 24/05/2018).