(massima n. 1)
L'azione surrogatoria, volta a far valere diritti del debitore nei confronti di terzi, ha per presupposto l'inerzia del debitore relativamente all'esercizio di suoi diritti a contenuto patrimoniale, e quindi richiede da parte dell'attore la deduzione di prove idonee a dimostrare l'esistenza di tali diritti. (Nella specie la Suprema Corte ha ritenuto non censurabile in cassazione, perché adeguatamente motivata, l'affermazione del giudice di merito secondo cui non erano state dedotte in maniera idonea le circostanze relative ad una convenzione tra debitore, un suo altro creditore e un terzo acquirente di un suo immobile circa la funzione di garanzia di tale vendita, non essendosi precisato nemmeno se tale convenzione fosse scritta o verbale, se fosse anteriore o contestuale al contratto di vendita, se fosse o meno attuativa di un negozio indiretto e, segnatamente, fiduciario. La Suprema Corte ha rilevato anche che, pur comprovata l'esistenza di un negozio fiduciario, non sarebbe stata ancora dimostrata l'esistenza del diritto del debitore convenuto in surrogatoria di agire per riottenere la disponibilità dell'immobile, il patto relativo al ritrasferimento avendo portata meramente obbligatoria e operando solo una volta estinto il debito garantito. La Suprema Corte ha osservato, poi ad abundantiam ed in adesione all'opinione del giudice di merito — in relazione al petitum dell'attore, che aveva chiesto la vendita del bene immobile oggetto dell'azione — che l'azione surrogatoria può adempiere funzioni esecutive solo eccezionalmente, cioè solo quando tenda al soddisfacimento di un credito in denaro, che, se dal terzo fosse pagato al debitore surrogato, potrebbe essere da questo agevolmente sottratto all'esecuzione).