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Articolo 1015 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Abusi dell'usufruttuario

Dispositivo dell'art. 1015 Codice Civile

L'usufrutto può anche cessare per l'abuso che faccia l'usufruttuario del suo diritto alienando i beni o deteriorandoli [981] o lasciandoli andare in perimento per mancanza di ordinarie riparazioni(1).

L'autorità giudiziaria può, secondo le circostanze, ordinare che l'usufruttuario dia garanzia, qualora ne sia esente, o che i beni siano locati o posti sotto amministrazione a spese di lui, o anche dati in possesso al proprietario con l'obbligo di pagare annualmente all'usufruttuario, durante l'usufrutto, una somma determinata.

I creditori dell'usufruttuario possono intervenire nel giudizio per conservare le loro ragioni, offrire il risarcimento dei danni e dare garanzia per l'avvenire [2900](2).

Note

(1) Ricorre la decadenza per disposizione del giudice solo in ipotesi di inefficace vendita dello stesso, suo deterioramento od omessa manutenzione ordinaria, qualora, a suo parere, i comportamenti elencati - peraltro in modo non tassativo - costituiscano abuso gravissimo.
Da quanto sopra si evince che sono tali tutti i comportamenti dell'usufruttuario che possono essere ritenuti gravi a tal punto da compromettere il diritto del nudo proprietario, come quando la cosa sia danneggiata in modo inevitabile ed irreversibile, risultando il suo valore grandemente diminuito.
(2) L'intervento dei creditori è possibile anche qualora essi non abbiano un titolo esecutivo, un documento, cioè, con cui venga appurata l'esistenza o venga in essere il diritto del creditore da realizzarsi in via esecutiva e da cui si evinca un diritto di credito certo, liquido ed esigibile e tale per cui, se essi risarciscono il danno ed offrono idonea garanzia, si possa evitare l'estinzione dell'usufrutto.

Ratio Legis

La disposizione ha lo scopo di arginare le conseguenze del comportamento dell'usufruttuario che, agendo come se fosse proprietario della cosa, muti l'organizzazione produttiva della stessa.

Brocardi

Rei mutatione interit usufructus

Spiegazione dell'art. 1015 Codice Civile

Le sanzioni a carico dell'usufruttuario nel caso di abuso

La disposizione dell'art. 1014 riproduce letteralmente quella dell’art. 516 del codice del 1865, anche per quanto riguarda il potere del giudice di comminare, come sanzione degli abusi dell'usufruttuario, la decadenza di questo dall'usufrutto. Questa conseguenza era stata giustamente ritenuta eccessiva dalla più autorevole dottrina, la quale aveva osservato che la tutela del proprietario viene sufficientemente realizzata con i provvedimenti cautelari di cui al secondo comma dell'articolo in esame, che tendono a prevenire abusi ulteriori, e col diritto al risarcimento dei danni provocati dal comportamento illecito dell'usufruttuario. L'ulteriore sanzione della decadenza si risolve invece in un indebito arricchimento del proprietario. Ma il problema, per quanto sia stato ampiamente discusso in sede di elaborazione del testo definitivo, è rimasto allo status quo ante.

L' estinzione dell' usufrutto per abusi commessi dall'usufruttuario deve essere dunque pronunciata da una sentenza costitutiva e ha efficacia dal giorno della domanda: essa ha il carattere di una pena e non ha alcuna funzione restitutoria riparatoria, non potendosi considerare come un sostitutivo o un equivalente del risarcimento del danno. Può essere dubbio anzi se la sanzione della decadenza possa essere cumulata con quella del risarcimento dei danni già verificatisi, ma è da ritenere che non sia ammissibile il cumulo, altrimenti l’estinzione dell'usufrutto si risolverebbe veramente in un vantaggio assolutamente gratuito per il proprietario. La decadenza dall'usufrutto può essere pronunciata dal giudice solo su domanda del proprietario e solo per quei beni rispetto ai quali gli abusi si siano compiuti. Essa ha inoltre carattere repressivo e non può essere applicata per il solo fatto che gli abusi siano solo temuti.

Le ragioni che possono giustificare l'applicazione della sanzione della estinzione dell'usufrutto devono essere molto gravi. La legge in via esemplificativa considera come tali l'alienazione dei beni che l'usufruttuario fa come se fosse il proprietario, il deterioramento dovuto naturalmente a dolo o a colpa dell'usufruttuario e che deve avere un certo carattere di gravità, e infine l'inadempimento all'obbligo di manutenzione ordinaria che produce o minacci di produrre il perimento dei beni. A queste cause che possono provocare l'estinzione dell'usufrutto per abuso si deve certamente aggiungere l'inadempimento all'obbligo di conservare la destinazione economica, quando assuma tale gravità da compromettere le ragioni del proprietario.

Ma l'applicazione della sanzione in oggetto dipende sempre dal prudente apprezzamento discrezionale del giudice, il quale, con insindacabile valutazione delle circostanze di fatto, può, invece che comminare la decadenza, disporre, anche nei casi più gravi, provvedimenti cautelari idonei ad assicurare la conservazione delle ragioni del proprietario e condannare l'usufruttuario al risarcimento dei danni già prodotti alla cosa.

I provvedimenti che alternativamente il giudice può prendere sono:
a) l'imposizione all'usufruttuario, che ne sia stato esonerato, dell'obbligo di prestare cauzione;
b) l'affitto dei beni soggetti all'usufrutto, in maniera che l'usufruttuario perde il diritto di utilizzare direttamente le cose;
c) l'amministrazione dei beni affidata a un terzo a spese dell'usufruttuario, che perciò conserva integro il diritto ai frutti;
d) la restituzione dei beni al proprietario con l'obbligo di questo di pagare annualmente all'usufruttuario una somma che il giudice determinerà, secondo le circostanze, sulla base del reddito dei beni, con la conseguenza che il proprietario resta liberato da ogni obbligo di rendiconto rispetto all'amministrazione.

Oltre che per effetto dell'esercizio del potere discrezionale che la legge attribuisce al giudice, la sanzione della decadenza può essere evitata per effetto dell'intervento nel giudizio, in cui la decadenza si chiede, dei creditori dell'usufruttuario. Deve ritenersi pacifica l'interpretazione secondo la quale la facoltà accordata ai creditori d'intervenire nel giudizio per conservare le loro ragioni serva appunto a evitare, almeno nei loro confronti, la estinzione dell'usufrutto. Essi devono a tale scopo offrire il risarcimento dei danni per quanto riguarda il passato e dare cauzione per l'avvenire. Se la loro domanda è accolta, essi acquistano il diritto di appropriarsi dei redditi dell'usufrutto sino alla concorrenza dei loro crediti, il residuo va però al proprietario, dovendosi, nei rapporti tra questo e l'usufruttuario, considerarsi estinto l'usufrutto.

Si deve infine rilevare che l’ estinzione per abuso non pregiudica le ragioni dei creditori ipotecari che abbiano iscritto la loro ipoteca anteriormente alla domanda di decadenza e che possono sempre espropriare il diritto a loro favore ipotecato ancorché non siano intervenuti nel giudizio in cui si è chiesta la decadenza dell'usufruttuario. In tal caso la estinzione dell'usufrutto rimane un fatto puramente interno. Se l’usufrutto può essere espropriato, l'aggiudicatario acquista il diritto come se fosse un cessionario.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

486 Le disposizioni dell'art. 1015 del c.c., art. 1016 del c.c. e art. 1018 del c.c., concernenti gli abusi dell'usufruttuario nell'esercizio del suo diritto, il patimento parziale della cosa soggetta all'usufrutto e il perimento dell'edificio, riproducono, salvo qualche emendamento di carattere formale, quelle corrispondenti del codice del 1865 (articoli 516, 519 e 520). Si prevede l'ipotesi di perimento della cosa per colpa di terzi e si dispone che in tal caso l'usufrutto si trasferisce sull'indennità dovuta dal responsabile del danno (art. 1017 del c.c.). Lo stesso trasferimento si opera se la cosa sia requisita o espropriata per pubblico interesse (art. 1020 del c.c.). Anche nel caso di assicurazione si applica la regola della surrogazione reale: l'usufrutto si trasferisce sull'indennità dovuta dall'assicuratore, quando l'usufruttuario ha provveduto all'assicurazione della cosa o al pagamento dei premi per la cosa già assicurata (art. 1019 del c.c., primo comma). Se si tratta di un edificio, il proprietario ha facoltà di destinare la somma alla ricostruzione di esso, nel qual caso l'usufrutto grava sull'edificio ricostruito; se però il proprietario impiega nella ricostruzione una somma maggiore di quella spettante in usufrutto, il diritto dell'usufruttuario è limitato in proporzione di quest'ultima (art. 1019, secondo comma).

Massime relative all'art. 1015 Codice Civile

Cass. civ. n. 7031/2022

L'art 1015 c.c., conformemente all'art 516 c.c. del 1865, prevede tre distinte ipotesi in presenza delle quali l'usufruttuario puo essere dichiarato decaduto dall'usufrutto, che ricorrono quando l'usufruttuario alieni i beni o li deteriori o li lasci andare in perimento per mancanza di ordinarie riparazioni. La decadenza, peraltro, non può che riguardare i casi piu gravi, in quanto per gli abusi di minore gravità la stessa legge prevede, nel comma 2 dell'art. 1015 c.c., rimedi meno rigorosi di carattere non repressivo e sanzionatorio, ma semplicemente cautelari, a tutela preventiva del diritto del nudo proprietario.

Cass. civ. n. 14803/2017

Il nudo proprietario che chieda la decadenza dell'usufruttuario dal suo diritto in conseguenza dell'abuso fattone, ex art. 1015 c.c., consistente nella mancanza di ordinarie riparazioni che lasci andare in perimento i beni che ne formano oggetto, deve limitarsi a dimostrare la sussistenza di tale condizione al momento della proposizione della domanda, mentre grava sull'usufruttuario, che affermi che la mancanza di manutenzione preesisteva alla costituzione del suo diritto, l'onere di provare tale circostanza, trattandosi un'eccezione diretta a paralizzare la pretesa fatta valere in giudizio.

Cass. civ. n. 7886/1998

Il nudo proprietario il quale chieda la decadenza dell'usufruttuario dal suo diritto, adducendo che si sia verificata una delle ipotesi previste dall'art. 1015 c.c. (abuso del diritto consistente nell'alienazione o nel deterioramento dei beni che ne formano oggetto, ovvero nella mancanza di ordinarie riparazioni che li lasci andare in perimento), deve limitarsi a dimostrare la sussistenza di tali condizioni al momento della proposizione della domanda esaurendosi con questa prova l'onere posto a suo carico. Pertanto, l'usufruttuario, il quale affermi che la mancanza di manutenzione preesisteva alla costituzione del suo diritto, propone un'eccezione che, essendo diretta a paralizzare la pretesa fatta valere in giudizio, deve essere da lui provata.

Cass. civ. n. 1571/1995

L'usufruttuario, che esegue (o che consenta siano eseguite) opere che alterino l'originaria destinazione dell'immobile oggetto del suo diritto, si rende inadempiente all'obbligazione di godere della cosa usando della diligenza del buon padre di famiglia e, essendo tenuto a risarcire il danno che ne derivi al nudo proprietario, può essere condannato al risarcimento del danno in forma specifica e, perciò al ripristino delle precedenti condizioni dell'immobile.

Cass. civ. n. 699/1976

La decadenza dell'usufrutto per abusi, a norma del primo comma dell'art. 1015 c.c., riguarda i casi più gravi, poiché per gli abusi meno gravi dell'usufruttuario la legge stessa prevede, nel secondo comma della norma citata, rimedi meno rigorosi di carattere non repressivo, ma semplicemente cautelare a tutela preventiva del nudo proprietario; pertanto, l'esclusione dell'ipotesi di decadenza dell'usufrutto per abusi non impedisce l'applicabilità delle anzidette misure cautelati a carico dell'usufruttuario.

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Consulenze legali
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C. G. chiede
giovedì 01/10/2015 - Sicilia
“Faccio seguito al precedente quesito n.14072. del quale sono molto soddisfatto.
Purtroppo a causa delle mie condizioni di salute sono stato costretto ad uscire dall'appartamento insieme a moglie e figlia.Mia madre si rifiuta pure di effettuare qualsiasi tipo di manutenzione ordinaria e straordinaria da quando 12 anni fa è deceduto mio padre.Sempre a causa delle mie precarie condizioni di salute in notevole peggioramento quoad valetudinem sarebbe troppo gravoso per me agire ai sensi dell'art 1015 del c.c. Ritengo gravemente immorale il comportamento di mia madre la quale ragiona perfettamente, ma è oltremodo egoista e vuole vivere da sola in 230 mq. Potrei almeno ospitare gratuitamente una famiglia di immigrati che non mancano qui.
Grazie e complimenti per il vostro servizio che mi consente di operare senza muovermi da casa.”
Consulenza legale i 06/10/2015
Il titolare del diritto di abitazione può vedersi dichiarare l'estinzione del proprio diritto qualora ne abusi, in applicazione analogica di una norma sull'usufrutto (art. 1015 del c.c.). In particolare, si ha abuso quando il titolare del diritto alieni il bene, lo deteriori o lo lasci andare in perimento per omessa manutenzione.
Il caso di specie rientra perfettamente in questa ipotesi, quindi è concretamente ipotizzabile una azione giudiziale volta a chiedere la dichiarazione di estinzione del diritto.

Purtroppo, senza una vera e propria azione in giudizio, non c'è modo di contestare alla madre il suo comportamento illecito.
Si potrebbe pensare di instaurare un giudizio ai sensi degli artt. 702 bis e seguenti c.p.c., se l'omessa manutenzione dell'immobile da parte dell'habitator è facilmente provabile con soli documenti. Si tratta di un procedimento più semplice del giudizio ordinario e teoricamente più breve, ma c'è sempre il rischio che il giudice ritenga di dover mutare il rito e trasformarlo in un processo "normale", se reputa necessaria una istruttoria più approfondita. Tale scelta processuale, quindi, andrebbe valutata insieme ad un avvocato.

Si ribadisce, in ogni caso, il diritto del figlio-proprietario di condividere l'immobile con la madre, visto che la grandezza dell'abitazione consente di mantenere integro il diritto della donna, limitato alle sue sole esigenze abitative (v. quesito 14072).

Quanto alla possibilità di ospitare una famiglia di immigrati, o comunque, in generale, di consentire a terzi (diversi dal proprietario) il godimento dell'immobile su cui insiste il diritto di abitazione, si ritiene in generale che ciò sia possibile solo se l'esito di questa cessione ai terzi comporti la restrizione del diritto di abitazione dell'habitator. Ad esempio, se l'immobile è conformato in modo tale da consentire la locazione separata di una sua parte - che sia oggettivamente autonoma, con separato accesso - non si vedrebbero ragioni per impedire al proprietario di concedere tale parte in uso ad altri.

Tuttavia, nel caso di specie, sembra che l'appartamento, per quanto grande, non consenta di far convivere la madre e altri soggetti estranei senza ledere in qualche modo le esigenze abitative della donna. Non si può ignorare, infatti, che la convivenza con il figlio sarebbe ben diversa da quella "imposta" insieme a dei perfetti estranei.

Pertanto, si reputa non percorribile la strada di concedere a terzi il godimento dell'immobile, a maggior ragione a titolo gratuito, in quanto la donna potrebbe impugnare la decisione facendo valere il proprio diritto di abitazione, pretendendo che il proprietario o comunque qualsiasi terzo si astengano da ingerenze idonee a disturbare o impedire il suo godimento.