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Articolo 2751 bis Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Crediti per retribuzioni e provvigioni, crediti dei coltivatori diretti, delle società od enti cooperativi e delle imprese artigiane

Dispositivo dell'art. 2751 bis Codice Civile

(1)Hanno privilegio generale sui mobili i crediti riguardanti:

  1. 1) le retribuzioni dovute, sotto qualsiasi forma, ai prestatori di lavoro subordinato e tutte le indennità dovute per effetto della cessazione del rapporto di lavoro, nonché il credito del lavoratore per i danni conseguenti alla mancata corresponsione, da parte del datore di lavoro, dei contributi previdenziali ed assicurativi obbligatori ed il credito per il risarcimento del danno subito per effetto di un licenziamento inefficace, nullo o annullabile(2)(3)(4);
  2. 2) le retribuzioni dei professionisti, compresi il contributo integrativo da versare alla rispettiva cassa di previdenza ed assistenza e il credito di rivalsa per l'imposta sul valore aggiunto,(5) e di ogni altro prestatore d'opera [intellettuale](6) dovute per gli ultimi due anni di prestazione;
  3. 3) le provvigioni derivanti dal rapporto di agenzia dovute per l'ultimo anno di prestazione e le indennità dovute per la cessazione del rapporto medesimo(7);
  4. 4) i crediti del coltivatore diretto, sia proprietario che affittuario, mezzadro, colono soccidario o comunque compartecipante, per i corrispettivi della vendita dei prodotti, nonché i crediti del mezzadro o del colono indicati dall'articolo 2765;
  5. 5) i crediti dell'impresa artigiana, definita ai sensi delle disposizioni legislative vigenti, nonché delle società ed enti cooperativi di produzione e lavoro per i corrispettivi dei servizi prestati e della vendita dei manufatti(8);
  6. 5-bis) i crediti delle società cooperative agricole e dei loro consorzi per i corrispettivi della vendita dei prodotti(9);
  7. 5-ter) i crediti delle imprese fornitrici di lavoro temporaneo di cui alla legge 24 giugno 1997, n. 196, per gli oneri retributivi e previdenziali addebitati alle imprese utilizzatrici(10).

Note

(1) Articolo introdotto dall'art. 2 della L. 29 luglio 1975, n. 426.
(2) Con la sentenza 28 novembre 1983, n. 326, la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale la parte di tale disposizione in cui non munisce del privilegio generale il credito del lavoratore subordinato per danni conseguenti ad infortunio sul lavoro del quale sia responsabile il datore di lavoro, nei limiti in cui il creditore non sia soddisfatto dalla percezione delle indennità previdenziali e assistenziali obbligatorie dovute al lavoratore subordinato in conseguenza del medesimo infortunio.
(3) La stessa Corte, con sentenza 29 maggio 2002, n.220, ha inoltre sancito l'illegittimità costituzionale dell'ipotesi in cui il privilegio generale mobiliare non viene concesso al credito del lavoratore subordinato per danni conseguenti a malattia professionale, della quale risulti responsabile il datore di lavoro.
(4) Infine, la sentenza 6 aprile 2004, n. 11, ha stabilito illegittima anche la parte della disposizione al n. 1 del presente articolo dove non attribuisce il privilegio generale sui mobili in relazione al credito del lavoratore subordinato per danni da demansionamento subiti a causa di un illegittimo comportamento del datore di lavoro.
(5) Numero modificato dall'art. 1, comma 474, della legge 27 dicembre 2017, n. 205.
(6) La Corte Costituzionale con sentenza 29 gennaio 1998, n. 1 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 2751-bis, n. 2, del codice civile limitatamente alla parola "intellettuale".
(7) La Corte Costituzionale, con sentenza 9 giugno - 1 luglio 2022, n. 167, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 2751-bis, numero 3), e dell'art. 1, comma 474, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (che ha modificato il comma 1, numero 2) del presente articolo) "nella parte in cui non prevedono, in favore dell'agente che svolga una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, il privilegio generale sui mobili esteso al credito di rivalsa per l'imposta sul valore aggiunto (IVA) sulle provvigioni dovute per l'ultimo anno di prestazione".
(8) Numero così sostituito dall'art. 36, D. L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito dalla L. 26 aprile 2012, n. 35 (cosiddetto "decreto semplifica Italia").
(9) Questo numero è stato inserito dall'art. 18, L. 31 gennaio 1992, n. 59 (Società cooperative).
(10) Tale numero è stato aggiunto ex art. 117, comma 2, L. 23 dicembre 2000, n. 388 (Legge finanziaria 2001).

Ratio Legis

L'intento della disposizione in commento è il medesimo dell'articolo precedente, ossia la definizione di ulteriori privilegi generali mobiliari, previsti per determinati crediti.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 2751 bis Codice Civile

Cass. civ. n. 2892/2023

In tema di privilegio generale sui mobili ex art. 2751 bis, n. 5, c.c., l'iscrizione nell'albo delle imprese artigiane integra un presupposto formale necessario, anche se non sufficiente, per il riconoscimento del cd. privilegio artigiano, ai cui fini occorre altresì verificare la sussistenza in concreto dei requisiti sostanziali, alla stregua dell'art. 2083 c.c., oppure della legge-quadro n. 443 del 1985, a seconda che si tratti, rispettivamente, di crediti sorti prima o dopo il 10 febbraio 2012, data di entrata in vigore del d.l. n. 5 del 2012 (conv. con modif. dalla l. n. 35 del 2012), il cui art. 36 ha modificato il predetto art. 2751 bis, n. 5, c.c.

Cass. civ. n. 7085/2022

In tema di privilegio previsto dall'art. 2751 bis, n. 5, c.c., la natura cooperativa e mutualistica dell'impresa non è di per sé idonea a giustificare l'applicazione del suddetto privilegio, essendo comunque necessari specifici requisiti quali, da un lato, l'effettiva pertinenza e correlazione del credito al lavoro dei soci, dall'altro la prevalenza dell'apporto lavorativo di questi ultimi rispetto a quello dei dipendenti non soci, che non solo impongono di enucleare nell'ambito del fenomeno cooperativistico una più ristretta area di imprese ammesse a beneficiare del privilegio in questione, ma escludono anche la possibilità di fare ricorso, a tal fine, a parametri diversi da quelli indicati.

Cass. civ. n. 6884/2022

In tema di privilegio generale sui beni mobili dovuto sui compensi per le prestazioni professionali rese dall'avvocato, in caso di plurimi incarichi svolti dal professionista il termine temporale degli "ultimi due anni di prestazione" previsto dall'art. 2751 bis, comma 1 n. 2, c.c., va riferito al complessivo rapporto professionale, sicché restano fuori dal privilegio i corrispettivi degli incarichi conclusi in data anteriore al biennio precedente la cessazione del complessivo rapporto.

Cass. civ. n. 36544/2021

In tema di ammissione al passivo della liquidazione coatta amministrativa di un'impresa assicuratrice, il credito del professionista previsto dal contratto d'opera professionale per l'ipotesi di recesso anticipato del cliente non gode del privilegio di cui all'art. 2751-bis, comma 1, n. 2, c.c., disposizione limitata alla sola retribuzione dovuta al professionista medesimo per gli ultimi due anni di prestazione, insuscettibile di applicazione analogica ad altre forme di remunerazione della prestazione intellettuale prestata.

Cass. civ. n. 10990/2021

La domanda di ammissione al passivo fallimentare postula, ai fini del riconoscimento del privilegio, la necessaria indicazione nel ricorso, ai sensi dell'art. 93, comma 3, n. 4, della l. fall., dell'eventuale titolo di prelazione, conseguendo, all'eventuale omissione o assoluta incertezza del titolo in parola, la degradazione a chirografario del credito invocato.

Cass. civ. n. 22210/2018

L'art. 2751 bis, n. 5, c.c., che persegue lo scopo di agevolare le cooperative di produzione e lavoro nella realizzazione dei crediti collegati prevalentemente alla prestazione di un'attività lavorativa diretta da parte dei soci, attribuisce privilegio generale sui mobili a favore non di tutti i crediti delle società od enti cooperativi di produzione e di lavoro, ma soltanto di quelli relativi ai corrispettivi dei servizi prestati e della vendita dei manufatti.

Cass. civ. n. 11917/2018

L'insinuazione al passivo del credito della società semplice agricola non è assistita dal privilegio di cui all'art. 2751 bis, n. 4, c.c. che, attesa la natura eccezionale della disciplina dei privilegi, può essere riconosciuto nel solo caso di crediti vantati da persona fisica e in particolare dal coltivatore diretto, la cui qualifica si desume dagli artt. 1647 e 2083 c.c. ed il cui elemento caratterizzante si rinviene nella coltivazione del fondo da parte del titolare, con prevalenza del lavoro proprio e di persone della sua famiglia.

Cass. civ. n. 28830/2017

l privilegio dell'art. 2751 bis n. 5 c.c., rivolto a tutelare crediti assimilabili a quelli di lavoro in quanto integranti corrispettivi di servizi prestati da imprenditori artigiani o da enti cooperativi di produzione e lavoro, non compete, con riguardo a servizi di trasporto, per crediti insorti in favore di un consorzio di imprenditori il quale non espleti direttamente i servizi medesimi, essendo irrilevante che il consorzio si limiti a ripartire detti servizi con successivi contratti di subtrasporto fra i singoli consorziati, ovvero stipuli tali contratti in rappresentanza dei singoli consorziati, i quali conferiscono mandato in tal senso.

Cass. civ. n. 23584/2017

In tema di insinuazione al passivo, deve essere riconosciuta la natura privilegiata del credito ex art. 2751 bis n.2 c.c. nel caso di convenzione stipulata da ASL con autorizzazione per i propri dipendenti allo svolgimento di attività didattica retribuita in orario non lavorativo in favore di un soggetto privato (nella specie, ente di formazione di un'organizzazione sindacale successivamente sottoposto ad amministrazione straordinaria), poiché tali attività sono da ritenere prestazione di opera professionale, sebbene il credito sia fatto valere da un soggetto diverso dal prestatore, sempre che ricorra la prova della riferibilità del credito alla prestazione svolta personalmente dal professionista dipendente della ASL.

Cass. civ. n. 20390/2017

In tema di ammissione allo stato passivo fallimentare, la causa del privilegio previsto dall'art. 2751 bis c.c., n.1, va individuata nella natura retributiva delle somme oggetto della relativa domanda, che va riconosciuta agli accantonamenti destinati al pagamento di ferie, gratifiche natalizie e festività infrasettimanali che il datore di lavoro ha l'obbligo di versare alla Cassa Edile, diversamente dai contributi dovuti dal datore di lavoro e dai lavoratori alla Cassa medesima, che sono finalizzati a dotare la Cassa di previdenza delle disponibilità economiche necessarie per il conseguimento dei propri fini istituzionali e ai quali non può dunque riconoscersi natura retributiva.

Cass. civ. n. 23426/2016

Il lavoratore non può chiedere al datore di lavoro il pagamento in proprio favore dei contributi non versati, salvo che per la quota a suo carico, la quale, infatti, a titolo di sanzione, grava definitivamente sul datore di lavoro inadempiente quale componente della relativa obbligazione retributiva. Ne consegue che, in caso di fallimento del datore di lavoro, il lavoratore dev'essere ammesso al passivo, per le retribuzioni non corrisposte, con collocazione privilegiata a norma dell'art. 2751 bis, n. 1, c.c., al netto della quota contributiva gravante sul datore e al lordo di quella gravante sul lavoratore medesimo.

Cass. civ. n. 22147/2016

I requisiti essenziali perché una cooperativa di produzione e lavoro sia ammessa, in sede di accertamento del passivo fallimentare, al privilegio previsto dall'art. 2751 bis, n. 5, c.c. sono, per un verso, che il credito risulti pertinente ed effettivamente correlato al lavoro dei soci e, per altro verso, che l'apporto lavorativo di questi ultimi sia prevalente rispetto al lavoro dei dipendenti non soci. Ne consegue che, ai fini del riconoscimento del predetto privilegio, non è possibile il ricorso a parametri diversi da quelli indicati, collegati a canoni funzionali o dimensionali ovvero a comparazioni fra lavoro dei soci e capitale investito.

Cass. civ. n. 17046/2016

Il privilegio di cui al n. 5-bis dell'art. 2751-bis c.c., con cui il legislatore ha superato la distinzione tra cooperative (e consorzi) di produzione e lavoro in agricoltura e cooperative di imprenditori agricoli per la trasformazione e alienazione dei prodotti, con conseguente irrilevanza della dimensione quantitativa dell'impresa e della struttura organizzativa, si fonda non sulla sola qualifica soggettiva del creditore (cooperativa o consorzio agrario iscritto nel relativo registro), ma sulla natura oggettiva del credito ovvero sul fatto che esso derivi dall'attività nella quale si esplica la funzione cooperativa specialmente tutelata dal legislatore, dovendosi dar conto della natura del credito fatto valere e della circostanza che l'attività posta concretamente in essere dalla cooperativa sia collegata con la finalità solidaristica.

Cass. civ. n. 6285/2016

La domanda di insinuazione al passivo fallimentare proposta da uno studio associato fa presumere l'esclusione della personalità del rapporto d'opera professionale da cui quel credito è derivato, e, dunque, l'insussistenza dei presupposti per il riconoscimento del privilegio ex art. 2751 bis, n. 2, c.c., salvo che l'istante dimostri che il credito si riferisca ad una prestazione svolta personalmente dal professionista, in via esclusiva o prevalente, e sia di pertinenza dello stesso professionista, pur se formalmente richiesto dall'associazione.

Cass. civ. n. 6842/2015

Ai fini del riconoscimento del privilegio di cui all'art. 2751 bis, n. 4, cod. civ., spettante al coltivatore diretto e non all'imprenditore agricolo come definito dall'art. 2135 cod. civ., nel testo sostituito dall'art. 1 del d.lgs. 18 maggio 2001, n. 228, la qualifica di "coltivatore diretto" si desume dalla disciplina di cui agli artt. 1647 e 2083 cod. civ., sicchè l'elemento qualificante va rinvenuto nella coltivazione del fondo da parte del titolare con prevalenza del lavoro proprio e di persone della sua famiglia, attività con la quale è compatibile quella di allevamento del bestiame solo qualora quest'ultima si presenti in stretto collegamento funzionale con il fondo.

Cass. civ. n. 5685/2015

In tema di privilegio generale sui mobili, l'art. 2751 bis, primo comma, n. 5, cod. civ., come sostituito dall'art. 36 del d.l. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, laddove accorda il privilegio ai crediti dell'impresa artigiana "definita ai sensi delle disposizioni legislative vigenti", non ha natura interpretativa e valore retroattivo, facendo difetto sia l'espressa previsione nel senso dell'interpretazione autentica, sia i presupposti di incertezza applicativa che ne avrebbero giustificato l'adozione, sicché, riguardo al periodo anteriore all'entrata in vigore della novella, resta fermo che l'iscrizione all'albo delle imprese artigiane ex art. 5 della legge 8 agosto 1985, n. 443, non spiega alcuna influenza sul riconoscimento del privilegio, dovendosi ricavare la nozione di "impresa artigiana" dai criteri generali di cui all'art. 2083 cod. civ.

In tema di impresa artigiana, i criteri richiesti dall'art. 2083 cod. civ., ed in genere dal codice civile, valgono per l'identificazione dell'impresa artigiana nei rapporti interprivati, mentre quelli posti dalla legge speciale (legge 8 agosto 1985 n. 443) sono, invece, necessari per fruire delle provvidenza previste dalla legislazione (regionale) di sostegno, sicché l'iscrizione all'albo di un'impresa artigiana, effettuata ai sensi dell'art. 5 della ricordata legge n. 443 del 1985, non spiega alcuna influenza ai fini dell'applicazione dell'art. 2751 bis, n. 5, cod. civ. - nel testo vigente "ratione temporis", prima della novella introdotta dal d.l. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito dalla legge n. 35 del 2012 - dettato in tema di privilegi, dovendosi, a tal fine, ricavare la relativa nozione alla luce dei criteri fissati, in via generale, dall'art. 2083 cod. civ. Ne consegue che, per accertare la ricorrenza della qualità di piccolo imprenditore, occorre valutare l'attività svolta, il capitale impiegato, l'entità dell'impresa, il numero dei lavoratori, l'entità e la qualità della produzione, i finanziamenti ottenuti e tutti quegli elementi atti a verificare se l'attività venga svolta con la prevalenza del lavoro dell'imprenditore e della propria famiglia, mentre risulta irrilevante il superamento delle soglie di fallibilità, ex art. 1, secondo comma, legge fall., nel testo novellato dal d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, non sussistendo più alcun collegamento tra la condizione di piccolo imprenditore e i presupposti per il fallimento.

Cass. civ. n. 4383/2015

È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2751 bis, n. 5, cod. civ., nella parte in cui non prevede l'applicabilità del privilegio, che assiste i crediti dell'impresa artigiana e delle società od enti cooperativi di produzione e lavoro per i corrispettivi dei servizi prestati e della vendita di manufatti, anche ai crediti per compensi di appalti d'opera, attesa la mancanza, in tale ultima ipotesi, della sicura prevalenza dell'attività lavorativa rispetto agli altri fattori produttivi dell'impresa, in quanto la considerazione contrattuale della prestazione lavorativa nella sua globalità non consente di valutare l'incidenza delle singole componenti, sicché risulta ragionevole la previsione di un trattamento differenziato.

Cass. civ. n. 4769/2014

Il credito costituito dal compenso in favore dell'amministratore di società, anche se di nomina giudiziaria, non è assistito dal privilegio generale di cui all'art. 2751 bis, n. 2, cod. civ., atteso che egli non fornisce una prestazione d'opera intellettuale, né il contratto tipico che lo lega alla società è assimilabile al contratto d'opera, di cui agli artt. 2222 e ss. cod. civ. non presentando gli elementi del perseguimento di un risultato, con la conseguente sopportazione del rischio, mentre l'"opus" (e cioè l'amministrazione) che egli si impegna a fornire non è, a differenza di quello del prestatore d'opera, determinato dai contraenti preventivamente, né è determinabile aprioristicamente, identificandosi con la stessa attività d'impresa.

Cass. civ. n. 1740/2014

In tema di privilegio generale sui beni mobili dovuto sui compensi per le prestazioni professionali rese dall'avvocato, in caso di plurimi incarichi svolti dal professionista il termine temporale degli "ultimi due anni di prestazione" previsto dall'art. 2751 bis, n. 2, cod. civ., va riferito al complessivo rapporto professionale, sicché restano fuori dal privilegio i corrispettivi degli incarichi conclusi in data anteriore al biennio precedente la cessazione del complessivo rapporto.

Cass. civ. n. 27986/2013

L'art. 2751-bis, numero 3), c.c., inserito dall'art. 2 della legge 29 luglio 1975, n. 426, deve essere interpretato, in conformità con l'art. 3 Cost. ed in sintonia con la "ratio" della stessa disposizione codicistica, nel senso che il privilegio dei crediti ivi previsto non assiste quelli per provvigioni spettanti alla società di capitali che eserciti l'attività di agente.

Cass. civ. n. 7433/2012

L'art. 2751 bis n. 3 c.c., nel testo introdotto dall'art. 2 della legge n. 426 del 1975, nell'accordare il privilegio generale sui mobili alle provvigioni ed indennità derivanti dal rapporto di agenzia, trova applicazione anche se il creditore che esercita l'attività di agenzia sia una società non iscritta nel ruolo degli agenti, poiché ha riferimento alla sola causa del credito originata da detto rapporto, omettendo qualunque riferimento alla qualità personale del creditore; proprio in ragione di tale collegamento tra privilegio e causa del credito, la citata previsione, sebbene collocata nel contesto di una disposizione che valorizza l'apporto personale del creditore, non è in contrasto con l'art. 3 della Cost., per la parificazione tra profitto ricavato dall'agente in forma societaria e salario, né determina la necessità di distinguere tra società di persone e società di capitali e di verificare la preminenza del fattore personale su quello organizzativo.

Cass. civ. n. 24651/2011

In materia di accertamento del passivo fallimentare, l'onere di dimostrare il possesso dei requisiti normativi che legittimano il riconoscimento del privilegio ex art. 2751 bis n. 5 c.c. grava sul creditore; tale riconoscimento non può essere escluso solo in forza della qualità di imprenditore collettivo del creditore, dato che alla luce della modifica apportata all'art. 3 della legge 8 agosto 1985, n. 443 dalla legge 20 maggio 1997, n. 133, può ritenersi artigiana anche l'impresa che, nei limiti dimensionali e con gli scopi previsti dalla norma, sia esercitata in forma di s.r.l. unipersonale o di società in accomandita, purché il socio unico sia in possesso dei requisiti indicati dall'art. 2 di detta legge e non sia unico socio di altra s.r.l.

Cass. civ. n. 23491/2011

La disposizione di cui all'art. 2751 bis c.c., relativa al privilegio generale sui mobili di crediti retributivi, deve essere interpretata nel senso della non riferibilità ai crediti vantati dagli eredi "iure proprio" - come quello al risarcimento del danno morale e alla vita di relazione patito in seguito alla morte di un congiunto prestatore di lavoro - senza che ciò generi un dubbio di legittimità costituzionale, essendo la "ratio" della norma quella di riconoscere una collocazione privilegiata a determinati crediti, in quanto derivanti dalla prestazione di attività lavorativa svolta in forma subordinata o autonoma e, perciò, destinati a soddisfare le esigenze di sostentamento del lavoratore, mentre l'assimilazione al medesimo, quanto ai privilegi, dei suoi eredi comporterebbe una ingiustificata equiparazione di situazioni diverse, in contrasto con il principio di uguaglianza.

Cass. civ. n. 17996/2011

Ai fini del riconoscimento del privilegio al credito vantato da impresa artigiana, ai sensi dell'art. 2751 bis, n. 5, c.c., occorre la preminenza del "fattore lavoro" sul capitale investito e la prevalenza del lavoro personale del titolare dell'impresa, che va intesa non solo nel senso quantitativo, ma anche in senso funzionale e qualitativo, in rapporto con le caratteristiche strutturali fondamentali dell'impresa e con la natura del bene prodotto o del servizio reso. (Nella specie, tale preminenza è stata riconosciuta sulla base della natura manuale dell'attività di pianificazione svolta dal titolare dell'impresa, il quale preparava l'impasto, nonché della sostanziale coincidenza tra costo dei salari e utile dell'imprenditore dell'esiguo numero dei dipendenti e della preminenza rispetto al capitale fisso, di salari e utili.

Cass. civ. n. 12012/2011

In sede di valutazione circa il carattere artigiano o meno di un'impresa, agli effetti del riconoscimento del privilegio di cui all'art. 2751 bis, n. 5, c.c., l'elemento c.d. qualitativo dà rilievo al lavoro nella sua comparazione col capitale allorché i valori numerici risultino a favore di quest'ultimo fattore produttivo, nel senso che il giudice di merito può assegnare la prevalenza al lavoro quando la particolare qualificazione dell'attività personale dell'imprenditore assuma un significato tale da risultare il connotato essenziale dell'impresa, ma non anche nel senso che ai fini del riconoscimento della qualifica artigiana sia indispensabile che l'impresa si caratterizzi per l'opera qualificante dell'imprenditore. Pertanto, ove difetti l'elemento costituito dalla particolare professionalità dell'imprenditore, l'impresa resta pur sempre nell'area delle imprese artigiane quando si tratti di attività organizzata prevalentemente con il lavoro proprio dell'imprenditore e dei componenti della sua famiglia, ex art. 2083 c.c., ovvero, trattandosi di impresa collettiva, quando la maggioranza dei soci svolga in prevalenza lavoro personale, anche manuale, nel processo produttivo e nell'impresa il lavoro abbia funzione preminente sul capitale, ex art. 3 della legge n. 443 del 1985. Ne consegue che ciò che discrimina l'impresa artigiana rispetto a quella industriale è la circostanza che il risultato dell'attività, espresso come volume dei ricavi, sia imputabile per la maggior parte all'apporto personale del titolare o dei soci e non all'incidenza degli altri fattori della produzione, come il costo dei materiali impiegati e del lavoro di terzi.

Cass. civ. n. 10658/2011

In tema di privilegio generale sui beni mobili, dovuto sui compensi per le prestazioni professionali rese dall'avvocato, il limite temporale stabilito dall'art. 2751 bis, n. 2, c.c. - che riconosce detto privilegio ai crediti sulle retribuzioni dei professionisti e di ogni altro prestatore d'opera intellettuale per gli ultimi due anni di prestazione - va inteso nel senso che, mentre per gli onorari si tiene conto del momento in cui la prestazione professionale, unitariamente considerata, è stata portata a termine, sebbene alcune attività siano state svolte in epoca anteriore al biennio, purché risultino tra loro collegate, in quanto espressione del medesimo incarico, per i diritti, che maturano con il compimento delle singole prestazioni, la liquidazione va fatta in base alla tariffa vigente a quel momento, poiché per essi deve tenersi conto soltanto di quelle poste in essere nel periodo in questione.

Cass. civ. n. 6849/2011

Ai compensi dovuti ad un avvocato per lo svolgimento della sua attività professionale in materia giudiziale civile è applicabile il privilegio generale sui mobili a norma dell'art. 2751 bis, n. 2, c.c. con riferimento alle voci qualificabili quali "diritti" ed onorari ma con esclusione delle spese anticipate dal professionista, dato che il relativo credito non è riconducibile alla nozione di "retribuzione dei professionisti" di cui alla disposizione citata e, quindi, è sfornito di qualsiasi privilegio.

Cass. civ. n. 21652/2010

Il privilegio di cui al n. 5 bis all'art. 2751 bis c.c., con cui il legislatore ha superato la distinzione tra cooperative (e consorzi) di produzione e lavoro in agricoltura e cooperative di imprenditori agricoli per la trasformazione e alienazione dei prodotti, con conseguente irrilevanza della dimensione quantitativa dell'impresa e della struttura organizzativa, non risulta fondato sulla sola qualifica soggettiva del creditore, (cooperativa o consorzio agrario iscritto nel relativo registro), ma sulla natura oggettiva del credito ovvero sul fatto che esso derivi dall'attività nella quale si esplica la funzione cooperativa specialmente tutelata dal legislatore. Pertanto la tutela creditizia privilegiata non solo abbraccia la vendita dei prodotti che siano riconducibili all'attività dei soci della cooperativa, quale che sia l'entità del loro apporto lavorativo personale, e l'attività di trasformazione delle imprese consorziate, ma può anche estendersi ad operazioni commerciali caratterizzate da acquisti presso terzi di prodotti destinati ad essere rivenduti, se tali attività siano funzionali allo scopo mutualistico, purché, trattandosi di operazioni corrispondenti ad atti di mercato posti in essere a scopo di lucro, sussiste e sia dimostrabile il nesso di strumentalità con la finalità cooperativa.

Cass. civ. n. 22439/2009

Il privilegio generale sui beni mobili del debitore, previsto dall'art. 2751 bis c.c. per le retribuzioni dei professionisti, trova applicazione anche nel caso in cui il creditore sia inserito in un'associazione professionale, costituita con alta professionisti per dividere le spese e gestire congiuntamente i proventi della propria attività, a condizione che il rapporto di prestazione d'opera si instauri tra il singolo professionista ed il cliente, soltanto in tal caso potendosi ritenere che il credito abbia per oggetto prevalente la remunerazione di un'attività lavorativa, ancorché comprensiva delle spese organizzative essenziali al suo autonomo svolgimento. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato il decreto con cui il tribunale fallimentare aveva escluso l'ammissione al passivo in via privilegiata del credito relativo al compenso dovuto per l'attività professionale prestata da un avvocato, senza accertare se l'inserimento di quest'ultimo in un'associazione professionale fosse tale da escludere il carattere personale del rapporto con il cliente poi fallito).

Cass. civ. n. 3380/2008

In tema di privilegio generale sui mobili per le provvigioni ed indennità derivanti dal rapporto di agenzia l'art. 275 bis n. 3 c.c. trova applicazione solo nei rapporti tra l'agente ed il preponente; ne consegue che la predetta causa di prelazione non spetta alla cassa di previdenza degli agenti creditrice in proprio verso la impresa di assicurazione, nella specie messa in liquidazione coatta amministrativa, per i contributi, lasciati in deposito presso la seconda ma dovuti da questa alla prima, non realizzando tale credito le fattispecie dell'indennità di fine rapporto prevista dall'art. 1751 c.c., né le forme sostitutive previste dalla contrattazione collettiva, che presuppongono la cessazione del contratto di agenzia tra preponente ed agente.

Cass. civ. n. 8352/2007

Il privilegio generale sui mobili riconosciuto dall'art. 2751 bis, n. 4; c.c. ai «crediti del coltivatore diretto, sia proprietario che affittuario, mezzadro, colono, soccidario o comunque compartecipante, per i corrispettivi della vendita dei prodotti, nonnhé i crediti del mezzadro o del colono indicati nell'art. 2765» si riferisce ad un autonomo contratto di compravendita di prodotti agricoli concluso dal coltivatore diretto con un terzo, senza che ricorra un qualche collegamento della vendita con ulteriori contratti. La norma non trova pertanto applicazione alla diversa situazione del conferimento dei prodotti ad una cooperativa, di cui il coltivatore diretto sia socio, atteso che in tal caso il contratto di compravendita si innesta su un rapporto di carattere associativo, che se da un lato lo obbliga al conferimento del prodotto per consentire alla società il perseguimento dei fini istituzionali, dall'altro lo rende partecipe dello scopo dell'impresa collettiva, e corrispondentemente gli attribuisce poteri, diritti — di concorrere alla formazione della volontà della società, di controllo sulla gestione sociale, ad una quota degli utili ? e specifici vantaggi, fra i quali quello di poter collocare la propria merce sul mercato a condizioni più vantaggiose. L'eventuale estensione del privilegio in parola al creditore che conferisca i propri prodotti alla cooperativa di cui è socio comporterebbe un'inammissibile soddisfacimento preferenziale dei diritti dei soci sul patrimonio della società di cui gli stessi soci fanno parte, ed una corrispondente compressione dei diritti dei terzi che quel patrimonio è, per definizione, destinato a garantire, sicché non può ritenersi fondata l'eccezione di legittimità costituzionale della disposizione in riferimento al principio di ragionevolezza ed agli artt. 35 e 45 Cost.

Cass. civ. n. 24052/2006

Ha privilegio generale sui mobili, ai sensi del n. 1 dell'art. 2751 bis c.c., in relazione all'art. 2749 c.c., e può essere fatto valere con tale prelazione nel fallimento, a mente dell'art. 54 R.D. n. 267 del 1942, il credito per spese, competenze e onorari attribuiti al difensore distrattario in esito al giudizio di esecuzione forzata incolto per il soddisfacimento di credito di lavoro subordinato riconosciuto da sentenza irrevocabile nei confronti del soggetto in seguito fallito.

Cass. civ. n. 17396/2005

Il privilegio previsto dall'art. 2751 bis n. 5 c.c. per i crediti dell'impresa artigiana e delle società od enti cooperativi di produzione e di lavoro, per i corrispettivi dei servizi prestati e della vendita dei manufatti, non è applicabile al credito per compenso di appalto d'opera, neppure in via di interpretazione estensiva. Infatti, la ratio del privilegio previsto dalla succitata norma è di rafforzare la tutela dei crediti derivanti dalla prestazione lavorativa destinata a soddisfare le esigenze di sostentamento del lavoratore, alla quale è riconducibile quella svolta nell'esecuzione di un appalto di servizi o nella vendita di manufatti, per l'opzione in tal senso espressa dal legislatore, evidentemente fondata anche sulla ricorrenza statistica della prevalenza dell'attività lavorativa e sull'inopportunità di una disciplina differenziata caso per caso; nell'appalto d'opera concorrono, invece, nella prestazione lo svolgimento di attività lavorativa, la fornitura di materia prima e le spese generali connesse all'attività di impresa, sicché l'impossibilità di individuare l'incidenza delle singole componenti e di ritenere prevalente l'attività lavorativa non consentono, mediante l'interpretazione estensiva, di applicare il privilegio in esame anche ai crediti per le prestazioni relative a tale appalto.

Il privilegio previsto dall'art. 2751-bis n. 5 c.c. per i crediti dell'impresa artigiana e delle società od enti cooperativi di produzione e di lavoro, per i corrispettivi dei servizi prestati e della vendita dei manufatti, non é applicabile al credito per compenso di appalto d'opera, neppure in via di interpretazione estensiva. Infatti, la ratio del privilegio previsto dalla succitata norma é di rafforzare la tutela dei crediti derivanti dalla prestazione lavorativa destinata a soddisfare le esigenze di sostentamento del lavoratore, alla quale é riconducibile quella svolta nell'esecuzione di un appalto di servizi o nella vendita di manufatti, per l'opzione in tal senso espressa dal legislatore, evidentemente fondata anche sulla ricorrenza statistica della prevalenza dell'attività lavorativa e sull'inopportunità di una disciplina differenziata caso per caso ; nell'appalto d'opera concorrono, invece, nella prestazione lo svolgimento di attività lavorativa, la fornitura di materia prima e le spese generali connesse all'attività di impresa, sicché l'impossibilità di individuare l'incidenza delle singole componenti e di ritenere prevalente l'attività lavorativa non consentono, mediante l'interpretazione estensiva, di applicare il privilegio in esame anche ai crediti per le prestazioni relative a tale appalto.

Cass. civ. n. 994/2005

Il privilegio generale sui mobili, previsto dall'art. 2751 bis c.c. per le prestazioni di lavoro, subordinato può essere utilmente invocato dai soci lavoratori che siano anche dipendenti della cooperativa, alla stregua dell'art. 5, primo comma, della legge 3 aprile 2001, n. 142. recante norma di interpretazione autentica delle disposizioni nel medesimo comma richiamate, che estende ai soci lavoratori di cooperative di lavoro, nei limiti del trattamento economico di cui all'art. 3. primo e secondo comma, lettera a), della citata legge, il privilegio generale sui mobili. Infatti l'art. 1, terzo comma della medesima legge, dopo aver previsto, per il socio lavoratore di cooperativa, oltre al rapporto associativo, un ulteriore rapporto di lavoro, in forma subordinata o autonoma o in qualsiasi altra forma, (ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata non occasionale), con cui contribuisca al raggiungimento degli scopi sociali, dispone, nella seconda parte, che dall'instaurazione dei predetti rapporti associativi e di lavoro derivano «i relativi effetti di natura fiscale e previdenziale e tutti gli altri effetti giuridici» rispettivamente previsti dalla medesima legge e, in quanto compatibili con la posizione del socio lavoratore, da altre leggi o da qualsiasi altra fonte.

Cass. civ. n. 3744/2004

In tema di crediti privilegiati in favore delle cooperative agricole, in relazione al riconosciuto rango privilegiato dei crediti delle cooperative agricole per i corrispettivi i della vendita dei prodotti, avvenuto attraverso l'introduzione, nell'art. 2751 bis c.c., delle disposizioni contenute il numero 5 bis (ex art. 18, comma secondo, della legge n. 59 del 1992) la seconda parte della disposizione di cui all'art. 1 della legge n. 44 del 1994, che estende il privilegio a tali crediti, anche se sorti prima dell'entrata in vigore della legge n. 59 del 1992, va interpretata nel senso che il riconoscimento del privilegio riguarda anche i crediti già insinuati al passivo del fallimento prima dell'entrata in vigore della legge del 1992, a condizione che la procedura concorsuale sia ancora in corso alla data di vigenza della legge stessa, ossia che non si sia già conclusa la ripartizione finale dell'attivo. (Nell'enunciare tale principio la Corte ha affermato che l'interpretazione proposta trova riscontro anche nella sentenza della Corte costituzionale n. 325 del 1983, che aveva esaminato una disposizione analoga a quella indicata).

Cass. civ. n. 8765/2002

Con riferimento al privilegio generale sui mobili accordato ai crediti collegati al rapporto di lavoro subordinato dall'art. 2751 bis, n. 1, c.c., la sentenza n. 326 del 1983 della Corte cost., che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della norma nella parte in cui non comprendeva i crediti del lavoratore per il risarcimento dei danni conseguenti ad infortunio sul lavoro del quale sia responsabile il datore di lavoro, va intesa nel senso che fra i crediti sono inclusi quelli per il risarcimento del danno morale. Ciò in quanto la pronuncia resa proprio in relazione ad un giudizio nel quale il lavoratore chiedeva il riconoscimento del privilegio anche per il credito relativo al risarcimento del danno morale subito a causa dell'infortunio, muovendo dalla già intervenuta inclusione di crediti di carattere risarcitorio fra quelli assistiti da un privilegio originariamente previsto solo per i crediti di natura retributiva, ha ravvisato disparità di trattamento nella comparazione di pretese aventi tutte carattere risarcitorio (nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che, partendo dall'erronea premessa chela pronuncia della Corte costituzionale avesse esteso il privilegio alle pretese risarcitone concernenti i danni causati da infortuni sul lavoro in un'ottica di protezione dei crediti di natura «retributiva», aveva escluso potesse fruire della garanzia apprestata dall'art. 2751 bis, n. 1, c.c., il credito relativo al risarcimento del danno morale, in quanto non riferibile alla lesione di un interesse patrimoniale del lavoratore).

Cass. civ. n. 4585/2001

Con l'art. 18, secondo comma, legge 31 gennaio 1992, n. 59, aggiuntivo del n. 5 bis all'art. 2751 bis c.c., il legislatore ha voluto superare la distinzione tra cooperative - e consorzi tra loro - di produzione e lavoro in agricoltura e cooperative di imprenditori agricoli per la trasformazione e alienazione dei prodotti, con conseguente irrilevanza della dimensione quantitativa dell'impresa e della struttura organizzativa ai fini dell'esistenza del privilegio del credito, fondato, diversamente dalla ratio della legge 29 luglio 1975, n. 426, introduttiva (art. 2) dell'art. 2751 bis c.c., sulla natura di esso piuttosto che sulla tutela del lavoro dei soci, che per statuto, secondo l'espressa previsione dell'art. 4 della medesima legge, possono essere anche sovventori, essendo anche in tal caso salvaguardato il criterio della cooperazione, funzione sociale costituzionalmente protetta (art. 45 Cost.).

Cass. civ. n. 2838/2001

L'art. 2751 bis, n. 2, c.c. (a norma del quale hanno privilegio sui mobili i crediti riguardanti le retribuzioni dei professionisti e di ogni altro prestatore d'opera intellettuale dovute per gli ultimi due anni della prestazione) va interpretato nel senso che le prestazioni del professionista vanno valutate unitariamente, con riferimento al momento in cui sono richiesti o devono essere determinati gli onorari, ancorché si riferiscano ad attività svolte oltre il biennio).

Cass. civ. n. 15785/2000

In tema di fallimento, ai fini dell'ammissione al passivo di un credito in via privilegiata anziché chirografaria, ex art. 2751 bis, c.c., la qualifica dell'impresa individuale come artigiana — cui si estende la disciplina relativa alla società artigiana di cui all'art. 3 della legge n. 443 del 1985 — postula la preminenza del fattore lavoro sul capitale investito, e la prevalenza del lavoro personale, connotato anche dal carattere della manualità, del titolare dell'impresa nel processo produttivo. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto non congruamente motivata la decisione della Corte territoriale che aveva escluso la configurabilità della qualifica di artigiano in capo al titolare di una impresa di autotrasporti assegnando valenza risolutiva alla circostanza che questi svolgesse una funzione di organizzazione del lavoro dei dipendenti e non si applicasse alla guida di automezzi, senza compiere alcuna valutazione in ordine alla deduzione, da parte dello stesso, di avere svolto attività manuale, in termini di carico, scarico e stoccaggio delle merci trasportate, e di manutenzione degli automezzi, avuto riguardo alla esiguità del numero dei dipendenti dell'impresa).

Cass. civ. n. 7309/2000

L'art. 2751 bis n. 2 c.c., introdotto dall'art. 2 della legge 29 luglio 1975, n. 426, in base al quale le retribuzioni del professionista e di ogni altro prestatore d'opera intellettuale, dovute per gli «ultimi due anni di prestazione», sono assistite da privilegio generale sui mobili, comporta, in caso di fallimento del debitore, che il privilegio medesimo è invocabile per tutti i crediti inerenti all'ultimo biennio dell'attività professionale, ancorché anteriori al biennio precedente l'apertura della procedura concorsuale (a differenza del privilegio prima contemplato dall'art. 2751 n. 5 c.c., da intendersi limitato all'anno antecedente la dichiarazione di fallimento).

Cass. civ. n. 5635/2000

Il n. 5 bis introdotto dall'articolo 18, n. 2, della L. 31 gennaio 1992, n. 59, prescindendo dal lavoro dei soci e dalla sua prevalenza sul capitale investito, tutela l'attività della cooperativa in sé considerata, garantendo, nei limiti del possibile, l'effettivo incasso dei corrispettivi conseguenti a tali attività. Di conseguenza irrilevante deve ritenersi ogni valutazione in ordine alla produzione e lavoro che caratterizza il privilegio di cui al n. 5, dovendosi al contrario esaminare e accertare se il credito, in riferimento al quale si invoca il privilegio, sia conseguente alla vendita di prodotti che i consorzi abbiano ricevuto dalle cooperative agricole consorziate, per la loro commercializzazione, o che abbiano provveduto a trasformare.

Cass. civ. n. 5002/2000

Il privilegio generale sui mobili del debitore, previsto dall'art. 2751 bis n. 2 c.c., garantisce solo i compensi professionali spettanti al singolo professionista o prestatore d'opera per il lavoro personale svolto, in forma autonoma, con esclusione di quei compensi che, sia pure in misura minima, contengano remunerazione di capitale; quest'ultima ipotesi necessariamente ricorre nel caso di compensi dovuti a professionisti che esercitino la loro attività lavorativa nella forma della società semplice.

Cass. civ. n. 3031/2000

In tema di crediti nei confronti di consorzio agrario, derivanti dal conferimento di prodotti agricoli, la mancata riscossione della relativa somma, accompagnata dalla circostanza della corresponsione di interessi sulla stessa da parte del consorzio, non integra di per sé, in assenza della prova di un rapporto di deposito finanziario, distinto da quello di conferimento, una ficta traditio, idonea alla costituzione di un deposito irregolare, o alla novazione del precedente rapporto. Ne consegue che, in detta ipotesi, il credito derivante da detto conferimento non si trasforma in un diverso credito, e, pertanto, continua ad avere privilegio generale sui mobili ex art. 2751 bis, n. 4, c.c.

Cass. civ. n. 9475/1999

Per effetto della declaratoria di illegittimità costituzionale dell'art. 2751 bis n. 2 c.p.c. disposta dalla sentenza della Corte costituzionale 26 gennaio 1998, n. 1 nella parte in cui limitava il privilegio da esso previsto al prestatore d'opera intellettuale, tale privilegio compete a qualsiasi prestatore d'opera, indipendentemente dalla qualificazione come intellettuale della sua prestazione. (Principio affermato dalla Suprema Corte con riguardo ad un prestatore d'opera che era stato ammesso in via chirografaria e non privilegiata al passivo di un fallimento, anteriormente alla pronuncia della Corte costituzionale, sopravvenuta nel corso del giudizio di cassazione).

Cass. civ. n. 92/1999

Ai compensi dovuti ai professionisti si applica il privilegio generale sui mobili di cui all'art. 2751 bis, n. 2, c.c., anche nel caso che gli stessi spettino in base a rapporto di collaborazione caratterizzato da prestazione d'opera continuativa, coordinata e prevalentemente personale ai sensi dell'art. 409, n. 3, c.p.c., poiché il privilegio di cui al n. 1 del citato art. 2751 bis (articolo formulato in epoca successiva alla riforma del rito processuale del lavoro) è applicabile, in base alla chiara formulazione della relativa disposizione, solo ai crediti dei prestatori di lavoro subordinato.

Cass. civ. n. 12054/1998

Le disposizioni di cui all'art. 2751 bis c.c., introdotto dalla L. 29 luglio 1975, n. 426, relative al privilegio generale sui mobili sono applicabili anche in relazione ai crediti delle società cooperative agricole e dei loro consorzi, per i corrispettivi della vendita dei loro prodotti.

Cass. civ. n. 6704/1998

Il privilegio generale sui mobili di cui al n. 5 bis dell'art. 2751 bis c.c., introdotto dall'art. 18, comma 2, della legge n. 59 del 1992 con riferimento ai crediti delle società cooperative agricole e dei loro consorzi per i corrispettivi della vendita dei loro prodotti, si colloca (attesa, tra l'altro, la scelta del numero, 5 bis anziché 6) nello stesso grado del precedente n. 5 della stessa norma (crediti dell'impresa artigiana e delle cooperative di produzione agricola), avendo il legislatore inteso, così, superare la pregressa distinzione tra cooperative agricole di produzione e lavoro in agricoltura e cooperative agricole per la trasformazione dei prodotti costituite fra imprenditori agricoli, (intenzionalmente) omettendo, di conseguenza, di provvedere alla collocazione del nuovo privilegio tramite opportuna integrazione dell'art. 2777 c.c., con conseguente parificazione del relativo trattamento.

Cass. civ. n. 456/1998

Ai fini dell'applicazione della norma di cui all'art. 2751 bis n. 5 c.c., relativa al privilegio generale mobiliare per crediti riconosciuto alle imprese artigiane, la qualificazione in termini di «attività artigiana» dell'attività imprenditoriale (in mancanza di una definizione del concetto di artigiano contenuta nel codice civile) deve compiersi, con riferimento al periodo di vigenza della legge n. 860 del 1956 (poi abrogata dalla legge quadro n. 443 del 1985), sulla base del disposto degli artt. 1, 2, 3 della legge stessa, costituenti naturale integrazione (e, cioè, specificazione ed ampliamento) della norma di cui all'art. 2083 c.c. tanto sotto il profilo qualitativo (esercizio di attività economica di tipo commerciale) che dimensionale. L'impresa artigiana non è, conseguentemente, soltanto quella in possesso dei requisiti per l'iscrizione di cui agli artt. 1 e 2 della citata legge 860/56, risultando, invece, necessaria, per la corretta predicabilità della sua esistenza, una indagine circa la reale portata del concetto di «prevalenza», da rapportarsi, inevitabilmente all'attività dell'imprenditore artigiano all'interno del processo produttivo (art. 1 lett. b, art. 2 comma primo legge 443/85), e potendosi, per l'effetto, definirsi artigiana, e non capitalistica, l'impresa considerata sotto il profilo della remunerazione, ricavata dal suo titolare, che dovrà configurarsi come guadagno assimilabile ad un reddito da lavoro (con la maggiorazione dovuta al rischio d'impresa) e giammai assurgere al rango di vero e proprio profitto.

Cass. civ. n. 4108/1997

Il privilegio dell'art. 2751 bis n. 5 c.c., rivolto a tutelare crediti assimilabili a quelli di lavoro, in quanto integranti corrispettivi di servizi prestati da imprenditori artigiani o da enti cooperativi di produzione e lavoro, non compete, con riguardo ad appalti per l'esecuzione di impianti di riscaldamento, per crediti che insorgano a favore di un consorzio di artigiani installatori termoidraulici, il quale non espleti direttamente l'esecuzione delle opere, ma si limiti ad assumere il lavoro che viene poi eseguito dalle singole imprese consorziate.

Cass. civ. n. 7933/1996

In caso di corresponsione da parte del fondo di garanzia gestito dall'Inps, ai lavoratori già dipendenti di società fallita, del trattamento di fine rapporto, ai sensi dell'art. 2 della legge 29 maggio 1982, n. 297, la surrogazione di diritto del fondo al lavoratore o ai suoi aventi causa nel privilegio di cui all'art. 2751 bis c.c. comporta che il credito del fondo e gli eventuali crediti di natura retributiva dei lavoratori già dipendenti dell'impresa fallita siano collocati nella medesima posizione e nello stesso grado di privilegio – in forza del coordinato disposto degli artt. 2751 bis cit., 1203 c.c. e 2 legge n. 297 del 1982 – nel passivo del fallimento del datore di lavoro, essendo previsti nel n. 1 dell'art. 2751 bis, senza alcuna graduazione o ordine di precedenza, sia i crediti per le retribuzioni dovute sia quelli relativi ad indennità dovute per effetto della cessazione del rapporto di lavoro. (Omissis).

Cass. civ. n. 2420/1996

Il privilegio di cui all'art. 2751 bis, n. 1, c.c., si applica ai soli casi di crediti concernenti retribuzioni dovute, sotto qualsiasi forma, ai lavoratori subordinati; la norma suddetta, non suscettibile di interpretazione estensiva, non può applicarsi pertanto ai crediti derivanti da un rapporto di lavoro parasubordinato atteso che tale rapporto, al quale fa riferimento l'art. 409, n. 3, c.p.c., pur essendo accomunato al rapporto di lavoro subordinato per quanto attiene alla disciplina processuale delle relative controversie, rimane tuttavia da questo distinto in relazione alla sussistenza di molteplici, profonde ed incisive differenziazioni, le quali non consentono l'indiscriminata estensione al primo di ogni forma di tutela specificamente prevista per il secondo.

Cass. civ. n. 840/1995

La causa, intanto privilegia il credito, in quanto sussistano, in concreto, le ragioni per accordare il trattamento preferenziale che, per contro, non ha ragion d'essere non solo quando si è del tutto fuori dello schema tipico previsto dal legislatore, ma anche quando allo schema tipico previsto in astratto non corrispondono, in concreto, quelle caratteristiche del credito che hanno determinato, in sede di formazione della norma, il trattamento preferenziale in ragione della causa del credito. Pertanto, la presenza di elementi propri della cooperativa di produzione e lavoro non è risolutiva ai fini dell'attribuzione del privilegio di cui al n. 5 dell'art. 2751 bis c.c. per i corrispettivi dei servizi prestati e della vendita di manufatti, se detti elementi non abbiano la prevalenza sugli altri dati caratterizzanti la cooperativa sicché resti, in concreto, protetta la causa del credito, secondo le scelte del legislatore. (Nella specie la Suprema Corte ha rigettato il ricorso avverso la sentenza del giudice di merito che aveva escluso la natura privilegiata di un credito di una cooperativa di produzione e lavoro per il fatto che utilizzazione del capitale finanziario accumulato e del lavoro dei non soci risultava preponderante rispetto alla attività degli associati).

Cass. civ. n. 10318/1992

Il credito di un'associazione di categoria nei confronti del datore di lavoro, in relazione ai contributi sindacali che il dipendente abbia deciso di versare, con ritenuta sul salario, secondo la previsione dell'art. 26 secondo comma della L. 20 maggio 1970, n. 300 e mediante la «delega» all'uopo contemplata dai contratti collettivi, non gode del privilegio generale accordato a quest'ultimo dall'art. 2751 bis n. 1 c c., trattandosi di un diritto autonomo, che discende ex lege dal suddetto atto negoziale del lavoratore (atto non qualificabile né come cessione di credito, in considerazione della sua unilateralità e revocabilità, né come delegatio solvendi, in considerazione del suo carattere vincolante per il datore di lavoro), senza che ciò comporti violazione dell'art. 3 della Costituzione.

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Consulenze legali
relative all'articolo 2751 bis Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

D. F. chiede
mercoledì 09/11/2022 - Toscana
“Buongiorno,
dal 17/06/2019 al 06/07/2019 sono stato dipendente di una s.r.l. da cui mi sono licenziato perchè mi ero accorto di gravi irregolarità all'interno della stessa e infatti quest'anno, 2022, la ditta è stata dichiarata fallita dal tribunale di XXX e la relativa udienza avverrà il prossimo 15/12/2022.

Per poter recuperare i miei crediti (Stipendio + T.F.R.) devo effettuare l'insinuazione allo stato passivo come debitore privilegiato in quanto dipendente.

Quali somme devo inserire nell'insinuazione allo stato passivo come creditore? Il T.F.R. accantonato non è indicato né nelle buste paga e né nella certificazione Unica, devo effettuare io il calcolo oppure ci penserà il curatore fallimentare? Posso chiedere gli interessi e la rivalutazione monetaria? Da che data a che data posso effettuare il calcolo degli interessi?

Invio in allegato le mie buste paga, la certificazione unica inerente il periodo lavorativo e la procedura di fallimento.

Grazie per l'attenzione e complimenti per il Vs. servizio,
cordiali saluti”
Consulenza legale i 17/11/2022
Ai sensi dell’art. 2751 bis del c.c. hanno privilegio generale sui mobili i crediti riguardanti le retribuzioni dovute, sotto qualsiasi forma, ai prestatori di lavoro subordinato e tutte le indennità dovute per effetto della cessazione del rapporto di lavoro.
Si chiederà quindi il riconoscimento delle seguenti somme:
  1. gli importi dei cedolini indicati al lordo delle ritenute fiscali e al netto dei contributi, precisando i singoli importi ed il periodo di paga di riferimento: retribuzione relativa al mese di giugno 2019: € 1.135,34 retribuzione relativa al mese di luglio 2019: € 415,53
  2. il calcolo del TFR (al lordo delle ritenute fiscali): retribuzione lorda al netto dei compensi saltuari percepiti a titolo di straordinario (1.254,34+459,09-9,34=1.704,09) / 13,5 al netto dello 0,5% del FAP, quindi sarà: 1.709,09/13,5=126,23-(0,5% di 1.709,09)= 117,71€
  3. il calcolo analitico degli interessi maturati ante dichiarazione di fallimento come di seguito: importo dovuto*giorni (data scadenza - 06.09.2022) * 1,25% (tasso legale 2022)
  4. l’indicazione che si richiede che vengano riconosciuti gli interessi post dichiarazione di fallimento e la relativa rivalutazione monetaria.
E' necessario allegare, oltre a quanto richiesto espressamente nella lettera del collegio dei curatori, i seguenti documenti: cedolini paga; certificazione unica, lettera di assunzione e/o di licenziamento.


D. S. chiede
mercoledì 15/06/2022 - Lombardia
“Buongiorno,
sono una dipendente di Alfa SpA sita in XXX. La ditta, dopo aver richiesto ed ottenuto la riduzione del 25% degli stipendi dei dipendenti, ha chiesto ed ottenuto un concordato con la continuità per far fronte alla situazione debitoria.
Ora, dopo 4 anni con reiterati periodi di CIGS, il giudice ha deciso di attivare la procedura di fallimento accettando che una srl collegata con la Beta SpA di YYY prendesse in affitto per un anno la ditta in liquidazione con tutti i dipendenti con il solo onere di pagare le retribuzioni maturabili nel periodo di affitto.
Io e i miei colleghi oltre ad essere creditori di circa tre mensilità che la Alfa SpA aveva chiesto di rateizzare a partire dal Settembre 2021, ora siamo creditori anche del TFR e delle ferie non utilizzate.
Quali azioni posso fare per tutelare le mie spettanze arretrate?
Grazie”
Consulenza legale i 29/06/2022
Secondo l’art. 2751 bis, n. 1, c.c., un privilegio generale assiste la retribuzione, le indennità dovute a causa della cessazione del rapporto, il risarcimento del danno per omissione contributiva e per il licenziamento illegittimo.

Il privilegio è una causa legittima di prelazione accordata dalla legge in considerazione della natura del credito: il titolare di questo potrà essere soddisfatto con precedenza rispetto ad altri creditori (c.d. chirografari).

All’interno dei crediti privilegiati, la legge prevede poi apposite graduatorie di priorità.

I dipendenti godono di una disciplina particolarmente rafforzata. Infatti, i crediti del lavoratore sopra indicati sono collocati immediatamente dopo le spese di giustizia e sono sempre preferiti ad ogni altro credito privilegiato contemplato da leggi speciali.

L’art. 2776 c.c. stabilisce che, in caso di infruttuosa esecuzione sui mobili, i crediti del lavoratore dipendente sono collocati sussidiariamente sul prezzo degli immobili, con preferenza rispetto ai crediti chirografari.

I crediti relativi al TFR e all’indennità sostitutiva del preavviso sono anteposti a tutti gli altri crediti privilegiati (compresa la retribuzione), posponendoli soltanto rispetto ai crediti ipotecari.
Le norme sui privilegi trovano applicazione anche nell’ipotesi del fallimento.

Chi è creditore dell’impresa fallita, per portare a conoscenza del creditore il proprio credito, deve presentare una richiesta al Tribunale detta “domanda di insinuazione al passivo”.
Tale domanda può essere presentata dal creditore personalmente o a mezzo di un legale e sarà valutata dal curatore e dal Tribunale per stabilire se le somme in essa indicate sono effettivamente dovute.
La domanda deve contenere:
– la richiesta di essere ammessi al passivo (non servono formule particolari, ma è importante è indicare la natura del credito, la causa del credito, gli importi dovuti, i documenti che fondano il credito, l’azienda fallita, l’azienda creditrice, il tribunale che cura la procedura fallimentare);
– i documenti che provano l’esistenza del credito (per es.: buste paga, CUD, dichiarazioni dell’azienda, ecc.);
– TFR: sarà opportuno indicarlo separatamente alle altre somme, in modo che sia ben distinguibile. L’importo andrà indicato al lordo, come risultante dalla relativa busta paga.
La domanda deve quindi essere inviata, come file allegato scansionato in pdf, esclusivamente sulla PEC (posta elettronica certificata) del curatore.
Insieme al file contente la domanda devono essere anche allegati i documenti che provano il credito e l’attestazione di conformità degli stessi agli originali.
La domanda di insinuazione al passivo deve essere presentata entro i 30 giorni precedenti la data di udienza di verifica del passivo, che viene comunicata generalmente dal curatore a tutti i creditori che risultano dalle scritture contabili.
Considerando la complessità della procedura di insinuazione al passivo e la necessità di possedere un indirizzo pec, si consiglia l’assistenza di un professionista, al fine di evitare errori o mancanze.

La legge garantisce ai lavoratori di riscuotere il TFR anche in caso di insolvenza del datore di lavoro.

A tal fine, è stato istituito presso l’INPS il Fondo di Garanzia per il trattamento di fine rapporto che si sostituisce al datore di lavoro nel pagamento del TFR (Art. 2 L.297/1982) e delle ultime tre mensilità arretrate.

Il diritto all’intervento del fondo di garanzia si perfeziona sulla base di due presupposti:
1) l’esistenza e certezza del credito vantato dal lavoratore;
2) l’incapacità del datore di farvi fronte perché insolvente (es. pignoramento negativo).

Una volta dichiarato esecutivo lo stato passivo da parte del giudice, pertanto, la domanda di intervento del Fondo deve essere presentata all’INPS, in via telematica, dal lavoratore o dai suoi eredi.

Il termine di prescrizione entro cui deve essere presentata la domanda è quinquennale.

L’INPS liquida il TFR a carico del Fondo, con i relativi oneri accessori per rivalutazione monetaria e interessi, nel termine di 60 giorni dalla data di presentazione della domanda.

La giurisprudenza della cassazione ha stabilito che deve escludersi che l’indennità sostitutiva del preavviso e quella per ferie non godute possano essere incluse nel computo delle ultime tre mensilità ai sensi dell’art. 2 del d.lgs. n. 80 del 1992.

Pertanto, nel caso di specie, mentre per le ultime tre retribuzioni e per il TFR si potrà, ricorrendone i presupposti, fare ricorso al Fondo di Garanzia, ciò non sarà possibile per l’indennità per ferie non godute.

Pier G. G. chiede
sabato 20/11/2021 - Piemonte
“Ho eseguito - prima del 2018 - prestazioni professionali per una Cooperativa a responsabilità limitata, che ora è in liquidazione coatta amministrativa.
Trattandosi di un credito privilegiato, quale professionista Geometra, pare che il liquidatore abbia ora intenzione di saldare le proposte di parcella che a suo tempo gli inviai. Quello che Vi chiedo di sapere è:
- se devo emettere normali parcelle con l'I.V.A. 22%, essendo in regime ordinario;
- se sia vero che - per le prestazioni professionali ante 2018 - la liquidazione non sia tenuta a versarmi l'I.V.A.;
- se così fosse, se io debba versare comunque l'IVA - e quindi perdere l'importo del 22%; tale importo - in quest'ultimo deprecato caso - potrebbe almeno essere portato nelle spese, ai fini IRPEF?”
Consulenza legale i 01/12/2021

Il quesito ripropone un tema abbastanza discusso che attiene al grado di privilegio in base al quale i compensi per prestazioni professionali possono essere ammessi al passivo delle procedure concorsuali.

Più in particolare, si chiede se possano essere considerati privilegiati non solo il compenso per la prestazione professionale svolta ma anche i relativi accessori, ossia IVA e ritenute così come dovute per legge.


La questione nasce dal fatto che, per effetto delle disposizioni di cui all’art. 2751 bis del c.c., antecedentemente alle modifiche introdotte dall’art. 1, comma 474, della legge n. 205 del 27.12.2017 (legge di bilancio 2018), era riconosciuto privilegio generale sui mobili soltanto alle retribuzioni dei professionisti e di ogni altro prestatore d’opera intellettuale dovute per gli ultimi due anni di prestazione.

La sentenza 29 gennaio 1998 n. 1 della Corte Costituzionale aveva, per altro, dichiarato l'incostituzionalità, in riferimento agli artt. 3 e 35 Cost., del numero 2 dell'art. 2751 bis c.c.c, limitatamente alla parola “intellettuale”, nella parte in cui non accordava il privilegio generale sui mobili ai crediti del prestatore d'opera non intellettuale riguardanti le retribuzioni dovute per gli ultimi due anni di prestazioni.

In base, quindi, alle versione previgente dell’art. 2751 bis c.c., il privilegio era limitato al solo compenso per l’attività professionale svolta negli ultimi due anni e non si estendeva, quindi, ai relativi accessori per IVA e ritenute.

L’effetto della predetta disposizione era che, in seno alle procedure concorsuali, i prestatori di lavoro autonomo venivano ammessi in privilegio, per ciò che concerne i loro compensi professionali e, in chirografo, per ciò che concerne i relativi accessori e, relativamente, a questi ultimi, con un grado di soddisfazione ordinariamente inferiore rispetto al 100%.


Dal canto suo, invece, l’Amministrazione finanziaria si era pronunciata con la Risoluzione n. 127/2008, nell’ambito della quale era stato affermato che “il professionista che si insinua al passivo nell’ambito di una procedura concorsuale, è portatore di un credito complessivo per prestazioni professionali, composto da imponibile ed imposta sul valore aggiunto, elementi strettamente collegati tra loro da un nesso inscindibile”. Pertanto, aveva concluso che, nel caso di pagamento parziale del credito riguardante le prestazioni professionali rese ante avvio della procedura concorsuale, ancorché il piano di riparto facesse riferimento alla sola voce imponibile iscritta tra i crediti privilegiati, sotto il profilo fiscale, i professionisti avrebbero dovuto emettere fattura per un importo complessivo pari a quello ricevuto dal curatore, dal quale avrebbero dovuto scorporare l’Iva relativa.


L’amministrazione finanziaria aveva precisato anche che non era condivisibile la soluzione di emettere la fattura per la prestazione professionale indicando quale base imponibile l’intero importo ricevuto dal curatore, sul quale calcolare l’Iva relativa e, contestualmente recuperare, tramite l’emissione di una nota di variazione, l’imposta di fatto non incassata (per effetto di quanto previsto nel piano di riparto), dal momento che, pe effetto delle disposizioni di cui all’articolo 26, secondo comma, del D.P.R. n. 633 del 1972, è possibile emettere una nota di variazione in diminuzione solo quando, successivamente all'emissione della fattura ed alla sua registrazione, venga a mancare in tutto o in parte l’originaria prestazione imponibile. Inoltre, la variazione in diminuzione deve essere rappresentativa sia della riduzione dell’imponibile che della relativa imposta, per cui, una nota di variazione che tenga conto della sola imposta non riscossa andrebbe a scindere l’indissolubile collegamento esistente tra imposta ed operazione imponibile.


L’art. 1, comma 474, della legge n. 205 del 27.12.2017 (legge di bilancio 2018) è intervenuto sull’art. 2751-bis del c.c. modificandolo e, per effetto della predetta modifica normativa, il privilegio generale sui mobili riguarda, adesso, le retribuzioni dei professionisti, compresi il contributo integrativo da versare alla rispettiva cassa di previdenza ed assistenza e il credito di rivalsa per l'imposta sul valore aggiunto, e di ogni altro prestatore d’opera intellettuale dovute per gli ultimi due anni di prestazione.

L’intervento normativo ha, quindi, risolto il problema in precedenza postosi per effetto dell’orientamento espresso dall’amministrazione finanziaria, estendendo il privilegio anche agli oneri accessori per ritenute ed IVA in rivalsa.


È da ritenere che la nuova disciplina trovi applicazione in riferimento a tutte le procedure concorsuali avviate successivamente alla data di entrata in vigore della modifica normativa e, quindi, successivamente alla data del 01.01.2018, con riferimento alle prestazioni svolte negli ultimi due anni di prestazione, così come indicato nel dato normativo.

Conseguentemente, trattandosi di una procedura di liquidazione coatta amministrativa avviata adesso, la stessa soggiace alla nuova disciplina che trova applicazione, però, in relazione alle prestazioni svolte per gli ultimi due anni antecedenti all’avvio della procedura. Nel caso di specie si tratterebbe di una prestazione eseguita prima del 2018 e, pertanto, oltre il termine di due anni indicato dalla stessa norma, in riferimento alla quale, quindi, sussistono dubbi sull’ammissibilità in privilegio.


Al riguardo, si evidenzia che, in tema di privilegio generale sui beni mobili, dovuto sui compensi per le prestazioni professionali rese, la Cassazione (Cassazione civile, Sez. I, Sentenza n. 10658 del 13 maggio 2011) ha, infatti, precisato che il limite temporale stabilito dall'art. 2751 bis, n. 2, c.c. - che riconosce detto privilegio ai crediti sulle retribuzioni dei professionisti e di ogni altro prestatore d’opera intellettuale per gli ultimi due anni di prestazione - va inteso nel senso che, per gli onorari si tiene conto del momento in cui la prestazione professionale, unitariamente considerata, è stata portata a termine. Conseguentemente, restano fuori dal privilegio i corrispettivi degli incarichi conclusi in data anteriore al biennio.

Resta inteso, tuttavia, che nel caso in cui la procedura dovesse considerare il credito per la prestazione eseguita in data antecedente al 2018 tra quelli ammessi in privilegio ma, comunque, non assoggettabili alla nuova disciplina dell’art. 2751 bis c.c., che estende detto privilegio anche agli oneri accessori per ritenute ed IVA in rivalsa, da un punto di vista fiscale, occorrerà attenersi alle indicazioni contenute nella citata Ris. n. 127/2008 e, pertanto, occorrerà effettuare lo scorporo dell’IVA, dall’importo ricevuto dalla procedura.

Il creditore in questo modo si vede comunque assegnare una somma minore rispetto al credito complessivo di cui ha diritto (in parte privilegiato e in parte chirografario) e versa all’erario la corretta imposta inglobata nel corrispettivo incassato.

Così come chiarito dalla Direzione Regionale del Veneto, nella risposta all’interpello n. 907-2/2018, il creditore è tenuto a versare l’IVA di rivalsa scorporata proporzionalmente da quanto assegnato in sede di riparto e il curatore, dal canto suo, deve calcolare, applicare e versare la ritenuta di acconto solo sull’importo del corrispettivo esposto in fattura dal prestatore d’opera.

Si precisa, infine, che secondo l’orientamento espresso dalla Cassazione (Sent. 4234 del 24/2/2006), la normativa tributaria prevale sempre su quella fallimentare (anche se di pari rango), purché non venga lesa la par conditio creditorum, condizione che inverte i ruoli e fa prevalere la legge fallimentare su quella tributaria.


SERGIO C. chiede
sabato 28/05/2016 - Emilia-Romagna
“ho cessato,nel 2014, un rapporto di agenzia ove era previsto un patto di non concorrenza di 2 anni.Il mandato era stato sottoscritto l'1/4/2000,cioè prima dell'entrata in vigore della norma che prevede una indennità alla fine del mandato.C'è chi sostiene che,per tale tempistica non mi spetta nulla,mentre alcuni ipotizzano che,poiché l'evento che determina la corresponsione dell'indennità si realizza successivamente all'entrata in vigore della norma,mi spetterebbe senz'altro l'indennità.
Qual'è il Vs parere e l'orientamento giuridico corrente?
Grazie e cordiali saluti.”
Consulenza legale i 05/06/2016
La Legge n. 442 del 2000, al primo comma dell’art. 23, ha modificato il testo originario dell’art. 1751 bis bis del cod. civ, introducendone l’attuale secondo comma, il quale disciplina la corresponsione, all’atto della cessazione del rapporto, di un’indennità di natura non provvigionale a favore all’agente che abbia accettato di sottoscrivere un patto di non concorrenza.

Il menzionato art. 23, al suo secondo comma, recita testualmente: “(…) Le disposizioni di cui al comma 1 acquistano efficacia dal 1° giugno 2001”: come si vede, tuttavia, non viene dettata una disciplina transitoria valevole per i casi in cui il patto sia già stato sottoscritto nel momento dell’entrata in vigore della norma (1/6/2001) ma il rapporto non sia ancora cessato (come nel caso concreto in esame).

Ora, sull’applicazione o meno dell’articolo in commento (e quindi sulla corresponsione dell’indennità in questione) nei predetti casi, mentre la dottrina più autorevole si è pronunciata in senso favorevole, seguita da parte della giurisprudenza di merito (i Tribunali), la Corte di Cassazione, al contrario, si è espressa in senso diametralmente opposto.

Per tutte si veda la più recente pronuncia sul punto, Cass. Civ., Sez. Lavoro, 11 giugno 2015 n. 12127, la quale motiva come segue il proprio convincimento: “Solo con la L. n. 422 del 2000, art. 23, il legislatore italiano, senza che ciò fosse necessitato dalla disciplina comunitaria in materia, ha introdotto l’art. 1751 bis c.c., comma 2.
Ha espressamente stabilito che l'accettazione del patto di non concorrenza comporta, in occasione della cessazione del rapporto, la corresponsione all'agente commerciale di una indennità di natura non provvigionale"; ha indicato i parametri cui l'indennità va commisurata; ha affidato la determinazione di essa alla "contrattazione tra le parti tenuto conto degli accordi economici nazionali di categoria"; "in difetto di accordo" ha previsto che l'indennità venga determinata in via equitativa dal giudice.
Pertanto, a decorrere dal 1 giugno 2001, come stabilito dalla L. n. 422 del 2000, art. 23 cit., il patto di non concorrenza per l'ordinamento italiano è tipicamente oneroso, tanto che, nel caso in cui il compenso non sia stato stabilito dalle parti, soccorre l'intervento integrativo del giudice. Si delinea un rapporto di scambio a prestazioni corrispettive, in cui viene garantito un equilibrio economico minimo, grazie anche all'eventuale intervento del giudice in funzione di equità integrativa.
Tuttavia, in assenza di una specifica disciplina transitoria predisposta dal legislatore, il Collegio ritiene che tale disposizione non possa trovare applicazione ai patti stipulati antecedentemente alla sua entrata in vigore, sebbene rispetto ad un rapporto di agenzia cessato successivamente e ad un patto di non concorrenza che non ha ancora avuto esecuzione.
Tanto in ragione dell'art. 11 disp. gen., premesse al codice civile, secondo cui; "La legge non dispone che per l'avvenire; essa non ha effetto retroattivo".
Sebbene la regola dell'irretroattività della legge assuma rango costituzionale in riferimento alle norme penali incriminatici, in ambito civile solo al legislatore compete di derogarvi, peraltro non senza limiti, per cui, in mancanza di difforme previsione legislativa, opera il principio generale dell'assoggettamento della disciplina di ciascun fatto alla normativa del tempo in cui esso si verifica.
Coerentemente per questa Corte, in assenza di diverse previsioni, le condizioni di validità di un contratto devono essere vagliate sulla base della normativa in vigore al momento in cui esso è stato concluso, secondo il principio tempus regit actum. Lo ius superveniens non può essere applicato, oltre che ai rapporti giuridici esauriti prima della sua entrata in vigore, a quelli sorti anteriormente ed ancora in vita, se in tal modo si disconoscano gli effetti già verificatisi del fatto passato o si venga a togliere efficacia, in tutto o in parte, alle conseguenze attuali e future dello stesso (…).
Ove non si applicasse la regola descritta della naturale irretroattività della legge al caso che ci occupa, si altererebbe in modo determinante l'originario programma contrattuale che le parti si erano liberamente date, producendo effetti iniqui.

Per rispondere al quesito posto, dunque, non potrà trovare applicazione il nuovo secondo comma dell’art. 1751 bis cod. civ. al rapporto ancora in essere, poiché il patto è stato siglato tra le parti in data antecedente il 1/6/2001.

P. S. chiede
martedì 09/04/2024
“Buongiorno, sempre in materia di eredità giacente avrei la necessità di avere conferma di quanto vado brevemente ad esporre.
(A) sorella della de cuius (B) è stata esclusa dal testamento pubblico ed a seguito di un precedente giudizio di divisione, conseguente all'accettazione della eredità della madre di A e B, ha dovuto sostenere spese legali ed erariali anche per la quota della sorella tra cui:
- la quota dei compensi al CTU geometra ed al curatore nominati dal Tribunale per la stima del compendio ereditario e per la gestione della eredità della madre di A e B defunta;
- la quota di imposta di registro seguita all’ordinanza divisionale;
- la quota dell’imposta di successione spettante alla de cuius B ma che sta sostenendo A.
Qualora tali spese fossero state precisate direttamente alla curatela dai professionisti e dall'Erario lo sarebbero state con privilegio ex art. 2751-bis comma 1 n. 2 c.c. per i compendi professionali ed ex art. 2772 c.c. per le imposte indirette (ipotecarie, catastali e di successione) da parte dell'Erario. In realtà tali spese sono già state tutte sostenute dalla sorella ancora in vita A per cui ritengo che, vista la natura delle stesse possano essere oggetto di surroga nei diritti dei creditori e quindi assumere natura privilegiata.
In applicazione dell’art. 1203 c.c., la sorella B potrebbe a mio avviso godere di tutte le prerogative afferenti al credito tra le quali anche la natura privilegiata, dal momento che la norma dell’art. 1203 cod. civ. è univoca nel dichiararsi «a vantaggio», e non già a danno, del solvens non potendo togliere a quest’ultimo i «vantaggi», che risultano connessi alla posizione propria del creditore.
Riterrei pertanto corretta una precisazione del credito che preveda una richiesta di pagamento in privilegio delle somme dovute ai professionisti rispettivamente ex art. 2751-bis comma 1 n. 2 c.c. ed ex art. 2772 c.c. per le imposte indirette (ipotecarie, catastali e di successione) da soddisfarsi, secondo il relativo grado, in concorso con gli altri crediti privilegiati già precisati alla curatela.
In attesa di conoscere il Vostro qualificato parere in merito, porgo cordiali saluti.

Consulenza legale i 17/04/2024
Le considerazioni svolte nel quesito in ordine alla natura privilegiata dei crediti soddisfatti integralmente dalla sorella A, nella qualità di coobbligata, devono considerarsi corrette, ma si fondano su un presupposto che si ritiene essenziale, ovvero che A possa essere in grado di dimostrare che quelle somme di denaro sono uscite dal suo patrimonio.

Dato per ammesso che A riesca a soddisfare tale condizione, ovvero a dimostrare che i debiti di cui si discute, afferenti all’eredità della madre, sono stati soddisfatti integralmente con denaro personale, la stessa potrà invocare l’applicazione dell’art. 1203 c.c., norma che disciplina la c.d. surrogazione legale, così definita perché è la stessa legge (e non già il creditore o il debitore) che attribuisce al terzo che paga il diritto a surrogarsi.

In particolare, il caso di specie deve farsi rientrare nel n. 3 di tale norma, il quale prevede appunto la surrogazione ex lege a vantaggio di colui che, essendo tenuto con altri o per altri al pagamento del debito, aveva interesse di soddisfarlo.
In sostanza, si presuppone che il terzo che paga abbia con il debitore un rapporto tale da legittimare un’azione di regresso; rientra in questa ipotesi, ad esempio, il caso della solidarietà, della fideiussione (art. 1949 del c.c.), del pagamento da parte del venditore dell’imposta di registro (che di regola, e salvo deroga, compete all’acquirente), di chi, pur non personalmente obbligato, si trova costretto ad effettuare il pagamento al fine di evitare l’espropriazione forzata di un proprio bene vincolato a garanzia di un debito altrui.

Ebbene, nel caso di specie si ritiene che A, con il suo comportamento, abbia proprio voluta evitare ciò, ovvero che dal mancato pagamento della quota di debito incombente sulla sorella potesse derivarne l’espropriazione di quei beni, di cui la medesima era comproprietaria, ed in relazione ai quali quelle spese erano state sostenute.

Sulla solidarietà in materia di imposta di successione vuole qui richiamarsi la sentenza della Corte di Cassazione, Sez. V civ., sent. n. 24624 del 19.11.2014, così massimata:
In caso di successione mortis causa, nasce a carico di tutti i coeredi un'obbligazione tributaria solidale, avente a oggetto l'intero importo del tributo successorio, analogamente a quanto accade nel negozio traslativo posto in essere nei confronti di più acquirenti di un immobile. Il principio non è affatto derogato nell'ipotesi di successione testamentaria, anziché legittima. La norma non distingue in proposito, mantenendo la solidarietà quale principio generale dell'intera imposta di successione, sicché tutti gli eredi sono ritenuti obbligati per la medesima prestazione nei riguardi dell'Erario”.
In particolare, la S.C. argomentando dal testo dell’art. 36 del T.U. successioni e donazioni afferma che nei trasferimenti di beni e diritti per successione a causa di morte la solidarietà si pone quale principio generale, non sussistendo peraltro alcuna distinzione tra l’ipotesi in cui il de cuius abbia disposto dei suoi beni per testamento e quella in cui non lo abbia fatto, lasciando alla legge la determinazione dei soggetti e dei criteri in base ai quali i suoi beni devono essere assegnati.
Si afferma ancora che il comma 1 della norma sopra menzionata (art. 36 D.lgs 346/1990), nel prevedere che gli eredi sono obbligati solidalmente al pagamento dell’imposta, nell’ammontare complessivamente dovuto sia dagli stessi che dai legatari, richiama la nozione di solidarietà dettata dall’art. 1292 del c.c., secondo cui l’obbligazione è in solido quando più debitori sono tutti obbligati per la medesima prestazione, in modo che ciascuno può essere costretto all’adempimento per la sua totalità e l’adempimento da parte di uno libera gli altri.
Di conseguenza, in presenza di una pluralità di eredi, tutti devono ritenersi obbligati per la medesima prestazione nei riguardi dell’Erario, ciascuno conservando il diritto di agire in regresso nei confronti degli altri condebitori.

Accertato il carattere della solidarietà delle obbligazioni di cui si discute, carattere che consente di far valere la disciplina della surrogazione legale, si tratta adesso di stabilire se il credito vantato da A nei confronti di B possa qualificarsi anch’esso come privilegiato, al pari dei crediti che dalla medesima A sono stati soddisfatti.
La risposta è positiva ed in tal senso può richiamarsi anche in questo caso una sentenza della Corte di Cassazione, e precisamente Cass. Civ. Sez. VI, 25.11.2019 n. 30621.
Tralasciando il caso specifico sul quale la S.C. è stata chiamata a pronunciarsi, il principio consacrato in tale pronuncia è quello secondo cui chi si surroga nei diritti del creditore ex art. 1203 c.c. deve godere di tutte le prerogative afferenti il credito, tra le quali anche quelle relative alla sua natura privilegiata, dal momento che “La norma dell’art. 1203 c.c. è univoca nel dichiararsi “a vantaggio” e non già a danno del solvens: la stessa, perciò, non potrebbe comunque togliere a questi dei “vantaggi” che risultano connessi alla posizione propria di questo”.
Di particolare rilievo è anche l’affermazione secondo cui non può accettarsi la tesi che attribuisce alla surrogazione natura circolatoria del diritto di credito, risultando come tale incompatibile con il privilegio, laddove questo non spetti più al creditore originario.

In considerazione di quanto sopra detto, pertanto, si ritiene giuridicamente fondato e corretto quanto osservato nella parte conclusiva del quesito posto.


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