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Articolo 316 bis Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Concorso nel mantenimento

Dispositivo dell'art. 316 bis Codice Civile

(1)I genitori devono adempiere i loro obblighi nei confronti dei figli in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo. Quando i genitori non hanno mezzi sufficienti, gli altri ascendenti, in ordine di prossimità, sono tenuti a fornire ai genitori stessi i mezzi necessari affinché possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli.

In caso di inadempimento il presidente del tribunale o il giudice da lui designato, su istanza di chiunque vi ha interesse, sentito l'inadempiente ed assunte informazioni, può ordinare con decreto che una quota dei redditi dell'obbligato, in proporzione agli stessi, sia versata direttamente all'altro genitore o a chi sopporta le spese per il mantenimento, l'istruzione e l'educazione della prole.

Il decreto, notificato agli interessati ed al terzo debitore, costituisce titolo esecutivo, ma le parti ed il terzo debitore possono proporre opposizione nel termine di venti giorni dalla notifica.

L'opposizione è regolata dalle norme che disciplinano il procedimento relativo allo stato delle persone, ai minorenni e alle famiglie.

Le parti ed il terzo debitore possono sempre chiedere, con le medesime forme, la modificazione e la revoca del provvedimento.

Note

(1) Articolo aggiunto con d.lgs. 28 dicembre 2013, n. n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014 e successivamente modificato dal D. Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (c.d. "Riforma Cartabia"), come modificato dalla L. 29 dicembre 2022, n. 197, il quale ha disposto (con l'art. 35, comma 1) che "Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti".

Spiegazione dell'art. 316 bis Codice Civile

La norma in commento va letta in combinato disposto con le disposizioni di cui agli artt. 147 c.c. e 148 c.c. (i quali vanno rapportati, a loro volta, ai diritti e doveri del figlio, contemplati dall’art. 315 bis del c.c.). Inoltre, ancora prima, i doveri dei genitori di mantenere, istruire, educare ed assistere la prole sono previsti dall’art. 30 Cost.
Tali disposizioni, nel loro insieme, sono espressione di un generale dovere di cura dei figli che grava sui genitori per il solo fatto della procreazione. All’interno del dovere di cura, si rinvengono poi i più specifici obblighi di educazione, istruzione, protezione, custodia.
Il dovere di mantenimento dei figli, che impone ai genitori un ampio spettro di responsabilità (a titolo esemplificativo, si pensi agli obblighi alimentari, abitativi, scolastici, sportivi, sanitari, sociali, di assistenza morale, e via dicendo), è esercitato in maniera solidale dai coniugi, in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo.
Peraltro, mentre il dovere di educazione in senso stretto si estingue al compimento del diciottesimo anno di età, l’obbligo di mantenimento continua a gravare sui genitori fino a quando il figlio non si renda economicamente autosufficiente (e quindi, spesso, ben oltre la maggiore età dei figli). Fino a quando tale autonomia non venga effettivamente raggiunta, l’obbligo di mantenimento spetterà ai genitori. Tuttavia, la giurisprudenza ha in parte temperato tale principio, prevedendo che tale obbligo di mantenimento non possa - in ogni caso - perdurare oltre ogni ragionevole limite. Infatti, l’obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne si estingue non solo quando il figlio non possegga redditi sufficienti per il proprio mantenimento, ma anche quando lo stesso non si sia messo concretamente in condizione di conseguire un titolo di studio o di procurarsi fattivamente un reddito attraverso lo svolgimento di idonea attività lavorativa, o quando l'abbia rifiutata in modo arbitrario (Cass. Civ. n. 951/2005).
Gli ascendenti intervengono nel mantenimento, con un’obbligazione che si presenta come sussidiaria rispetto a quella dei genitori, solo allorquando “i genitori non hanno mezzi sufficienti”.
La “Riforma Cartabia” è intervenuta modificando i commi 2, 4 e 5 del presente articolo.
La norma è stata innovata, in particolare, nella "parte processuale", disciplinante la cosiddetta “tutela monitoria” del credito riferito al mantenimento della prole. Se la persona obbligata non adempie al suo dovere, dopo una breve istruttoria e un'audizione dell'inadempiente, il presidente del tribunale, o un giudice da lui nominato, può emettere un decreto che ordina il pagamento diretto di una quota dei redditi dell'obbligato (proporzionale agli stessi) all'altro genitore. Tale decreto deve essere notificato all'altra parte e può essere contestato entro 20 giorni dalla notifica. L'opposizione sarà regolata dalle norme che disciplinano il procedimento relativo allo stato delle persone, famiglie e minori.
La riforma ha quindi reso coerente la disciplina processuale di questo strumento con il nuovo rito relativo a Persone, minori e famiglie. La disposizione in oggetto va infatti attualmente letta in combinato disposto con la disposizione di cui all'art. 473 bis 50 del c.p.c., dettato per il caso in cui uno dei genitori ponga in essere “gravi inadempienze, anche di natura economica, o atti che arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità di affidamento e dell’esercizio della responsabilità genitoriale”.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 316 bis Codice Civile

Cass. civ. n. 22075/2022

Nel giudizi di separazione e divorzio, a fronte della richiesta di revisione dell'assegno di mantenimento dei figli (minorenni o maggiorenni e non autosufficienti economicamente), giustificata dall'insorgenza di maggiori oneri legati alla crescita di questi ultimi, il giudice di merito, che ritenga necessarie tali maggiori spese, non è tenuto, in via preliminare, ad accertare l'esistenza di sopravvenienze nel reddito del genitore obbligato, ma a verificare se tali maggiori spese comportino la necessità di rivedere l'assegno, ben potendo l'incremento di spesa determinare un maggiore contributo anche a condizioni economiche dei genitori immutate (o mutate senza alterare le proporzioni delle misure di ciascuno dei due), ovvero non incidere sulla misura del contributo di uno o di entrambi gli onerati, ove titolari di risorse non comprimibili ulteriormente.

Cass. civ. n. 35710/2021

In tema di riparto delle spese straordinarie per i figli, il concorso dei genitori, separati o divorziati, o della cui responsabilità si discuta in procedimenti relativi ai figli nati fuori del matrimonio, non deve essere necessariamente fissato in misura pari alla metà per ciascuno, secondo il principio generale vigente in materia di debito solidale, ma in misura proporzionale al reddito di ognuno di essi, tenendo conto delle risorse di entrambi e della valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti.

Cass. civ. n. 4224/2021

La decisione del giudice relativa al contributo dovuto dal genitore non affidatario o collocatario per il mantenimento del figlio non ha effetti costitutivi, bensì meramente dichiarativi di un obbligo che è direttamente connesso allo "status" genitoriale e il diritto alla corresponsione del contributo sussiste finché non intervenga la modifica di tale provvedimento, sicché rimane ininfluente il momento in cui sono maturati i presupposti per la modificazione o la soppressione dell'obbligo, decorrendo gli effetti della decisione di revisione sempre dalla data della domanda di modificazione.

Cass. civ. n. 3302/2017

In tema di filiazione, l'obbligo di contribuire al mantenimento del figlio naturale da parte del genitore non affidatario o collocatario decorre non già dalla proposizione della domanda giudiziale, bensì dalla effettiva cessazione della coabitazione dei genitori, in quanto solo da quel momento diventano efficaci le statuizioni in tema di affidamento dei figli ed i conseguenti provvedimenti di natura economica.

Cass. civ. n. 23978/2015

Ove i genitori siano privi di mezzi economici, i parenti in linea collaterale (nella specie, le zie paterne) non possono essere condannati a fornire loro quanto necessario ad adempiere ai doveri imposti dalla legge nei confronti dei figli, atteso che l'art. 148, comma 2, c.c. (nella formulazione, applicabile "ratione temporis", antecedente alle modifiche di cui all'art. 4 del d.l.vo n. 154 del 2013) fa riferimento esclusivamente agli "ascendenti" e, quindi, ai soli parenti in linea retta.

Cass. civ. n. 17831/2013

Nel procedimento di opposizione al decreto ex art. 148 c.c., la decisione finale può consistere non solo nella conferma o nella revoca del provvedimento, ma anche in una statuizione parzialmente modificativa, che può tenere conto anche dei profili di novità successivi al ricorso, stante il potere di provvedere di ufficio con riguardo ai minori.

Cass. civ. n. 19015/2011

Non sussiste colpa grave nell'aver proposto l'azione con la quale viene chiesto un contributo al mantenimento del figlio minore agli ascendenti del genitore sistematicamente inadempiente ai suoi obblighi di contribuzione, in quanto l'art. 148 c.c. pone loro l'onere di concorrere in solido con il genitore che provvede al mantenimento qualora l'altro genitore non possa o non voglia farvi fronte; ne consegue che, per la citata azione, il gratuito patrocinio può riconoscersi ai sensi dell'art. 76 del d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115. (Nella specie la S.C., in applicazione del riportato principio, accogliendo il ricorso e decidendo nel merito ha accolto la proposta opposizione alla revoca del patrocinio a spese dello Stato).

Cass. civ. n. 20509/2010

L'obbligo di mantenimento dei figli minori ex art. 148 c.c. spetta primariamente e integralmente ai loro genitori sicché, se uno dei due non possa o non voglia adempiere al proprio dovere, l'altro, nel preminente interesse dei figli, deve far fronte per intero alle loro esigenze con tutte le sue sostanze patrimoniali e sfruttando tutta la propria capacità di lavoro, salva la possibilità di convenire in giudizio l'inadempiente per ottenere un contributo proporzionale alle condizioni economiche globali di costui; pertanto l'obbligo degli ascendenti di fornire ai genitori i mezzi necessari affinché possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli - che investe contemporaneamente tutti gli ascendenti di pari grado di entrambi i genitori - va inteso non solo nel senso che l'obbligazione degli ascendenti è subordinata e, quindi, sussidiaria rispetto a quella, primaria, dei genitori, ma anche nel senso che agli ascendenti non ci si possa rivolgere per un aiuto economico per il solo fatto che uno dei due genitori non dia il proprio contributo al mantenimento dei figli, se l'altro genitore è in grado di mantenerli; così come il diritto agli alimenti ex art. 433 c.c., legato alla prova dello stato di bisogno e dell'impossibilità di reperire attività lavorativa, sorge solo qualora i genitori non siano in grado di adempiere al loro diretto e personale obbligo.

Cass. civ. n. 13579/1999

Il provvedimento presidenziale di cui all'art. 148 c.c. diviene definitivo se non opposto secondo le norme dell'opposizione a decreto ingiuntivo ed è impugnabile con il regolamento di competenza ove dichiari l'inammissibilità del ricorso proposto dalla parte per litispendenza.

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Consulenze legali
relative all'articolo 316 bis Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

L.L. chiede
mercoledì 25/08/2021 - Toscana
“Brocardi buongiorno. Negli anni '90 mio figlio (Massimo) ha avviato una relazione di convivenza con una ragazza italiana (Deborah). All'epoca erano entrambi residenti nel Regno Unito. Nel 2000 sono venuti a convivere in Italia e nel 2002 hanno avuto un figlio (Gabriel). Nel 2007, causa la precaria situazione lavoro in Italia M è andato a lavorare in Arabia Saudita, da dove ha mensilmente mantenuto D e G, venendo in Italia ogni 2/3 mesi. Nel 2022 si è traferito a Bahrain, da dove ha continuato il mantenimento. Nel 2010/11 M e D si sono separati e D si è accoppiata con un altro uomo che a suo avviso, essendo già proprietario di una casa, le offriva maggior sicurezza. Per tacito accordo M ha continuato a inviarle mensilmente € 500 per il mantenimento di suo figlio. Nel 2014 M, causa una vertenza con il suo datore di lavoro (motivi di lavoro) ha perso il posto, e si è trovato in una situazione di grave disagio, in quanto la sua retribuzione comprendeva anche alloggio e auto in dotazione. Ha trovato un altro lavoro, molto meno retribuito e ha avviato un'azione legale contro il suo ex datore di lavoro, che gli ha prontamente messo un blocco sul rimpatrio. Ciò nonostante e a costo di gravi disagi, io e mia moglie abbiamo provveduto, praticamente esaurendo i nostri risparmi (ma sempre dal c/c di M), a inviare mensilmente € 500 a D, che nel 2017 ha avuto un figlio dall'uomo con il quale si era accoppiata. Il Covid ha avuto gravi conseguenze anche in quella parte del mondo e pertanto M ha di nuovo perso lavoro, trovandone un altro ancor meno pagato. Pertanto nel Giugno 2019 comunicò a D (che accettò questa nuova situazione) che a partire da Luglio 2019 avrebbe potuto inviarle solo € 250 al mese. Il nuovo importo viene accreditato direttamente sul conto di G (come richiesto da D), mentre i precedenti erano bonificati a lei. Nel frattempo D ha sposato l'uomo col quale si era messa. La mia domanda è:
- Tenendo conto del nuovo stato civile della sua ex compagna, M è ancora responsabile per il
mantenimento di suo figlio?
- se sì, fino a che età?
- in caso di impossibilità di pagamento di M, può D avere una rivendicazione confronti dei
nonni? Premetto che io e mia moglie viviamo di pensione e possediamo solo l'appartamen-
to in cui viviamo.
Grazie.”
Consulenza legale i 02/09/2021
Va premesso che l’obbligo per il genitore di provvedere al mantenimento dei figli non cessa per effetto del compimento, da parte di questi ultimi, della maggiore età.
Al riguardo l’art. 337 septies c.c. stabilisce ora espressamente che il giudice possa disporre, in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente, il pagamento di un assegno periodico (che deve essere versato, salvo diversa determinazione del giudice, direttamente al figlio).

Anche la giurisprudenza più recente (si veda ad esempio Cass. Civ., Sez. VI - 1, ordinanza 23/01/2020, n. 1448) ha ribadito che “l'obbligo del genitore separato di concorrere al mantenimento del figlio non cessa automaticamente con il raggiungimento della maggiore età da parte di quest'ultimo, ma perdura finché il genitore interessato non dia prova che il figlio ha raggiunto l'indipendenza economica”.
Invece la possibilità che il mantenimento venga posto a carico dei nonni è prevista, ora, dall’art. 316 bis c.c., ai sensi del quale “quando i genitori non hanno mezzi sufficienti, gli altri ascendenti, in ordine di prossimità, sono tenuti a fornire ai genitori stessi i mezzi necessari affinché possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli”.
Sul punto la recentissima Cass. Civ., Sez. VI - 1, Ordinanza, 14/07/2020, n. 14951 ha precisato che l'obbligo di mantenimento dei figli minori “spetta primariamente e integralmente ai loro genitori sicché, se uno dei due non possa o non voglia adempiere ai proprio dovere, l'altro, nel preminente interesse dei figli, deve far fronte per intero alle loro esigenze con tutte le sue sostanze patrimoniali e sfruttando tutta la propria capacità di lavoro, salva la possibilità di convenire in giudizio l'inadempiente per ottenere un contributo proporzionale alle condizioni economiche globali di costui”. Pertanto, prosegue la Suprema Corte, “l'obbligo degli ascendenti di fornire ai genitori i mezzi necessari affinché possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli - che investe contemporaneamente tutti gli ascendenti di pari grado di entrambi i genitori - è, infatti, subordinato e, quindi, sussidiario rispetto a quello, primario, dei genitori, non essendo, appunto, consentito rivolgersi agli ascendenti sol perché uno dei due genitori non dia il proprio contributo, ove l'altro genitore sia in grado di mantenere la prole”.

G. T. chiede
martedì 04/08/2020 - Trentino-Alto Adige
“Buongiorno,
mi sono separata da poco e già mio marito non adempie a quanto previsto da decreto di separazione, non versando cioè il mantenimento dei 2 ragazzi (250 € al mese a figlio). E' disoccupato quindi il tentativo di recuperare la somma tramite datore di lavoro non è realizzabile. Ho pensato a due opzioni ma vorrei capire se sono percorribili:
1) richiesta del mantenimento dei figli alla madre di mio marito (la nonna)
2) agire in senso più ampio su una questione ereditaria che lo riguarda e qui mi spiego meglio:
nel 1996 mio marito è stato aiutato ad acquistare la prima casa per 250.000.000 di lire e per l'importo restante di 50.000.000 di lire aveva acceso un mutuo (che io ho contribuito a pagare). Nel 2004 la sorella di mio marito ha ottenuto in donazione l' intero appartamento di famiglia da parte di mio suocero per un valore proporzionalmente ben più alto dell'aiuto che ha ricevuto mio marito all'epoca e dove attualmente vive mia suocera. In quella sede, furbescamente, mia cognata ha convinto mio marito a firmare una scrittura privata (atto ricognitivo di liberalità) in cui reciprocamente riconoscevano il pari valore delle due liberalità ricevute, (donazione indiretta per lui e donazione diretta per lei), nonchè si attestava che con la donazione indiretta era stato coperto l'intero prezzo dell'immobile, cosa non realistica visto la parte di mutuo che era stata fatta da mio marito a copertura parziale dell'acquisto. Due anni fa è mancato mio suocero cioè colui che ha effettuato la donazione e gli eredi (suocera, cognata, marito) non hanno proceduto ad effettuare successione. Ho invitato più volte mio marito a rimettere in discussione la faccenda delle donazioni con la sorella, ma lui non vuole problemi con lei, che peraltro non gli permette nemmeno di andare a stare temporaneamente in quella casa con sua madre, in attesa di trovarsi un lavoro ed un luogo dove vivere autonomamente, visto che l'abitazione coniugale è assegnata a me ed entro ottobre deve lasciare casa. Quindi la mia domanda è: vista l'inerzia di mio marito rispetto ad una collazione o comunque a cercare un accordo con la sorella, posso agire io in quanto sua creditrice del mantenimento dei ragazzi, come da decreto di separazione e madre dei due suoi figli? Posso impugnare od oppormi io a questa donazione o è una cosa che spetta solo ed unicamente all'erede diretto e cioè mio marito? E la scrittura privata di cui sopra, che tipo di valore ha?
Come mi consigliate di agire per tutelare al meglio i miei due figli?

Cordiali saluti
G. T.”
Consulenza legale i 14/08/2020
La possibilità di agire nei confronti dei nonni per ottenere il concorso di questi ultimi nel mantenimento del minore è prevista dall’art. 316 bis del c.c., ma richiede l’esistenza di specifici presupposti.
Ora, il testo della norma stabilisce che “quando i genitori non hanno mezzi sufficienti, gli altri ascendenti, in ordine di prossimità, sono tenuti a fornire ai genitori stessi i mezzi necessari affinché possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli”.
Dunque l’obbligo a carico degli ascendenti ha carattere sussidiario rispetto a quello dei genitori. In particolare, come ha ribadito Cass. Civ., Sez. I, n. 20509/2010, l'obbligo di mantenere i figli “grava su entrambi i genitori in senso primario ed integrale, con la conseguenza che, laddove uno di essi non volesse o non potesse ottemperarvi, l'altro è tenuto a farvi fronte, ricorrendo a tutte le proprie risorse economiche, sfruttando le proprie capacità di lavoro, salvo poi agire contro l'inadempiente per ottenere un contributo proporzionale alle sue condizioni economiche. Ne deriva che l'obbligo degli ascendenti di fornire ai genitori i mezzi necessari per adempiere al loro dovere di mantenimento ha natura sussidiaria, dunque, succedanea e che trova applicazione non già perché uno dei due genitori è inadempiente all'obbligo de quo, ma se ed in quanto l'altro genitore non è in grado di provvedervi” (nella fattispecie, la Cassazione aveva ritenuto corretta la sentenza impugnata laddove aveva ritenuto che la ricorrente non avesse diritto ad ottenere dai nonni paterni, in luogo del padre inadempiente, un assegno per il mantenimento del proprio figlio, dal momento che la stessa, in base alle risultanze probatorie, risultava in grado di assolvere al suo personale dovere di mantenimento).
Tale principio risulta riaffermato anche dai giudici di merito: ad esempio, Tribunale Monza, Sez. IV, 14/02/2012, secondo cui “l'obbligo degli ascendenti di fornire ai genitori i mezzi necessari per adempiere al loro dovere nei confronti dei figli previsto dall'art. 148 del c.c. [ora art. 316 bis c.c., n.d.r.] si concretizza solo in via sussidiaria. Altresì, siffatto obbligo si determina non già se uno dei due genitori sia rimasto inadempiente al proprio dovere, ma se ed in quanto l'altro genitore non abbia i mezzi per provvedervi”. Ancora, per Tribunale Trani, 13/04/2010, “l'obbligo degli ascendenti legittimi o naturali di fornire ai genitori i mezzi necessari affinché questi ultimi possano provvedere ai loro doveri nei confronti dei figli previsto dall'art. 148 c.c. è di natura sussidiaria e presuppone che nessuno dei genitori abbia i mezzi sufficienti per il mantenimento dei figli”.
Una simile “rigidità” risulta però mitigata in Tribunale Mantova, 22/11/2012: “l'obbligo di concorso degli ascendenti deve ritenersi sussistente non solo nei casi di impossibilità oggettiva di provvedere al mantenimento della prole da parte dei genitori ma anche in quello di omissione volontaria da parte di costoro nei confronti dei figli posto che scopo della norma è quello di salvaguardare in modo assoluto i minori e con la necessaria celerità”.
Tuttavia, la Cassazione ha comunque ribadito anche in tempi recenti che l'obbligo degli ascendenti di fornire ai genitori i mezzi necessari affinché possano adempiere ai loro doveri nei confronti dei figli va inteso non solo nel senso che l'obbligazione degli ascendenti è subordinata, e quindi sussidiaria, rispetto a quella, primaria, dei genitori, ma anche nel senso che agli ascendenti non ci si possa rivolgere per un aiuto economico per il solo fatto che uno dei due genitori non dia il proprio contributo al mantenimento dei figli, se l'altro genitore è in grado di mantenerli (Cass. Civ., Sez. VI - 1, n. 10419/2018).
Dunque, volendo attenersi all'orientamento maggioritario, occorrerà innanzitutto effettuare almeno un tentativo di recupero delle somme dovute dal padre (nel nostro caso, essendo questi disoccupato, sarà quasi un pro forma, ma è bene dimostrare di avere tentato quanto meno una ricerca di beni del debitore e un pignoramento). In caso di perdurante esito negativo, bisognerà allegare e dimostrare che la madre non è in grado di provvedere da sé all'integrale mantenimento dei figli.
Un’ultima precisazione riguarda l’applicabilità della norma sul concorso degli ascendenti in caso di separazione. Come ha chiarito Tribunale Lecce, 03/03/2017, “il rimedio di cui all'attuale art. 316 bis c.c. è utilizzabile anche dopo la separazione, sussistendo l'obbligo primario dei genitori, e sussidiario degli ascendenti, di contribuire al mantenimento dei figli fino al raggiungimento della indipendenza economica degli stessi. Di talché è priva di fondamento l'eccezione di inammissibilità dell'azione in parola qualora proposta successivamente alla separazione”.

Quanto alla seconda domanda, è necessario innanzitutto ricordare che per collazione, ai sensi dell’art. 737 del c.c., si intende l’istituto per cui i figli e i loro discendenti ed il coniuge che concorrono alla successione sono tenuti a conferire ai coeredi tutto ciò che hanno ricevuto dal defunto per donazione, direttamente o indirettamente, salvo che il defunto non li abbia da ciò dispensati (ma la dispensa da collazione non produce effetto se non nei limiti della quota disponibile).
In sostanza, nel quesito si chiede se sia ammissibile domandare la collazione in via surrogatoria. Infatti l’art. 2900 del c.c. prevede che il creditore, per assicurare che siano soddisfatte o conservate le sue ragioni, può esercitare i diritti e le azioni che spettano verso i terzi al proprio debitore e che questi trascura di esercitare, purché i diritti e le azioni abbiano contenuto patrimoniale e non si tratti di diritti o di azioni che, per loro natura o per disposizione di legge, non possono essere esercitati se non dal loro titolare.
L’esperibilità in via surrogatoria è stata espressamente affermata, in giurisprudenza, con riferimento all’azione di riduzione: secondo Cass. Civ., Sez. II, n. 16623/2019, “è ammissibile l'esercizio in via diretta dell'azione surrogatoria, prevista dall'art. 2900 c.c., nella proposizione della domanda di riduzione delle disposizioni testamentarie lesive della quota di legittima da parte dei creditori dei legittimari totalmente pretermessi che siano rimasti del tutto inerti”.
Tuttavia, collazione e azione di riduzione costituiscono due ipotesi ben distinte, in quanto la riduzione presuppone l’avvenuta lesione della quota che la legge riserva ai legittimari, come ha chiarito anche Cass. Civ., Sez. II, n. 12038/2000, secondo cui la domanda di collazione proposta nel giudizio di divisione ereditaria, con riguardo ai beni che si assumono donati in vita al coerede con atti di alienazione simulati, non implica la domanda di riduzione delle relative attribuzioni patrimoniali, essendo diversi sia il "petitum" sia la "causa petendi".
Una precisazione fondamentale è quella per cui la collazione presuppone l'esistenza di una comunione ereditaria e, quindi, di un asse da dividere, mentre, se l'asse é stato esaurito con donazioni o con legati, o con le une e con gli altri insieme, sicché viene a mancare un "relictum" da dividere, non vi è luogo a divisione e, quindi, neppure a collazione, salvo l'esito dell'eventuale azione di riduzione (così Cass. Civ., Sez. II, n. 15026/2013).
Pertanto, nel caso in esame occorrerebbe conoscere, quanto alla possibilità di operare la collazione, se vi sia ancora un attivo da dividere, proprio perché la collazione è funzionale alla divisione; inoltre, poiché nel quesito non viene specificato, sarebbe opportuno verificare se vi sia stata, per effetto delle donazioni effettuate dal de cuius, una lesione della quota spettante al figlio in quanto legittimario; fermo restando che collazione e riduzione costituiscono fattispecie diverse, con presupposti distinti.

Mario P. chiede
sabato 27/10/2018 - Marche
“Buonasera.
Il fratello del mio compagno (al quale sono legato da unione civile dal 2016) non versa da tempo l'assegno di mantenimento, determinato in fase di separazione (seguita poi da divorzio) ai propri 2 figli (di cui uno gravemente disabile , titolare di pensione) affidati alle ex moglie. Su richiesta di quest'ultima, da qualche tempo l'assegno viene detratto dalla pensione della madre dell'ex marito . Le mie domande sono le seguenti: alla morte di quest'ultima, potrà essere chiamato il mio compagno, in quanto fratello dell'inadempiente, a versare la somma corrispondente? Per determinare la capacità di versare mensilmente tale somma , verranno calcolati , e quindi messi a cumulo, anche il mio reddito e proprietà immobiliari? Preciso che , all'atto della costituzione di unione civile, abbiamo scelto la separazione dei beni. Sperando di essere stato sufficientemente chiaro ed esaustivo, ringrazio ed attendo la vostra gentile risposta.
Cordiali saluti.


Consulenza legale i 05/11/2018
L’art. 316 bis del c.c. (introdotto con D. Lgs. n. 154/2013), il quale riproduce in sostanza una previsione già contenuta nel vecchio testo dell’art. 148 del c.c., stabilisce che, quando i genitori non hanno mezzi sufficienti per provvedere al mantenimento della prole, gli altri ascendenti, in ordine di prossimità, sono tenuti a fornire ai genitori stessi i mezzi necessari affinchè possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli.
Tale disposizione è applicabile, naturalmente, anche in caso di divorzio.

Dalla lettura della norma si evince che l’obbligo di provvedere in via sussidiaria al mantenimento dei minori grava sugli ascendenti (quindi essenzialmente sui nonni), e non sui parenti in linea collaterale (come, nel caso in esame, lo zio).
Tale soluzione ha trovato espressa conferma da parte di Cass. Civ., Sez. I, 23978/2015, che, riferendosi all’art. 148 c.c. (nel testo applicabile ratione temporis), ha precisato che lo stesso si riferisce testualmente agli “ascendenti” dei genitori del figlio da mantenere.
La disposizione non può che intendersi, dunque, se non come riferita ai nonni del figlio da mantenere, e non certo agli zii. Costoro non sono, infatti, parenti in linea retta – ai quali soltanto si attaglia il termine “ascendenti“, giacché trattasi di “persone di cui l’una discende dall’altra” – bensì in linea collaterale, in quanto, in relazione al nipote, pur avendo uno stipite comune, non discendono l’uno dall’altro (art. 75 del c.c.).

Concettualmente diverso sarebbe l’obbligo di prestare gli alimenti ai minori ai sensi degli artt. 433 ss. c.c., che presupporrebbe, però, il loro stato di bisogno (art. 438 del c.c.).
Tuttavia, anche in questo caso gli zii non rientrerebbero comunque tra i soggetti obbligati (che sono nell’ordine, ex art. 433 c.c.: 1) il coniuge; 2) i figli, anche adottivi, e, in loro mancanza, i discendenti prossimi; 3) i genitori e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimi; gli adottanti; 4) i generi e le nuore; 5) il suocero e la suocera; 6) i fratelli e le sorelle germani o unilaterali, con precedenza dei germani sugli unilaterali): il rapporto di parentela è da intendersi infatti riferito al minore che necessita dei mezzi di sussistenza, e non ai genitori dello stesso.
La risposta negativa fornita al primo quesito rende superfluo l’esame della seconda domanda.

S.M. chiede
giovedì 23/05/2024
“Buongiorno. Al di fuori di come andrà il divorzio tra mia figlia e suo marito, io e mia moglie gestiamo in qualità di nonni mia nipote per il periodo che la madre lavora... felicissimi di questo ma il nostro tempo libero non esiste praticamente più. Es. al sabato partivamo x escursioni in montagna ecc.... La domanda è la seguente... E' legittimo chiedere in via privata, al di fuori del divorzio, un rimborso agli altri nonni che nel frattempo se ne vanno al mare? Premetto che la nipote sta con noi ormai da due anni.”
Consulenza legale i 29/05/2024
La risposta al quesito posto non può che essere negativa. Non esiste, infatti, un diritto al rimborso né al risarcimento in capo ai nonni che si occupano di accudire i nipoti, da esercitarsi nei confronti dei nonni dell’altro ramo genitoriale che, invece, non fanno i "baby-sitter".
L’art. 317-bis c.c. stabilisce che “gli ascendenti hanno diritto di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni”, tanto che, se l’esercizio di tale diritto viene loro impedito, possono ricorrere al giudice.
A tale previsione corrispondono sia quella dell’art. 315 bis c.c., comma 2 - ai sensi del quale “il figlio ha diritto di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti” - sia - in caso di crisi della coppia genitoriale - l’art. 337 ter c.c., il quale elenca tra i diritti dei figli quello “di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale”.
Quanto ai doveri, l’art. 316 bis c.c. prevede la possibilità che i nonni vengano chiamati a contribuire al mantenimento dei nipoti, ma ciò solo in via sussidiaria, solo cioè se i genitori non abbiano mezzi sufficienti.
Al di fuori di questi precisi diritti ed obblighi, però, ogni questione relativa all’accudimento dei nipoti in caso di impegni, lavorativi e non, dei genitori va risolta con questi ultimi, e non possono certo essere avanzate pretese nei confronti dei consuoceri o ex-consuoceri.

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