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Articolo 316 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Responsabilità genitoriale

Dispositivo dell'art. 316 Codice Civile

Entrambi i genitori hanno la responsabilità genitoriale che è esercitata di comune accordo tenendo conto delle capacità, delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni del figlio. I genitori di comune accordo stabiliscono la residenza abituale del minore e adottano le scelte relative alla sua istruzione ed educazione.

In caso di contrasto su questioni di particolare importanza, tra le quali quelle relative alla residenza abituale e all'istituto scolastico del figlio minorenne, ciascuno dei genitori può ricorrere senza formalità al giudice indicando i provvedimenti che ritiene più idonei.

Il giudice, sentiti i genitori e disposto l'ascolto del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento, tenta di raggiungere una soluzione concordata e, ove questa non sia possibile, adotta la soluzione che ritiene più adeguata all'interesse del figlio(4).

Il genitore che ha riconosciuto il figlio esercita la responsabilità genitoriale su di lui. Se il riconoscimento del figlio, nato fuori del matrimonio, è fatto dai genitori, l'esercizio della responsabilità genitoriale spetta ad entrambi.

Il genitore che non esercita la responsabilità genitoriale vigila sull'istruzione, sull'educazione e sulle condizioni di vita del figlio.

Note

(1) L'articolo è stato così sostituito dall'art. 138 della L. 19 maggio 1975 n. 151 e poi modificato dal D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.
(2) La domanda al giudice potrà essere proposta anche verbalmente senza particolari formalità; qualora sia in corso causa di separazione personale, competente sarà lo stesso giudice rispetto alla regola generale che vedrebbe coinvolto il tribunale per i minorenni.
(3) Il giudice tenterà di solito una composizione dell'insorgenda controversia, suggerendo idonea soluzione e demandando ai genitori l'adozione delle misure di attuazione; nel caso di fallimento di tale soluzione, emetterà un proprio provvedimento (sempre su specifica, ulteriore ed apposita domanda dei genitori).
(4) I commi 1, 2 e 3 della presente disposizione sono stati modificati dal D. Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (c.d. "Riforma Cartabia"), come modificato dalla L. 29 dicembre 2022, n. 197, il quale ha disposto (con l'art. 35, comma 1) che "Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti".

Ratio Legis

La ratio della norma consiste nell'attribuire ai genitori poteri congiunti per l'esercizio della potestà, salvo il ricorso al giudice nella fase patologica determinata da contrasti per importanti questioni inerenti i figli.

Brocardi

In potestate nostra sunt liberi nostri, quos ex iustis nuptiis procreavimus
Patria potestas in pietate debet, non atrocitate, consistere

Spiegazione dell'art. 316 Codice Civile

La riforma del 1975 ha cambiato radicalmente il panorama della responsabilità genitoriale, assegnando a entrambi i genitori il diritto e il dovere di esercitarla. Questa modifica ha rispecchiato il principio di uguaglianza tra uomini e donne, estendendo l'uguaglianza anche ai coniugi all'interno della famiglia. In precedenza, viceversa, sebbene entrambi i genitori avessero una sorta di titolarità della responsabilità genitoriale, solo il padre aveva concretamente il diritto di esercitarla. La madre, d'altro canto, si occupava principalmente dei doveri nei confronti dei figli senza avere una voce diretta nelle decisioni riguardanti la famiglia.
Oggi, invece, fondamentale rilievo assume il principio di "bigenitorialità", in virtù del quale non solo il figlio ha il diritto di mantenere legami significativi con entrambi i genitori e con il loro ramo di parentela, ma anche i genitori stessi devono coordinarsi nelle scelte che concernono i figli, anche al di là dei loro eventuali conflitti interni.

Prima della Riforma del D. Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, il termine "potestà" indicava l'assegnazione di un potere a un soggetto nei confronti di un altro, che si trovava quindi in una posizione di "soggezione". Tuttavia, "potestà" e "potere" non sono sinonimi, e la scelta della terminologia legislativa non è casuale. La potestà indicava che il suo titolare era investito di un'autorità, alla quale il figlio era sottoposto, e che veniva esercitata dai genitori per il bene e l'interesse della persona stessa. Con la menzionata riforma della filiazione il termine "potestà" è stato sostituito da "responsabilità" genitoriale, accentuando così la finalità dell'istituto, volto per l'appunto a salvaguardare gli interessi del minore, più che a garantire ai genitori l'esercizio di un potere di direttiva nei confronti della prole.
La "Riforma Cartabia", poi, ha innovato ulteriormente la disposizione in commento, prevedendo che, sia per il trasferimento di residenza sia per la scelta della scuola, anche prima della separazione dei genitori, sia sempre necessario ottenere il consenso di entrambi i genitori. Nel caso in cui si verifichino contrasti su questioni di "particolare importanza," come la residenza abituale del minore e la scelta dell'istituto scolastico, ciascun coniuge ha il diritto di rivolgersi al giudice per ottenere una decisione che tuteli il migliore interesse del minore e impedisca un blocco decisionale che potrebbe nuocere al benessere del bambino stesso. Non sarebbe accettabile, infatti, che uno dei genitori prendesse unilateralmente delle decisioni o informasse l'altro genitore solo successivamente riguardo alle sue scelte.

Le nuove disposizioni normative, peraltro, mirano a coordinare l'intervento del giudice, come previsto dalla norma in esame, con la modifica apportata all'art. 145 del c.c., che prevede che, in caso di contrasto tra genitori (o, nel caso della norma richiamata, tra coniugi), il giudice cerchi inizialmente una decisione concordata; solo in seguito, qualora non sia possibile raggiungere un accordo, adotterà la soluzione ritenuta più idonea per il bene del minore.
La norma in commento ha quindi subito una lenta evoluzione, passando attraverso le diverse riforme del diritto di famiglia; tutte, per certi aspetti, "epocali"; compresa l'ultima.
Mentre inizialmente il potere decisionale sui figli era concentrato nelle mani del pater familias, dopo la riforma del 2012/2013 il giudice era autorizzato a delegare la scelta al genitore ritenuto più adatto a proteggere l'interesse del minore. Questa soluzione, tesa a preservare il principio di parità tra i genitori, non è tuttavia risultata efficace nel garantire la tutela concreta del minore.
Oggi, la decisione spetta al giudice, nel caso in cui i genitori non riescano a concordare (e quindi non accolgano il suggerimento del giudice per la conciliazione) su questioni di particolare importanza.

Attualmente, l'impugnazione del provvedimento segue le norme stabilite per il rito unico delle persone, famiglia e minori.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

167 Non si è creduto conveniente fondere l'art. 315 del c.c. con l'art. 316 del c.c., perché ciò avrebbe potuto sembrare una diminuzione della portata del principio etico posto dal primo dei detti articoli, in cui si afferma l'obbligo del figlio di onorare e rispettare i genitori. Come fu già osservato nella relazione al progetto definitivo (n. 322), tale norma si pone come fondamento spirituale dei rapporti fra genitori e figli; a ciò si aggiunga che non sarebbe stato legislativamente opportuno porre in un'unica disposizione l'enunciazione di un dovere prevalentemente morale che perdura per tutta la vita dell'uomo, anche quando i genitori siano morti, e l'affermazione del principio giuridico della sottoposizione dei figli al potere familiare dei genitori, che si concreta nell'istituto della patria potestà.

Massime relative all'art. 316 Codice Civile

Cass. civ. n. 28244/2019

In materia di affidamento dei figli minori, il giudice deve attenersi al criterio fondamentale rappresentato dall'esclusivo interesse morale e materiale della prole, privilegiando quel genitore che appaia il più idoneo a ridurre al massimo il pregiudizio derivante dalla disgregazione del nucleo familiare e ad assicurare il migliore sviluppo della personalità del minore. L'individuazione di tale genitore deve essere fatta sulla base di un giudizio prognostico circa la capacità del padre o della madre di crescere ed educare il figlio, che potrà fondarsi sulle modalità con cui il medesimo ha svolto in passato il proprio ruolo, con particolare riguardo alla sua capacità di relazione affettiva, di attenzione, di comprensione, di educazione, di disponibilità ad un assiduo rapporto, nonché sull'apprezzamento della personalità del genitore, delle sue consuetudini di vita e dell'ambiente che è in grado di offrire al minore. La questione dell'affidamento della prole è rimessa alla valutazione discrezionale del giudice di merito, il quale, ove dia sufficientemente conto delle ragioni della decisione adottata, esprime un apprezzamento di fatto non suscettibile di censura in sede di legittimità.

Cass. civ. n. 10927/2018

Poiché durante il matrimonio ciascun coniuge è tenuto a contribuire alle esigenze della famiglia in misura proporzionale alle proprie sostanze, secondo quanto previsto dagli artt. 143 e 316 bis, primo comma, c.c., a seguito della separazione non sussiste il diritto al rimborso di un coniuge nei confronti dell'altro per le spese sostenute in modo indifferenziato per i bisogni della famiglia durante il matrimonio. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza del giudice di merito che aveva dichiarato la compensazione tra quanto versato dall'attore per la Tarsu relativa all'immobile assegnato alla moglie in sede di separazione, con il credito vantato da quest'ultima a titolo di rimborso delle spese per le utenze domestiche sostenute durante il matrimonio).

Cass. civ. n. 5418/2016

In tema di responsabilità genitoriale, al fine di stabilire la competenza giurisdizionale, occorre dare rilievo - per principio generale - al criterio della residenza abituale del minore al momento della domanda, intendendo come tale il luogo del concreto e continuativo svolgimento della vita personale, e non quello risultante da un calcolo puramente aritmetico del vissuto. (Nella specie, applicando l'enunciato principio, la S.C. ha ritenuto corretta la motivazione del giudice di merito, per la quale doveva considerarsi abitualmente residente in Brasile il minore che vi aveva vissuto fra i tre e i sei anni di età, periodo intensamente relazionale, con un intervallo di appena sei mesi, trascorso in Italia).

Cass. civ. n. 14360/2000

In tema di soluzione dei contrasti tra i genitori per questioni di particolare importanza, l'articolo 316 c.c., il quale prevede che ciascuno di essi può ricorrere al giudice indicando i provvedimenti che ritiene più idonei, trova applicazione per le ipotesi di famiglia unita; i provvedimenti di cui all'articolo 155, comma terzo, si collocano invece durante lo stato di separazione tra i coniugi e rientrano nella disciplina di questa.

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Consulenze legali
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Ilaria D. chiede
mercoledì 23/02/2022 - Toscana
“Buongiorno,

Il mio compagno è legalmente separato (non divorziato). Attualmente aspettiamo un figlio e vorrei sapere se il suo precedente vincolo può influire su nostro figlio, ovvero se la ex moglie può avere dei diritti, in virtù del precedente vincolo, su mio figlio. Ad esempio, esigere di vederlo o di essere coinvolta nelle scelte educative. Vorrei essere tranquilla che non possa in alcun modo, legalmente, interferire con la vita di mio figlio. Grazie”
Consulenza legale i 02/03/2022
La risposta al quesito sarà breve ma assolutamente tranquillizzante per chi lo ha posto.
Deve, infatti, escludersi che la moglie separata del compagno possa essere titolare di qualsivoglia diritto (o dovere) nei confronti del figlio che nascerà dalla nuova unione, ivi compresi il diritto di frequentazione e il diritto - dovere di prendere parte alle scelte educative riguardanti il minore.
Infatti quella che veniva chiamata, in passato, potestà dei genitori e che ora in maniera più corretta il codice definisce responsabilità genitoriale (art. 316 c.c.) spetta ai genitori e non certamente a un soggetto estraneo al nucleo familiare e con il quale il minore non ha alcun legame, quale il coniuge (anche se non divorziato) di uno dei genitori.

Pamela G. chiede
lunedì 16/09/2019 - Abruzzo
“Buongiorno,
sono una signora di origini Dominicane. Qualche anno fa ho avuto un figlio nato dall'unione con un uomo italiano, con il quale non ero unita in matrimonio.
Tuttavia, ancor prima della nascita di nostro figlio, il predetto padre era ed è unito in matrimonio con un altra donna.
L'anno scorso ho ottenuto un provvedimento dal Tribunale, di autorizzazione al rilascio del passaporto per mio figlio (che oggi ha tre anni).
A breve vorrei fare ritorno, per un breve periodo, a Santo Domingo con mio figlio, e pertanto ho acquistato 2 biglietti aerei, di andata e ritorno.
Nonostante le continue richieste, rivolte al padre di nostro figlio, affinchè acconsentisse al rilascio di una dichiarazione da depositare in consolato per ottenere l'autorizzazione all'espatrio con mio figlio, ogni tentativo è stato vano.
Qual'è la soluzione per ottenere l'autorizzazione per l'espatrio con mio figlio, in minor tempo, e come ottenerle?
Nell'attesa di una Vostra risposta Vi saluto Cordialmente.”
Consulenza legale i 23/09/2019
In casi come questo è necessario innanzitutto fare riferimento a quanto eventualmente stabilito nel provvedimento del giudice con cui si danno disposizioni sull’affidamento dei figli. Tale provvedimento può recepire un accordo tra le parti o decidere sulla controversia tra i genitori.
Se, invece, il provvedimento che dispone le condizioni di affidamento del figlio non stabilisce nulla in relazione ai viaggi all’estero, occorrerà verificare caso per caso quale sia il comportamento da adottare.

Nella situazione presa in esame, il passaporto per il minore è già stato rilasciato. Va detto che sul passaporto del figlio potrebbe essere previsto l’accompagnamento disgiunto, cioè da parte anche di un solo genitore: in questo caso, almeno in linea di principio, non dovrebbero essere previsti ulteriori atti di assenso da parte del genitore “assente”.
Tuttavia l’accompagnamento disgiunto deve essere espressamente specificato all’atto della richiesta del passaporto. In questo caso, poiché, da quanto è dato capire, il passaporto è stato rilasciato a seguito di autorizzazione “del tribunale” - o meglio, più verosimilmente, del giudice tutelare - è probabile che ciò non sia previsto.
In mancanza di previsione dell’accompagnamento disgiunto, occorrerà munirsi del consenso dell’altro genitore, se non altro per evitare spiacevoli conseguenze come una denuncia penale per sottrazione di minore o un procedimento dinanzi al giudice civile, nonché per scongiurare complicazioni all'atto dell'imbarco o dell'ingresso nello Stato estero.

Pertanto, è opportuno - se già non lo si è fatto - comunicare per iscritto all’altro genitore la volontà di portare con sé in viaggio all’estero il figlio, chiedendo di firmare un'autorizzazione espressa.
In caso di rifiuto o di mancata risposta, è frequente nella prassi il ricorso al giudice tutelare onde ottenere un provvedimento che sostituisca il consenso mancante.
Tuttavia non mancano pronunce di giudici che ritengono, invece, competente il tribunale ordinario (il giudice tutelare è invece competente per il consenso al rilascio dei documenti validi per l’espatrio).
Il consiglio è, pertanto, quello di rivolgersi ad un legale, sia per verificare la prassi in uso presso il tribunale competente, sia per meglio esaminare gli atti riguardanti l’affidamento del minore.