Cass. pen. n. 24059/2014
In ipotesi di ricorso "per saltum", all'annullamento della sentenza per mancanza assoluta di motivazione (nella specie determinata dal decesso del magistrato che aveva definito il giudizio dando lettura del dispositivo in udienza) non segue il rinvio al giudice di primo grado ma al giudice di appello, che ha il dovere di redigere la motivazione, non rientrando tale caso tra quelli tassativamente previsti dall'art. 604 c.p.p.. (In motivazione, la Corte ha precisato che il giudice di appello cui il processo è rinviato non è privo di "devolutum", ma, al contrario, dovendo redigere "ex novo" il provvedimento decisorio, ha una devoluzione totale, che gli impone di esaminare completamente nel merito la vicenda).
Cass. pen. n. 1848/2014
Qualora l'impugnazione proposta sia non quella ordinaria ma quella eccezionale del ricorso "per saltum", la Corte di cassazione deve interpretare la volontà della parte, per stabilire di quale mezzo abbia realmente inteso avvalersi ed, in caso di dubbio, privilegiare il tipo ordinario di gravame, talchè, ove vi sia una formale denuncia di difetto e manifesta illogicità della motivazione ed il contenuto delle censure, che letteralmente deducono anche violazione di legge, le riveli, invece, come dirette avverso la valutazione delle prove in ordine ad una questione di mero fatto, il ricorso andrà convertito in appello
Cass. pen. n. 4606/2010
Il ricorso proposto avverso il provvedimento con cui il magistrato di sorveglianza revoca la licenza concessa all'internato, anche se prospetta questioni di diritto, va convertito in appello, non essendo testualmente consentito il ricorso "per saltum" se non avverso le sentenze. (La Corte, peraltro, ha sottolineato come, nel caso di specie, orientasse verso la conversione del ricorso in appello il profilo delle questioni sollevate, attinenti alla rigidità e all'inadeguatezza, rispetto alle finalità riabilitative, del sistema delle misure di sicurezza detentive e alla compatibilità della sua disciplina e della sua attuazione in concreto con principi costituzionali, la cui delibazione, specie per i risvolti inerenti alla rilevanza del dubbio di costituzionalità, è per sua natura affidata al giudizio di merito).
Cass. pen. n. 38733/2008
È qualificabile come appello e non come ricorso per cassazione il gravame proposto dall'imputato avverso la sentenza del giudice di pace di condanna alla pena pecuniaria e al risarcimento del danno, anche indipendentemente dalla specifica impugnazione della statuizione civile. (In motivazione, la S.C. ha affermato che resta ferma la possibilità per l'imputato di proporre ricorso immediato per cassazione ai sensi dell'art. 569 c.p.p. e nel rispetto dei limiti di cui al comma terzo di tale disposizione).
Cass. pen. n. 38560/2008
L'annullamento con rinvio della sentenza di primo grado che abbia dichiarato l'estinzione del reato per intervenuta oblazione, impugnata dal pubblico ministero con ricorso immediato per cassazione, va disposto in favore del giudice competente per l'appello, ricorrendo l'ipotesi di cui al quarto comma dell'art. 569 c.p.p.
Cass. pen. n. 9705/2007
A seguito della sentenza n. 26 del 2007, emessa dalla Corte costituzionale, con la quale è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1, della L. n. 46 del 2006, nella parte in cui, sostituendo l'art. 593 c.p.p., esclude che il pubblico ministero possa appellare contro le sentenze di proscioglimento, nonché dell'art. 10, comma 2, L. n. 46, nella parte in cui prevede che l'appello proposto contro una sentenza di proscioglimento dal pubblico ministero, prima della data di entrata in vigore della medesima legge, è dichiarato inammissibile con ordinanza non impugnabile, il ricorso del P.M. verte su una sentenza tornata ad essere «appellabile», con la conseguenza che esso va trattato ai sensi dell'art. 569 c.p.p. Quindi, se oggetto del ricorso sono motivi dedotti ai sensi dell'art. 606 lett. d) ed e) c.p.p., il comma terzo dell'art. 569 c.p.p. ne impone la conversione in appello. Se, invece, è prospettato uno degli altri vizi che non impongono la detta conversione, come la violazione di legge, l'eventuale suo accoglimento comporta le determinazioni previste dal comma quarto dell'art. 569 c.p.p. ossia l'annullamento con rinvio al giudice competente per l'appello. (Mass. redaz.).
Cass. pen. n. 25010/2006
Alla conversione del ricorso immediato per cassazione in appello proposto avverso la sentenza di proscioglimento segue, secondo quanto previsto dall'art. 569 comma terzo c.p.p., la trasmissione degli atti alla Corte di appello che, in forza della previsione della disciplina transitoria della L. n. 46 del 2006 che ha reso inappellabili le sentenze di proscioglimento, è tenuta a dichiarare l'inammissibilità dell'appello proposto dal pubblico ministero, a cui è comunque riservata la possibilità di proporre ricorso per cassazione a norma dell'art. 606, comma primo lett. e) c.p.p.
Cass. pen. n. 24382/2006
Il ricorso per saltum del pubblico ministero avverso una sentenza di assoluzione emessa dal giudice di pace è da considerare, dopo l'entrata in vigore della L. n. 46 del 2006 che ha eliminato il potere del pubblico ministero di proporre appello avverso le sentenze di proscioglimento, come un ordinario ricorso per cassazione, ai fini delle determinazioni conseguenti all'annullamento con rinvio, per l'impossibilità di trasmissione degli atti «al giudice competente per l'appello» secondo la disposizione dell'art. 569, comma quarto, c.p.p., con la conseguenza che il giudice del rinvio va individuato nel giudice del medesimo grado di quello della sentenza impugnata, e quindi nel giudice di pace territorialmente competente. (La Corte precisa altresì che il rinvio al giudice di primo grado non dà luogo ad una rimessione in termini per la proposizione di istanze, ad es. quella per l'oblazione facoltativa ex art. 162 bis c.p., rispetto alle quali si è già verificata la decadenza).
Cass. pen. n. 41694/2004
Qualora avverso la sentenza del giudice di pace sia esperito, in luogo dell'appello, il ricorso in cassazione per saltum, il giudice di rinvio, in caso di annullamento, va individuato, ai sensi dell'art. 569, comma 4, c.p.p., in quello che sarebbe stato competente per l'appello, vale a dire il tribunale in composizione monocratica. (Mass. redaz.).
Cass. pen. n. 1299/2004
Il ricorso per cassazione del pubblico ministero avverso una sentenza di condanna pronunciata all'esito di giudizio abbreviato, si converte in appello, qualora il medesimo provvedimento sia oggetto di appello da parte dell'imputato, a nulla rilevando, per ragioni di economia e di unitarietà processuale, la circostanza che la sentenza impugnata sia oggettivamente inappellabile per la parte che ha proposto ricorso per cassazione.
Cass. pen. n. 46520/2003
Il ricorso per saltum in cassazione, previsto dall'art. 569 c.p.p., trova applicazione anche nel procedimento davanti al giudice di pace per effetto del richiamo generale alle disposizioni del codice di procedura penale contenuto nell'art. 2 D.L.vo 28 agosto 2000, n. 274, risultando del tutto compatibile con il sistema delle impugnazioni del modello processuale onorario.
Cass. pen. n. 1644/2003
Deve essere qualificato come appello — con conseguente trasmissione degli atti, ai sensi dell'art. 569, comma 3, c.p.p., alla competente Corte di merito — il ricorso per cassazione proposto avverso la sentenza di primo grado con la quale sia stata erroneamente irrogata la sola pena pecuniaria per un reato per il quale sia prevista congiuntamente anche quella detentiva, e ciò in quanto un errore del giudice non può mutare il regime delle impugnazioni che, per i reati sanzionati con pena congiunta, prescrive il doppio grado di giudizio di merito (art. 593, comma 3, c.p.p.).
Cass. pen. n. 30326/2002
Dall'operazione di qualificazione va distinto il fenomeno della “conversione” in senso tecnico del negozio giuridico processuale: a tale istituto fanno riferimento, per le ipotesi in essi specificamente disciplinate, gli artt. 569, commi 2 e 3, e 580 c.p.p.
Cass. pen. n. 8809/1999
Il ricorso per saltum si converte in appello, secondo l'art. 569 cpv. c.p.p., solo «se la sentenza è appellata da una delle parti» e quindi, per il principio di tassatività delle impugnazioni, non anche nelle ipotesi in cui sia stato proposto appello incidentale.
Cass. pen. n. 7551/1999
La conversione del ricorso in appello non è consentita (e, conseguentemente, il gravame va dichiarato inammissibile) quando, attraverso la ricerca della effettiva volontà del ricorrente, si accerti che lo stesso abbia voluto deliberatamente impugnare il provvedimento con mezzi, ovvero prospettando motivi, diversi da quelli consentiti, avendo, per altro, consapevolezza, tanto della improponibilità del mezzo strumentalmente scelto e dichiarato, quanto della esistenza di altro (ed unico) rimedio processuale, appositamente predisposto dal sistema ed arbitrariamente rifiutato. (Nella fattispecie, la Corte ha dichiarato inammissibile l'impugnazione del P.M. che, con ricorso per saltum, aveva dedotto, in tema di diffamazione, vizio di motivazione della sentenza di primo grado, assumendo che il giudice non aveva chiarito se, nella missiva contenente le frasi offensive, fosse stata manifestata la volontà di diffusione del suo contenuto. La cassazione, anche sulla base di rilievi attinenti alla forma dell'atto di impugnazione, ha ritenuto che il P.M. avesse consapevolmente, e per scopi estranei alla dialettica processuale, fatto uso di un mezzo di gravame non consentito).
Cass. pen. n. 783/1999
La possibilità del P.M. di proporre appello avverso la sentenza del Gip, prevista dall'art. 594 c.p.p., non esclude l'applicabilità della disposizione di carattere generale contenuta nell'art. 569, primo comma, c.p.p., che prevede la facoltà di proporre direttamente ricorso per cassazione per la parte che ha diritto di appellare la sentenza di primo grado, salve le limitazioni previste dal terzo comma.
Cass. pen. n. 12975/1998
Nel caso in cui una parte (nella specie, il pubblico ministero) proponga il ricorso immediato per cassazione di cui all'art. 569, comma primo, c.p.p., deducendo motivi che introducono questioni previste dal comma terzo di detta disposizione (art. 606, comma primo, lett. d ed e), non può conseguire la conversione del ricorso per cassazione in appello se le doglianze siano formulate in modo generico e astratto al punto di non essere idonee a concretare l'interesse all'impugnazione di cui all'art. 568, comma quarto c.p.p., cioè a conseguire l'effetto — attraverso l'eliminazione di un provvedimento pregiudizievole — di ottenere una situazione pratica più vantaggiosa per l'impugnante, rispetto a quella esistente. In tal caso, la Corte di cassazione deve dichiarare inammissibili i motivi in tal modo formulati.
Cass. pen. n. 9357/1998
In presenza di una sentenza di assoluzione recante, nel dispositivo, la formula «il fatto non è previsto dalla legge come reato» ma caratterizzata, nella motivazione, anche dalla presenza di ampie ed analitiche argomentazioni volte a dimostrare, nel merito, l'inesistenza di prove in ordine all'elemento materiale ed a quello psicologico del reato ipotizzato a carico dell'imputato, il pubblico ministero non può, a pena di inammissibilità, limitandosi alla confutazione in diritto dell'affermazione contenuta nel dispositivo, proporre ricorso diretto per cassazione ai sensi dell'art. 569 c.p.p., comportando la detta limitazione acquiescenza alla statuizione di merito, con conseguente passaggio in giudicato della medesima.
Cass. pen. n. 6240/1998
Qualora la mancata assunzione di una prova decisiva si risolva anche nel difetto di motivazione sul punto, non è possibile far valere con il ricorso immediato per cassazione per saltum tale vizio, che invece è riparabile dal giudice dell'appello.
Cass. pen. n. 3287/1997
Nel caso di ricorso per cassazione del pubblico ministero avverso sentenza emessa all'esito di giudizio abbreviato, l'imputato, in applicazione analogica dell'art. 569 comma secondo c.p.p., è ammesso a rinunciare all'appello ed a proporre ricorso per cassazione, senza peraltro incontrare la limitazione prevista dall'art. 569 comma terzo c.p.p. in relazione all'art. 606 comma primo lettera e) c.p.p. e perciò anche per mancanza o manifesta illogicità della motivazione.
Cass. pen. n. 11/1997
Le disposizioni del codice di rito concernenti i termini per la proposizione dell'impugnazione operano anche con riferimento al ricorso per cassazione avverso gli atti abnormi; con la sola eccezione delle ipotesi di gravame proposto nei confronti di quei provvedimenti affetti da un'anomalia genetica così radicale che, determinandone l'inesistenza materiale o giuridica e rendendoli inidonei a passare in giudicato, può essere denunciata in qualsiasi momento. (In applicazione di tale principio la corte ha dichiarato inammisibile perché tardivo il ricorso del pubblico ministero il quale aveva denunciato l'abnormità del provvedimento del pretore che, ritenuta la nullità del decreto di citazione per omessa citazione della persona offesa, aveva restituito gli atti al titolare dell'azione penale, osservando come dall'anomalia da cui era affetto detto provvedimento non potesse comunque conseguirne l'inesistenza giuridica.
Cass. pen. n. 4264/1996
Qualora l'impugnazione proposta sia non quella ordinaria ma quella eccezionale del ricorso per saltum, la Corte di cassazione deve dapprima interpretare la volontà della parte, per stabilire di quale mezzo abbia realmente inteso avvalersi ed, in caso di dubbio, deve privilegiare il tipo ordinario di gravame. Qualora, pertanto, nell'atto di impugnazione non solo vi sia una formale denuncia di difetto e manifesta illogicità della motivazione ma lo stesso contenuto delle censure, che letteralmente deducono anche violazione di legge, ad onta di tale formale qualificazione, le riveli come sostanzialmente, tutte, dirette avverso la valutazione delle prove in ordine ad una questione di mero fatto, il ricorso appare sostanzialmente proposto ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p. e va convertito in appello.
Cass. pen. n. 10941/1994
La rinuncia all'appello da parte dell'imputato non vale a vanificare l'avvenuta conversione del ricorso per cassazione proposto dal pubblico ministero. (Fattispecie in tema di impugnazione di sentenza pronunciata a seguito di giudizio abbreviato).
Cass. pen. n. 2667/1993
In materia di misure cautelari personali, la scelta del rimedio per saltum circoscrive ulteriormente l'ambito delle censure proponibili. Non soltanto nel senso che l'unico motivo di annullamento deducibile si incentra nella violazione dell'art. 292, secondo comma, c.p.p. che, per essere rilevabile in sede di legittimità, deve tuttavia rientrare nelle previsioni dell'art. 606, primo comma, lettera e), ma anche nel senso che il ricorso diretto, in quanto alternativo al riesame, deve avere ad oggetto i soli requisiti minimi di esistenza, completezza e logicità; secondo uno schema che se, da un lato, precludendo ogni intervento del tribunale della libertà, rende impossibile qualsiasi integrazione — anche in funzione «sanante» — dell'ordinanza genetica della misura, circoscrive, al contempo, l'area delle censure proponibili e, dunque, anche l'ambito della verifica di legittimità demandata alla Corte Suprema.
Cass. pen. n. 1458/1993
In materia di impugnazioni, dall'art. 568 c.p.p., che fissa le regole generali, si ricava (primo e secondo comma) che i casi nei quali i provvedimenti sono soggetti ad impugnazione ed i mezzi con cui possono essere impugnati sono stabiliti tassativamente, vale a dire senza possibilità di ampliamento o di restrizione, mentre sono sempre soggetti a ricorso per cassazione, «quando non sono altrimenti impugnabili», i provvedimenti con i quali si decide sulla libertà; ne deriva che la regola generale in materia de libertate è che il ricorso per cassazione è ammesso nei casi indicati e quando non sono previsti altri rimedi. L'art. 569 c.p.p., quindi, nel prevedere il ricorso immediato per cassazione contro tutte le sentenze appellabili di primo grado — sempre che non sia stato proposto appello da altre parti o queste non vi rinuncino — attiene alla sola fase della cognizione e non pone un principio generale vocabile per ogni impugnazione: e ciò sia per la sua formula inequivoca sia per la sua collocazione sistematica. (Fattispecie in tema di ricorso per saltum in cassazione contro un provvedimento di rigetto di un'istanza diretta ad ottenere la rimessione in libertà).
Cass. pen. n. 6022/1992
Il ricorso per cassazione del pubblico ministero avverso la sentenza, per lui inappellabile, pronunciata a seguito di giudizio abbreviato si converte in appello ove contro la stessa sentenza l'imputato interponga appello.
Cass. pen. n. 1996/1992
A seguito della declaratoria di illegittimità costituzionale dell'art. 443 comma secondo c.p.p. nella parte in cui stabilisce che l'imputato non può proporre appello contro le sentenze di condanna ad una pena che non deve essere eseguita, costui può scegliere se convertire in appello il ricorso per cassazione proposto anteriormente alla suddetta pronuncia avverso una sentenza di condanna del tipo suddetto, ovvero se mantenere ferma l'impugnazione proposta quale ricorso per saltum. Nel caso in cui l'imputato non operi espressamente una siffatta scelta, egli manifesta implicitamente la volontà di non immutare la situazione processuale in atto, ossia di mantenere fermo il ricorso, di tal che non può la Cassazione rimettere l'impugnazione al giudice di appello, giacché in tal modo sovrapporrebbe la propria all'altrui determinazione.