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Articolo 2533 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Esclusione del socio

Dispositivo dell'art. 2533 Codice Civile

L'esclusione del socio, oltre che nel caso indicato all'articolo 2531, può aver luogo:

  1. 1) nei casi previsti dall'atto costitutivo [2521, n. 7];
  2. 2) per gravi inadempienze delle obbligazioni che derivano dalla legge, dal contratto sociale, dal regolamento o dal rapporto mutualistico;
  3. 3) per mancanza o perdita dei requisiti previsti per la partecipazione alla società;
  4. 4) nei casi previsti dall'articolo 2286;
  5. 5) nei casi previsti dell'articolo 2288, primo comma(1).

L'esclusione deve essere deliberata dagli amministratori o, se l'atto costitutivo lo prevede, dall'assemblea.

Contro la deliberazione di esclusione il socio può proporre opposizione al tribunale, nel termine di sessanta giorni dalla comunicazione [2964](2).

Qualora l'atto costitutivo non preveda diversamente, lo scioglimento del rapporto sociale determina anche la risoluzione dei rapporti mutualistici pendenti.

Note

(1) L'esclusione può operare di diritto, in forza delle ipotesi tassative indicate dalla norma, nonché per fattispecie ulteriori indicate dall'atto costitutivo.
(2) La comunicazione al socio escluso della delibera ha la funzione di informarlo sulle ragioni giustificative dell'esclusione, consentendogli di proporre opposizione avverso il provvedimento, se lo ritiene illegittimo.

Relazione al D.Lgs. 6/2003

(Relazione illustrativa del decreto legislativo recante: "Riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative, in attuazione della legge 3 ottobre 2001, n. 366.")

Massime relative all'art. 2533 Codice Civile

Cass. civ. n. 34721/2021

In tema di estinzione del rapporto del socio lavoratore di cooperativa, l'impugnazione della delibera di esclusione e del provvedimento di irrogazione del licenziamento, fondati sul medesimo fatto, comporta che l'accertamento della illegittimità della delibera per insussistenza del fatto determina, con efficacia "ex tunc", sia la ricostituzione del rapporto associativo che quella del rapporto di lavoro; tale effetto pienamente ripristinatorio non lascia spazio alla tutela reintegratoria, ma solo a quella risarcitoria secondo gli ordinari criteri - prevista, in presenza dei relativi presupposti e ferma la necessità della costituzione in mora della società, per le ipotesi in cui venga affermata la giuridica continuità del rapporto di lavoro di fatto interrotto -, diversamente dal caso in cui l'atto di licenziamento sia fondato su ragioni autonome e distinte rispetto a quelle della delibera di esclusione, ove per il concreto ripristino del rapporto di lavoro è necessaria la rimozione dell'atto che ne ha determinato la cessazione, con possibilità, quindi, di ricorrere ex art. 18 st.lav. (

Cass. civ. n. 22605/2021

La validità di una delibera di esclusione dell'associato da una associazione, non presuppone necessariamente la preventiva contestazione dell'addebito all'associato, atteso che essa non è prevista da alcuna disposizione di legge (né, nella specie, dello statuto) e che la fase conteziosa non ha carattere preventivo, ma segue in sede di opposizione; né, ai fini del decorso del termine per proporre l'opposizione medesima, è necessaria la comunicazione di addebiti rigorosamente enunciati, dovendo l'esigenza di specificità della contestazione ritenersi soddisfatta allorquando le indicazioni fornite consentano di individuare le ragioni dell'esclusione, così da porre l'associato in condizione di predisporre la difesa.

Cass. civ. n. 19304/2018

In tema di esclusione del socio dalla società cooperativa, qualora lo statuto preveda la facoltà del socio di ricorrere ad un collegio di probiviri, nell'ambito di un procedimento non arbitrale ma endosocietario, finalizzato non a decidere la controversia ma a prevenirla, l'esercizio di tale facoltà comporta che il procedimento di esclusione si perfezioni solo con la determinazione del collegio dei probiviri, della cui comunicazione al socio è onerata la società anche quando il collegio non abbia adottato nel termine perentorio assegnato ai probiviri alcun provvedimento. Ne consegue che solo dalla data della comunicazione riprende a decorrere il termine di cui all'art. 2533, comma 3, c.c. per l'impugnazione della delibera di esclusione da parte del socio davanti l'autorità giudiziaria, senza che tale impugnazione gli sia tuttavia preclusa nelle more del predetto procedimento endosocietario.

Cass. civ. n. 19090/2018

Nelle società cooperative, ai fini del decorso del termine per proporre opposizione avverso la deliberazione ai sensi dell'art. 2533 c.c., non è necessaria la comunicazione di addebiti rigorosamente enunciati, dovendo l'esigenza di specificità della contestazione ritenersi soddisfatta allorquando le indicazioni fornite consentano di individuare le ragioni dell'esclusione, così da porre il socio in condizione di predisporre la difesa. (Nella specie, è stata ritenuta idonea a far decorrere il termine per l'opposizione la comunicazione della delibera di esclusione nella quale la condotta, già addebitata in sede disciplinare, era stata individuata attraverso il richiamo ad una disposizione statutaria, conosciuta e sottoscritta dalla socia lavoratrice).

Cass. civ. n. 24795/2016

In tema di delibera di esclusione del socio da una società cooperativa di produzione e lavoro, qualora non ne sia adempiuto l'onere di comunicazione, in un contenuto minimo necessario a specificarne le ragioni - imposto, a pena d'inefficacia, sia dalla disciplina generale di cui all'art. 2533 c.c., ai fini della decorrenza del termine per l'impugnazione, sia, per la gravità degli effetti che ne discendono, dalla disciplina speciale di cui alla l. n. 142 del 2001 ,che la rende idonea ad estinguere contemporaneamente il rapporto associativo e quello lavorativo - ed insuscettibile di essere sostituito da altre forme di conoscenza comunque acquisita, quale la produzione della delibera in giudizio, deve trovare applicazione la tutela reintegratoria di cui all’art. 18 st. lav..

Cass. civ. n. 13722/2016

Il termine di decadenza di trenta giorni per l'impugnazione della delibera di esclusione del socio di una società cooperativa previsto dall'art. 2527, comma 3, c.c., nella sua formulazione antecedente alla modifica introdotta dall'art. 8 del d.lgs. n. 6 del 2003, è applicabile anche nel caso in cui il relativo giudizio sia introdotto davanti agli arbitri in ragione della presenza di una clausola compromissoria nello statuto.

Cass. civ. n. 6373/2016

In tema di società cooperativa di produzione e lavoro, l'onere di comunicazione della delibera di esclusione del socio, in un contenuto minimo necessario a specificarne le ragioni, è imposto, come per il licenziamento, a pena d'inefficacia, sia dalla disciplina generale di cui all'art. 2533 c.c., ai fini della decorrenza del termine per l'impugnazione, sia, per la gravità degli effetti che ne discendono, dalla disciplina speciale di cui alla l. n. 142 del 2001 che la rende idonea ad estinguere contemporaneamente il rapporto associativo e quello lavorativo sicché, in presenza di un'esclusione non impugnata, non potrebbe essere dichiarata l'illegittimità del licenziamento né ripristinato il solo rapporto di lavoro. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la decisione di merito che aveva ritenuto equipollente alla comunicazione la mera restituzione della quota sociale in busta paga).

Cass. civ. n. 3836/2016

In materia di esclusione da società cooperativa, il socio che intenda contestare la relativa delibera deve impugnarla con l'opposizione di cui all'art. 2533 c.c., e ciò anche qualora la società gli abbia intimato il licenziamento. Ne consegue che qualora il socio-lavoratore, decorsi sessanta giorni dalla comunicazione della delibera, abbia impugnato il solo licenziamento, gli è preclusa la contestazione, anche in via di eccezione, dell'esclusione, anche nel caso di mancanza o incompletezza del verbale in cui doveva essere contenuta, non concretandosi in detta ipotesi un'inesistenza della delibera sociale, bensì una sua nullità, da far valere nei modi e termini di decadenza previsti.

Cass. civ. n. 23628/2015

Nelle società cooperative la comunicazione della deliberazione di esclusione del socio, prevista dall'art. 2527 c.c. ai fini del decorso del termine di trenta giorni per proporre opposizione, non richiede l'adozione di specifiche formalità o di particolari mezzi di trasmissione né la rigorosa enunciazione degli addebiti, dovendosi considerare sufficiente qualsiasi fatto o atto idoneo a rendere edotto il socio delle ragioni e del contenuto del provvedimento per porlo nelle condizioni di articolare le proprie difese, conseguendosi in tal modo le finalità previste dalla legge. Tale principio si applica anche alla comunicazione della preventiva contestazione dei fatti legittimanti l'esclusione, nel caso in cui lo statuto di una società cooperativa la preveda.

Cass. civ. n. 2802/2015

La delibera di esclusione del socio da una società cooperativa è sufficiente a determinare l'automatica estinzione del rapporto di lavoro, senza che sia necessario uno specifico atto di licenziamento, trovando la posizione del socio lavoratore adeguata tutela nel disposto dell'art. 2533 c.c., che gli riconosce la facoltà di proporre opposizione al tribunale contro la delibera degli amministratori o, se previsto dall'atto costitutivo, dall'assemblea.

Cass. civ. n. 7877/2014

Nella vigenza dell'art. 2527, terzo comma, cod. civ., il socio escluso di una società cooperativa - il quale, dedotta l'invalidità della clausola compromissoria contenuta nello statuto societario, non ritenga di dover instaurare il procedimento arbitrale - è tenuto, in ogni caso, a proporre l'opposizione all'esclusione dinanzi al tribunale nel rispetto del termine decadenziale previsto dalla citata norma, facendo valere in tale sede l'invalidità della clausola (in via principale o quale eccezione riconvenzionale, qualora controparte deduca l'incompetenza del giudice adito), dovendosi escludere che possa promuovere, in una data di sua libera scelta, un autonomo giudizio di accertamento della nullità della clausola compromissoria, rinviando al suo esito l'impugnazione della delibera di esclusione poiché la questione che attiene alla competenza del giudice ordinario o degli arbitri è affatto diversa da quella riguardante la decorrenza del termine decadenziale.

Cass. civ. n. 22097/2013

La deliberazione di esclusione del socio per morosità, nonostante la richiesta, da parte di quest'ultimo, di chiarimenti e la manifestata disponibilità a pagare la somma richiesta, una volta accertatane la motivazione, costituisce reazione sproporzionata e lesiva del criterio della buona fede oggettiva.

Nel giudizio di opposizione contro la deliberazione di esclusione del socio di una società cooperativa, incombe sulla società - che, pur se formalmente convenuta, ha sostanziale veste di attore - l'onere di provare i fatti posti a fondamento dell'atto impugnato.

Cass. civ. n. 25945/2011

Il socio escluso dalla cooperativa può far valere i vizi della relativa deliberazione esclusivamente mediante l'opposizione ai sensi dell'art. 2527 c.c. previgente, "ratione temporis" applicabile (attualmente, art. 2533, penultimo comma, c.c.), da proporre entro il termine di trenta giorni dalla comunicazione, essendo tale procedimento del tutto distinto dai normali mezzi d'impugnazione delle deliberazioni assembleari, previsti dagli artt. 2377 e seguenti c.c..

Cass. civ. n. 14741/2011

In tema di società cooperative, l'inadempimento che giustifica l'esclusione del socio lavoratore ai sensi dell'art. 2533 c.c. deve essere qualificato in termini di specifica gravità e presuppone, pertanto, anche una valutazione del tempo trascorso fra la mancanza addebitata e la reazione da parte della società recedente, dovendosi ritenere non conforme ai criteri legali, anche alla luce delle regole di buona fede e correttezza, l'esclusione disposta a notevole distanza di tempo dai fatti addebitati, mentre resta escluso che nella clausola che sanziona la "violazione dello spirito mutualistico e solidaristico della cooperativa" sia ascrivibile la tutela in giudizio dei diritti del socio, salvo che si dimostri che la tutela giudiziaria fosse strumentale al perseguimento di finalità indebite, del tutto estranee alla legittima (anche se eventualmente infondata nel merito) protezione dei propri interessi giuridici.

In tema di licenziamento disciplinare irrogato da una società cooperativa di produzione e lavoro, la legge n. 142 del 2001 ha introdotto in favore dei soci un complesso di tutele minime e inderogabili che, pur non retroattive, sono applicabili a tutte le situazioni giuridiche che maturino nella vigenza della legge ancorché relative a rapporti contrattuali sorti anteriormente alla sua entrata in vigore. Ne consegue, che, ove il provvedimento di esclusione del socio sia stato deliberato nel vigore della nuova normativa, la mancata adozione del regolamento previsto dall'art. 6 della legge n. 142 del 2001 non comporta un vuoto di disciplina atteso che, pur costituendo quest'ultimo un tratto qualificante della nuova normativa della cooperazione del lavoro, non può la sua esistenza condizionare l'efficacia della disciplina legale che è informata alla regola fondamentale della duplicità dei rapporti che qualificano il lavoro cooperativo e dell'applicabilità a tali rapporti di tutti i conseguenti effetti di disciplina. Ne consegue, inoltre, che, rimosso il provvedimento di esclusione, il socio avrà diritto alla ricostituzione del rapporto associativo e del concorrente rapporto di lavoro indipendentemente dall'applicabilità dell'art. 18 dello statuto dei lavoratori.

Cass. civ. n. 11558/2008

In tema di società cooperative, la comunicazione al socio della delibera di esclusione adottata ai sensi dell'art. 2533 c.c. svolge la funzione d'informarlo non tanto di ciò di cui si è discusso nel corso del procedimento, bensì delle ragioni in concreto ritenute giustificative dell'esclusione dall'organo deliberante, dal momento che su di esse egli dovrà articolare le proprie difese; la sua incompletezza non comporta pertanto l'invalidità dell'atto, ma incide esclusivamente sulla decorrenza del termine per l'opposizione, non assumendo alcun rilievo, a tal fine, la conoscenza da parte del socio degli addebiti contestatigli nel corso del procedimento, in quanto gli stessi possono anche non coincidere con quelli posti a base dell'esclusione come deliberata dal competente organo societario, ben potendo accadere che gli iniziali addebiti siano ridimensionati o riconfigurati nella decisione finale, ovvero che quest'ultima, in caso di pluralità di addebiti, si basi soltanto su alcuni di essi.

Cass. civ. n. 26318/2006

In tema di esclusione del socio da una società cooperativa, la clausola staturaria che devolve ad un collegio di probiviri nominato dall'assemblea la risoluzione delle controversie che insorgano tra il socio e la società, senza richiedere l'unanimità o almeno il voto favorevole di detto socio, è inidonea a radicare una competenza arbitrale, per contrasto con il principio inderogabile secondo cui l'attribuzione agli arbitri, siano essi rituali o irrituali, del potere di definire la controversia postula necessariamente, a tutela del requisito dell'imparzialità, che la loro designazione abbia luogo con il contributo di entrambe le parti, dalle quali soltanto essi traggono la loro legittimazione. Tale invalidità non comporta peraltro la totale inefficacia della clausola, la quale conserva la propria operatività sul piano endosocietario, nel senso che all'intervento del collegio viene attribuito il valore di un atto volto a prevenire la lite, che completa il procedimento di esclusione, ed è quindi soggetto all'impugnazione prevista dall'art. 2527, terzo comma, c.c.

Cass. civ. n. 13122/2004

In tema di società cooperative ed in ipotesi di esclusione del socio, l'opposizione di cui al terzo comma dell'art. 2527 c.c. costituisce l'unico rimedio accordato al socio escluso per fare valere l'illegittimità del provvedimento, anche nel caso in cui se ne contesti regolarità; ed una volta decorso tale termine (trenta giorni dalla comunicazione) stabilito a pena di decadenza per la proposizione di tale impugnazione, deve escludersi che eventuali vizi del provvedimento possano essere dedotti dalla parte interessata o rilevati dal giudice.

Cass. civ. n. 5722/2004

In tema di esclusione del socio da una società cooperativa, il termine di trenta giorni, stabilito dall'art. 2527 c.c. per l'opposizione avverso la relativa delibera, è frutto di una scelta del legislatore; e, non risultando quel termine oggettivamente irrisorio, al punto da porre in discussione l'esercizio del diritto di difesa, costituzionalmente garantito, nessuna doglianza sulla sua congruità può trovare ingresso in sede giurisdizionale, neppure accampando difficoltà di notificazione dell'atto di opposizione alla sede legale della società.

Cass. civ. n. 17245/2002

In tema di esclusione del socio da una società cooperativa, ove lo statuto preveda la facoltà di ricorrere ad collegio di probiviri, va distinta l'ipotesi in cui la norma statutaria attribuisca a tale organo la funzione di un vero e proprio collegio arbitrale cui devolvere la decisione delle controversie tra soci (ovvero tra questi ultimi e la società) da quella in cui esso rivesta la più limitata funzione di organo interno alla società stessa, con compiti di riesame e controllo delle deliberazioni adottate da altri organi sociali. Nella prima ipotesi, la delibera di esclusione non è direttamente impugnabile dinanzi all'autorità giudiziaria, impugnabili essendo le. sole determinazioni del collegio dei probiviri, destinate, per l'effetto ad assumere il valore di decisioni arbitrali assoggettate, a seconda dei casi, al regime del lodo rituale ovvero irrituale; nella seconda, avendo l'attività dell'organo di controllo carattere meramente endosocietario, le sue deliberazioni hanno il solo effetto di rendere definitive (e, come tali, impugnabili) quelle adottate dagli altri organi societari, senza precludere in alcun modo il ricorso all'autorità giudiziaria, essendo il collegio dei probiviri a differenza di quello arbitrale chiamato non a decidere di una controversia, ma a prevenirla.

Cass. civ. n. 14655/2002

In tema di espulsione del socio dalla cooperativa, l'apprezzamento della sussistenza dei gravi motivi non è rimesso alla esclusiva discrezionalità degli organi associativi, giacché rientra tra i compiti del giudice del merito, adito in sede di opposizione avverso la deliberazione di esclusione, riscontrare l'effettiva sussistenza della causa di esclusione, posta a fondamento della detta deliberazione, e la sua inclusione fra quelle previste dalla legge o dallo statuto, nonché accertare la congruità della motivazione adottata a sostegno della ritenuta gravità. (Sulla base dell'enunciato principio, la Corte ha annullato, per vizio di motivazione, la sentenza impugnata, che aveva negato che ricorresse una grave inadempienza, legittimante il provvedimento di esclusione ai sensi degli artt. 2527 e 2286 c.c., nel comportamento del socio di una cooperativa edilizia, avente quale scopo sociale la costruzione di alloggi per i soci, il quale non aveva effettuato il pagamento delle quote di spesa su di lui gravanti, deliberate dall'organo assembleare).

Cass. civ. n. 8088/2002

In tema di cooperative impegnate nell'attuazione dei programmi per lavori socialmente utili nel comune e nella provincia di Napoli, sottoposte a gestione commissariale, disciplinate dal decreto legge 4 settembre 1987, n. 366 (convertito, con modificazioni, dalla legge 3 novembre 1987, n. 452), l'impugnazione avverso il provvedimento di espulsione adottato dal commissario governativo nei confronti del socio risultato assente dal posto di lavoro senza giustificato motivo (ex art. 12, terzo comma, del medesimo decreto legge), è devoluta alla cognizione del giudice ordinario, in conformità a quanto disposto dall'art. 2527 c.c., non essendo a ciò di ostacolo né la particolare natura del commissario governativo e delle funzioni ad esso attribuite, non suscettibili di modificare il regime giuridico degli atti da lui posti in essere, né il silenzio del citato decreto legge, atteso che, ai sensi dell'art. 2517 c.c., anche le società cooperative regolate da leggi speciali sono soggette alle disposizioni, in quanto compatibili, previste per le imprese cooperative dalla disciplina di carattere generale.

Cass. civ. n. 9565/2000

Qualora lo statuto di una cooperativa preveda il deferimento delle controversie tra società e soci ad un collegio di probiviri, affinché sia assicurato il requisito di ordine pubblico della imparzialità della decisione, è necessario che la nomina dei probiviri provenga anche dal socio in lite; ne consegue che, qualora la controversia abbia ad oggetto l'esclusione del socio, non è possibile procedere ad una valida nomina, non potendo il socio escluso partecipare alla relativa assemblea.

Cass. civ. n. 7970/2000

In tema di società cooperative, l'annotazione nel libro dei soci di cui al quarto comma dell'art. 2527 c.c. costituisce condizione di efficacia e non di validità della delibera di esclusione del socio, posto che tale formalità è stabilita a garanzia dei terzi che possono avere interesse alla presenza di una determinata persona nella cooperativa ed, altresì, dell'affidamento degli, stessi, mentre nei rapporti interni l'esclusione opera con la pronuncia della delibera medesima non impugnata nei termini di legge o la cui legittimità sia stata accertata con autorità di giudicato.

Cass. civ. n. 868/1999

In tema di esclusione del socio da società cooperative ammesse al contributo statale, ove lo statuto accordi all'escluso la facoltà di ricorrere ad un collegio di "probiviri", costituito nell'ambito della società e, come nella specie, composto dai sindaci della cooperativa, tale tutela non ha carattere arbitrale ma endosocietario, con la conseguenza che, una volta esercitata dal socio escluso la facoltà di avvalersi della suindicata forma di tutela interna, il procedimento di esclusione si perfeziona solo con la determinazione del collegio previsto dallo statuto, determinazione che, non essendo un lodo arbitrale, non è suscettibile di impugnazione per nullità ex art. 828 c.p.c., ma va impugnata come provvedimento societario di esclusione del socio e perciò, in ipotesi di cooperativa edilizia ammessa al contributo statale, dinanzi alla commissione di vigilanza di cui all'art. 131 R.D. n. 1165 del 1938.

Cass. civ. n. 7592/1999

La comunicazione della delibera di esclusione del socio ai sensi dell'art. 2527 c.c. ha la funzione di far decorrere il termine per l'impugnazione e di rendere edotto il socio delle ragioni della sanzione adottata al fine di consentirgli l'esercizio delle proprie difese; per produrre i suoi effetti la comunicazione deve essere fatta personalmente al socio con un mezzo idoneo a garantire che l'interessato venga direttamente a conoscenza del provvedimento; non può ritenersi mezzo idoneo, sostitutivo della comune raccomandata, la produzione della delibera in un giudizio pendente tra il socio e la cooperativa, che ha un oggetto diverso dall'impugnativa della stessa delibera, poiché l'effetto della comunicazione di documenti mediante produzione è circoscritto al processo in cui avviene e non può estendersi a rapporti non dedotti.

Cass. civ. n. 4126/1999

Nelle società cooperative, la comunicazione al socio della deliberazione di esclusione, ai sensi dell'art. 2527 c.c., non richiede la trasmissione in forma autentica ed integrale del provvedimento, né l'adozione di particolari formalità, essendo sufficiente che essa risulti idonea a rendere edotto il socio delle ragioni dell'adottata sanzione, in guisa da consentirgli di articolare le proprie difese con l'opposizione. L'eventuale incompletezza, ovvero la mancata specificità della comunicazione non incide, pertanto, sulla validità e sull'operatività del provvedimento (potendo spiegare rilievo solo al diverso fine di consentire un'opposizione tardiva o non specifica), e diviene, comunque, irrilevante quando l'escluso dimostri di essere pienamente consapevole delle vicende concretamente addebitategli, per avere su di esse fondato la propria difesa in sede di opposizione.

Cass. civ. n. 7529/1997

In tema di esclusione del socio dalla società cooperativa e per il caso in cui lo statuto accordi all'escluso la facoltà di ricorrere contro la relativa delibera ad un collegio di probiviri, nell'ambito di un procedimento non arbitrale ma endosocietario, il procedimento di esclusione si perfeziona, non con la sola delibera societaria, ma con la successiva determinazione dei probiviri. Ne consegue che il termine per l'opposizione ex art. 2527 c.c. resta sospeso fino alla conclusione del procedimento davanti ai probiviri ed inizia a decorrere solo dalla comunicazione al socio dell'atto conclusivo del procedimento stesso. Nel caso poi in cui la società abbia illegittimamente rifiutato al socio la tutela endosocietaria, il termine per l'opposizione ex art. 2527 c.c. non inizia neppure a decorrere.

Cass. civ. n. 2941/1997

Alla delibera di esclusione di un socio da una società cooperativa di produzione e lavoro non sono applicabili le garanzie formali del contraddittorio sancite dall'art. 7 dello Statuto dei lavoratori per le sanzioni disciplinari irrogate dal datore di lavoro al lavoratore, non essendo il rapporto tra società e socio riconducibile ad un rapporto di lavoro subordinato o parasubordinato.

Cass. civ. n. 1448/1993

Il rapporto fra cooperativa di lavoro e socio non ha natura di lavoro subordinato, per modo che la valutazione degli inadempimenti del socio stesso, per giustificarne l'esclusione dalla società, a norma dell'art. 2527 c.c., deve essere operata con criteri mutuati non dalla disciplina del rapporto di lavoro subordinato, ma dal diritto societario, con riferimento in particolare all'oggetto sociale della cooperativa.

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relative all'articolo 2533 Codice Civile

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Anonimo chiede
sabato 25/04/2015 - Molise
“SONO STATO ESCLUSO COME SOCIO DALLA (omissis) PERCHE' HO SMESSO DI OPERARE SIGNIFICATIVAMENTE AI SENSI DELL'ART 14 LETTERA D).
HO DOVUTO RIDURRE L'OPERATIVITA' DEL C/C PERCHE' MI SONO STATE APPLICATE CONDIZIONI PEGGIORATIVE E NON QUELLE RISERVATE AI SOCI; ANZI CONDIZIONI PEGGIORI DI QUELLE APPLICATE AI NON SOCI.
HO ANCORA UN DEPOSITO SIGNIFICATIVO ANCHE SE HO SPOSTATO ALTRI IMPORTI.
CHE PENSATE SE DOPO AVER FATTO RICORSO AI PROBIVIRI MI RIVOLGO AL TRIBUNALE PER LA GENERICITA' DELLA CLAUSOLA?
LO STATUTO PUR PREVEDENDO DI ADIRE IL TRIBUNALE NON MENZIONI TERMINI.
VANNO RISPETTATI I 60 GG DALLA COMUNICAZIONE?
[Art. 14 - Esclusione del socio
………..
Il consiglio di amministrazione, con deliberazione presa a maggioranza dei suoi componenti, può altresì escludere dalla Società il socio che:
a) abbia arrecato in qualsiasi modo danno alla Società o svolga attività in concorrenza con la stessa;
b) in relazione a gravi inadempienze, abbia costretto la Società ad assumere provvedimenti per l’adempimento delle obbligazioni a qualunque titolo contratte con essa;
c) sia stato interdetto dall’emissione di assegni bancari;
d) abbia mostrato, nonostante specifico richiamo del consiglio di amministrazione, palese e ripetuto disinteresse per l’attività della Società, omettendo di operare in modo significativo con essa.
Nei casi diversi da quelli previsti dalla legge l’esclusione del socio è deliberata tenuto conto della situazione economica e patrimoniale della Società.]
Consulenza legale i 29/04/2015
In riferimento al quesito proposto, va prima di tutto premesso che gli statuti delle (omissis) sono delineati su uno statuto-tipo, che riceve l’approvazione della Banca d’Italia: pertanto, le disposizioni ivi contenute sono ritenute ad origine non in contrasto con la sana e prudente gestione. Naturalmente, ogni (omissis) adotta, poi, il proprio specifico statuto, seguendo però il modello.
In particolare, l'art. 14 sulla esclusione del socio si ritrova in maniera pressochè identica in tutti gli statuti delle diverse (omissis) italiane.

Lo statuto di una (omissis) è, dal punto di vista giuridico, parte integrante dell'atto costitutivo della società cooperativa (art. 2521 del c.c., comma quarto). Il socio ha di regola interesse a far valere la nullità di una clausola contenuta nello statuto, quando la sua applicazione abbia portato ad una deliberazione che lo danneggia.
Di norma, accade che il socio escluso impugni la delibera di esclusione e contestualmente chieda che sia dichiarata nulla la clausola che ha pregiudicato i suoi interessi.
Il termine per la proposizione dell'opposizione è determinato dalla legge, nello specifico dall'art. 2533 del c.c., che sancisce la proponibilità dell'impugnazione nel termine di sessanta giorni dalla comunicazione.

Nel merito:
- da un lato, è possibile per il socio sostenere che non vi è stato disinteresse per l'attività della Società, ma che la scarsa operatività è da imputare ad altri fattori: in tal modo, però, si dà per valida la clausola dell'art. 14 lett. d);
- dall'altro lato, è difficile prevedere le probabilità di accoglimento della domanda di nullità della clausola che recita: "Il consiglio di amministrazione, con deliberazione presa a maggioranza dei suoi componenti, può altresì escludere dalla Società il socio che ... d) abbia mostrato, nonostante specifico richiamo del consiglio di amministrazione, palese e ripetuto disinteresse per l’attività della Società, omettendo di operare in modo significativo con essa".
Difatti, l'esclusione del socio è generalmente prevista dall'art. 2533, oltre agli altri casi elencati - compresi quelli stabiliti dai singoli statuti - anche per gravi inadempienze delle obbligazioni che derivano dalla legge, dal contratto sociale, dal regolamento o dal rapporto mutualistico. La società, quindi, può escludere un socio sulla base di una valutazione discrezionale di inadempienza alle obbligazioni sociali.
Il rimedio dato al socio non è quello di impugnare la clausola che preveda ciò, bensì quello di opporsi alla delibera di esclusione affermando di avere, invece, assolto ai propri doveri o di aver incontrato legittimi impedimenti.

Si danno alcuni esempi. E' stata ritenuta nulla, perché in contrasto con l'art. 1346, la clausola statutaria che prevede l'esclusione del socio che, in qualunque modo, arrechi danno morale e materiale alle cooperative, e fomenti dissidi e disordini (Tribunale di Torino, 19.1.2001); al contrario, si è giudicata legittima la clausola che preveda l'esclusione del socio che non sia più in grado di concorrere al perseguimento dello scopo mutualistico o che si renda inadempiente in relazione al rapporto di scambio che consente tale perseguimento (Tribunale di Como, 20.4.2004).
Cass. civ., sez. I, 28.9.2004, n. 19414, ha affermato che: "In tema di società cooperative ed in ipotesi di esclusione del socio, compete al giudice del merito la valutazione in concreto della riconducibilità dei comportamenti del socio escluso alla previsione statutaria che giustifica il provvedimento di esclusione, tenendo conto a tal fine - soprattutto quando la previsione statutaria si riferisca a comportamenti solo genericamente o sinteticamente indicati come contrari all'interesse sociale, senza enunciare una casistica specifica - della rilevanza della lesione eventualmente inferta dal socio all'interesse della società". In altre parole, non si discute tanto sul fatto che l'inadempimento, senza troppe specificazioni, sia causa di esclusione del socio (una clausola che questo preveda dovrebbe essere quindi valida); quanto della sussistenza nel caso concreto dell'inadempimento del socio.

Ci sembra, pertanto, di non ravvisare una nullità per genericità della clausola in questione, nella misura in cui essa contiene, di fatto, un tipo di inadempimento al contratto sociale, valutabile in un primo momento a discrezione della società, e poi eventualmente rimesso alla valutazione di un giudice.