Cass. civ. n. 17606/2015
In caso di concordato preventivo con cessione dei beni ai creditori, il liquidatore ha legittimazione processuale nelle sole controversie relative a questioni liquidatorie e distributive, e non anche in quelle di accertamento delle ragioni di credito e pagamento dei relativi debiti, ancorchè influenti sul riparto che segue le operazioni di liquidazione, atteso che, in queste ultime può, ove esperite nei confronti del debitore cedente, spiegare intervento senza essere litisconsorte necessario.
Cass. civ. n. 1237/2013
In tema di concordato preventivo con cessione dei beni, o ad esso assimilabile, la nomina a liquidatore della persona già in carica come commissario giudiziale collide con il requisito, di cui al combinato disposto degli art. 182, secondo comma, e 28, secondo comma, legge fall. (nel testo, applicabile "ratione temporis" e risultante dalle modifiche apportate dal d.lgs. 12 settembre 2009, n. 167), che il liquidatore sia immune da conflitto di interessi, anche potenziale, ipotesi, invece, configurabile laddove nella sua persona si cumulino la funzione gestoria con quella di sorveglianza dell'adempimento del concordato, di cui all'art. 185, primo comma, della legge fall.
Cass. civ. n. 1345/2011
In tema di concordato preventivo, ai sensi dell'art. 182 legge fall., nel testo applicabile "ratione temporis", vigente anteriormente alle modifiche di cui al d.l.vo n. 169 del 2007, è precluso al tribunale nella sentenza di omologazione nominare un liquidatore giudiziale ovvero fissare ulteriori modalità esecutive (prevedendo, per esempio, la necessità della preventiva autorizzazione del giudice delegato per gli atti di straordinaria amministrazione ovvero la nomina, da parte di questi, di coadiutori, professionisti o difensori), qualora nella proposta di concordato si specifichi che il piano di liquidazione debba essere predisposto ed attuato dall'amministratore giudiziario-liquidatore, cui viene conferito il più ampio potere discrezionale sulle modalità esecutive.
Cass. civ. n. 19506/2008
È assoggettabile a ricorso per cassazione, a norma dell'art. 111, comma 7, Cost., il provvedimento con cui il tribunale accolga (o rigetti ) il reclamo proposto contro un decreto emesso dal giudice delegato in tema di vendita dei beni del debitore, nella fase esecutiva di un concordato preventivo per cessione dei beni omologato dal medesimo tribunale dovendosi estendere sulla base di un'interpretazione sistematica dell'ordinamento, imposta dalla necessità di rispettare il principio di uguaglianza il regime di ricorribilità applicabile, a norma degli artt. 617 e 618 c.p.c., per i provvedimenti del giudice dell'esecuzione non altrimenti impugnabili. Infatti, i suddetti provvedimenti del giudice delegato rientrano nel novero degli atti di giurisdizione esecutiva, assolvendo ad una funzione corrispondente a quella dei provvedimenti di analogo tenore emessi nell'ambito della liquidazione fallimentare.
Cass. civ. n. 16598/2008
Una volta esauritasi, con la sentenza di omologazione, la procedura di concordato preventivo, tutte le questioni che hanno ad oggetto diritti pretesi da singoli creditori o dal debitore e che attengono all'esecuzione del concordato, danno luogo a controversie che sono del tutto sottratte al potere decisionale del giudice delegato e costituiscono materia di un ordinario giudizio di cognizione, da promuoversi, da parte del creditore o di ogni altro interessato, dinanzi al giudice competente ; ne deriva l'inammissibilità del ricorso per cassazione ex art. 111 Cost. avverso il decreto con cui il tribunale, in sede di reclamo, abbia confermato il decreto del giudice delegato che ha rigettato la domanda di restituzione delle somme accantonate in favore dei creditori irreperibili, proposta dalla società debitrice sull'assunto dell'avvenuta prescrizione dei crediti, trattandosi di atto giudiziale esecutivo di funzioni di mera sorveglianza e controllo, privo dei connotati della decisorietà e della definitività.
Cass. civ. n. 9178/2008
In tema di liquidazione del compenso al commissario liquidatore nominato nel concordato preventivo con cessione dei beni ai creditori, in mancanza di una specifica disciplina normativa ex art. 182 legge fall. — nel testo vigente ratione temporis — trovano applicazione le norme di cui al D.M. 28 luglio 1992, n. 570, che determinano i compensi del curatore del fallimento, alle cui funzioni ed attribuzioni sono equiparabili quelle del predetto liquidatore, in rapporto al dato della liquidazione dell'attivo (che costituisce suo compito essenziale) e sempre che l'attività abbia portato a risultati utili, con esclusione del compenso supplementare sull'ammontare del passivo (la cui formazione è estranea ai compiti del liquidatore); ne consegue che, in caso di omessa alienazione dei beni, non trova applicazione l'art. 5 del citato D.M. (previsto con riguardo alle diverse funzioni del commissario giudiziale e commisurante il relativo compenso in base all'attivo ed al passivo risultanti dall'inventario), bensì gli artt. 1 e 2 del medesimo D.M. che commisurano i compensi ad una percentuale sull'attivo realizzato mentre, in difetto di risultati utili, il compenso è fissato nel minimo legale.(Nel confermare il decreto di liquidazione del tribunale, la S.C. ha espresso il principio per il caso di concordato con vendite deserte, risolto ai sensi dell'art. 186 legge fall. e convertito in fallimento).
Cass. civ. n. 9864/2006
In tema di concordato preventivo con cessione dei beni ai creditori, nel caso di nomina congiunta a liquidatori di una pluralità di dottori commercialisti o ragionieri e periti commerciali, la legittima disapplicazione, da parte del giudice del merito — per il loro contrasto con l'art. 3 Cost., sotto il profilo della palese sperequazione rispetto alla disciplina del compenso del curatore fallimentare — delle disposizioni regolamentari di cui all'art. 30 del D.P.R. 10 ottobre 1994, n. 645 e 30 del D.P.R. 6 marzo 1997, n. 100 (che disciplinano gli onorari e le indennità dei predetti professionisti per la liquidazione dei beni ceduti ai creditori), non comporta anche quella dell'art. 11 dei citati decreti presidenziali, che regola l'ipotesi di incarico affidato a più professionisti riuniti in collegio, stabilendo, in particolare — per il caso in cui si tratti (come nella specie) di collegio non obbligatorio — che il compenso globale è quello dovuto al singolo professionista, con l'aumento del quaranta per cento per ciascun membro del collegio. Esclusa, infatti, la possibilità di far capo al principio di unitarietà del compenso, desumibile dalla previsione dettata in relazione al curatore dall'art. 2, comma primo, del D.M. 28 luglio 1992, n. 570, non vertendosi nell'ipotesi di attività diversificata e frazionata nel tempo per effetto di una successione di nomine, ma di nomina plurima e contestuale, la norma regolativa della fattispecie neppure può essere rinvenuta nell'art. 53 del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (recante il testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia) — il quale stabilisce, con riferimento agli ausiliari del giudice, che quando l'incarico è conferito ad un collegio il compenso globale è determinato sulla base di quello spettante al singolo, aumentato del quaranta per cento, non per ciascuno dei membri del collegio, ma solo per ciascuno dei membri eccedenti il primo —, posto che il liquidatore non è ausiliare del giudice e manca altresì il presupposto per una applicazione analogica della norma, costituito dall'inesistenza di disposizioni disciplinanti la fattispecie.
Cass. civ. n. 3156/2006
Nel caso in cui al concordato preventivo faccia seguito il fallimento, le funzioni di commissario giudiziale e quelle di curatore fallimentare, anche se affidate alla stessa persona, non si sovrappongono, ma si cumulano, con la conseguenza che anche i relativi compensi vanno liquidati distintamente: diverse sono infatti le attività cui sono tenuti rispettivamente i due organi, così come diversi sono i criteri di liquidazione del compenso, i quali, nel concordato preventivo, non fanno necessariamente riferimento all'attivo realizzato, potendosi anche prescindere dalla liquidazione dei beni del debitore, che costituisce invece un adempimento necessario del curatore fallimentare. Non può trovare quindi applicazione, in riferimento allo svolgimento di entrambe le funzioni, il principio di unitarietà delle procedure concorsuali succedutesi senza soluzione di continuità, il quale non rappresenta un autonomo criterio normativo, destinato a risolvere tutti i problemi di successione tra le due procedure, ma un enunciato meramente descrittivo di soluzioni regolative aventi specifiche e distinte fonti normative.
Cass. civ. n. 16987/2004
In tema di concordato preventivo, al commissario liquidatore non possono riconoscersi i compensi aggiuntivi previsti dall'art. 5 comma secondo del D.M. n. 570 del 1992 per l'attività di controllo della liquidazione (nel concordato con cessione dei beni) ovvero di adempimento del concordato (in quello con garanzia, o misto), sicchè al predetto organo, previa disapplicazione della norma in parola (per violazione dell'art. 3 della Carta fondamentale), va riconosciuto un unico compenso relativo all'intera durata della procedura e commisurato ai parametri stabiliti dal medesimo art. 5, primo comma, del citato D.M. 570/1992.
Cass. civ. n. 226/1999
In caso di concordato preventivo con cessione dei beni ai creditori, la chiusura del procedimento concorsuale segna per l'imprenditore ammesso al concordato la definitiva perdita di tutti i diritti sui beni stessi, con la conseguente sua carenza di legittimazione passiva nel procedimento di impugnazione della sentenza resa antecedentemente alla data della chiusura stessa e nei riguardi del liquidatore, cui spetta, per converso, l'esercizio di tutte le azioni, e, quindi, anche della legittimazione passiva nel ricorso per revocazione di sentenza emessa in relazione ad una controversia concernente la riscossione di crediti compresi nel patrimonio ceduto, ancorché prima della proposizione del ricorso il concordato abbia avuto completa esecuzione.
Cass. civ. n. 9030/1995
I provvedimenti di nomina degli organi della procedura concorsuale, ancorché contenuti in una sentenza o altro provvedimento di carattere decisorio, conservano natura ordinatoria e amministrativa e, in quanto privi di qualsiasi portata decisoria su diritti soggettivi, non sono suscettibili di alcuna impugnazione, e nemmeno di ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., ma possono solo essere revocati di ufficio dal tribunale, su proposta del giudice delegato o su richiesta del comitato dei creditori, al quale ciascun interessato può segnalare le ragioni di legittimità o di mera opportunità che possano giustificare la revoca. Ne consegue che, sino a quando nella procedura di concordato preventivo non sia disposta la revoca del liquidatore, nominato nella stessa persona del commissario giudiziale, non può essere ritenuto illegittimo il cumulo di entrambe le funzioni al solo fine di negare la legittimazione attiva del commissario liquidatore in un procedimento da lui promosso nello svolgimento della procedura di liquidazione dei beni ceduti dall'imprenditore concordatario.
Cass. civ. n. 6560/1994
Al giudice delegato al concordato con cessione di beni, il quale provveda, in virtù di attribuzioni di potere contenute nella sentenza di omologazione oppure su richiesta del liquidatore, alla vendita di un bene, compete il potere di disporre la sospensione della stessa, ai sensi dell'art. 108, comma 3, L. fall., anche dopo l'aggiudicazione e fino a quando non venga emesso il decreto di trasferimento di cui all'art. 586 c.p.c. ed ancorché l'aggiudicatario abbia effettuato il versamento del prezzo, allorché, sulla base di una offerta in aumento, anche inferiore al sesto, o di altre circostanze, si convinca che il prezzo offerto è notevolmente inferiore a quello giusto.