(massima n. 1)
In tema di concordato preventivo con cessione dei beni ai creditori, nel caso di nomina congiunta a liquidatori di una pluralità di dottori commercialisti o ragionieri e periti commerciali, la legittima disapplicazione, da parte del giudice del merito — per il loro contrasto con l'art. 3 Cost., sotto il profilo della palese sperequazione rispetto alla disciplina del compenso del curatore fallimentare — delle disposizioni regolamentari di cui all'art. 30 del D.P.R. 10 ottobre 1994, n. 645 e 30 del D.P.R. 6 marzo 1997, n. 100 (che disciplinano gli onorari e le indennità dei predetti professionisti per la liquidazione dei beni ceduti ai creditori), non comporta anche quella dell'art. 11 dei citati decreti presidenziali, che regola l'ipotesi di incarico affidato a più professionisti riuniti in collegio, stabilendo, in particolare — per il caso in cui si tratti (come nella specie) di collegio non obbligatorio — che il compenso globale è quello dovuto al singolo professionista, con l'aumento del quaranta per cento per ciascun membro del collegio. Esclusa, infatti, la possibilità di far capo al principio di unitarietà del compenso, desumibile dalla previsione dettata in relazione al curatore dall'art. 2, comma primo, del D.M. 28 luglio 1992, n. 570, non vertendosi nell'ipotesi di attività diversificata e frazionata nel tempo per effetto di una successione di nomine, ma di nomina plurima e contestuale, la norma regolativa della fattispecie neppure può essere rinvenuta nell'art. 53 del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (recante il testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia) — il quale stabilisce, con riferimento agli ausiliari del giudice, che quando l'incarico è conferito ad un collegio il compenso globale è determinato sulla base di quello spettante al singolo, aumentato del quaranta per cento, non per ciascuno dei membri del collegio, ma solo per ciascuno dei membri eccedenti il primo —, posto che il liquidatore non è ausiliare del giudice e manca altresì il presupposto per una applicazione analogica della norma, costituito dall'inesistenza di disposizioni disciplinanti la fattispecie.