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Articolo 543 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Forma del pignoramento

Dispositivo dell'art. 543 Codice di procedura civile

Il pignoramento di crediti del debitore verso terzi o di cose del debitore che sono in possesso di terzi, si esegue mediante atto notificato [personalmente] (1) al terzo e al debitore a norma degli articoli 137 e seguenti.

L'atto deve contenere, oltre all'ingiunzione al debitore di cui all'articolo 492 (2):

  1. 1) l'indicazione del credito per il quale si procede, del titolo esecutivo e del precetto;
  2. 2) l'indicazione, almeno generica, delle cose o delle somme dovute (3) e la intimazione al terzo di non disporne senza ordine del giudice (4);
  3. 3) la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio nel comune in cui ha sede il tribunale(5) competente [26, 28] nonché l’indicazione dell’indirizzo di posta elettronica certificata del creditore procedente;

(1) 4) la citazione (6) del debitore a comparire davanti al giudice competente, con l'invito al terzo a comunicare la dichiarazione di cui all'articolo 547 al creditore procedente entro dieci giorni a mezzo raccomandata ovvero a mezzo di posta elettronica certificata (7); con l'avvertimento al terzo che in caso di mancata comunicazione della dichiarazione, la stessa dovrà essere resa dal terzo comparendo in un'apposita udienza e che quando il terzo non compare o, sebbene comparso, non rende la dichiarazione, il credito pignorato o il possesso di cose di appartenenza del debitore, nell'ammontare o nei termini indicati dal creditore, si considereranno non contestati ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione.

Nell'indicare l'udienza di comparizione si deve rispettare il termine previsto nell'articolo 501 (8).

Eseguita l'ultima notificazione, l'ufficiale giudiziario consegna senza ritardo al creditore l'originale dell'atto di citazione. Il creditore deve depositare nella cancelleria del tribunale competente per l'esecuzione la nota di iscrizione a ruolo, con copie conformi dell'atto di citazione, del titolo esecutivo e del precetto, entro trenta giorni dalla consegna. La conformità di tali copie è attestata dall'avvocato del creditore ai soli fini del presente articolo. Il cancelliere al momento del deposito forma il fascicolo dell'esecuzione. Il pignoramento perde efficacia quando la nota di iscrizione a ruolo e le copie degli atti di cui al secondo periodo sono depositate oltre il termine di trenta giorni dalla consegna al creditore (9).

Il creditore, entro la data dell'udienza di comparizione indicata nell'atto di pignoramento, notifica al debitore e al terzo l'avviso di avvenuta iscrizione a ruolo con indicazione del numero di ruolo della procedura e deposita l'avviso notificato nel fascicolo dell'esecuzione. La mancata notifica dell'avviso o il suo mancato deposito nel fascicolo dell'esecuzione determina l'inefficacia del pignoramento(10).

Qualora il pignoramento sia eseguito nei confronti di più terzi, l'inefficacia si produce solo nei confronti dei terzi rispetto ai quali non è notificato o depositato l'avviso. In ogni caso, ove la notifica dell'avviso di cui al presente comma non sia effettuata, gli obblighi del debitore e del terzo cessano alla data dell'udienza indicata nell'atto di pignoramento(10).

Quando procede a norma dell'articolo 492 bis, l'ufficiale giudiziario consegna senza ritardo al creditore il verbale, il titolo esecutivo ed il precetto, e si applicano le disposizioni di cui al quarto comma. Decorso il termine di cui all'articolo 501, il creditore pignorante e ognuno dei creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo possono chiedere l'assegnazione o la vendita delle cose mobili o l'assegnazione dei crediti. Sull'istanza di cui al periodo precedente il giudice fissa l'udienza per l'audizione del creditore e del debitore e provvede a norma degli articoli 552 o 553. Il decreto con cui viene fissata l'udienza di cui al periodo precedente è notificato a cura del creditore procedente e deve contenere l'invito e l'avvertimento al terzo di cui al numero 4) del secondo comma (1).

Note

(1) Comma così modificato ad opera del D.L. 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla L. 10 novembre 2014, n. 162.
(2) Il pignoramento presso terzi è un atto scritto complesso in quanto risulta compiuto dalla attività coordinata di due soggetti, il creditore procedente e l'ufficiale giudiziario, nei confronti del debitore e del terzo.
Il primo elemento che il pignoramento in analisi deve contenere è l'ingiunzione di cui all'art. 492 del c.p.c., al fine di impedire che il debitore disponga dei beni pignorati, con conseguente inefficacia degli atti di disposizione relativi ai beni stessi.
Si tratta di un elemento fondamentale in quanto la sua mancanza determina l'inesistenza del pignoramento.
(3) L'indicazione delle cose o somme dovute dal terzo al debitore esecutato a cui la norma si riferisce può anche essere soltanto generica in quanto il terzo dovrà specificarla o integrarla, nella dichiarazione che dovrà rendere giudizialmente ai sensi dell'art. 547. Diversamente, la mancanza di tale indicazione rende l'atto di pignoramento inidoneo al raggiungimento del suo scopo e quindi nullo.
(4) L'intimazione consiste in un atto di parte proveniente dal creditore pignorante diretto al terzo, il quale non essendo parte, nella procedura esecutiva, non può essere destinatario di un atto esecutivo. Secondo una parte della dottrina, l'intimazione deve considerarsi un atto di opposizione all'adempimento.
(5) Comma modificato dal D. Lgs. 13 luglio 2017, n. 166, con entrata in vigore dal 31 ottobre 2021.
Il testo dell'art. 543 c.p.c. in vigore dal 31/10/2021 è il seguente:
"Il pignoramento di crediti del debitore verso terzi o di cose del debitore che sono in possesso di terzi, si esegue mediante atto notificato al terzo e al debitore a norma degli articoli 137 e seguenti.
L'atto deve contenere, oltre all'ingiunzione al debitore di cui all'articolo 492:
1) l'indicazione del credito per il quale si procede, del titolo esecutivo e del precetto;
2) l'indicazione, almeno generica, delle cose o delle somme dovute e l'intimazione al terzo di non disporne senza ordine di giudice;
3) la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio nel comune in cui ha sede il giudice competente nonché l'indicazione dell'indirizzo di posta elettronica certificata del creditore procedente;
4) la citazione del debitore a comparire davanti al giudice competente, con l'invito al terzo a comunicare la dichiarazione di cui all'articolo 547 al creditore procedente entro dieci giorni a mezzo raccomandata ovvero a mezzo di posta elettronica certificata; con l'avvertimento al terzo che in caso di mancata comunicazione della dichiarazione, la stessa dovrà essere resa dal terzo comparendo in un'apposita udienza e che quando il terzo non compare o, sebbene comparso, non rende la dichiarazione, il credito pignorato o il possesso di cose di appartenenza del debitore, nell'ammontare o nei termini indicati dal creditore, si considereranno non contestati ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione.
Nell'indicare l'udienza di comparizione si deve rispettare il termine previsto nell'articolo 501.
Eseguita l'ultima notificazione, l'ufficiale giudiziario consegna senza ritardo al creditore l'originale dell'atto di citazione. Il creditore deve depositare nella cancelleria del tribunale competente per l'esecuzione la nota di iscrizione a ruolo, con copie conformi dell'atto di citazione, del titolo esecutivo e del precetto, entro trenta giorni dalla consegna. La conformità di tali copie è attestata dall'avvocato del creditore ai soli fini del presente articolo. Il cancelliere al momento del deposito forma il fascicolo dell'esecuzione. Il pignoramento perde efficacia quando la nota di iscrizione a ruolo e le copie degli atti di cui al secondo periodo sono depositate oltre il termine di trenta giorni dalla consegna al creditore.
Quando procede a norma dell'articolo 492-bis, l'ufficiale giudiziario consegna senza ritardo al creditore il verbale, il titolo esecutivo ed il precetto, e si applicano le disposizioni di cui al quarto comma. Decorso il termine di cui all'articolo 501, il creditore pignorante e ognuno dei creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo possono chiedere l'assegnazione o la vendita delle cose mobili o l'assegnazione dei crediti. Sull'istanza di cui al periodo precedente il giudice fissa l'udienza per l'audizione del creditore e del debitore e provvede a norma degli articoli 552 o 553. Il decreto con cui viene fissata l'udienza di cui al periodo precedente è notificato a cura del creditore procedente e deve contenere l'invito e l'avvertimento al terzo di cui al numero 4) del secondo comma".
(6) La citazione a cui la norma si riferisce deve essere tenuta distinta da quella intesa come atto introduttivo del processo di cognizione, in quanto consiste solamente in un invito rivolto al terzo e al debitore di comparire davanti al giudice del luogo di residenza del terzo affinché quest'ultimo renda la dichiarazione di cui all'art. 547 del c.p.c. e il debitore sia presente alla dichiarazione e agli atti ulteriori. Il terzo, quindi, dovrà specificare se e di quali somme o cose sia egli rispettivamente debitore nei confronti dell'esecutato o possessore. Conseguentemente, è richiesta unicamente l'osservanza del termine di dieci giorni di cui all'art. 501 e non già di quelli stabiliti dall'art. 163bis.
(7) La dichiarazione viene resa innanzi al G.E. e raccolta nel verbale di udienza. Viene considerata elemento perfezionativo del pignoramento poiché permette di accertare l'effettiva esistenza ed entità del credito ovvero la appartenenza delle cose esecutate al patrimonio del debitore, oltre, naturalmente, ad individuarle.
(8) Secondo l'opinione giurisprudenziale oramai consolidata, l'inosservanza di tale termine non determina nullità dell'atto di pignoramento, in quanto nulla impedisce al terzo di rendere la dichiarazione di cui all'art. 547 nel successivo giudizio di accertamento. In questo caso, di tale inosservanza si terrà conto in sede di liquidazione delle spese processuali.
(9) Comma così sostituito dal D.L. 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla L. 10 novembre 2014, n. 162.
(10) Tale comma è stato introdotto dall'art, 1, comma 32, della L. 26 novembre 2021, n. 206.
La L. 26 novembre 2021, n. 206, ha disposto (con l'art. 1, comma 37) che "Le disposizioni dei commi da 27 a 36 del presente articolo si applicano ai procedimenti instaurati a decorrere dal centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della presente legge".

Ratio Legis

In tema di pignoramento presso terzi si precisa che gli effetti sostanziali sono quelli propri di ogni altra figura di pignoramento. Pertanto, gli atti di disposizione sulle cose mobili (art. 2915 del c.c.) e i fatti estintivi dei crediti (art. 2917 del c.c.), rispettivamente compiuti e verificatisi in epoca successiva al pignoramento, non hanno effetto in pregiudizio del creditore pignorante e di quelli intervenuti. L'opinione dottrinale dominante ritiene che tali effetti decorrano dal giorno della notifica dell'atto di cui all'art. 543, ancorché il pignoramento si perfezioni soltanto con la dichiarazione positiva e non contestata del terzo ex art. 543 ovvero la sentenza di accertamento ex art. 549.

Spiegazione dell'art. 543 Codice di procedura civile

Sotto la rubrica “Espropriazione presso terzi” il codice disciplina due ipotesi completamente diverse tra loro, ossia il pignoramento di crediti e di cose mobili che non si trovino nella diretta disponibilità del debitore.
Occorre che si tratti di cose che il terzo detiene in forza di un titolo ben preciso, in quanto qualora il terzo le detenesse senza alcun titolo, cioè se si trattasse di una semplice situazione spaziale, il pignoramento dovrebbe aver luogo nella forma del pignoramento diretto ex art. 513 del c.p.c..

Come si legge in apertura della norma, l'atto di pignoramento deve essere notificato al terzo ed al debitore secondo le norme che questo stesso codice detta agli artt. 137 e ss e deve contenere l'ingiunzione che l'ufficiale giudiziario rivolge al debitore ex art. 492 del c.p.c. nonché l'atto sottoscritto dalla parte o dal suo difensore munito di procura, contenente l'indicazione del credito per cui si procede (2° co., n. 1), quella almeno generica delle cose e delle somme dovute e l'intimazione al terzo di non disporne senza ordine del giudice.

La norma, nella sua nuova formulazione, prevede che il terzo è soggetto agli obblighi del custode nei limiti dell'importo del credito precettato aumentato della metà; tale precisazione avrebbe essenzialmente lo scopo di far sì che il pignoramento presso terzi produca effetti commisurati all'entità del credito del pignorante e non anche, come prima accadeva, effetti spropositati.
Con tale precisazione viene dunque smentito l’orientamento fatto proprio dalla Corte di Cassazione la quale, sulla base del vecchio testo, riteneva che il pignoramento dovesse investire l'intera somma dovuta dal terzo prescindendo dal credito per il quale si procedeva.
Il riferimento contenuto all’art. 546 del c.p.c.all’importo del credito precettato aumentato della metà” comporta che gli effetti prodotti dal pignoramento presso terzi nel patrimonio del debitore siano commisurati all'entità del credito del pignorante, operando una sorta di bilanciamento degli interessi tra debitore e creditore, ed intendendosi così evitare che il pignoramento per crediti esigui possa paralizzare grosse somme di denaro, e nello stesso tempo offrendo anche maggiori certezze al terzo pignorato sulla misura massima del vincolo pignoratizio.

Nel sistema attuale il terzo non deve essere più citato a comparire in giudizio per rendere la dichiarazione, ma viene solo invitato per precisare di quali somme sia debitore, a differenza di ciò che accadeva sotto la previgente disciplina, in cui si pensava che la citazione del terzo determinasse un vero e proprio processo cognitivo, in cui il terzo assumeva la qualità di parte, destinato a sfociare in una sentenza contenente anche l'accertamento giudiziale del credito.

L’atto di pignoramento presso terzi, infatti, non contiene altro che un invito rivolto al terzo di rendere la dichiarazione necessaria al fine di ottenere informazioni circa i crediti che sono indicati soltanto genericamente nell'atto di pignoramento, salva la successiva eventuale fase di accertamento giudiziale in caso di inottemperanza o di contestazione, costituente giudizio incidentale ed eventuale, che trova il proprio presupposto nell'istanza del creditore.

La L. n. 228 del 2012 ha introdotto un'ulteriore novità, prevedendo, da un lato, che l'atto di pignoramento presso terzi debba indicare anche l'indirizzo di posta elettronica certificata del creditore procedente e che il terzo, a sua volta, debba comunicare la dichiarazione di cui all'art. 547 del c.p.c. al creditore procedente entro dieci giorni a mezzo raccomandata ovvero mediante posta elettronica certificata.

Sembra opportuno precisare che il debitor debitoris è terzo rispetto al titolo in forza del quale l'esecuzione è condotta, in quanto non subisce gli effetti dell'esecuzione come l'esecutato, avendo nei suoi confronti il provvedimento di assegnazione lo stesso effetto che avrebbe una cessione negoziale del credito (tutto quello che egli è chiamato a fare nel processo esecutivo è già ricompreso nel vincolo che lo lega al suo creditore diretto).
E’ stato da alcuni perfino sostenuto che il debitor debitoris debba essere considerato una sorta di ausiliario del giudice, nel senso che la sua partecipazione al procedimento è strumentale rispetto all'attuazione della sanzione contro il debitore esecutato.

La norma continua disponendo che nell'indicare l'udienza di comparizione si deve rispettare il termine previsto nell'art. 501 del c.p.c., ossia il termine di dieci giorni dal pignoramento; tuttavia, occorre precisare che, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, l'inosservanza di tale termine non comporta la nullità dell'atto di pignoramento, poiché nulla impedisce al terzo di rendere la dichiarazione di cui all'art. 547 c.p.c. nel successivo giudizio di accertamento.

Nel momento in cui è stata eseguita l'ultima notificazione, l'ufficiale giudiziario procedente consegna senza ritardo al creditore l'originale dell'atto di citazione.
Il creditore, a sua volta, deve provvedere, entro il termine di trenta giorni dalla consegna da parte dell’UNEP (attestata con timbro apposto dallo stesso Ufficio NEP), al deposito (telematico) nella cancelleria del tribunale competente per l'esecuzione di:
  1. nota di iscrizione a ruolo;
  2. copie conformi dell'atto di citazione, del titolo esecutivo e del precetto.
La conformità di tali copie è attestata dall'avvocato del creditore esclusivamente ai fini dalla presente norma previsti.
Effettuato il deposito, il cancelliere forma il fascicolo dell'esecuzione.
Il pignoramento perde efficacia se agli adempimenti sopra visti il creditore vi provvede oltre il suddetto termine di trenta giorni.

Per effetto della Legge n. 206/2021, è stato introdotto un ulteriore onere a carico del creditore procedente nel pignoramento presso terzi.
Alla norma codicistica, che disciplina la forma del pignoramento e sanziona con la perdita di efficacia la mancata iscrizione a ruolo entro il termine di 30 giorni dal ritiro presso l’Ufficiale Giudiziario, sono stati aggiunti due ulteriori commi (il quinto ed il sesto), applicabili alle procedure instaurate a decorrere dal centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del provvedimento (ossia dal 22 giugno 2022).
Per effetto di tale riforma si onera il creditore, a pena di inefficacia del pignoramento, di comunicare alle altre parti processuali un dato reale (il numero di ruolo) e un dato quasi sempre fittizio (la prima udienza).

L’obiettivo perseguito del legislatore è quello di agevolare la posizione del terzo pignorato (soggetto coinvolto nella procedura ma che di fatto è estraneo nella controversia esistente tra creditore e debitore), avvisandolo tempestivamente della coltivazione o meno della procedura esecutiva ed eliminando ogni dubbio sul suo dovere di accantonare le somme pignorate in assenza di notizie sull’iscrizione a ruolo del procedimento.
Va precisato che in realtà un eguale onere, di avvisare sia il terzo che il debitore delle sorti del pignoramento, era già previsto dal comma 1 dell’art. 164 ter delle disp. att. c.p.c., a carico del creditore procedente.
Di fatto, tuttavia, prima dell’attuale previsione normativa il terzo pignorato non veniva mai avvisato dell’iscrizione a ruolo del pignoramento, con la conseguenza che molto spesso si trovava nella situazione di accantonare le somme pignorate senza conoscere l’esito del procedimento e quindi senza sapere se e quando svincolare tali somme nei casi in cui la procedura esecutiva non veniva portata avanti.

L’ultimo comma si occupa di disciplinare l’ipotesi del pignoramento eseguito avvalendosi della ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare, quale disciplinata dall’art. art. 492 bis del c.p.c..
In questo caso l'ufficiale giudiziario deve consegnare senza ritardo al creditore il verbale, il titolo esecutivo ed il precetto, ai fini della decorrenza dei termini e degli adempimenti di cui al quarto comma.

Decorso il termine di dieci giorni dall’atto di pignoramento, quale previsto dall’art. 501 del c.p.c., il creditore pignorante e ognuno dei creditori intervenuti, purché muniti di titolo esecutivo, possono chiedere l'assegnazione o la vendita delle cose mobili o l'assegnazione dei crediti.

A seguito della suddetta istanza di assegnazione, il giudice dell’esecuzione fissa l'udienza per l'audizione del creditore e del debitore e provvede ai sensi degli artt. 552 e 553 c.p.c.

Detta udienza viene fissata con decreto, il quale dovrà essere notificato a cura del creditore procedente e dovrà contenere l'invito e l'avvertimento al terzo previsti al numero 4) del secondo comma della norma in esame.

Massime relative all'art. 543 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 13533/2021

In tema di espropriazione presso terzi, nei giudizi di opposizione esecutiva si configura sempre litisconsorzio necessario fra il creditore, il debitore diretto ed il terzo pignorato. (Rigetta, TRIBUNALE ROMA, 25/07/2018).

Cass. civ. n. 12715/2019

Il creditore del condominio che disponga di un titolo esecutivo nei confronti del condominio stesso ha facoltà di procedere all'espropriazione di tutti i beni comuni, ai sensi degli artt. 2740 e 2910 c.c., ivi inclusi i crediti vantati dal medesimo condominio verso i singoli condòmini per i contributi da loro dovuti in base a stati di ripartizione approvati dall'assemblea, e, in tal caso, la relativa esecuzione forzata deve svolgersi nelle forme dell'espropriazione dei crediti presso terzi di cui agli artt. 543 ss. c.p.c.. (Nella specie, la S.C. ha precisato che non veniva in rilievo il principio di parziarietà delle obbligazioni condominiali).

Cass. civ. n. 19708/2018

Anche dopo la riforma del settore disposta con il d.l.vo n. 252 del 2005, le quote accantonate del trattamento di fine rapporto, tanto che siano trattenute presso l'azienda, quanto che siano versate al Fondo di Tesoreria dello Stato presso l'I.N.P.S. ovvero conferite in un fondo di previdenza complementare, sono intrinsecamente dotate di potenzialità satisfattiva futura e corrispondono ad un diritto certo e liquido del lavoratore, di cui la cessazione del rapporto di lavoro determina solo l'esigibilità, con la conseguenza che le stesse sono pignorabili e devono essere incluse nella dichiarazione resa dal terzo ai sensi dell'art. 547 c.p.c.; tale principio, valevole per i lavoratori subordinati del settore privato, si estende anche ai dipendenti pubblici, stante la totale equiparazione del regime di pignorabilità e sequestrabilità del trattamento di fine rapporto o di fine servizio susseguente alle sentenze della Corte costituzionale n. 99 del 1993 e n. 225 del 1997.

Cass. civ. n. 15607/2018

L'esecuzione mediante espropriazione presso terzi può riguardare anche crediti non esigibili, condizionati e finanche eventuali, con il solo limite della loro riconducibilità ad un rapporto giuridico identificato e già esistente.

Cass. civ. n. 6835/2015

In tema di espropriazione forzata, è solo irregolare, e non affetto da inesistenza o nullità, l'atto di pignoramento presso terzi in cui l'intimazione al terzo pignorato di non disporre, senza ordine del giudice, delle somme o delle cose da lui dovute al debitore esecutato appaia proveniente dall'ufficiale giudiziario, richiesto di effettuare il pignoramento, piuttosto che dal creditore pignorante, tenutovi ex art. 543, secondo comma, n. 2, c.p.c.

Cass. civ. n. 10841/2014

In tema di espropriazione forzata, il debitore, contro cui è promossa esecuzione mediante pignoramento presso terzi, può, quando il credito che vanta verso il terzo è di molto superiore al debito per cui è sottoposto ad esecuzione nelle forme previste dall'art. 543 cod. proc. civ., a propria volta intimare precetto e procedere al pignoramento nei confronti del rispettivo debitore, atteso che, diversamente, l'avvio di una procedura esecutiva nelle forme del pignoramento presso terzi determinerebbe l'impossibilità per il suddetto debitore - creditore di soddisfare esecutivamente il proprio credito nei confronti del suo debitore principale.

Cass. civ. n. 6518/2014

In tema di espropriazione presso terzi, la domanda di accertamento del credito, nel contenere, ai sensi dell'art. 543, secondo comma, n. 2, cod. proc. civ., "l'indicazione, almeno generica, delle cose e delle somme dovute", si estende, potenzialmente, all'intero importo che si accerti dovuto dal debitore esecutato sulla base dei fatti e del titolo dedotti in giudizio, non potendosi esigere dal creditore procedente, estraneo ai rapporti tra debitore e terzo, la conoscenza dei dati esatti concernenti tali somme o cose, prevedendo il sistema che tale genericità venga eliminata mediante la dichiarazione che il terzo è chiamato a rendere ai sensi dell'art. 547 cod. proc. civ.

Cass. civ. n. 682/2012

Nel pignoramento presso terzi, la concessione, da parte del creditore procedente, di un termine a comparire inferiore a quello indicato nell'art. 501 c.p.c. non determina la nullità del pignoramento ma esclusivamente delle attività eventualmente svolte all'udienza di comparizione, con possibilità del debitore di far valere tale nullità con l'opposizione agli atti esecutivi.

Cass. civ. n. 17349/2011

In tema di espropriazione presso terzi, quando esecutata sia un'Amministrazione dello Stato, l'atto di pignoramento va notificato presso gli uffici dell'Avvocatura dello Stato nel cui distretto ha sede l'autorità giudiziaria dinanzi al quale è portata la causa, con la conseguenza che la notificazione effettuata presso gli uffici dell'amministrazione è affetta da nullità.

Cass. civ. n. 20596/2010

Nell'espropriazione di crediti presso terzi, il creditore non ha l'obbligo di consegnare materialmente all'ufficiale giudiziario il titolo esecutivo, essendo sufficiente la mera esibizione di esso. Ne consegue che il creditore, dopo avere proceduto ad un primo pignoramento presso terzi, può successivamente pignorare un ulteriore credito del proprio debitore esibendo all'ufficiale giudiziario il medesimo titolo esecutivo, e senza necessità di munirsi di una seconda copia in forma esecutiva di quest'ultimo.

Cass. civ. n. 22361/2009

La quota di partecipazione in una società a responsabilità limitata esprime una posizione contrattuale obiettivata, che va considerata come bene immateriale equiparabile al bene mobile non iscritto in pubblico registro ai sensi dell'art. 812 c.c., per cui ad essa possono applicarsi, a norma dell'art. 813, ultima parte, c.c., le disposizioni concernenti i beni mobili e, in particolare, la disciplina delle situazioni soggettive reali e dei conflitti tra di esse sul medesimo bene, poiché la quota, pur non configurandosi come bene materiale al pari dell'azione, ha tuttavia un valore patrimoniale oggettivo, costituito dalla frazione del patrimonio che rappresenta, e va perciò configurata come oggetto unitario di diritti; ne consegue che le quote di partecipazione ad una società a responsabilità limitata possono essere oggetto di pignoramento nei confronti del socio che ne è titolare, a nulla rilevando il fallimento della società, che è terzo rispetto al processo esecutivo, cui pertanto non si applica l'art. 51 legge hall.

Cass. civ. n. 2473/2009

Nell'atto di pignoramento presso terzi sia l'ingiunzione al debitore esecutato (che, "ex" art. 492 cod. proc. civ., fa acquistare certezza e rilevanza giuridica all'obbligo di astenersi da ogni atto pregiudizievole), sia l'intimazione rivolta al terzo, "ex" art. 543 cod. proc. civ., di non disporre, senza ordine del giudice, delle somme o cose da lui dovute al debitore esecutato, costituiscono elementi essenziali dell'atto; ne consegue che, anche se non sono necessarie formule sacramentali, la mancanza anche di uno solo di tali elementi implica l'inesistenza del pignoramento, non ammettendosi equipollenti.

Cass. civ. n. 20425/2008

Il dirigente della filiale o succursale di un istituto bancario è un institore della banca, ai sensi dell'art. 2203 c.c. Ne consegue, per un verso, che egli è legittimato ad agire o resistere in giudizio per conto dell'impresa preponente, con riferimento alle controversie concernenti gli atti compiuti nella filiale e, per altro verso, che gli atti processuali concernenti le suddette controversie sono legittimamente notificati presso la filiale o succursale. (Nella specie il creditore, intendendo pignorare i beni del proprio debitore depositati in una banca, aveva notificato presso la filiale ove quei beni si trovavano sia l'invito a rendere la dichiarazione di cui all'art. 547 c.p.c., sia la citazione introduttiva del giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo, ex art. 548 c.p.c.; la S.C., alla stregua del principio enunciato, ha ritenuto tali notificazioni validamente compiute).

Cass. civ. n. 15615/2005

Nell'espropriazione forzata presso terzi, il credito assoggettato al pignoramento dev'essere esistente al momento della dichiarazione positiva resa dal terzo ovvero, per il caso di dichiarazione negativa e di instaurazione del giudizio volto all'accertamento del suo obbligo, al momento in cui la sentenza pronunciata in tale giudizio ne accerta l'esistenza, restando invece irrilevante che il credito non esista al momento della notificazione del pignoramento e dovendosi escludere che l'inesistenza del credito in quel momento possa determinare una nullità del processo esecutivo. Tanto si desume, sia sulla base di una configurazione del diritto di azione esecutiva conforme al principio di effettività della tutela giurisdizionale, sia in relazione ad un indice normativo, emergente dall'art. 547 c.p.c., il quale prevede che il terzo debba specificare di quali cose o somme è debitore, così dando rilievo al momento della dichiarazione e non a quello della notificazione dell'atto di pignoramento. (Principi affermati dalla Suprema Corte in relazione a fattispecie di pignoramento presso istituto di credito del conto relativo alla tesoreria di un comune, con riguardo alla deduzione dell'inconsistenza di somme pignorabili in giacenza al momento della notifica del pignoramento, nonché della non soggezione delle somme successivamente pervenutevi).

Cass. civ. n. 8239/2003

L'atto di pignoramento presso terzi ha la funzione di imporre sul credito del debitore esecutato un vincolo di destinazione in favore del procedente all'espropriazione, e pertanto sono requisiti essenziali dell'atto, in difetto dei quali il pignoramento è giuridicamente inesistente, solo gli elementi indicati nell'art. 543 c.p.c. la cui mancanza impedisce la costituzione del vincolo di destinazione; fuori da questa ipotesi, la mancanza di uno degli altri elementi indicati dall'art. 543 può dar luogo soltanto alla nullità del pignoramento, alla quale si applica la regola generale contenuta nell'art. 156 c.p.c., costituita dalla impronunciabilità di essa se l'atto ha comunque raggiunto il suo scopo (in applicazione di tale principio di diritto la S.C. ha ritenuto nullo e non inesistente l'atto di pignoramento presso terzi nel quale non erano indicati gli estremi del titolo esecutivo, sul presupposto che tale indicazione non costituisse elemento indispensabile per imporre sul credito esistente presso il terzo il vincolo di destinazione, ed ha ritenuto sanata la nullità dal fatto che l'atto di pignoramento contenesse gli estremi del precetto, regolarmente notificato alla parte, all'interno del quale erano riportati gli estremi del titolo esecutivo).

L'atto di pignoramento del credito del debitore verso i terzi, e di cose del debitore che sono in possesso dei terzi, deve contenere a norma dell'art. 543 c.p.c. l'indicazione almeno generica delle cose e delle somme dovute; tale indicazione può essere anche assolutamente generica, giustificandosi ciò con la difficoltà che ha il creditore procedente di conoscere i dati esatti concernenti tali somme o cose, a cagione della sua estraneità ai rapporti tra debitore e terzo, e prevedendo il sistema tale genericità venga eliminata mediante la dichiarazione che il terzo è chiamato a rendere a norma dell'art. 547 c.p.c.

Cass. civ. n. 6449/2003

In tema di esecuzione con espropriazione presso terzi, l'atto di pignoramento ex art. 543 c.p.c. contiene soltanto l'indicazione generica delle cose o delle somme dovute e non può pertanto ritenersi in essa implicitamente ricompresa una domanda di accertamento per il caso dell'eventuale dichiarazione negativa del terzo.

Cass. civ. n. 7862/1996

Il pignoramento di crediti del debitore verso terzi o di cose del debitore che sono in possesso di terzi è validamente eseguito ad opera dell'aiutante ufficiale giudiziario mediante notifica al terzo ed al debitore, ad istanza del creditore procedente, di un atto contenente le indicazioni di cui all'art. 543 c.p.c., atteso che l'attività di notificazione degli atti «in materia civile», senza alcun limite, è testualmente compresa nelle attribuzioni degli aiutanti ufficiali giudiziari, ai sensi dell'art. 165, primo ed ultimo comma, del D.P.R. 15 dicembre 1959, n. 1229, e che il momento centrale e determinante del pignoramento presso terzi, ancorché atto composto da una pluralità di elementi, è costituito dalla notificazione dell'atto sopraindicato.

Cass. civ. n. 7019/1995

L'atto di pignoramento presso terzi ha la funzione di imporre sul credito del debitore esecutato un vincolo di destinazione per il soddisfacimento del procedente all'espropriazione attraverso l'ingiunzione di cui all'art. 492 c.p.c., che deve essere contenuta nell'atto di pignoramento e rivolta specificamente e direttamente dall'ufficiale giudiziario al debitore esecutato, ed attraverso l'intimazione, rivolta, con la medesima forma, al terzo, di non disporre, senza ordine del giudice, delle somme e delle cose da lui dovute al debitore esecutato. Pertanto, la mancanza anche di uno soltanto degli elementi indicati nell'art. 543 c.p.c., trattandosi di requisiti essenziali dell'atto, provoca l'inesistenza giuridica del pignoramento.

Cass. civ. n. 6312/1993

Nel pignoramento presso terzi, la fissazione dell'udienza per la dichiarazione dell'obbligo del terzo senza il rispetto del termine di cui agli artt. 543, terzo comma, e 501 c.p.c., non dà luogo, nei confronti del terzo, a nullità dell'atto di pignoramento, atteso che se tale termine non gli consente di organizzare la propria condotta in vista della dichiarazione da rendere, non gli impedisce tuttavia di farla in prosieguo, con effetti identici, cioè nel giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo, rilevando in tal caso il mancato rispetto del termine suddetto solo come elemento da tenere in considerazione ai fini della regolazione delle spese processuali.

Cass. civ. n. 983/1991

Nel procedimento di espropriazione presso terzi, la citazione del terzo per la dichiarazione sul credito pignorato non dà luogo di per sé ad un procedimento di natura contenziosa, ma solo ad una particolare fase del procedimento esecutivo sicché l'eventuale irregolarità del termine assegnato al terzo per comparire, per cui non è comminata specificamente una sanzione di nullità, trova disciplina non nelle regole del processo di cognizione ma nella parte generale del libro primo del codice di procedura civile, inquadrandosi così tra i vizi a rilevanza variabile (art. 156, secondo comma, c.c.) i quali producono nullità soltanto quando per carenza dei requisiti formali indispensabili impediscano il raggiungimento dello scopo dell'atto, senza che, pertanto, tale nullità sia ravvisabile nel caso in cui venga assegnato al terzo un termine di comparizione di nove giorni, intervallato dai quarantasei giorni della sospensione feriale, in luogo del termine di dieci giorni prescritto ai sensi degli artt. 543, 501 c.p.c.

Cass. civ. n. 9027/1987

La esigibilità del credito non è condizione della sua pignorabilità poiché oggetto dell'espropriazione forzata non è tanto un bene suscettibile di esecuzione immediata, quanto una posizione giuridica attiva dell'esecutato, cosicché l'espropriazione (presso terzi) può configurarsi anche con riguardo a crediti illiquidi o condizionati ma suscettibili di una capacità satisfattiva futura, concretamente prospettabile nel momento dell'assegnazione (nella specie, i crediti costituiti dal corrispettivo di un rapporto di lavoro non ancora maturati all'epoca del pignoramento).

Cass. civ. n. 333/1972

Nell'espropriazione presso terzi è dalla data della notificazione dell'atto, previsto dall'art. 543 c.p.c., che il pignoramento comincia ad esplicare i suoi effetti, tra i quali va ricompreso riguardo al terzo pignorato l'inopponibilità rispetto al creditore pignorante di qualsiasi fattispecie estintiva sopravvenuta.

Cass. civ. n. 1949/200

Il pignoramento presso terzi si perfeziona non con la sola notificazione dell'atto di intimazione di cui all'art.543 cod. proc. civ. - che rende immediatamente indisponibili da parte del terzo le cose o le somme da lui dovute, così segnando l'efficacia e l'esistenza dello stesso pignoramento - ma con la dichiarazione positiva del terzo o con l'accertamento giudiziale del credito, in questi due modi soltanto potendo avvenire l'esatta e concreta specificazione di quali cose o somme il terzo sia debitore o si trovi in possesso e del momento in cui ne deve il pagamento o la consegna; ne consegue che, in caso di pignoramento a carico di ente pubblico (nella specie, Amministrazione provinciale) eseguito sulle somme giacenti presso il suo tesoriere, il vincolo d'impignorabilità derivante dalla delibera di destinazione delle somme stesse a fini sociali (come il pagamento di retribuzioni del personale, rate di mutui o altro) richiede che l'efficacia esecutiva della delibera dell'ente pubblico (conseguente allo scadere del termine successivo alla pubblicazione, ex art.47 della legge n.142 del 1990) intervenga anteriormente alla dichiarazione del terzo.

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Consulenze legali
relative all'articolo 543 Codice di procedura civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

G. P. chiede
giovedì 14/11/2024
“Pignoramento presso terzi non viene iscritto a ruolo. Chi deve sbloccare il c/c pignorato della banca se l'avv. che ha disposto il pignoramento non comunica la rinuncia alla banca?”
Consulenza legale i 21/11/2024
L’art. 543 comma 4 stabilisce che il pignoramento presso terzi perda efficacia in caso di mancata iscrizione a ruolo entro 30 giorni dalla consegna al creditore dell’atto notificato.
Il comma successivo prevede l’onere per il creditore di notificare al debitore e al terzo, entro la data di comparizione indicata nell’atto di pignoramento, un avviso di avvenuta iscrizione a ruolo con indicazione del numero di ruolo della procedura.
La mancata notifica di questo avviso comporta l’inefficacia del pignoramento.

Non è dunque previsto un obbligo della parte creditrice di notificare la mancata iscrizione a ruolo ma è evidente che il terzo, qualora non riceva l’avviso di avvenuta iscrizione a ruolo entro la data dell’udienza indicata nell’atto, deve sbloccare le somme pignorate.
Spesso accade però che le date di udienza negli atti di pignoramento ricadano molti giorni dopo rispetto ai 30 giorni stabiliti per legge per l’iscrizione a ruolo.
Ne consegue che, nel caso in cui il legale del creditore non comunichi prima della data dell’udienza la mancata iscrizione a ruolo, le somme rimangono bloccate dalla banca.

Si consiglia, in primo luogo, di chiedere alla banca di che documentazione necessita per sbloccare il conto corrente.
Qualora l’unica modalità possibile fosse la comunicazione da parte del creditore, si suggerisce di insistere in questo senso con il legale della parte creditrice.
In caso di rifiuto ingiustificato, seppure sia vero -come si è visto- che non c’è un obbligo di legge per l’avvocato di comunicare la mancata iscrizione a ruolo alla banca, il non farlo potrebbe comportare un pregiudizio per il debitore che potrebbe poi richiedergli il risarcimento del danno.

R. E. C. chiede
giovedì 18/07/2024
“Un conto corrente può essere pignorato più di una volta?
Nel 2023 il mio conto corrente è stato pignorato. In seguito il Giudice, dopo circa 6 mesi, ha sbloccato tutto in mio favore. Mi chiedevo se lo stesso conto potrà di nuovo essere pignorato dalle stesse persone. Grazie”
Consulenza legale i 29/07/2024
Non c'è alcuna norma che vieta di eseguire più pignoramenti successivi sul medesimo conto corrente da parte dello stesso creditore.
Infatti, il creditore ha sempre il diritto di rivalersi su tutto il patrimonio del debitore ai sensi dell'art. 2740 del c.c..
L'unico limite al pignoramento del conto corrente è stabilito dall'art. 545 del c.p.c. che indica quali crediti sono impignorabili e in che misura.

F. D. chiede
martedì 28/02/2023 - Campania
“Il titolare di un conto corrente presso una banca ha un assegno circolare intestato a se medesimo e presso Bancoposte ha un Buono Postale Fruttifero a Lui intestato, si desidera sapere se questi titoli possono essere assoggetti ad un eventuale pignoramento contro terzi.”
Consulenza legale i 06/03/2023
L’assegno circolare intestato allo stesso correntista può comunque essere soggetto a pignoramento (nella forma del pignoramento presso terzi).
Anche se l’operazione permette di “svuotare” il conto corrente, infatti, l’accesso all’archivio dei rapporti finanziari, da attuarsi a seguito di istanza ai sensi dell’art. 492 bis del c.p.c., consente al creditore di venire a conoscenza dei dettagli dell’operazione di richiesta dell’assegno circolare e specificare espressamente che l’oggetto del pignoramento ricomprende anche eventuali titoli di credito emessi su richiesta del debitore, ivi compresi gli assegni circolari, in atto non incassati e, correlativamente, il credito scaturente dalla restituzione della relativa provvista in possesso della banca.

Vieppiù, nell’eventualità in cui il creditore dovesse procedere a pignoramento mobiliare, sarebbe lo stesso debitore a dover dichiarare all’Ufficiale Giudiziario di essere in possesso del medesimo assegno a lui intestato e, su espressa richiesta dell’ufficiale giudiziario, sarebbe costretto a consegnarlo secondo le regole ordinarie.
In caso contrario, incorrerebbe in responsabilità penale ai sensi dell’art. 388 del c.p..

Per quanto riguarda i buoni fruttiferi postali, questi sono pignorabili, secondo le regole del pignoramento presso terzi di cui all’art. 543 del c.p.c..
A tal proposito, infatti, si segnale che il primo comma dell’art. 175 del D.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, il quale disponeva che i buoni postali fruttiferi non sono sequestrabili né pignorabili, tranne che per ordine dell'autorità giudiziaria in sede penale, è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo (Corte Cost., 11 - 18 dicembre 1995, n. 508).

P. Z. chiede
sabato 03/09/2022 - Veneto
“In seguito a sentenza di primo grado, e non provvedendo il debitore al pagamento, mi sono trovato nella necessità di notificare il precetto tra gli altri) ad una Compagnia di Assicurazione. Si tratta infatti di un loro Agente titolare di Agenzia, con dipendenti e collaboratori. L'Agenzia viene gestita in forma di Sas. La persona di cui sto parlando è socio accomandatario. Quali somme devono essere tenute a disposizione del sottoscritto ? Provvigioni, trattamento di fine mandato, altro.
Ringraziando, cordiali saluti.”
Consulenza legale i 03/10/2022
Nel quesito si fa riferimento ad un titolo (sentenza di primo grado) e ad un precetto già notificati, ma sembra evidente che qualunque tipo di vincolo di indisponibilità su beni o diritti del debitore non può che derivare dalla notifica del successivo atto di pignoramento, che nel caso di specie dovrà assumere le forme del c.d. pignoramento presso terzi di cui all’art. 543 c.p.c.
Nella particolare ipotesi che qui viene in esame, ossia di debitore agente di assicurazione, oggetto di pegno presso il terzo, la Compagnia di assicurazione, non possono che essere generalmente le provvigioni, ma è bene inserire nell’atto di pignoramento la dicitura che il pignoramento deve intendersi esteso a qualunque somma a qualsiasi titolo dovuta dal terzo al debitore in forza del rapporto di agenzia.
Infatti, il pignoramento presso terzi, secondo l’orientamento prevalente e preferibile, si qualifica come una fattispecie complessa a formazione progressiva, nella quale si distinguono i seguenti momenti:
a) con la notifica dell’atto di cui all’art. 543 c.p.c. nasce il vincolo del pignoramento e l’obbligo di custodia in capo al terzo, il quale da tale momento non può pagare le somme dovute al debitore esecutato senza apposito ordine del giudice (l’eventuale adempimento del terzo nelle mani del debitore esecutato non ha carattere liberatorio);
b) il pignoramento si perfeziona solo successivamente con la dichiarazione non contestata del terzo o con la sentenza di accertamento dell’obbligo del terzo, con cui viene accertata l’esistenza del bene pignorato ed individuato esattamente il credito.

Secondo quanto risulta anche dal primo comma dell’art. 553 del c.p.c., possono essere oggetto di pignoramento anche crediti futuri, condizionati o illiquidi che sorgano o diventino esigibili, dopo la notifica dell’atto di pignoramento, al momento del perfezionamento del pignoramento.
Ciò significa che se le somme di cui il terzo è debitore al momento della notifica del pignoramento aumentano successivamente (es.: rimesse sul c/c, stipendi), il terzo non può disporre delle sopravvenienze e deve darne conto anche dopo la dichiarazione, fino all’udienza (ordinanza di assegnazione) o la pronuncia con cui il G.E. definisce il giudizio di accertamento (così Cass. n. 11642/2014).
Da tale momento, per pignorare ulteriori somme di cui il debitore è divenuto creditore nei confronti del terzo, occorrerà procedere alla notifica di un nuovo atto di pignoramento.

Per quanto concerne la misura delle provvigioni che la Casa mandante deve concretamente assoggettare a vincolo di indisponibilità, va detto che occorre distinguere a seconda che si tratti di agente individuale oppure di agente organizzato in forma di società (società di persone, s.a.s., s.n.c., o di capitali, s.r.l., S.p.a.).
Se si tratta di un agente individuale, con contratto a tempo indeterminato o determinato di durata pari a superiore a 12 mesi, le provvigioni possono essere pignorate in misura pari ad un quinto fino alla fine del contratto (pertanto, il pignoramento colpirà sia le provvigioni maturate che quelle future non ancora maturate).
In tal senso si argomenta da quanto disposto al comma 3 dell’art. 52 del D.P.R. 5 gennaio 1950 n. 180, come modificato dalla Legge n. 80/2005 (di conversione del D.l. n. 35/2005), il quale prevede che anche ai titolari di rapporti di lavoro di cui al n. 3 dell’art. 409 del c.p.c., tra cui appunto gli agenti di commercio “persone fisiche”, possa essere pignorato il compenso spettantegli, al netto delle ritenute fiscali, nella misura massima di un quinto, ma per tutta la durata del rapporto (in tal senso si è tra l’altro espressa la Corte di Cassazione con sentenza n. 685 del 18.01.2012).

Diverso è il caso, come quello che qui viene in esame, dell’agente che operi sotto forma di società (sia essa di persone o d capitali), non potendosi tale rapporto ricondurre a quello di cui al n. 3 dell’art. 409 c.p.c.
In tale ipotesi, infatti, le provvigioni dovute alla società di assicurazione mandataria (di cui il debitore è socio accomandatario) potranno essere pignorate per intero, ma solo limitatamente a quelle già maturate fino al momento della notifica dell’atto di pignoramento ed eventualmente anche a quelle successive divenute esigibili prima del perfezionamento dello stesso pignoramento che, come è stato detto prima, si realizza con il provvedimento del giudice che lo chiude (assegnazione o sentenza di accertamento).
Ne restano escluse, dunque, le provvigioni future e qualunque altra somma che, in virtù di quel rapporto di mandato, la Casa mandante andrà a liquidare alla società di assicurazione mandataria, per le quali occorrerà notificare un nuovo atto di pignoramento.

A completamento di quanto fin qui detto, si ritiene opportuno, infine, fare un’ultima precisazione, scaturente dalla poche informazioni fornite nel testo del quesito.
Dalla lettura dello stesso, infatti, non si riesce a comprendere con chiarezza se debitore diretto sia l’agenzia mandataria ovvero il soggetto persona fisica che in quella agenzia, gestita in forma di società in accomandita semplice, riveste la posizione di socio accomandatario.
In questo secondo caso, infatti, non si avrebbe alcun titolo per procedere esecutivamente nei confronti della società accomandataria, trattandosi di soggetto giuridico distinto e separato dal soggetto persona fisica su cui grava il debito.
Se così fosse, dunque, il patrimonio da poter aggredire rimarrebbe soltanto quello del debitore persona fisica, nel quale vi rientrano le quote di cui il medesimo è titolare, quale socio accomandatario, nella s.a.s. e che possono costituire anch’esse oggetto di pignoramento.

MAURIZIO S. chiede
martedì 13/10/2020 - Lazio
“Spett.le Brocardi.it,
Maurizio S.

Sono con la presente a chiedere un parere in tema di competenza del giudice dell’esecuzione o del giudice di merito all’opposizione inerente all’accertmaneto e la dichiarazione dell’impignorabilità di una somma di denaro.

L’agente della riscossione notifica un atto di pignoramento mobiliare presso terzi ex art. 543 c.p.c. al debitore e alla banca.

La banca comunica la dichiarazione positiva.

Il debitore proporne opposizione all’esecuzione.

Il G.E. sospende ex art. 624 c.p.c. l’esecuzione.

Il creditore procedente agente della riscossione cita nel giudizio di merito all’opposizione il debitore e il terzo pignorato banca.

Nelle more del procedimento esecutivo sopravvniva un sequestro preventivo ex art. 321 c.p.p. sulla somma già pignorata.

Nelle more del procedimento di merito di opposizione all’esecuzione, veniva notificato al debitore e alla banca, l’annullamento (non revoca) del sequestro preventivo comportando in forza dell’ordine del giudice penale alla banca incaricata di un pubblico servizio la restituzione della somma sequestrata con vincolo di destinazione all’avente diritto (debitore), si ritiene che ai fini della eccezione di impignorabilità della somma dissequestrata una volta accreditata nel conto del debitore pignorato, l’opponente possa far valere, a) le somme dissequestrate erogate FUG (rappresentante in incertam personam delle risorse sequestrate), per espressa previsione di legge non possono essere oggetto di esecuzione forzata, ex dei comma 7-novies, e comma 7 –decies Legge 14/2009; b) l’annullamento (non revoca) del sequestro si ritiene che per la sua natura pubblicistica imposto dal vincolo di destinazione dell’autorità giudiziaria a favore dell’avente diritto, abbia efficacia erga omnes non solo ex nunc, ma anche ex tunc, anche in forza dell’ordine del Giudice penale alla restituzione della somma dissequestrata che ha un efficacia non solutoria ma ripristinatoria quo ante, quale adempimento riparatorio dell’errore giudiziario che ne comporta la piena restituito in integrum con ripristino della esitazione anteriore al sequestro con effetto ex tunc, e per ciò trattandosi di una condizione finale, gli atti precedenti sulla somma sono posti nel nulla in quanto l’atto stesso si considera come mai esistito comportando per ciò che la soma dissequestrata sia un patrimonio sparato del debitore (vincolo di destinazione all’avente diritto in forza del Decreto di restituzione del P.M.) riconoscendo un interesse pubblicistico meritevole di tutela quale patrimonio separato che non comporta la confusione di tale somma con altre di proprietà della banca., c) La banca ricevendo il denaro nella qualità di inarcata di un pubblico servizio per la restituzione della somma dissequestrata è applicabile l’art. 514 comma 5 c.p.c.

La domanda che sottopongo è: l’eccezione di impignorabilità per come sopra rappresentata è rilevabile d’ufficio? e ulteriormente chiedo se è ammissibile sollevare la questione dell’impignorabilità al giudice di merito all’opposizione? Altrimenti quali sono gli atti procedurali che l’opponete deve porre in atto per eccepire l’assoluta impignorabilità della somma dissequestrata allo stato del processo?

Cordiali saluti”
Consulenza legale i 22/10/2020
La presente consulenza è collegata ad altre due precedenti, la Q202026515 e la Q202026530, le quali ruotano intorno alla medesima questione, e non può essere risolta in senso difforme da esse.
Riassumendo, in entrambe le occasioni si è ribadito quanto segue:
- la legge non prevede un divieto generalizzato di proseguire azioni esecutive sui beni assoggettati a sequestro ex art. 321 c.p.p., ma lo contempla in maniera specifica solo nei casi indicati dalle norme antimafia (innanzitutto dal D. Lgs. n. 159/2011, c.d. Codice antimafia);
- in ogni caso, la normativa antimafia prevede che le procedure esecutive già pendenti siano sospese sino alla conclusione del procedimento di prevenzione e che, in caso di dissequestro, la procedura esecutiva debba essere iniziata o riassunta entro il termine di un anno dall'irrevocabilità del provvedimento che ha disposto la restituzione del bene;
- non solo, dunque, non esiste una previsione generalizzata di “improcedibilità” delle procedure esecutive individuali sui beni successivamente attinti da sequestro, ma la stessa normativa antimafia non dispone l’estinzione della procedura: anzi, in caso di successivo dissequestro, la procedura potrà essere riassunta entro il termine indicato.
Per di più, nell’attuale quesito si confonde evidentemente una presunta “improcedibilità” del processo esecutivo (che, in ogni caso, qui non sussiste) con la “impignorabilità” dei beni, che è cosa assolutamente diversa, e che consiste nel divieto posto dalla legge di sottoporre a pignoramento determinati beni (o crediti) specificamente indicati.
Non sussiste, pertanto, alcuna “eccezione di impignorabilità” proponibile nel nostro caso (fermo restando che le contestazioni relative alla pignorabilità dei beni andrebbero sollevate con l’opposizione all’esecuzione ex art. 615, comma 2 c.p.c., ma non è questa, appunto, l’ipotesi che ci riguarda).

Roberto L. chiede
giovedì 28/03/2019 - Lazio
“Sono interessato ad approfondire la procedura di pignoramento del conto bancario.
Vanto crediti con diversi debitori,crediti dimostrabili a chiunque.
Se io chiedo il pignoramento del conto bancario mi si dice che il creditore avra' il conto bloccato dalla sua Banca fino al soddisfacimento del debito.E' cosi' o no?E quali rischi corro?Se il debitore conosce l'azione prima che io la notifichi alla Banca,potra' sempre spostare il conto.Oppure potra' depositare tutto su Carta di Credito.In caso contrario mi pare di capire che sia la Banca stessa a definire la questione a mio favore senza attendere purche' la cifra sul conto superi il debito stesso.Altri rischi non ne vedo,cosa posso concludere?”
Consulenza legale i 01/04/2019
Alcune doverose premesse.
I crediti vantati verso diversi debitori, devono essere tutti sostenuti da un titolo esecutivo che può essere di natura giudiziale (ad esempio, una sentenza o un decreto ingiuntivo) o stragiudizale come una cambiale o un assegno.
L’elenco di tali titoli è contenuto nell’art. 474 del codice di procedura civile.
Una volta ottenuto il titolo, si può procedere con la notifica dell’atto di precetto che preannuncia al debitore che si procederà con l’esecuzione forzata se entro dieci giorni dalla notifica del predetto atto non verrà saldato il debito.
Il pignoramento del conto bancario è uno dei tipi di esecuzione forzata e fa parte del pignoramento presso terzi.

Ciò precisato, in risposta alle domande contenute nel quesito si osserva quanto segue.

Si, è corretto, nel momento in cui viene notificato il pignoramento, se positivo, il conto in banca è indisponibile per il debitore e resta bloccato fino a che il giudice non provvede alla sua assegnazione al creditore.
I rischi che si corrono (oltre, ovviamente, alla possibilità di un pignoramento negativo) sono che laddove nel conto siano versati lo stipendio o la pensione vi sono dei limiti impignorabili previsti dalla legge e dal novellato art. 545 c.p.c.
Nello specifico, se le somme sono state accreditate sul conto prima del pignoramento, possono essere pignorate per l'importo eccedente il triplo dell'assegno sociale; se invece l'accredito è avvenuto alla data del pignoramento o successivamente, le somme possono essere pignorate nei limiti previsti dal predetto art. 545 c.p.c.
Un ulteriore rischio è che poi possano esservi già altri pignoramenti a carico del conto (o dei conti) oggetto dell’azione esecutiva.

Se il debitore sposta il conto prima del pignoramento aprendo, ad esempio, un altro conto in un’altra banca, si potrebbe ipotizzare che lo abbia fatto per recare pregiudizio alle ragioni del creditore.
In tal caso, quest’ultimo potrebbe (entro cinque anni) esperire una azione revocatoria ai sensi dell’art. 2901 c.c.
Se però il debitore si è limitato a prelevare i soldi dal conto, riteniamo che questo non possa essere considerato un vero “atto di disposizione del patrimonio” come prevede la predetta norma e quindi non suscettibile di azione revocatoria da parte del creditore.
Se invece il contenuto del conto corrente viene depositato su carta credito, occorre verificare se questa sia collegata o meno al conto che poi viene pignorato: in caso positivo, sarà comunque oggetto di pignoramento. Se invece è relativa ad altro conto corrente presso altro istituto di credito, vale quanto testè evidenziato.

Giancarlo Z. chiede
venerdì 14/12/2018 - Marche
“Ho firmato, il 27/12/2011, a mia moglie, una cambiale di euro 40.000,00, scadente il 31/12/2018. Poiché non riuscirò a pagarla, verrà protestata. Mia moglie con l'effetto insoluto e protestato, potrà pignorare un quinto della mia pensione?

Cordialmente
G. Z.”
Consulenza legale i 21/12/2018
La cambiale è un documento che attribuisce al legittimo possessore il diritto di ottenere il pagamento della somma indicata nel documento stesso alla scadenza e nel luogo in essa previsto.

Esistono due tipi di titoli cambiari: la cambiale tratta e il pagherò. La prima equivale ad un ordine di pagamento: il traente ordina al trattario di pagare una certa somma al beneficiario alla scadenza indicata. Ci sono dunque tre soggetti: chi emette la cambiale, chi beneficia del pagamento e chi è tenuto ad adempierlo).
Nel caso di un pagherò, invece, abbiamo una promessa di pagare alla scadenza la somma indicata: I soggetti del rapporto sono due: traente/debitore e beneficiario.

La cambiale, di qualunque tipo essa sia, è un titolo esecutivo.
Ciò significa che quando la cambiale scade, chi la possiede ha l’enorme vantaggio di non doversi rivolgere al Giudice per ottenere un provvedimento che accerti il suo diritto di credito e imponga al debitore di pagare: la cambiale, infatti, è sufficiente per agire direttamente nei confronti di quest’ultimo.

L’azione esecutiva consiste nella notifica del titolo esecutivo (in questo caso, la cambiale) al debitore unitamente all’atto di precetto, che è un atto nel quale si intima l’adempimento entro dieci giorni pena l’esecuzione forzata.
Decorso inutilmente il termine dei dieci giorni senza che vi sia stato spontaneo adempimento, il creditore potrà rivolgersi all’ufficiale giudiziario per chiedere un pignoramento.
Vi sono diversi tipi di esecuzione: quello mobiliare, che colpisce i bei mobili, i quali vengono soggetti a vincolo di indisponibilità e poi venduti all’asta; quello immobiliare, che ha per oggetto beni immobili e che consente, ugualmente, di far [def refincanto (vendita all'incanto o vendita all'asta)]vendere all’asta[/def] l’immobile e soddisfarsi sul ricavato della vendita; infine, c’è il pignoramento presso terzi, che è poi quello attraverso il quale si possono pignorare delle rendite (come la pensione) e che maggiormente preoccupa chi ha posto il quesito.

Il pignoramento presso terzi consiste nell’”aggressione” (ovvero la creazione di un vincolo di indisponibilità) su crediti che il debitore esecutato vanta nei confronti di un soggetto terzo: quest'ultimo, al quale verrà notificato il pignoramento unitamente al debitore, avrà l’obbligo di non disporre di quei crediti senza ordine del Giudice e di pagare direttamente al creditore del proprio creditore e non a quest'ultimo.

Ebbene, tornando alla cambiale, quando essa scade il possessore ha tre anni di tempo per agire in esecuzione, altrimenti la cambiale perde di efficacia (pur restando, in ogni caso, un documento scritto valido ai fini della prova del credito).

Il protesto, invece, è un atto con cui il notaio attesta il mancato pagamento della cambiale.
La sua funzione, attenzione, non è quella di consentire il pignoramento (lo si dirà oltre) ma quella di rendere possibile la cosiddetta azione di regresso (ad esempio contro il girante o l'avallante, ovvero gli altri soggetti che, nella cambiale tratta, sono obbligati al pagamento insieme al debitore). Il protesto garantisce, insomma, al creditore di intraprendere un’azione per far valere l’inadempimento non solo nei confronti del debitore principale ma altresì nei confronti degli altri debitori coinvolti, interrompendo altresì la prescrizione con efficacia pari a quella di un atto di costituzione in mora.

In pratica, il protesto consiste in un avviso al debitore di pagare il debito entro i successivi dieci giorni dalla data di ricezione della comunicazione, nella quale vengono poi riportate anche le conseguenze del mancato pagamento. Decorso inutilmente questo termine, il creditore ha titolo per fare segnalare il primo al “CRIF”, ossia nel registro dei rapporti di credito, dove in un apposito elenco, accessibile alle banche e alle società finanziarie aderenti, vengono inseriti i nominativi dei soggetti a rischio, vale a dire dei protestati e dei cattivi pagatori.
Inoltre, il nome del protestato viene inviato anche all’Ufficio della Camera di Commercio territorialmente competente, in modo che ne abbiano visione tutti coloro che potenzialmente potrebbero intrattenervi un rapporto commerciale.
Questo è particolarmente penalizzante per il debitore, dal momento che non gli consentirà di ottenere alcun credito da parte di un istituto, se non per alcune forme particolari di finanziamento e a condizioni generalmente più onerose. Persino l’apertura di un conto corrente potrebbe risultare molto difficile, perché le banche tendono a non intrattenere rapporti con soggetti poco affidabili. Non si potranno più utilizzare carte di credito o bancomat, ed inoltre gli istituti dii credito potrebbero limitare la funzionalità del conto corrente al solo accredito dello stipendio o della pensione, nonché ai prelievi, con un tetto periodico da non superare.

Inquadrati i concetti generali e tornando ora al quesito, va detto che l’avvio dell’esecuzione forzata, si noti bene, consistente nella notifica dell’atto di precetto, non richiede il previo protesto della cambiale, la quale – se scaduta – può essere utilizzata come titolo esecutivo anche senza protesto. In buona sostanza, il protesto non è necessario per il pignoramento.
Solitamente, però, al fine di avere la massima tutela possibile sotto più profili, prima si procede con il protesto e poi con il pignoramento.

Concludendo, con la cambiale scaduta la moglie potrà senz’altro agire con un pignoramento presso terzi (quindi anche della pensione, come si ipotizza nel quesito) nei confronti del marito debitore.

W. F. &. chiede
venerdì 15/06/2018 - Lombardia
“alleghiamo comunicazione fatta dalla mandataria del (omissis) ad una nostra cliente ed al suo datore di lavoro, il cui contenuto si spiega da se.
noi non siamo operatori del diritto e da alcuni legali interpellati abbiamo avuto risposte fumose in merito.
a nostro parerre vi e' qualcosa di poco pulito.

ecco i quesiti:
ci sembra inverosimile che il nuovo datore di lavoro sia in qualche modo vincolato all'impegno della trattenuta del v° se tale impegno non è mai stato preso.
cosa c'è di automatico? gli arrticoli c.c. citati sembrano non c'entrino nulla.
non è per caso un modo subdolo per costringerlo a pagare?

il nominativo del nuovo datore di lavoro può essere uscito solo dall'inps. ma da quando le banche hanno accesso ai dati sensibili dell'istituto?

se dovessimo aver ragione, la (omissis) spa che sta mettendo a conoscenza il nuovo datore di lavoro degli affari personali della dipendente non ha commesso un reato?
grazie per una precisa evasione come sempre.
Consulenza legale i 27/06/2018
Ogni qual volta fosse necessario procedere al pignoramento dello stipendio del debitore, ma non si è a conoscenza del suo datore di lavoro, è possibile ottenere i dati identificativi di quest’ultimo con una semplice richiesta al centro per l’impiego territorialmente competente.
Dal 2008 il Consiglio di Stato (decisione 27.05.2008 n° 2511) ha riconosciuto il diritto di accesso agli atti amministrativi da parte del creditore che intende tutelare il proprio credito.
È sufficiente trasmettere al centro per l’impiego una richiesta di accesso agli atti allegando copia del titolo esecutivo e del documento d’identità del richiedente – solitamente il procuratore della parte - al termine del procedimento il centro per l’impiego invierà i dati identificativi del datore di lavoro presso cui l’esecutato è occupato.

La suddetta comunicazione da parte del Centro per l’impiego avviene al termine di un procedimento amministrativo. Il debitore, pertanto, riceve a sua volta notizia dell’avvio di tale procedimento e ha 10 giorni di tempo per opporre un motivo giustificante il legittimo diniego di accesso agli atti.

In difetto il centro per l’impiego invierà gratuitamente all’istante i dati identificativi del datore di lavoro presso cui l’esecutato è occupato.

Ad ogni buon conto, riconosciuto il diritto di accesso agli atti amministrativi ai fini della tutela del diritto di credito, anche presso l’INPS o i Patronati, è possibile richiedere l’estratto conto contributivo aggiornato del debitore dove è indicato l’ultimo datore di lavoro che ha assolto l’onere contributivo relativo al debitore lavoratore dipendente.

Salvatore V. chiede
domenica 13/04/2014 - Lazio
“Si può, pignorare una pensione di 1700,00 se il debitore ha già' ceduto u un 1/5 di quanto percepisce ad una finanziaria. Debbo recuperare un credito ma ho dubbi sul poter riottenere la somma in presenza di questo vincolo”
Consulenza legale i 18/04/2014
Fino a non molto tempo fa, la pensione era del tutto impignorabile. L'art. 128 del regio decreto-legge 4 ottobre 1935, n. 1827 escludeva la pignorabilità per ogni credito dell'intero ammontare di pensioni, assegni ed indennità erogati dall'INPS.
Sul punto è intervenuta la Corte Costituzionale, in particolare con sentenza 506 del 2002, dichiarando l’illegittimità costituzionale degli articoli 1 e 2, primo comma, del D.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180, sancendo che l'impignorabilità, con le eccezioni previste dalla legge per crediti qualificati, colpisce solo la parte della pensione, assegno o indennità necessaria per assicurare al pensionato mezzi adeguati alle esigenze di vita, prevedendo la pignorabilità nei limiti del quinto della residua parte.

Quanto alla determinazione della somma minima impignorabile, la Corte Costituzionale ha stabilito che spetta al legislatore individuare in concreto l’ammontare della parte di pensione idonea ad assicurare “mezzi adeguati alle esigenze di vita” del pensionato.
Nel corso dell'ultimo decennio il legislatore, però, non si è mai espresso su tale fondamentale aspetto e si sono pertanto susseguite diverse decisioni giurisprudenziali che hanno individuato di volta in volta soglie più o meno alte, in alcuni casi rifacendosi all’importo dell’assegno sociale ex art. 3 commi 6 e 7 L. 8 agosto 1995 n. 335, della pensione sociale o del trattamento minimo mensile (v. ad es. Tribunale di Ragusa, S.D. di Vittoria n. 75/04 del 20.4.2004).

Recentemente, infine, la Corte di Cassazione, con sentenza n. 18755 del 7 agosto 2013, ha stabilito alcuni principi di diritto cui ancorare le decisioni di merito.
Innanzitutto, ha individuato nell'operato della Consulta l'intenzione di assicurare una soglia di impignorabilità assoluta delle pensioni, tale cioè che si sottragga anche al regime dell'art. 545 del c.p.c.. Difatti, anche per le pensioni vale il limite del quinto quale possibile oggetto del pignoramento, ai sensi dell'art. 545 cpc, comma 4, "frutto del razionale contemperamento
dell'interesse del creditore con quello del debitore che percepisca uno stipendio".
Tuttavia, per le pensioni il limite del quinto vale per la parte che si sottrae al regime di impignorabilità assoluta, intendendosi con tale parte, quella "necessaria per assicurare al pensionato mezzi adeguati alle esigenze di vita": risulta quindi pignorabile il residuo, nei soli limiti del quinto.

La Suprema Corte prosegue poi dando atto che il legislatore non è ancora intervenuto in materia e demandando quindi l'indagine circa la sussistenza o l'entità della parte di pensione necessaria per assicurare al pensionato mezzi adeguati alle sue esigenze di vita "alla valutazione in fatto del giudice dell'esecuzione", "incensurabile in cassazione se logicamente e congruamente motivata".

Pertanto, nel caso di specie, solo il giudice dell'esecuzione interpellato in caso di pignoramento presso terzi (artt. 543 ss. c.p.c.) potrà stabilire qual è la quota di pensione "minima" impignorabile e di conseguenza determinare quale sia il residuo ancora a disposizione del creditore procedente. In particolare, concorrendo una cessione e un pignoramento (art. 68 del D.P.R. 180/1950), la quota di pensione nel complesso "aggredibile" non può superare la metà della stessa.

Diego chiede
venerdì 03/01/2014 - Campania
“Il pignoramento di crediti del debitore verso terzi o di cose del debitore che sono in possesso di terzi, si esegue mediante atto notificato personalmente al terzo e al debitore a norma degli articoli 137 e seguenti. Di quale atto parla dato che sia l'ingiunzione, che la citazione, sono contenuti all'interno di questo stesso atto?”
Consulenza legale i 05/01/2014
Ai sensi dell'art. 543 del c.p.c., il pignoramento presso terzi si attua mediante la notifica secondo le forme dell'art. 137 del c.p.c. e ss. al debitore esecutato e al terzo pignorato di un vero e proprio atto di pignoramento presso terzi con cui:
1) si intima al debitore esecutato di astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre all’esecuzione le somme a lui dovute da terzi (restando dunque inibito al debitore esecutato, dalla data della notifica del pignoramento, di cedere a terzi il credito pignorato);
2) si ingiunge al terzo pignorato di non disporre delle somme dovute al debitore esecutato senza ordine del Giudice dell’Esecuzione, sino a concorrenza delle somme dovute al creditore procedente, aumentate della metà (con divieto dunque, dal giorno del pignoramento, di eseguire pagamenti al debitore esecutato);
3) si cita il debitore a comparire ad apposita udienza innanzi al Giudice dell’Esecuzione;
4) si invita il terzo pignorato a dichiarare se esista o meno il credito pignorato (ovvero se egli sia o meno debitore verso l’esecutato), specificando altresì l’ammontare del proprio debito, e la scadenza di pagamento.


Anonimo chiede
lunedì 04/11/2024
“Giudice dispone liquidazione compenso CTU a carico delle parti che hanno chiesto l'espletamento.
Qualora non risultasse disposto apertis verbis in solido, vige ugualmente carico solidale, ovvero equa ripartizione compenso, vale a dire metà ciascuno?
Domanda: il decreto di liquidazione compenso CTU è impugnabile?
Cronistoria: una parte versa metà compenso CTU, l'altra parte somma inferiore metà compenso.
La parte pagante metà compenso riceve Atto di precetto spettanza residua: è legittimo?
La parte ricevente Atto di precetto non paga entro il termine di 10 giorni e nemmeno si oppone entro il termine di 20 giorni.
Domanda: la parte poteva opporsi all'Atto di precetto sulla base del disposto compenso a carico delle parti che hanno chiesto l'espletamento della CTU, oppure no?
In seguito la parte ricevente Atto di precetto scopre casualmente, senza alcuna previa notifica formale, conto corrente bloccato (conto deputato a ricevere in via esclusiva indennità di accompagnamento).
Domanda: all'istituto di credito può essere addebitato qualcosa?
Non essendo la somma precettata cospicua, la parte raggiunge accordo, salda e ottiene sblocco conto.
Per quanto sopra, si desidera sapere se la procedura seguita dall'avvocato del CTU risulta legittima: anzitutto se risulta lecito notificare Atto di precetto alla parte che aveva già versato metà compenso anziché all'altra parte che aveva versato somma inferiore metà compenso.
Inoltre se risulta lecito notificare Atto di pignoramento all'Istituto di credito ad insaputa del correntista che diversamente non riceve alcuna notifica, ma scopre blocco conto casualmente.
Infine non appurare preventivamente che il conto serviva per accredito indennità di accompagnamento, potrebbe configurare eventuale illecito od omissione?
Per concludere: malgrado l'accordo raggiunto per il pagamento, si desidera sapere se nella procedura complessiva seguita dall'avvocato del CTU si ravvisano illeciti, omissioni, inadempienze, scorrettezze, infrazioni codice deontologico forense ecc., da segnalare all'Albo/Ordine di appartenenza.
Si desidera inoltre sapere: l'ammontare versato al CTU, comprendente spettanza residua compenso oltre spese Atto di Precetto e Atto di pignoramento, a chi deve essere fatturato ed entro quale termine?
Il CTU deve fatturare solo l'importo al netto delle spese Atto di precetto e Atto di pignoramento? In caso affermativo le spese Atto di Precetto e Atto di pignoramento come devono risultare fatturate e da chi?
Grazie.”
Consulenza legale i 11/11/2024
Per consolidato orientamento della Corte di Cassazione, tutte le parti di un processo sono obbligate, in solido tra loro, al pagamento del compenso liquidato dal giudice in favore del consulente tecnico d’ufficio, a prescindere dalla eventuale ripartizione contenuta nel provvedimento che chiude il giudizio nel quale la consulenza è stata espletata.
Si veda, ad esempio, Cass. Civ., Sez. II, sentenza 15/09/2008, n. 23586, secondo cui “in tema di compenso al consulente d'ufficio, l'obbligo di pagare la prestazione eseguita ha natura solidale e, di conseguenza, l'ausiliare del giudice può agire autonomamente in giudizio nei confronti di ognuna delle parti, anche in via monitoria, non solo quando sia mancato un provvedimento giudiziale di liquidazione ma anche quando il decreto emesso a carico di una parte sia rimasto inadempiuto, in quanto non trova applicazione, per essere l'attività svolta dal consulente finalizzata all'interesse comune di tutte le parti, il principio della soccombenza, operante solo nei rapporti con le parti e non nei confronti dell'ausiliare”.
Quindi il C.T.U. può scegliere nei confronti di quali parti agire per ottenere il soddisfacimento del proprio credito, senza che i debitori possano sindacare tale scelta. Ovviamente, secondo la regola vigente in materia di obbligazioni solidali, il condebitore che ha pagato più della propria quota può agire in regresso nei confronti degli altri.
Quanto al decreto di liquidazione, esso può essere impugnato ai sensi dell’art. 170 del D.P.R. 115/2002 (T.U. Spese di giustizia): ciò non elimina, comunque, la regola della solidarietà che abbiamo appena visto.

Rispetto al “blocco” del conto corrente, o meglio del pignoramento del conto (trattasi di espropriazione presso terzi), esso deve essere notificato non solo alla banca, ma anche - ovviamente - al debitore (art. 543 c.p.c.).
Pertanto, nel caso in esame, occorre verificare l’esistenza e la regolarità di tale notifica.
Per il resto, non è possibile valutare, in questa sede, la “complessiva” condotta dell’avvocato del C.T.U., se non altro perché occorrerebbe conoscere l’intera documentazione del caso. Possiamo solo ribadire che non vi è nulla di anomalo o di sospetto nel richiedere l’intero compenso (o il residuo non ancora versato) a una sola delle parti obbligate in solido; il creditore potrebbe aver fatto, ad esempio, le proprie valutazioni sulla probabile maggiore solvibilità di un debitore rispetto a un altro.
Rimane da accertare, come già segnalato, la validità della notifica al debitore.
Da ultimo, non possiamo neppure rispondere alle domande circa la fatturazione del compenso, sia perché non possediamo in questa sede i necessari elementi, sia perché si tratta di questione che riguarda, evidentemente, il C.T.U. e il suo legale.

B. G. chiede
mercoledì 25/05/2022 - Lazio
“Salve,
ho ricevuto un pignoramento presso terzi notificato il 10/03/2022. Avendo avuto risposta negativa da tutti gli istituti di credito coinvolti la parte creditrice non ha ritenuto opportuno l’iscrizione a ruolo del pignoramento. Il problema è che la parte creditrice non ha provveduto ad inviare la comunicazione a nessuno dei soggetti coinvolti (terzi e io che sono la parte debitrice). Ora la banca per sbloccare il conto mi chiede un’ordinanza del giudice per cui dovrei provvedere io ad iscrivere a ruolo il procedimento per poi chiedere al giudice di emettere ordinanza. Potreste cortesemente fornirmi una guida su come procedere con l’iscrizione a ruolo (documentazione da produrre, eventuali notifiche,ecc) e come richiedere la cancellazione del pignoramento. Inoltre, quali sono normalmente le tempistiche.
Grazie
Saluti”
Consulenza legale i 01/06/2022
La pretesa della banca è infondata. Infatti l’art. 543 c.p.c., comma 4, stabilisce tra l’altro che:
  • eseguita l'ultima notificazione, l'ufficiale giudiziario consegna senza ritardo al creditore l'originale dell'atto di citazione;
  • a sua volta, il creditore deve depositare nella cancelleria del tribunale competente per l'esecuzione la nota di iscrizione a ruolo, con copie conformi dell'atto di citazione, del titolo esecutivo e del precetto, entro trenta giorni dalla consegna;
  • il pignoramento perde efficacia quando la nota di iscrizione a ruolo e le copie degli atti di cui al secondo periodo sono depositate oltre il termine di trenta giorni dalla consegna al creditore.
Nel nostro caso, non si conosce la data in cui l’ufficiale giudiziario ha riconsegnato gli atti al creditore; tuttavia, il tempo trascorso dalla notifica al debitore lascia pensare che il termine per l’iscrizione a ruolo sia decorso.
Inoltre, l’art. 164 ter delle disposizioni di attuazione del c.p.c. prevede ora che, "quando il pignoramento è divenuto inefficace per mancato deposito della nota di iscrizione a ruolo nel termine stabilito, il creditore entro cinque giorni dalla scadenza del termine ne fa dichiarazione al debitore e all'eventuale terzo, mediante atto notificato. In ogni caso ogni obbligo del debitore e del terzo cessa quando la nota di iscrizione a ruolo non è stata depositata nei termini di legge”.
Non si può quindi imporre al debitore esecutato di iscrivere a ruolo (sostenendo peraltro le relative spese) un pignoramento ormai inefficace.
Si potrebbe dunque sollecitare il creditore ad effettuare senza indugio la comunicazione prevista dall'art. 164 ter disp. att. c.p.c., che costituisce un suo preciso obbligo; in ogni caso, se perdura l'inerzia del creditore, è possibile ottenere dalla cancelleria il rilascio di un certificato che attesti la mancata iscrizione a ruolo del pignoramento presso terzi nel termine di legge, certificato che potrà essere inviato alla banca per lo svincolo delle somme.

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