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Articolo 1068 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Trasferimento della servitù in luogo diverso

Dispositivo dell'art. 1068 Codice Civile

Il proprietario del fondo servente non può trasferire l'esercizio della servitù in luogo diverso da quello nel quale è stata stabilita originariamente.

Tuttavia, se l'originario esercizio è divenuto più gravoso per il fondo servente o se impedisce di fare lavori, riparazioni o miglioramenti, il proprietario del fondo servente può offrire al proprietario dell'altro fondo un luogo egualmente comodo per l'esercizio dei suoi diritti, e questi non può ricusarlo(1).

Il cambiamento di luogo per l'esercizio della servitù si può del pari concedere su istanza del proprietario del fondo dominante, se questi prova che il cambiamento riesce per lui di notevole vantaggio e non reca danno al fondo servente.

L'autorità giudiziaria può anche disporre(2) che la servitù sia trasferita su altro fondo del proprietario del fondo servente o di un terzo che vi acconsenta, purché l'esercizio di essa riesca egualmente agevole al proprietario del fondo dominante.

Note

(1) Il secondo comma prevede un'eccezione alla regola generale. Le condizioni per il trasferimento sono, in prima istanza, la maggiore gravosità nei confronti del fondo servente, e, poi, che venga messo a disposizione un luogo altrettanto comodo dal titolare del fondo dominante.
(2) In questa ipotesi, solamente a seguito di istanza del titolare del fondo servente.

Ratio Legis

La disposizione non si applica alle servitù negative. Il diritto in oggetto può, infatti, essere affermativo o negativo a seconda che il suo contenuto presupponga o meno un'attività positiva di interferenza sul fondo servente. I costi necessari al mutamento del luogo di esercizio della servitù sono a carico di coloro i quali ne hanno domandato lo spostamento.

Spiegazione dell'art. 1068 Codice Civile

Divieto di modificazione dell'esercizio della servitù quale risulta in base al titolo

Le due disposizioni precedenti costituiscono l'applicazione di un principio fondamentalmente unitario: ogni singola servitù nasce, per titolo negoziale od altro titolo, con un determinato contenuto e una determinata estensione, che non possono essere modificati nel corso e nell'esercizio di essa, salvo un nuovo titolo.


Atti vietati ai proprietari dei fondi in rapporto

Pertanto né il proprietario del fondo dominante può fare alcuna innovazione sul fondo sia proprio che servente, che renda più gravosa la condizione del secondo, né il proprietario di questo può compiere qualcosa che tenda a diminuire o coartare l'esercizio della servitù, o a renderlo più incomodo.

Ma se, malgrado questo divieto, le innovazioni vengano fatte, il nuovo contenuto che ne deriva alla servitù, più esteso o più limitato secondo i casi, potrà costituire oggetto di usucapione entro i termini stabiliti per l'acquisto della medesima servitù, o formare questione di possesso, e di azione possessoria, quando sia passato il tempo necessario a realizzare le condizioni stabilite nell' art. 1066 del c.c..


II luogo dell'esercizio della servitù

Il contenuto della servitù, in senso ampio, comprende non soltanto le facoltà che si possono esplicare, ma anche il luogo in cui la servitù deve e può essere esercitata. Il luogo, perciò, non può essere mutato con il trasferire l'esercizio della servitù in un luogo diverso da quello in cui fu originariamente costituita. Qui peraltro è da fare attenzione a non confondere il luogo d' esercizio della servitù medesima, assunto perciò in qualche modo fra gli elementi che ne determinano la fisionomia, con il luogo come spazio di necessaria esplicazione di un' attività di mezzo indispensabile all'esercizio della servitù.

È necessario richiamare quanto in proposito si è rilevato all' art. 1064 del c.c.. Quello che non può essere mutato dal proprietario del fondo servente, come dice l'art. 1068, nemmeno e anzi tanto meno dal proprietario del fondo dominante, è in ogni caso il luogo di esercizio della servitù nel primo senso, e poi anche quello nel secondo senso, ma questo solo nel caso che il mutamento renda più incomodo l'esercizio del diritto. Cosi, p. es., se c'è una servitù di presa d'acqua da una determinata fonte del fondo servente, l'ubicazione della fonte entra a determinare l'individualità di quella servitù e non potrà essere trasferito il suo esercizio ad una fonte diversa del medesimo fondo senza consenso del dominus servitutis, ma l'itinerario per cui suol passare l'esercente la servitù per accedere alla fonte, e quindi l'esplicazione dell'attività di passaggio in funzione di mezzo necessario, a norma dell'art. 1064 sopra ricordato, per l'esercizio del contenuto della servitù (che sta nell'attingere l'acqua), non entrando a determinare l' individualità del singolo diritto di servitù, non può qualificarsi « luogo di esercizio » della stessa, e cosi non cade sotto il divieto dell'art. 1068 primo comma. Pertanto esso potrà essere cambiato, e sostituito con un diverso itinerario, che porti però alla medesima fonte, salvo che il cambiamento non cada sotto il divieto dell' art. 1067 del c.c., in quanto renda più incomodo l'esercizio della servitù.


II luogo dell'esercizio della servitù

Il secondo comma dell'art. 1068 contiene una disposizione di profondo contenuto sociale: il divieto di alterare le condizioni originarie dell'esercizio della servitù ha ragione d'essere e sta fin quando non diventi un danno sociale. Diventerebbe un danno quando la conservazione delle condizioni originarie non avrebbe altro effetto che di rendere più gravoso l'onere del fondo servente o impedire maggiori cure a questo, senza vantaggio del fondo dominante, che potrebbe ricavare il medesimo beneficio per cui la servitù esiste e con la stessa comodità, pur venendo trasferito il luogo del suo esercizio. In questo caso la legge autorizza il proprietario del fondo servente a offrire un luogo diverso ed ugualmente comodo per l'esercizio della servitù, e il dominus servitutis non potrà rifiutarlo. E cosi, per es., l'esercizio di una servitù di passaggio, se il passo originario è diventato troppo gravoso o impedisce riparazioni al fondo o l'esecuzione di lavori, anche meramente voluttuari (la legge non distingue) può essere trasferito in un itinerario diverso purchè ugualmente comodo.

Si rileva che, malgrado la comodità uguale del nuovo spazio offerto all'esercizio della servitù, questo potrà essere legittimamente rifiutato se il cambiamento non sia giustificabile dal proprietario gravato alla stregua delle circostanze oggettive richiamate nella disposizione, che appare inutile ripetere.


Eccezioni nell'interesse del fondo dominante

Il principio sociale che ha ispirato la disposizione del comma precedente a favore del proprietario del fondo servente, ha pure ispirato quella analoga del terzo comma (stesso art. 1068) a favore del proprietario del fondo dominante, che può ottenere il cambiamento del luogo d'esercizio del proprio diritto di servitù quando possa provare che ciò riesce di notevole vantaggio per lui e non reca danno al fondo servente. In questo senso, cioè « danno », coordinando la disposizione in esame con la norma generale del primo comma dell' art. 1067 del c.c., si deve leggere anche il semplice « rendere più gravosa » la condizione del fondo servente. È da escludere che sia necessario un danno diverso e di maggiore emergenza, poiché altrimenti l'art. 1067, primo comma, diventerebbe facilmente lettera morta.


Poteri del giudice nell'alterazione del luogo di esercizio della servitù

Un'innovazione veramente notevole ed audace è quella contenuta nell'ultimo comma dell'articolo in esame: l'autorità giudiziaria può disporre che la servitù venga trasferita su altro fondo del proprietario del fondo servente, o anche di un terzo che vi acconsenta, purché l'esercizio di essa riesca ugualmente agevole al proprietario del fondo dominante.

1) Come fu rilevato dalla stessa Commissione Reale, che aveva introdotto già nel progetto preliminare l' innovazione passata poi nel testo di legge, si tratta di una estinzione vera e propria della prima servitù e della costituzione di un'altra in sostituzione di essa. Titolo cosi della estinzione come della nuova costituzione è la sentenza del magistrato: un titolo, perciò (vedi retro), che deve essere aggiunto a quelli previsti nei capi III e IV, concernenti la costituzione delle servitù e nel capo VI (vedi infra), dedicato alla loro estinzione. Quale sia peraltro il contenuto concreto della nuova servitù costituita se non risulti sufficientemente dalla sentenza costitutiva della medesima, dovrà essere dedotto dal titolo della servitù precedente, estinta. La nuova servitù, infatti, nello spirito della disposizione, deve essere, più che un surrogato, un vero equivalente della servitù già posseduta.

2) Condizioni perché il trasferimento in questione possa essere disposto sono:
a) .che il trasferimento medesimo sia reso necessario o fortemente utile da esigenze del fondo gravato (ciò non risulta espressamente dalla disposizione legislativa, ma si argomenta dal contenuto dell'intero art. 1068, poiché senza un bisogno od una forte utilità del fondo servente, provvedimento del giudice e la sua richiesta da parte dell'interessato riuscirebbero un .arbitrio inconcepibile di fronte al principio generale posto subito in principio del primo comma, dell'articolo predetto);
b) che l'esercizio della nuova servitù riesca ugualmente comodo, e perciò prima ancora ugualmente utile, al proprietario del fondo dominante;
c) che, nel caso di trasferimento su fondo di un terzo, vi sia il consenso di questo. Non si richiede, ovviamente, un'acquiescenza consensuale del proprietario del fondo dominante, sia perché, sostanzialmente, il suo interesse è garantito dalla condizione sub b), sia perché, strumentalmente, se vi fosse tale consenso, sarebbe estromessa con ciò stesso la necessità del provvedimento del giudice.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 1068 Codice Civile

Cass. civ. n. 24376/2021

La disposizione dell'art. 1068 c.c., comma 2, che consente al proprietario del fondo servente di offrire al proprietario dell'altro fondo un luogo ugualmente comodo per l'esercizio della servitù nel caso in cui l'originario esercizio sia divenuto eccessivamente gravoso per il fondo servente o impedisca di fare lavori, riparazioni o miglioramenti, si applica, per analogia, data l'"eadem ratio", anche nel caso di spostamento "verticale" della servitù e, più in generale, nel caso di variazioni del modo di esercizio della servitù.

Cass. civ. n. 28271/2019

La servitù di elettrodotto acquistata per usucapione ha natura di servitù volontaria, pur in presenza dei presupposti per l'imposizione coattiva del vincolo, in quanto estranea all'attuazione di un potere autoritativo o di un dovere legalmente imposto a servitù, essendo nata non secondo il volere coatto o contro il volere del soggetto passivo, ma indipendentemente da esso, in forza della conversione di una situazione di fatto in una situazione di diritto.

Cass. civ. n. 17869/2019

Il trasferimento della servitù di passaggio su un fondo servente di proprietà di un terzo richiede, ai sensi dell'art. 1068, comma 4, c. c., il consenso di quest'ultimo, consenso che non può ritenersi implicito nel fatto che il proprietario già consenta il passaggio a taluni, essendo invece necessario, al fine della costituzione del rapporto intersoggettivo tra il titolare del fondo dominante ed il titolare del nuovo fondo servente, che il consenso sia non solo esplicito, ma, considerata la natura del diritto, manifestato per iscritto.

Cass. civ. n. 7619/2019

La servitù di passaggio che, in virtù dell'atto costitutivo e delle modalità di esercizio, grava su una parte determinata del fondo servente non può essere spostata su altra parte dell'immobile dal proprietario del fondo dominante. (Rigetta, CORTE D'APPELLO PALERMO, 02/11/2017).

Cass. civ. n. 31456/2018

I commi 2 e 3 dell'art. 1068 c.c., che regolano il trasferimento del luogo di esercizio della servitù, fanno riferimento rispettivamente all'offerta del proprietario del fondo servente e all'istanza del proprietario di quello dominante. Il comma 4, invece, che disciplina lo spostamento della servitù su altro fondo, non contempla alcuna richiesta, ma riconosce al giudice un'ampia discrezionalità, ponendo quale espresso presupposto che l'esercizio della servitù riesca ugualmente agevole al proprietario del fondo dominante.

Cass. civ. n. 24618/2018

L'art. 1068, comma 2, c.c. autorizza il mutamento del luogo della servitù, a richiesta di chi ne è gravato, ma esige che le opere necessarie a tale mutamento siano eseguite nell'esclusivo ambito del fondo servente, dovendosi ritenere abusive quelle che dovessero insistere nel fondo dominante poiché le opere siffatte verrebbero a ledere la sfera dominicale altrui.

Cass. civ. n. 14821/2018

Ai sensi dell'art. 1068 c.c., lo spostamento delle opere necessarie per l'esercizio della servitù non può avvenire per iniziativa unilaterale del proprietario del fondo servente il quale, ove l'originario esercizio di quel diritto impedisca di effettuare lavori, operazioni o miglioramenti, può offrire al proprietario del fondo dominante un luogo altrettanto comodo per godere del suo diritto; ove, tuttavia, detta offerta non sia accettata, tale spostamento può essere chiesto e conseguito dal proprietario del fondo servente o per decisione del giudice o per effetto di convenzione scritta ex art. 1350, n. 4, c.c. intercorsa tra le parti, implicando il mutamento del luogo di esercizio variazioni nel contenuto della servitù medesima.

Cass. civ. n. 11424/2016

In tema di trasferimento di servitù prediale, il proprietario del fondo servente, formulata l'offerta anteriormente all'instaurazione, pure se da parte sua, del giudizio, ha anche in corso di lite il diritto potestativo, ai sensi dell'art. 1068, comma 2, c.c., di specificarla ulteriormente e, all'occorrenza, di conformarla agli esiti della consulenza tecnica d'ufficio disposta al precipuo scopo di individuare un luogo egualmente comodo per l'esercizio della servitù.

Cass. civ. n. 10875/2016

In tema di servitù prediali non integra la fattispecie prevista dal quarto comma dell'art. 1068 c.c. (divieto di trasferire la servitù in luogo diverso da quello originario) la sostituzione, ad opera del proprietario del fondo servente, di una vecchia scala in legno, utilizzata per l'esercizio del diritto di passaggio per l'accesso al fondo dominante, con una nuova scala in muratura, anche qualora, con la sua sostituzione, ne sia stato ridisegnato il tracciato, trattandosi di una mera ridefinizione dei limiti o dei confini dell'area destinata all'esercizio della servitù.

Cass. civ. n. 9031/2016

La maggiore gravosità, per il fondo servente, dell'esercizio della servitù, prevista dall'art. 1068, comma 2, c.c., come condizione per il trasferimento del peso in luogo diverso da quello originariamente fissato, può dipendere, oltre che da un fatto estraneo all'attività dei proprietari dei fondi interessati, anche dall'utilizzazione del fondo servente da parte del suo proprietario e dal modificarsi della percezione di gravosità che sia obbiettivamente verificabile, attribuendo rilievo la norma, alla luce di una lettura costituzionalmente orientata, principalmente alla condizione del proprietario del fondo servente. Nella valutazione, rimessa al suo apprezzamento, della maggiore gravosità, il giudice di merito deve tenere conto di quella umana e ragionevole tolleranza che dovrebbe presiedere all'esercizio di ogni diritto.

Cass. civ. n. 4336/2013

In tema di trasferimento della servitù in luogo diverso, ai sensi dell'art. 1068, secondo comma, c.c., mentre la maggiore gravosità dell'esercizio della servitù per il fondo servente - quale ragione della richiesta di spostamento - deve necessariamente essere determinata da fatti sopravvenuti rispetto al momento di costituzione del vincolo, va escluso che tale requisito occorra anche nel caso in cui il proprietario del fondo servente abbia l'obiettiva esigenza di fare lavori, riparazioni o miglioramenti, essendo tali facoltà consentite dal criterio di esercizio del minor aggravio del fondo servente, di cui all'art. 1065 c.c., senza alcuna necessità di comparazione tra la situazione esistente all'epoca in cui fu creata la servitù e la situazione, invece, esistente quando il trasferimento venga chiesto.

Cass. civ. n. 12929/2012

Nella controversia tra i proprietari dei fondi servente e dominante, relativa al trasferimento della servitù di passaggio in luogo diverso, la valutazione del giudice di merito, in base ai criteri di cui al secondo comma dell'art 1068 cod. civ., deve essere globale e comparativa, essendo nella realtà impossibile che qualsiasi nuovo passaggio comporti caratteristiche strutturali e di uso assolutamente identiche a quelle del percorso anteriore. Pertanto è incensurabile la decisione del giudice di merito, ove lo stesso abbia correttamente considerato che, per effetto del nuovo passaggio offerto in sostituzione, posto a confronto col vecchio tracciato, avendo riguardo alla loro pendenza, ampiezza, sinuosità ed alla conformazione del piano del suolo, non si è avuta una diminuzione della comodità del fondo dominante e si è, piuttosto, evitato, o rimosso, l'aggravio del fondo servente, o, quanto meno, lo si è ridotto al minimo compatibile con il pieno esercizio della servitù.

Cass. civ. n. 7415/2012

In tema di servitù prediali, la fattispecie prevista dal quarto comma dell'art. 1068 c.c., comportando il trasferimento della servitù non già su altra porzione dello stesso fondo, come nell'ipotesi contemplata dal secondo comma del medesimo art. 1068 c.c., ma su altro fondo del proprietario dell'originario fondo servente o di un terzo, determina l'estinzione della servitù preesistente e la contestuale costituzione di una nuova servitù, anche se di eguale contenuto, a carico del diverso fondo. A differenza, tuttavia, dell'ipotesi di cui al secondo comma dell'art. 1068 c.c. (nella quale il verificarsi dei richiesti presupposti normativi determina l'insorgenza, in capo al proprietario del fondo servente, del diritto di ottenere il trasferimento del luogo di esercizio della servitù), qualora l'offerta di altro luogo egualmente comodo rivolta al proprietario del fondo dominante venga da quest'ultimo ingiustamente rifiutata, l'accoglimento della domanda di trasferimento della servitù su altro fondo del proprietario del fondo servente, ai sensi dell'art. 1058, quarto comma, c.c., è rimesso alla valutazione discrezionale dell'autorità giudiziaria, la quale, accertata la sussistenza delle condizioni di legge, "può" disporre detto trasferimento.

Cass. civ. n. 6130/2012

Il trasferimento della servitù di passaggio su un fondo servente di proprietà di un terzo richiede, ai sensi dell'art. 1068, comma quarto, c.c., il consenso di quest'ultimo, consenso che non può ritenersi implicito nel fatto che il proprietario già consenta il passaggio a taluni, essendo invece necessario, al fine della costituzione del rapporto intersoggettivo tra il titolare del fondo dominante ed il titolare del nuovo fondo servente, che il consenso sia non solo esplicito, ma, considerata la natura del diritto, manifestato per iscritto.

Cass. civ. n. 17245/2011

L'azione per lo spostamento del luogo di esercizio della servitù ha natura petitoria; pertanto, il convenuto nel giudizio possessorio di spoglio della servitù di passaggio non può proporre autonoma domanda ai sensi dell'art. 1068 c.c., finché il primo giudizio non sia definito e la decisione non sia stata eseguita.

Cass. civ. n. 7822/2006

... La sussistenza dell'aggravio per il fondo servente, ostativo al trasferimento della servitù, ex articolo 1068 terzo comma, ultima parte, del c.c. costituisce un apprezzamento discrezionale, riservato al giudice di merito.

Cass. civ. n. 20258/2005

Il trasferimento della servitù di passaggio su un fondo di proprietà di un terzo richiede, ai sensi dell'art. 1168 (recte: 1068 - N.d.R.), comma quarto, c.c., il consenso di quest'ultimo, che, nel caso di ente pubblico territoriale proprietario di una strada, non può ritenersi implicito nel fatto che l'ente consenta il passaggio alla generalità dei cittadini, essendo invece necessario, al fine della costituzione del rapporto intersoggettivo tra l'ente ed il singolo, titolari, rispettivamente, del fondo servente e di quello dominante, che il consenso sia non solo esplicito, ma, considerata la natura del diritto, manifestato per iscritto.

Cass. civ. n. 17394/2004

Poiché il trasferimento dell'esercizio della servitù in luogo diverso da quello in cui è stata stabilita originariamente può avvenire - in deroga all'espresso divieto imposto dall'art. 1068 c.c. al proprietario del fondo servente - soltanto in presenza dei presupposti oggettivi previsti dalla stessa norma, il proprietario del fondo dominante, qualora invochi il trasferimento della servitù - che dal proprietario del fondo servente si assuma invece estinta o prescritta - deve dimostrare che il trasferimento sia avvenuto in virtù di un accordo manifestato in maniera inequivoca dalle parti.
In tema di estinzione della servitù, l'impossibilità di fatto di goderne e il venir meno dell'utilitas che ne costituisce il contenuto non ricorrono quando — come nel caso di espropriazione per pubblica utilità — si sia verificata la sola modificazione della titolarità della proprietà del fondo servente ovvero, permanendo l'utilitas, non si frapponga un ostacolo materiale all'esercizio del diritto.

Cass. civ. n. 14906/2000

Il giudice non può, in assenza di domanda di parte e delle condizioni richieste dall'art. 1068 c.c., disporre il trasferimento della servita in altro luogo del fondo servente.

Cass. civ. n. 14365/1999

Le condizioni di fatto che giustificano il trasferimento di una servitù da un luogo ad un altro del fondo servente a norma dell'art. 1068 c.c. sono di natura oggettiva e perciò, anche se accertate giudizialmente, non possono dare luogo al risarcimento del danno a favore del proprietario del fondo servente, salvo che il proprietario del fondo dominante si sia infondatamente opposto al trasferimento della servitù.

Cass. civ. n. 5916/1999

Non integra gli estremi della violazione dell'art. 1068 c.c. (divieto, per il proprietario del fondo servente, di trasferire la servitù in un luogo diverso da quello originario) la mera ridefinizione dei limiti o dei confini dell'area destinata all'esercizio della servitù. (Principio affermato dalla S.C. in relazione ad una vicenda in cui, rimasto sostanzialmente immutato il luogo di esercizio di una servitù di passaggio, il proprietario del fondo servente aveva provveduto alla costruzione di un marciapiede lungo la strada, eliminando, contestualmente, aiuole e siepi esistenti sull'altro lato, così determinando uno spostamento — del tutto irrilevante — della delimitazione della carreggiata).

Cass. civ. n. 11198/1995

A norma dell'art. 1068 c.c. il proprietario del fondo servente non può rivolgersi al giudice per ottenere il trasferimento della servitù in un luogo diverso del fondo, prima di aver fatto l'offerta di un altro luogo di esercizio. Tuttavia, nel caso in cui sia il proprietario del fondo dominante a convenire in giudizio il proprietario del fondo servente per pretese violazioni delle disposizioni contenute nell'articolo citato, l'offerta di un luogo diverso di esercizio della servitù può essere fatta in tale sede, restando al giudice il compito di stabilire se ricorrano o meno le condizioni di legge per lo spostamento del luogo di esercizio della servita, e fermo restando in ogni caso che è illegittimo lo spostamento del luogo suddetto che il proprietario del fondo servente abbia attuato manu propria, potendo esso avvenire solo in via convenzionale o giudiziale.

Cass. civ. n. 4579/1994

Per il disposto dell'art. 1068 c.c. l'esercizio da parte del proprietario del fondo servente della facoltà di ottenere il trasferimento della servitù in un luogo diverso per l'accresciuta gravosità dell'esercizio nel luogo originariamente fissato, postula che detto proprietario fornisca la preventiva e dettagliata dimostrazione della eguale comodità per l'esercizio della servitù del luogo diverso dal medesimo offerto all'altro proprietario.

Cass. civ. n. 2104/1994

La disposizione del secondo comma dell'art. 1068 c.c., che consente al proprietario del fondo servente di offrire, al proprietario dell'altro fondo un luogo ugualmente comodo per l'esercizio della servita nel caso in cui l'originario esercizio sia divenuto eccessivamente gravoso per il fondo servente o impedisca di fare lavori, riparazioni o miglioramenti, si applica, per analogia, data l'eadem ratio, anche nel caso di spostamento verticale della servita e, più in generale, nel caso di variazioni del modo di esercizio della servitù. In tutti i predetti casi, come in quello di spostamento orizzontale della servitù, a cui si riferisce l'art. 1068 c.c., le spese dello spostamento — salva diversa convenzione — debbono essere sopportate, per il generale principio cuius commoda, eius incommoda, dal proprietario del fondo servente, che l'abbia richiesto.

Cass. civ. n. 3370/1991

L'art. 1068 secondo comma c.c. consente il trasferimento del locus servitutis nell'ipotesi di comprovato obiettivo impedimento ad eseguire lavori, riparazioni o miglioramenti fondiari di maggiore onerosità sempre che si tratti di esigenze o fatti sopravvenuti e nuovi rispetto alla situazione in atto al tempo della costituzione del vincolo, con la conseguenza che, ove permangano l'originaria situazione dei luoghi ed il primitivo assetto, il trasferimento del locus servitutis può essere consentito soltanto in funzione della concreta ricorrenza di fatti estranei a detta situazione, i quali, pur lasciandone intatti gli elementi originari, ne abbiano sostanzialmente modificato l'importanza e la relazione con la rilevanza del peso imposto al fondo asservito, senza che al riguardo se ne sia tenuto conto nel regolamento negoziale della servitù.

Cass. civ. n. 2697/1991

Ai sensi del primo comma dell'art. 1068 c.c., non è consentito lo spostamento delle opere necessarie per l'esercizio della servitù per iniziativa unilaterale del proprietario del fondo servente, il quale, ove l'originario esercizio di quel diritto impedisca di eseguire lavori, operazioni o miglioramenti, può offrire al proprietario del fondo dominante un luogo altrettanto comodo per l'esercizio del suo diritto senza che questi possa rifiutare, atteso che, se l'offerta non è accettata, il trasferimento dell'esercizio della servitù in luogo diverso da quello originario può essere chiesto e conseguito dal proprietario del fondo servente per decisione del giudice.

Cass. civ. n. 2078/1991

Nel caso che per la costituzione negoziale su di un fondo gravino più servitù di passaggio a vantaggio di un altro fondo, al giudice — il quale ritenga di dover accogliere la domanda di spostamento del percorso di una di quelle servitù in luogo egualmente comodo dello stesso fondo servente, ricorrendo una delle condizioni a tal fine previste dall'art. 1068, secondo comma, c.c. — non è consentito far coincidere il nuovo percorso con quello dell'altra servita di passaggio, cui è soggetto il fondo servente a vantaggio del medesimo fondo dominante, dovendo lo spostamento previsto dalla detta norma essere disposto nel rispetto dell'originaria pluralità di servitù voluta dalle parti, in base alla valutazione della utilità del fondo dominante, che compete solo al proprietario di questo.

Cass. civ. n. 1663/1988

A norma dell'art. 1068, comma terzo, c.c., il cambiamento di luogo per l'esercizio della servitù richiede cumulativamente la prova che il cambiamento riesca per il proprietario del fondo dominante di notevole vantaggio e che lo stesso non rechi danno al fondo servente, senza che, per la natura stessa del detto requisito negativo dell'inesistenza del danno, sia consentita alcuna valutazione comparativa con i vantaggi per il fondo dominante, dovendosi escludere ogni aggravamento della situazione del fondo servente.

Cass. civ. n. 5295/1981

Nell'ipotesi prevista dal quarto comma dell'art. 1068 c.c., il trasferimento della servitù su altro fondo del proprietario del fondo servente o di un terzo che vi consenta in guisa da assicurare che l'esercizio della servitù riesca ugualmente agevole al proprietario del fondo dominante, si verifica solo per effetto della sentenza costitutiva che viene pronunciata a conclusione del giudizio. E, pertanto, legittimo il trasferimento della servita operato su un fondo acquistato dal terzo che vi consente dopo l'inizio della controversia, ma prima della relativa pronuncia, trattandosi di condizione dell'azione che deve sussistere al momento della decisione.

Cass. civ. n. 3119/1978

Non è consentito, a richiesta del proprietario del fondo servente, lo spostamento della servitù di passaggio, a norma dell'art. 1068 c.c., quando tale spostamento determinerebbe uno sconfinamento del tracciato della servitù sul fondo dominante.

Cass. civ. n. 321/1978

L'art. 1068 secondo comma c.c., ove prevede il diritto del proprietario del fondo servente di conseguire il trasferimento della servita in luogo diverso, per il caso in cui l'originario esercizio sia divenuto più gravoso, ovvero arrechi impedimento a lavori, riparazioni o miglioramenti, si riferisce, in entrambe le ipotesi, a fatti e circostanze sopravvenute e nuove rispetto alla situazione che era in atto al momento della nascita della servitù e che le parti hanno tenuto presente nel relativo titolo. L'indicato diritto, pertanto, non può essere riconosciuto al fine del soddisfacimento di esigenze edificatorie del fondo servente, che siano coeve al negozio costitutivo della servitù, e, come tali, siano state previste dalle parti al momento della determinazione del contenuto e delle modalità della servita medesima.

Cass. civ. n. 3340/1977

La maggiore gravosità dell'esercizio della servitù, prevista dall'art. 1068, secondo comma c.c., per il trasferimento del peso in luogo diverso, a richiesta del proprietario del fondo servente, può dipendere o da un fatto estraneo all'attività dei proprietari dei due fondi interessati o dall'utilizzazione che il proprietario del fondo servente intenda fare del proprio terreno ovvero da un più intenso esercizio della servita ad opera del proprietario del fondo dominante, esercizio che, pur rientrando nell'ambito del diritto reale specifico, perché astrattamente prevedibile fin dalla origine, grazie all'ampiezza del titolo costitutivo, non era stato mai attuato in precedenza.

Cass. civ. n. 1734/1977

L'esistenza di una servitù di sporto (nella specie, costituita da un cornicione con canaletto di scolo) al di fuori dell'ipotesi dello sporto-veduta, quando sia in funzione soltanto dello scolo d'acqua piovana proveniente dal tetto del fondo dominante e di supporto della relativa condotta, non toglie irrimediabilmente al proprietario del fondo servente la facoltà di utilizzare, fatta salva la utilitas del fondo dominante, la colonna di aria nella quale lo sporto è inserito né impone determinate distanze di rispetto. Infatti, in virtù del secondo comma dell'art. 1068 c.c., quando la presenza dello sporto anzidetto impedisce la costruzione o la sopraelevazione, in aderenza o in appoggio, di strutture edilizie sul fondo servente, il proprietario di questo può spostare in luogo diverso l'esercizio della servitù di raccolta e di scolo dell'acqua piovana, sopprimendo lo sporto e realizzando, sempre nel fondo servente, altra idonea condotta delle acque medesime, in guisa che sia dato al proprietario del fondo dominante altro luogo egualmente comodo per l'esercizio dei suoi diritti, senza che egli possa ricusarlo.

Cass. civ. n. 92/1976

Su richiesta delle parti interessate, il giudice, a norma dell'art. 1068 c.c., può disporre il cambiamento del tracciato e delle modalità di esercizio di una servitù di passaggio, che si renda opportuno in conseguenza di un oggettivo mutamento dello stato dei luoghi; nel provvedere in tal senso, deve rispettare il principio in base al quale il soddisfacimento delle esigenze del fondo dominante deve essere attuato con il minor aggravio possibile per il fondo servente.

Cass. civ. n. 1602/1975

Il giudice, valutando se il trasferimento della servitù di passaggio da una ad altra zona del fondo servente riesca o no egualmente agevole al proprietario del fondo dominante, deve considerare l'eventuale necessità di opere nuove da eseguirsi, per l'esercizio della servitù, non solo nel punto d'accesso al fondo dominante, e cioè sul suo confine, ma anche a quelle eventuali da eseguire nell'interno del fondo stesso. (Nella specie, il giudice del merito aveva accolto la domanda, avanzata dal proprietario del fondo servente, di trasferimento della servitù di passaggio, giudicando irrilevante, ai fini della valutazione dell'aggravio per il fondo dominante, la necessità di costruire, all'interno di questo, una più lunga strada di accesso ad un'autorimessa. La Corte ha cassato con rinvio la decisione di merito, enunciando il principio di cui sopra).

Cass. civ. n. 951/1975

L'art. 1068 c.c. in tema di trasferimento della servitù in luogo diverso da quello originario non può trovare applicazione nelle cosiddette servitù negative.

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Consulenze legali
relative all'articolo 1068 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

C. D. chiede
giovedì 14/11/2024
“buongiorno
ho appena acquistato un casale con annesso terreno, la mia vicina mi dice di avere una servitu di passaggio sul mio terreno che pero non è registrata da nessuna parte, ne al catasto ne sul mio e vecchio rogito. Lei dice che sono piu di 20 anni che lei ne usufruisce nonostante abbia già due accessi privati con relativo cancello che conducono alla sua proprieta. La mia vicina mi ha detto che vuole passare con camion e trattori sul mio terreno dove penso di fare un parcheggio per la mia proprieta con un relativo cancello.
Questo parcheggio sarebbe l'unico accesso diretto alla mia casa, volevo informare la mia vicina di non usufruire piu questo passaggio visto che ne ha gia due a disposizione, volevo sapere quale era la procedura necessaria per eliminare questo presunto diritto di passaggio.

grazie

Consulenza legale i 21/11/2024
Nel quesito proposto il nuovo proprietario di un terreno si trova a dover contrastare la richiesta della vicina che sostiene di avere un diritto di servitù di passaggio su tale fondo.
Il diritto di servitù potrebbe essere stato acquisito per usucapione con il possesso continuato per vent’anni ai sensi dell’art. 1158 del c.c..
In questo caso il fatto che non ci sia un atto di costituzione della servitù è irrilevante ma il diritto dovrà essere accertato in giudizio.

Il nuovo proprietario potrebbe dunque chiedere al venditore se effettivamente questo passaggio sia mai stato utilizzato in modo da capire quanto sia fondata la richiesta della vicina e se possa provare di avere esercitato il diritto per 20 anni.

L’unico modo per il proprietario del terreno per impedire questo passaggio è quello di intraprendere una actio negatoria servitutis per accertare che non ci sia un diritto di servitù.
Spetterà alla vicina convenuta in giudizio provare l’esistenza del preteso diritto di servitù di passaggio (Cass. civ. n. 1905/2023).
In questo modo si otterrebbe una pronuncia di merito che accerterebbe l’inesistenza del diritto della vicina.
Chiaramente questa eventualità dipende dal fatto che la vicina non possa provare il possesso continuato per vent’anni.

Quello che invece può fare il nuovo proprietario, qualora scopra che effettivamente tale servitù potrebbe essere stata usucapita, è proporre alla vicina di trasferire la servitù in luogo diverso ai sensi dell’art. 1068 comma 2 c.c. sostenendo che l’originario esercizio è divenuto più gravoso e che gli impedisce di fare opere e miglioramenti sul proprio terreno, nel caso specifico un parcheggio.
Il proprietario deve però garantire alla vicina di poter esercitare il proprio diritto in maniera ugualmente comoda.
Tale possibilità è subordinata al fatto che lo stato dei luoghi (che non si conosce) permetta lo spostamento della servitù in altra posizione.

Qualora questo non sia possibile e venga accertata l’avvenuta usucapione del diritto della vicina, si consiglia al proprietario di richiedere al venditore che ne ha taciuto l’esistenza, la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo ai sensi dell’art. 1489 del c.c..


J. F. chiede
venerdì 31/05/2024
“Buongiorno, ho acquistato una proprietà all'interno di un paesino. Il mio cortile viene attraversato dall'auto del vicino (che chiamerò vicino A) che gode di diritto di passaggio appunto sul mio cortile. A mia volta per poter accedere al mio cortile io passo sulla strada di proprietà di un altro vicino (che chiamerò vicino B). Su questa strada di proprietà del vicino B passano il vicino A, io ed un terzo vicino (che chiamerò vicino C) che prosegue verso la propria abitazione senza però passare sulla mia proprietà come fa il vicino A. Dato che il vicino A passa davanti alla porta della mia casa e io ho i miei figli che spesso giocherebbero in cortile, ho chiesto al vicino B di farmi spostare l'entrata di accesso al mio cortile. La ratio sarebbe: la variazione dell'entrata gioverebbe soprattutto per una questione di sicurezza sia a me che al vicino A (che è pronto a firmare un documento in accordo con la modifica). Il vicino B si oppone perché questa modifica sposterebbe la mia entrata circa 3 metri lineari più avanti gravando dunque sulla sua proprietà per ulteriori 2/3 metri di lunghezza. E' chiaro che lui ha diritto di opporsi ma io posso far valere il mio minor danno (in termini di sicurezza) a scapito dell'aggravamento sulla sua proprietà? Voglio dire... vale di più il suo danno di 3 metri di stradina in più o la sicurezza fronte ingresso della mia casa? Grazie”
Consulenza legale i 12/06/2024
La regola generale stabilita dal Codice civile all’art. 1068 comma 3 c.c. prevede che il proprietario del fondo dominante possa presentare istanza per cambiare il luogo per l’esercizio della servitù se prova il notevole vantaggio che ne deriverebbe e la mancanza di danno per il fondo servente.

Tale norma va letta alla luce dell’art. 1067 del c.c. che prevede che il proprietario del fondo dominante non possa fare innovazioni che rendano più gravosa la condizione del fondo servente.

È evidente quindi che la ratio legis che vige in materia è quella di bilanciare le esigenze delle parti, da una parte permettere al titolare del diritto di servitù di goderne pienamente e dall’altra evitare per il proprietario del terreno che subisce la servitù un aggravio della sua condizione.

In via preliminare però è necessario accertare se l’art. 1068 c.c. sia applicabile alla fattispecie in esame.
Si segnala infatti un orientamento giurisprudenziale che ha ritenuto che l’art. 1068 c.c. si riferisca allo “spostamento dell’esercizio della servitù in una zona effettivamente diversa, alternativa a quella sulla quale veniva precedentemente esercitata la servitù, e non da una semplice ridefinizione dei limiti o confini di detta zona” (Cass. civ. n. 5916/1999).
Nel caso di specie la servitù subirebbe una modifica di solo qualche metro per cui è necessario, in primo luogo, verificare con un’analisi in concreto, se lo spostamento si può annoverare come semplice ridefinizione dei confini – e quindi non soggetta a limitazioni - o come modifica sostanziale.

In ogni caso si ritiene che ci siano due elementi di fatto che possono tornare utili per il proprietario del fondo dominante per ottenere tale spostamento.
Il primo riguarda il fatto che il secondo proprietario che esercita la medesima servitù ne sostenga anch’esso la modifica il che fa presupporre che per entrambi ci sarebbe un notevole vantaggio nel modificare il passaggio sulla strada asservita.
Il secondo consiste nella circostanza che sul tratto di strada su cui si vorrebbe estendere il passaggio gravi già un’altra servitù con il medesimo contenuto a favore di un altro terreno.
È però necessario verificare in base allo stato dei luoghi quanto incida il passaggio di più autovetture sul godimento del proprio fondo da parte del titolare del diritto di proprietà.

L’analisi concreta è quindi necessaria sia al fine di verificare se lo spostamento è tale da ricadere nella fattispecie prevista dall’art. 1068 comma 3 c.c. e in caso affermativo se il vantaggio per i due fondi dominanti non rechi un danno al fondo servente.

Si suggerisce in conclusione di intraprendere una trattativa con il vicino in modo da capire la disponibilità a concedere una modifica del diritto anche eventualmente a fronte del pagamento di un’indennità.

S. P. chiede
sabato 23/03/2024
“Buongiorno, sono proprietario di un appartamento al piano terra con terreno di fronte attaccato all'appartamento, dove c’è una servitù di passaggio pedonale, senza atto notarile, ma ormai usufruito da sempre (30-40 anni). Si trova vicino al muro di casa mia (passa a confine con sala cucina e bagno), io vorrei spostare la servitù a 5-6 metri dal muro, cosicché posso fare portafinestra con uscita direttamente nel mio terreno. È possibile? Se si chi paga tutti costi?”
Consulenza legale i 28/03/2024
La regola generale stabilita dal Codice civile all’art. 1068 c.c. prevede che il proprietario del fondo servente non possa trasferire l’esercizio della servitù in luogo diverso da quello in cui è stato stabilito originariamente.

È ammesso però che il proprietario del fondo servente possa trasferire l’esercizio della servitù qualora voglia fare lavori, riparazioni o miglioramenti che altrimenti non potrebbe eseguire.
Al proprietario del fondo dominante deve essere garantita la possibilità di esercitare il proprio diritto in maniera ugualmente comoda.

Dalla descrizione fatta nel quesito sembra che il passaggio debba essere spostato di pochi metri rispetto alla posizione attuale e non crei un cambiamento sostanziale all’esercizio della servitù da parte del titolare del diritto.

Anzi, un orientamento giurisprudenziale ha ritenuto che l’art. 1068 c.c. si riferisca allo “spostamento dell’esercizio della servitù in una zona effettivamente diversa, alternativa a quella sulla quale veniva precedentemente esercitata la servitù, e non da una semplice ridefinizione dei limiti o confini di detta zona” (Cass. civ. n. 5916/1999).
Si potrebbe quindi affermare - previa doverosa analisi effettiva dello stato dei luoghi - che la modifica del passaggio che vuole apportare il proprietario del fondo servente sia una semplice ridefinizione delle modalità di esercizio della servitù, che non rientra nemmeno nella fattispecie dell’art. 1068 c.c., e possa essere eseguita senza dover rispettare alcun limite.

La legge nulla dice riguardo a chi debba sostenere le spese ma si ritiene che il costo gravi sul proprietario del fondo servente poiché lo spostamento della servitù è nel suo interesse esclusivo.

Si ricordi però che il proprietario del fondo servente ha comunque e sempre il divieto di compiere azioni che possano diminuire l’esercizio della servitù o renderlo più incomodo, come previsto espressamente dall'art. 1067 del c.c..
Andrebbe, quindi, valutato in concreto l'impatto dello spostamento, in riferimento ai luoghi e al percorso attuale.

I. P. chiede
sabato 09/12/2023
“Buongiorno
Sono proprietario di un appartamento al piano terreno in località XXX in palazzina di due piani + piano terra.
L'appartamento ha in uso esclusivo e perpetuo una porzione di terreno (ad utilizzo giardino) in cui è posizionato un tombino di scarico delle acque nere per l’intera colonna. Preciso che tale tombino, al centro del mio giardino, me lo sono trovato aperto a causa intasamento da pannolini.
Su richiesta della condomina del primo piano, l'amministratore mi ha chiesto di spostare il tombino a valle della colonna di scarico per rendere più agevole la pulizia della stessa colonna. Alla prima richiesta dell'amministratore era allegata una relazione del tecnico degli spurghi che sostiene che per fare lo spurgo è necessaria sonda con telecamera al costo di euro 200 ad intervento (relazione aprile 2023).
Ho chiesto all'amministratore una soluzione alternativa in quanto il tombino si posizionerebbe in fianco alla mia porta di entrata. Visto i precedenti, non vorrei trovarmi un potenziale tombino scoppiato davanti alla porta della mia cucina.
Ho ricevuto una seconda mail in cui con relazione fotografica di un architetto (io non ho dato autorizzazione ad entrare nel mio giardino) mi si intima di far procedere all'attività entro maggio 2024.
L’amministratore ha il potere di obbligarmi a fare questo nuovo tombino per non spendere euro 200 di telecamera?
Grazie”
Consulenza legale i 13/12/2023
In passato principalmente per motivi fiscali erano ricorrenti nella prassi notarile delle clausole che attribuivano ad un singolo condomino l’uso esclusivo e perpetuo di determinate parti dell’edificio fermo restando la proprietà comune in capo al condominio: attraverso questo escamotage un proprietario poteva vedersi, ad esempio, attribuito l’uso esclusivo di una porzione del giardino condominiale che diveniva quindi nei fatti una pertinenza esclusiva del suo appartamento.
In epoca recente queste tipologie di clausole sono state oggetto di una profonda rilettura da parte delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con l’importante pronuncia n. 28972 del 17.12.2020.
Senza voler entrare nello specifico nelle argomentazioni fatte dalle Sezioni Unite, in quanto ciò non attiene in senso stretto al caso specifico, possiamo dire che per i giudici della Cassazione, fatta eccezione per il lastrico solare, non è possibile attribuire ad un singolo condomino l’uso esclusivo di un determinato bene condominiale come ad esempio un cortile od un giardino: infatti tale tipologia di diritto reale su cosa altrui non è in realtà previsto dal nostro codice civile. Sempre secondo gli Ermellini, le clausole presenti nei rogiti passati che hanno costituito un diritto di uso esclusivo e perpetuo su una parte comune dell’edificio non sono prive di efficacia: esse dovranno essere interpretate secondo le norme che disciplinano l’interpretazione del contratto, ma è ben possibile che tali clausole non hanno fatto altro in realtà che costituire un vero e proprio diritto di proprietà esclusiva in favore di un determinato condomino sopra un bene che diversamente sarebbe condominiale, come ad esempio un giardino.

Si è detto questo semplicemente per puntualizzare il fatto che oggi, alla luce della pronuncia delle Sezioni Unite che si è testé citata l’autore del quesito non può considerarsi un semplice utilizzatore del giardino ma un vero e proprio pieno proprietario del medesimo, con tutto ciò che ne comporta in termini di legge, e questo indipendentemente dal nome utilizzato dal notaio sui rogiti della provenienza per costituire tale diritto sul cespite.

Fatta questa doverosa premessa bisogna dire che la presenza del tombino non fa altro che testimoniare l’esistenza di una servitù condominiale insistente sopra il giardino (fondo servente) e a favore delle altre unità immobiliari che usufruiscono della colonna di scarico (fondi dominanti), di cui il tombino non è altro che uno dei manufatti necessari per l’esercizio di tale diritto di servitù.

Da questo discende in prima battuta un importante conseguenza a proposito di chi deve sopportare i costi necessari alla manutenzione ordinaria e straordinaria di tali manufatti: il 2° co. dell’art. 1069 del c.c. dispone che tali costi devono essere sopportati dal proprietario del fondo dominante, scegliendo modalità esecutive tali da recare meno incomodo al proprietario del fondo servente. Repentinamente il successivo 3° co. della norma in commento precisa che se dalla esecuzione di tali opere trae giovamento anche il proprietario del fondo servente egli concorre al pagamento di esse unitamente al proprietario del fondo dominante in proporzione dei rispettivi vantaggi.
In forza di tale norma quindi deve essere il condominio a sopportare i costi relativi allo spostamento del tombino, come qualsiasi altro costo inerente alla manutenzione delle opere necessarie all’esercizio della servitù: se l’appartamento del proprietario del fondo dominante è anch’esso allacciato alla colonna delle acque nere a cui fa riferimento il tombino posto nel suo giardino, egli dovrà concorrere nel pagamento di tali opere in proporzione ai suoi millesimi di proprietà unitamente agli altri condomini, ma certamente non gli si potrà accollare l’importo intero della spesa.

Il condominio inoltre non può pretendere di trasferire a suo piacimento il luogo di esercizio della servitù. Il 3° co. dell’art. 1068 del c.c. precisa, infatti, che il proprietario del fondo dominante può fare richiesta di spostamento del luogo di esercizio della servitù a condizione che provi che tale modifica costituisca per lui un notevole vantaggio e che ciò non reca danno al fondo servente.
A parere di chi scrive, entrambi i presupposti richiesti da tale comma non si sono verificati in concreto: se, infatti, dallo spostamento del luogo di esercizio della servitù l’unico vantaggio che ne deriverebbe è un risparmio per il condominio di 200 Euro per il pagamento di una sonda, questo non può certamente considerarsi un notevole vantaggio nel senso richiesto dalla norma. Il notevole vantaggio richiesto dall’art. 1068 del c.c. non deve essere tradursi in un mero risparmio di spesa, ma piuttosto in un miglioramento nell’esercizio della servitù: il condominio in altre parole dovrebbe dimostrare che lo spostamento comporti un notevole miglioramento nel funzionamento della colonna di scarico.
In secondo luogo comunque lo spostamento del luogo di esercizio della servitù causerebbe comunque un aggravamento delle condizioni di utilizzo del fondo servente: lo spostamento infatti avverrebbe affianco alla porta di ingresso della abitazione dell’autore del quesito causando una notevole diminuzione nel godimento di tali cespiti, se sol si pensi al momento in cui si dovranno compiere opere di manutenzione e di spurgo del pozzetto.
In questo senso è molto chiara Cass.Civ.Sez.II, n. 1663 del 16.02.1988: "il cambiamento di luogo per l'esercizio della servitù richiede cumulativamente la prova che il cambiamento riesca per il proprietario del fondo dominante di notevole vantaggio e che lo stesso non rechi danno al fondo servente, senza che per la natura stessa del detto requisito negativo dell'inesistenza del danno, sia consentita alcuna valutazione comparativa con i vantaggi per il fondo dominante, dovendosi escludere ogni aggravamento della situazione del fondo servente."

A dire il vero è molto probabile che nei rogiti della provenienza ed in particolare in quello in cui venne costituito il diritto di uso sul giardino, sia stata costituita anche la predetta servitù di scarico delle acque sopra il giardino medesimo. La disciplina prevista dagli artt. 1068 e 1069 del c.c. può essere derogata da specifiche disposizioni particolari contenute in tale rogito notarile. Tuttavia seppure una tale eventualità è possibile, nella pratica è ben difficile che le clausole di tale rogito si pongano in netto contrasto con la normativa citata nel parere reso.


Spinelli G. C. chiede
mercoledì 02/09/2020 - Puglia
“Salve nel mio giardino passa una condotta di gas ( ITALGAS) che alimenta altre abitazioni di una via parallela a quella di casa mia! Nella fattispecie, le villette dove abito io sono state costruite prima e qui di servite prima d ITALGAS, qualche anno dopo hanno provveduto alla costruzione di quelle alle mie spalle e via dicendo. Hanno pensato bene di fare passare una condotta bella mia proprietà invece di fare i soliti lavori sulla strada comunale. Io vorrei che la condotta fosse rimossa perché dovrei aprire un accesso al mio giardino ( sono già stato autorizzato dal comune e ho già iniziato i lavori). Sulla strada attualmente servita dalla mia proprietà attualmente sono presenti i raccordi principali ( quelli che sbucano sul marciapiede). Bene ho scritto agli sfaticati di ITALGAS che con una bella faccia tosta mi hanno risposto chiedendomi 1400€ più iva. Cosa dovrei fare ?
Posso inviare il preventivo fatto da loro se necessario, dove è possibile vedere gli schemi e le planimetrie.
Grazie”
Consulenza legale i 18/09/2020
Per rispondere al presente quesito è necessario, innanzitutto, fare riferimento al testo dell’art. 1068 del c.c., il quale disciplina il trasferimento della servitù in luogo diverso.
In proposito la regola generale è quella per cui il proprietario del fondo servente non può trasferire l'esercizio della servitù in luogo diverso da quello nel quale è stata stabilita originariamente.
Tuttavia - prosegue la norma - se l'originario esercizio è divenuto più gravoso per il fondo servente o se impedisce di fare lavori, riparazioni o miglioramenti, il proprietario del fondo servente può offrire al proprietario dell'altro fondo un luogo egualmente comodo per l'esercizio dei suoi diritti, e questi non può ricusarlo.
L’ultimo comma dell’articolo in commento prevede poi che l'autorità giudiziaria possa disporre che la servitù sia trasferita su altro fondo del proprietario del fondo servente o di un terzo che vi acconsenta, purché l'esercizio di essa riesca egualmente agevole al proprietario del fondo dominante.
Nel nostro caso, la questione da risolvere riguarda non tanto il consenso al trasferimento, quanto l’addebito delle spese necessarie per eseguire le relative opere.
Ora, solo con riferimento alla servitù di elettrodotto, esiste una norma che pone specificamente a carico dell’esercente la servitù le spese dello spostamento. Si tratta, precisamente, dell’art. 122 RD 11/12/1933, n. 1775, il quale stabilisce tra l’altro che, “salvo le diverse pattuizioni che si siano stipulate all'atto della costituzione della servitù, il proprietario ha facoltà di eseguire sul suo fondo qualunque innovazione, costruzione o impianto, ancorché essi obblighino l'esercente dell'elettrodotto a rimuovere o collocare diversamente le condutture e gli appoggi, senza che per ciò sia tenuto ad alcun indennizzo o rimborso a favore dell'esercente medesimo”.
In proposito, la giurisprudenza, pur non recentissima, della Cassazione ha precisato che la servitù di elettrodotto, comunque costituita, è soggetta alla disciplina fissata nel citato art. 122, “che pone a carico dell'Enel le spese relative allo spostamento e non ricade nella previsione dell'art. 1068 c.c. che impone tali spese al proprietario del fondo servente” (Cass. Civ., n. 5077/1983).
Tuttavia, il disposto dell’art. 122 R.D. 1775/1933 non è applicabile al di fuori della servitù di elettrodotto.
Pertanto, nella controversia oggetto del quesito, varrà la regola generale sancita proprio dall’art. 1068 c.c.; come ribadito da Cass. Civ., Sez. II, n. 2104/1994, in tutti i casi contemplati dall'art. 1068 c.c., “le spese dello spostamento — salva diversa convenzione — debbono essere sopportate, per il generale principio cuius commoda, eius et incommoda, dal proprietario del fondo servente, che l'abbia richiesto”.
Nel nostro caso, semmai, conviene approfondire la questione relativa a quando, e in che modo, sia stata costituita la servitù (nel quesito non viene specificato). Si tenga presente, infatti, che, come affermato da Cass. Civ., Sez. II, n. 11563/2016, “è inammissibile la costituzione coattiva di una servitù di gasdotto atteso il carattere tipico delle servitù coattive e la non estensibilità dell'art. 1033 c.c. in tema di servitù di acquedotto coattiva, trattandosi di situazioni non assimilabili sotto il profilo strutturale e funzionale per la pericolosità insita nell'attraversamento sotto terra della fornitura di gas, non ricorrente per il trasporto delle acque”.

Ermanno P. chiede
lunedì 24/10/2016 - Veneto
“Buogiorno Avvocato
Nel 1984 ho ristrutturato una “malga “ e mia sorella un’altra nella stesso mappale e a circa 10 metri di distanza dalla mia.
Da subito si è istaurata una servitù di passaggio sull’area adiacente alla mia costruzione (lato ovest e nord ) per il transito dei due autoveicoli di mia sorella essendo questo – all’epoca – il transito più agevole .Da notare che la parte del lotto adiacente alla costruzione di mia sorella (lato est) non è un fondo intercluso ma pur con qualche difficoltà può essere raggiunto direttamente con un percorso alternativo.
Nel tempo , i veicoli sono diventati 4 (i due figli ) e una volta che questi si sono sposati sono diventati 6 e qualche volta anche 8 per il transito dei consuoceri di mia sorella; in prospettiva (al conseguimento della patente dei nipoti di mia sorella potrebbero crescere a dismisura (fidanzati amici ecc ecc.)
Mia sorella sostiene di avere acquisito un diritto sia per se che per tutti gli altri. Le chiedo se non mi è possibile oppormi a questo aumento della mia servitù e ritornare a “sopportare “ il transito di solo 2 massimo 4 veicoli (tanti sono quelli che transitano da più di 20 anni )
Sempre mia sorella sostiene che siccome una volta (io non ero presente ) è passato anche un trattore carico di legna io devo garantire il passaggio anche per questo ; mentre il trattore potrebbe accedere all’area di pertinenza di mia sorella direttamente dal terreno circostante senza transitare per il fondo adiacente alla mia abitazione.
In questo ultimo anno ho fatto dei lavori di sbancamento del terreno e costruito un muretto di contenimento sul lato sud del mio fabbricato assicurando un passaggio della larghezza di 3 mt (la larghezza totale è di oltre 4 metri
Il Passaggio è privo di ostacoli ed il percorso è abbastanza più corto del precedente dove insiste la servitù si immette direttamente sulla porzione di fondo di mia sorella senza passare davanti alla porta della mia abitazione (posta sul lato ovest )
E’ mia intenzione migliorare la parte del fondo dove attualmente c’è la servitù di passaggio creando un’area di ricreazione – caminetto – tavola e sedie – ecc oltre che parcheggiare i veicoli di mia proprietà . Posso pretendere di spostare la servitù di passaggio sul nuovo percorso senza che mia sorella possa opporvisi ? ( art. 1068 c.c.)
Stiamo dividendo i terreni (attualmente sono in comproprietà ) mi può suggerire il testo da inserire nell’atto notarile per la costituzione della servitù di passaggio e se possibile prevedere un numero massimo di autoveicoli (4) che ne possano usufruire ?
Fiducioso di ricevere un suo cortese riscontro la ringrazio e Le porgo i miei migliori saluti.”
Consulenza legale i 31/10/2016
Carattere fondamentale del diritto di servitù è l’elasticità del suo contenuto, dovuta alla varia gamma di interessi specifici che essa è in grado di soddisfare.
A differenza degli altri diritti reali di godimento, quali usufrutto, uso e superficie, che comprendono nel loro ambito una globalità di usi e facoltà, le servitù comprendono una o più specifiche facoltà determinate e, per la pluralità di scopi cui possono indirizzarsi nella dinamica negoziale, si parla di atipicità delle servitù.

Ciò significa che i privati sono liberi di costituire fattispecie aventi un contenuto di qualsiasi tipo, purché venga rispettato il carattere fondamentale della “realità”, ossia la servitù deve in ogni caso costituire un peso imposto al fondo servente e deve tradursi in un vantaggio per il fondo dominante (così art. 1027 c.c.).

La circostanza che il contenuto della servitù non possa consistere in un facere, come previsto dall’art. 1030 c.c., rappresenta una conseguenza implicita della realità della servitù; il vantaggio deve così provenire al titolare del fondo dominante non da un comportamento attivo della persona, ma dalla cosa stessa, dal fondo su cui grava il peso della servitù. Ed è questo limite di segno negativo, espresso nel principio servitus in faciendo consistere nequit, l’unico limite riguardante il contenuto della servitù, mentre la positiva indicazione dei possibili tipi di comportamento dovuto (“pati” nelle servitù positive e “non facere” nelle servitù negative) ha un semplice valore pratico e rileva ad altri fini, quale può essere quello della prescrizione.

Sempre lo stesso art. 1027 c.c. pone quale condizione essenziale per il nascere della servitù la circostanza che i fondi dominante e servente appartengano a diversi proprietari (cd. principio del nemini res sua servit); così, il proprietario di due fondi non può costituire una servitù a vantaggio di uno ed a carico dell’altro (anche se può porre l’uno ad oggettivo, concreto, servizio dell’altro, ma su questo si legga più avanti).
Pertanto, una volta rispettato il requisito dell’utilitas rei, le parti sono libere di assegnare qualsiasi contenuto alle servitù volontarie.

Le servitù legali o coattive, invece, sono tipiche, ma la loro tipicità ha valore solo riguardo alla costituzione per sentenza del giudice o per atto amministrativo; nel caso in cui le parti si accordino tra loro, i confini posti dalla legge perdono la loro rilevanza, con la conseguenza che, se nell’atto costitutivo viene previsto in relazione ad una fattispecie di servitù il cui contenuto generico sia determinato dalla legge (es. proprio la servitù di passaggio) una disciplina diversa da quella legale, le parti avranno di fatto posto in essere una servitù volontaria o atipica, la quale assumerà la concreta fisionomia impressa dalle stesse parti contraenti.

Si configurerà invece una servitù "irregolare" tutte le volte in cui non soltanto l’utilità sia rivolta alla persona piuttosto che al fondo, ma vi sia anche una determinazione della persona che dovrà godere della servitù, ciò che esclude l’ambulatorietà attiva e, dunque, la predialità del diritto.
Queste forme speciali di godimento del fondo altrui si ritiene che diano piuttosto origine a diritti di usufrutto o di uso limitati nel contenuto, la cui validità tuttavia risulta controversa; si preferisce parlare di cc.dd. diritti di uso limitato, precisandosi però che ciò potrebbe aver luogo soltanto quando il fondo sia in grado di procurare esclusivamente una specifica utilità.

Abbiamo visto che uno dei principi fondamentali in materia di servitù è quello del c.d. nemini res sua servit, principio che si ritiene di dover richiamare nel caso di specie in quanto si espone che i terreni di cui si discute risultano in comproprietà indivisa, il che impedisce il sorgere di qualsiasi specie di servitù su di essi ex art. 1027 c.c.

Tuttavia il legislatore ha fissato all’art. 1062 c.c. un altro principio apparentemente in contrasto con quello visto sopra del nemini res sua servit; infatti tale norma, rubricata come “destinazione del padre di famiglia” dispone che “la destinazione del padre di famiglia ha luogo quando consta mediante qualunque genere di prova che due fondi, attualmente divisi, sono stati posseduti dallo stesso proprietario e che questi ha posto o lasciato le cose nello stato dal quale risulta la servitù”.

Pertanto, nel momento in cui i due fondi (in questo caso l’unico fondo) cessano di appartenere allo stesso proprietario, senza alcuna disposizione scritta relativa alla servitù, questa si intende stabilita attivamente e passivamente a favore e sopra ciascuno dei fondi separati.
L’art. 1062 c.c. si basa sul presupposto che due fondi (o due parti dello stesso fondo) possono essere posti dall’attuale unico proprietario in una situazione per la quale un fondo tende a realizzare un vantaggio di un altro fondo, rendendo rilevante ai fini giuridici una situazione di fatto che si concretizza in un asservimento di un fondo verso l’altro.

Per effetto di tale disposto, dunque, fin quando i fondi appartengono al medesimo proprietario la servitù non si costituisce, mentre essa si costituisce solo nel momento in cui i due fondi diventano di proprietà di persone diverse, creandosi quella dissociazione soggettiva della titolarità tra il fondo servente e il fondo dominante.
La circostanza, poi, che la stessa norma preveda che le parti possano dettare disposizioni relative alla servitù, legittima i proprietari dei due fondi di regolare come meglio credono la servitù medesima nel momento in cui si viene a creare la dissociazione.

In particolare, considerato che il passaggio sul lato sud del terreno del fratello viene descritto come più comodo, verrebbe a rispettarsi il disposto di cui al secondo comma dell’art. 1051 c.c., norma che dispone che il passaggio si deve stabilire in quella parte per cui l’accesso alla via pubblica è più breve e riesce di minore danno al fondo sul quale è consentito.
In virtù poi del principio della elasticità del contenuto del diritto di servitù, che rende tale diritto atipico purché nel rispetto della utilitas rei, sarà consentito convenire una limitazione di tale passaggio solo ad alcuni tipi di mezzi e ad un numero limitato degli stessi.

Così si suggerisce di far inserire nell’atto di divisione che si andrà a stipulare la seguente clausola negoziale:
<<Il Sig Tizio costituisce a carico del terreno di sua proprietà, sopra descritto, ed a vantaggio della proprietà pure sopra descritta della Sig.ra Caia, che accetta, la servitù perpetua di passaggio pedonale e carraio, sulla porzione di fondo delimitata dalle lettere “…………” e colorata in rosso nel tipo planimetrico che al presente atto si allega.
Tale costituzione della servitù di passaggio sarà regolata dai seguenti patti e condizioni:
1. il passaggio carraio sarà consentito solo con l’uso di autovetture e con esclusione di qualsiasi altro tipo di mezzo a trazione meccanica, salvo che l’ingresso di quest’ultimo si renda necessario per l’esecuzione di lavori straordinari ed in ogni caso previo consenso del proprietario del fondo servente;
2. potranno usufruire della servitù di passaggio carraio soltanto coloro che hanno necessità di accedere al fondo dominante perché vi dimorano e, quindi, soltanto al fine di stazionarvi permanentemente e non in via occasionale e temporanea>>.

Franco D. chiede
venerdì 19/07/2024
“Nell’androne del condominio A c’è una nicchia con un contatore dell’acqua generale che serve i condominii A e B, il contratto della fornitura è intestata al condominio B da oltre 40 anni, poiché è subentrata scarsità di acqua per la moltiplicazione dei B&B, i condomini di A vorrebbero il condominio B facesse una nicchia con relativo contatore nel loro androne, rimanendo il contatore attuale solo a disposizione di A. Si precisa che il condominio B non ha mai pagato alcuna somma a favore dell’uso dell’androne di A e anticamente entrambi i condomini erano di un unico proprietario, i due edifici sono contigui ma hanno accesso su differenti strade, e infine il condominio B ( 18 unità immobiliari) ha la presa d’acqua più in basso di A (11 unità immobiliari), e ciò provoca cadute di pressione dell’acqua ad A, che quindi talvoltà rimane senza l’erogazione.
Quesito: alla luce dei fatti esposti il condominio A ha diritto di richiedere, anche giudizialmente, se necessario, al condominio B di lasciare libero l’androne di A e costringerlo a farsi un proprio impianto idrico nel proprio androne?”
Consulenza legale i 23/07/2024
A parere di chi scrive vi sono diversi ostacoli che si frappongono alle richieste dei condomini dell’edificio A.

Innanzitutto, la fornitura idrica pare possa considerarsi come un servizio supercondominiale tra i due edifici A e B: l’art.1119 del c.c. prevede che i beni e i servizi supercondominiali non possano essere divisi, salvo che la divisione non possa farsi senza rendere più incomodo l’uso del bene comune e in ogni caso ottenendo il consenso di tutti i partecipanti al condominio. In altre parole, ai sensi della norma in esame, per ottenere la divisione dell’impianto idrico comune ai due palazzi sarebbe necessario ottenere il consenso di tutti i proprietari che compongono i condomini A e B: certamente, quindi, un palazzo non può costringere l’altro a dividere. Se tecnicamente possibile, nulla vieta che il palazzo B decida di non utilizzare più l’impianto idrico in comune con l’edificio A e proceda ad installare un contatore autonomo all’interno del suo edificio, posando le relative tubature: questa, tuttavia, è una scelta che deve essere presa in assoluta autonomia dai proprietari del palazzo B nell’ambito della propria assemblea condominiale.

Visto che i due palazzi un tempo sono appartenuti al medesimo proprietario, in un ipotetico giudizio si potrebbe sostenere, inoltre, che tra i due edifici si sia costituita ai sensi dell’art.1062 del c.c. una servitù per destinazione del padre di famiglia, a carico del palazzo A (fondo servente) e a favore del palazzo B (fondo dominante). Orbene, ai sensi del successivo art. 1068 del c.c. il proprietario del fondo servente, quindi in questo caso i condomini dell’edificio A, non possono trasferire l’esercizio della servitù in un luogo diverso da quello originariamente stabilito, a meno che non si provi che l’esercizio della servitù sia divenuto per loro più gravoso. Tuttavia, in questo secondo caso, non possono pretendere che il condominio B si faccia il proprio contatore all’ interno del loro palazzo, ma devono offrire a tale condominio un altro luogo all’interno del palazzo A che garantisca un luogo altrettanto comodo per l’esercizio della servitù.

V.M. chiede
venerdì 14/10/2022 - Friuli-Venezia
“Mi sono aggiudicato in asta un " locale contatori " di 12 mq. vincolato da destinazione d'uso ormai trentennale.
Il locale ospita circa 60 contatori destinati agli appartamenti e servizi collegati di due complessi edificiali contigui ma catastalmente separati. La fornitura di energia elettrica viene oggi garantita da una società privata subentrata ad ENEL, la quale non ha traccia dell'indennità di elettrodotto corrisposta all'originario costruttore e ribalta su di me l'onere di dimostrare che indennità di elettrodotto sia stata corrisposta all'originaria società costruttrice nel frattempo fallita e comunque irreperibile..
Il regolamento di Condominio non richiama in nessun articolo nè il locale contatori come tale nè eventuali obblighi collegati.
Io sarò assoggettato , in quanto nuovo proprietario a pagare oneri di registrazione dell'atto di aggiudicazione in asta, IMU e altre tasse per questo" locale contatori" a nessun altro scopo destinato. Persino il deposito delle mie biciclette potrebbe essermi contestato dai due amministratori dei due Condomini con la motivazione di incomoda servitù.
Chiedo se sono legittimato a reclamare dagli utenti dei 60 contatori una indennità annuale, benchè minima ( es: 35 €/anno) tale da coprire gli oneri cui sarò assoggettato, o in alternativa posso chiedere lo spostamento dei contatori ai altro locale.
Non trovando traccia del contratto di servitu' prediale non è dato sapere se è perpetua o a scadenza.
Grazie.
Distinti saluti”
Consulenza legale i 23/10/2022
A parere di chi scrive non vi sono oggi i presupposti per poter richiedere la corresponsione di una qualche indennità né vi sono i presupposti per poter costringere i due condomini a spostare i contatori.

L’art. 1056 del c.c. ci dice che: "Ogni proprietario è tenuto a dare passaggio per i suoi fondi alle condutture elettriche, in conformità delle leggi in materia". È possibile, ma non scontato, che nel momento in cui fu costituita la servitù in forza di tale articolo vi sia stata la corresponsione di una indennità, ma non abbiamo titolo oggi per poter richiedere il pagamento di un canone annuale a meno che tale obbligo non sia previsto nei rogiti che a suo tempo costituirono la servitù.

Forse attraverso una approfondita ispezione ipotecaria che vada anche oltre il ventennio sarebbe possibile recuperare traccia dei titoli che hanno costituito la servitù e dare un parere più preciso sia sulla costituzione di questa servitù di elettrodotto che sulle norme che la regolano. E' anche possibile che questa servitù sia stata costituita dall’originario costruttore del complesso edile per destinazione del padre di famiglia, ma anche in questo caso non vi è spazio per poter richiedere oggi, a distanza di diversi anni, il pagamento di una indennità annuale.

Non vi sono neppure gli estremi per richiedere uno spostamento dei contatori.
Il primo comma dell’art. 1068 del c.c. ci dice chiaramente che: "Il proprietario del fondo servente non può trasferire l'esercizio della servitù in luogo diverso da quello nel quale è stata stabilita originariamente". Il secondo comma dell’articolo in commento prevede una eccezione a tale principio generale prevedendo che se l’esercizio della servitù è divenuto più gravoso per il proprietario del fondo servente, egli può offrire al proprietario del fondo dominante un altro luogo per l’esercizio dei suoi diritti ed egli non può ricusarlo. Nel caso specifico, tuttavia, non sembra potersi applicare tale secondo comma, in quanto non pare che l’esercizio della servitù sia divenuto maggiormente gravoso per il proprietario del fondo servente, e soprattutto egli non pare abbia un altro luogo da offrire all’interno della sua proprietà ove far installare i contatori degli appartamenti dei due condomini.


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