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Articolo 1066 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Possesso delle servitù

Dispositivo dell'art. 1066 Codice Civile

Nelle questioni di possesso delle servitù si ha riguardo alla pratica dell'anno antecedente e, se si tratta di servitù esercitate a intervalli maggiori di un anno, si ha riguardo alla pratica dell'ultimo godimento.

Ratio Legis

Tale disposizione si richiama il caso in cui il contenuto del diritto di servitù sia controverso. Essa non prevede, tuttavia, l'ipotesi in cui sia dubbia l'esistenza di un potere di fatto (possesso) che corrisponda alla servitù. Ciò dà ragione del fatto che essa non sia stata disciplinata dal legislatore nell'ambito degli articoli inseriti nel codice civile in materia di possesso (artt. 1140 ss. c.c.).

Spiegazione dell'art. 1066 Codice Civile

Criterio per la risoluzione delle questioni possessorie in tema di servitù

L'articolo porta convenientemente in una sede più adatta la disposizione, tale e quale, dell'art. 700 del codice abrogato, collocata nel titolo del possesso. Per stabilire esattamente l'ambito di applicazione della norma giova rilevare che il possesso è qui considerato in funzione del godimento, ossia dell' esercizio della servitù, e non della sua costituzione. Ciò risulta chiaramente dalla collocazione stessa della norma in questo capo sull'esercizio delle servitù. Con ciò non si vuol dire, tuttavia, che le questioni di possesso a cui l'articolo si riferisce siano soltanto quelle concernenti servitù già costituite, ma che possono venire in considerazione, sotto l'art. 1066, solo questioni di possesso, considerato questo come stato di godimento in atto sotto specie di servitù, e non già in funzione di titolo costitutivo della servitù medesima.

Del resto, sotto questo aspetto, non vi sarebbe nemmeno, praticamente, la possibilità di far capo al principio in esame, perchè in pratica le questioni che più di frequente cadranno qui in considerazione sono le comuni di spoglio e di manutenzione. Ma quanto all'azione di spoglio qualche commentatore del codice abrogato aveva escluso che potesse essere compresa nella disposizione dell'art. 700 (attuale 1066), poichè lo spoglio non è governato secondo le regole del possesso annuale. Si è replicato con il testo di legge che, riferendosi espressamente a « tutte le questioni di possesso » non potrebbe non estendersi anche all'azione di spoglio.

Una tale risposta non avverte completamente il valore dell'osservazione avversaria: è vero che lo spoglio, essendo pure esso una questione di possesso, cade fra « tutte le questioni di possesso » a cui la disposizione si riferisce, ma vero è anche che se lo spoglio non è governato secondo le regole del possesso ultrannuale, lo spoglio del godimento posseduto si verifica per sè con la privazione del contenuto di questo godimento, quale era nel momento della privazione medesima e senza risalire alla pratica dell'anno precedente.

Malgrado ciò l'opinione restrittiva di alcuni autori non è accettabile, perché l'art. 1066 col richiamare la pratica dell'anno precedente, ha inteso dettare una disposizione speciale per il possesso delle servitù, che deroga perciò alle regole generali sul possesso, e ciò nell'intento di tagliare corto sulle perplessità ed incertezze senza fine che potrebbero nascere se, in fatto di servitù il cui contenuto, fra i diritti reali, è di gran lunga il più variabile da un caso all'altro, si dovesse avere riguardo al contenuto esatto del godimento nel momento dello spoglio. Determinare, infatti, tale contenuto, mentre riesce facilissimo e del tutto chiaro in caso di possesso di proprietà, poiché la proprietà comprende ogni forma di godimento e disponibilità dell'oggetto che non sia contrario alle leggi, in caso di possesso di servitù, per il contenuto estremamente variabile di un tal genere di diritto, riesce praticamente impossibile se non si appoggia l'indagine ad un periodo di godimento di una certa durata, nel quale possa essere visto con sufficiente sicurezza un dato contenuto del diritto.

Questo periodo ora è fissato per troncare ogni questione nella pratica dell'anno precedente, perciò solo ad essa dovrà farsi attenzione anche per questioni di spoglio, cosicchè si intenderà spogliato quel contenuto del diritto che risulta in tale periodo di tempo, o dall'ultimo godimento se l'intervallo è maggiore di un anno, non esclusa peraltro, nel dubbio, l'applicazione sussidiaria dell' art. 1065 del c.c..


Determinazione della « pratica dell'anno antecedente »

Gioverà stabilire ancora cosa debba intendersi per pratica dell' '« anno antecedente ».
a) Può trattarsi di servitù discontinua il cui esercizio si attua in una determinata epoca nel corso di un anno, e qui la pratica dell'anno antecedente significa semplicemente il contenuto dell'ultimo godimento attuato, cosi come all'ultimo godimento la norma ci riporta nel caso di servitù esercitate a intervalli maggiori di un anno;
b) Ma quando si tratta di servitù continue, il cui esercizio è continuamente in atto, la pratica dell'anno antecedente significa il contenuto del godimento quale risulta da ciò che si è praticato durante il periodo che si retroestende per un anno dal giorno in cui è avvenuto il fatto (spoglio, turbativa od altro) che dà luogo alla questione.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 1066 Codice Civile

Cass. civ. n. 8909/2016

Ai fini della tutela del possesso di una servitù oggetto di spoglio, la regola posta dall'art. 1066 c.c., secondo la quale occorre avere riguardo alla pratica dell'anno antecedente, indica solo i criteri che devono essere seguiti per risolvere le controversie relative alla misura ed alle modalità del possesso della servitù, ma non subordina la tutela possessoria alla durata ultrannuale del potere di fatto corrispondente a quest'ultima.

Cass. civ. n. 16956/2002

Ai fini della tutela del possesso di una servitù, per accertare e qualificare la relazione di fatto instauratasi fra il ricorrente ed il fondo che si assume servente non è sufficiente avere riguardo alla pratica dell'anno precedente al preteso spoglio (o alla turbativa), dovendosi valutare l'intera relazione di fatto, così come si è sviluppata nel tempo. La regola, posta dall'art. 1066 c.c., secondo la quale occorre avere riguardo alla pratica dell'anno antecedente, infatti, indica solo i criteri che devono essere seguiti per risolvere le controversie relative alla misura e alle modalità del possesso delle servitù, ma non stabilisce che per qualificare come possesso la relazione di fatto col fondo che si assume come servente occorra riferirsi solo alle manifestazioni di detta relazione nell'anno precedente al preteso spoglio.

Cass. civ. n. 8609/1998

In tema di servitù prediali (nella specie, servitù di passaggio), la norma di cui all'art. 1066 c.c. (secondo la quale, nelle questioni di possesso delle servitù, si ha riguardo «alla pratica dell'anno antecedente»), consente al proprietario del fondo dominante di agire in possessoria per il ripristino della situazione preesistente alla turbativa od allo spoglio, onde ottenere il ripristino dello status quo ante, con esclusivo riferimento ai limiti qualitativi e quantitativi del precedente possesso, ed avuto riguardo alla relativa pratica esercitata nell'anno precedente, e non anche di pretendere la instaurazione di situazioni più favorevoli rispetto a quelle precedenti la turbativa e lo spoglio.

Cass. civ. n. 10581/1994

In materia di servitù il riferimento alla pratica dell'anno antecedente ai sensi dell'art. 1066 c.c. va inteso quale criterio per la determinazione della situazione possessoria tutelabile, ove non sia contestata l'esistenza di un potere di fatto corrispondente alla servitù, ma non vi è accordo intorno al contenuto di esso, dovendo ricavarsi l'estensione e le modalità del possesso dal modo in cui si è concretizzata la pratica annuale, attraverso atti di possesso che anche se intermittenti, possano considerarsi «continui» a norma dell' art. 1170 c.c. Non costituisce, pertanto, «pratica», nel senso voluto dall'art. 1066 un atto occasionale, incoerente con lo stato dei luoghi, quale il passaggio esercitato una tantum, sul fondo del vicino con un mezzo esorbitante i limiti del percorso, sì da recare danno alla proprietà del vicino.

Cass. civ. n. 8924/1991

Nella controversia inerente al possesso di servitù, l'estensione e le modalità di tale possesso vanno individuate, ai sensi dell'art. 1066 c.c., alla stregua della pratica dell'anno antecedente o dell'ultimo godimento, mentre non può trovare applicazione il criterio (sussidiario) posto dall'art. 1065 c.c., con riguardo al soddisfacimento del bisogno del fondo dominante che arrechi il minor aggravio per il fondo servente, trattandosi di disposizione inerente alla materia petitoria.

Cass. civ. n. 2628/1984

In tema di tutela possessoria di servitù la reintegrazione di questa è legittimamente disposta in riferimento alle modalità di esercizio nell'anno precedente, ancorché sia stata richiesta nei limiti del pregresso esercizio, atteso che nelle questioni di possesso delle servitù trova applicazione la normativa dell'art. 1066 c.c., secondo cui, per determinare la misura e le modalità dell'esercizio, bisogna avere riguardo alla pratica dell'anno precedente ovvero dell'ultimo godimento, qualora si tratti di servitù esercitate a intervalli maggiori di un anno.

Cass. civ. n. 2982/1974

L'art. 1066 c.c., in tema di possesso delle servitù, non subordina la tutela possessoria alla durata ultrannale dell'esercizio del potere di fatto corrispondente alla servitù, ma indica soltanto i criteri alla cui stregua debbono essere risolte le controversie relative alla misura ed ai modi di esercizio delle servitù. Quando sia esercitato un potere di fatto corrispondente al godimento di una servitù e sia sollevata l'eccezione che detto esercizio sia effetto di un atto di tolleranza del vero possessore, la contestazione dell'esistenza della tolleranza sposta la questione relativa oltre i limiti del giudizio possessorio, comportando un'indagine sull'esistenza stessa del diritto di servitù, con l'effetto di rendere operante il divieto di cui all'art. 705 c.p.c.

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