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Articolo 2910 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 27/03/2024]

Oggetto dell'espropriazione

Dispositivo dell'art. 2910 Codice Civile

Il creditore, per conseguire quanto gli è dovuto, può far espropriare i beni del debitore, secondo le regole stabilite dal codice di procedura civile [474 c.p.c. ss.](1).

Possono essere espropriati anche i beni di un terzo quando sono vincolati a garanzia del credito [2858, 2868] o quando sono oggetto di un atto che è stato revocato perché compiuto in pregiudizio del creditore [2901, 2905; 602 c.p.c.](2).

Note

(1) Viene qui richiamata la cosiddetta garanzia generica ai sensi dell'art. 2740, in forza della quale il creditore, in caso di inadempimento, può ottenere soddisfazione agendo sulla totalità dei beni del debitore. L'espropriazione forzata è rivolta quindi a tutto il patrimonio del debitore, ricomprendente beni mobili, immobili, crediti e diritti di ogni genere. Inoltre, per metterla in atto, a monte deve esservi obbligatoriamente un titolo esecutivo (v. art. 474 c.p.c.) dal quale discenda un credito certo e non soggetto a condizioni o termini (classici esempi di titoli esecutivi sono: cambiali, sentenze e decreti ingiuntivi).
(2) I beni dei terzi, nel caso in cui costituiscano la garanzia del credito (v. art. 1179) o nel caso di atti revocati (v. art. 2901), sono esplicitamente inseriti nell'ambito oggettivo della responsabilità patrimoniale definito dalla disposizione e vengono pertanto sottoposti all'esecuzione forzata.

Ratio Legis

La norma in esame inaugura una serie di disposizioni inerenti all'espropriazione forzata, rivolte ad ottenere una realizzazione in forma coattiva del diritto di credito, per garantire la tutela del creditore insoddisfatto.

Spiegazione dell'art. 2910 Codice Civile

Oggetto dell'espropriazione forzata

L'articolo in esame deve essere posto in relazione con l'arti­colo 2740, il quale sancisce il principio che il debitore risponde dell'adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri, salve le limitazioni di tale responsabilità patrimoniale, stabilite dalla legge. Come svolgimento di tale principio, l'art. 2910 precisa che il creditore, per conseguire quanto gli è dovuto non può farsi ragione da sè, ma deve fare espropriare i beni del debitore, secondo le regole stabilite dal co­dice di procedura civile. Sotto questo aspetto, quindi, l'art. 2910 deve essere altresì considerato come un'applicazione dell'art. 2907 (v. sopra).

Per interpretare compiutamente l’articolo, occorre brevemente sottolineare che la formula del nuovo codice ha posto in rilievo come oggetto immediato del diritto di credito non tanto sia il comportamento personale dell'obbligato, quanto il bene dovuto, onde è possibile realizzare il diritto stesso non solo attraverso l'adempimento dell'obbligo ma altresì attraverso il conseguimento del bene per mezzo dell'espropriazione forzata.

Il creditore, dunque, per conseguire il soddisfacimento del proprio diritto può richiedere la conversione dei beni del debitore in denaro o l'assegnazione dei beni stessi, fino a concorrenza del proprio credito.

L'espropriazione forzata non è esecuzione in forma specifica di un'obbligazione pecuniaria, surrogantesi all'obbligazione generica ori­ginaria ; essa dà in ogni caso un aliud pro alio, in quanto l'oggetto del debito va distinto concettualmente dall'oggetto della responsabilità, anche se in concreto essi possono coincidere (espropriazione per obbli­gazioni in denaro). Non è possibile in questa sede svolgere appieno tutta la teoria del processo esecutivo, tuttavia articolo in esame impone che si profili almeno il problema dell'azione esecutiva.


Il diritto del creditore al­l'esecuzione

La dottrina più recente ha escluso che sia il creditore che espro­pria il debitore, che venda, cioè, invece del debitore. Anche l'art. 2910 non dà alcun appiglio alla teoria secondo la quale il creditore, attraverso l'espropriazione forzata, realizzerebbe un diritto di pegno generale sui beni del debitore. Il creditore non ha, dunque, alcun « diritto di vendere » ma, se mai, un diritto di far vendere. Ora, come s'è già osservato sopra all'art. 2907, la possibilità di ottenere quella specifica forma di tutela, che è l'espropriazione forzata, rappresenta una qualità del diritto soggettivo ; il creditore, piuttosto, è munito del potere processuale di mettere in moto il processo e di farlo proseguire fino al suo compimento, in quanto possegga determinati requisiti (v. art. 474 cod. proc. civ.), sui quali non è qui possibile intrattenersi.


Debito e responsabilità

Un ultimo rilievo deve essere fatto per quanto concerne la posizione dei beni del debitore in confronto all'espropriazione promossa dal creditore : questi beni non soggiacciono ad un vincolo sostanziale diverso da quello che li grava in virtù dell'art. 2740. Piuttosto, l’esercizio dell'azione esecutiva da parte del creditore crea nel debitore una responsabilità di carattere processuale, che non ha come suo necessario presupposto un nuovo vincolo giuridico sui beni del debitore a favore del creditore.


L'espropriazione forzata contro il terzo proprietario

Il capoverso integra il disposto del primo comma, enunciando in termini generali il principio, che era già accolto nel vecchio codice (art. 2076 c.c.), in una più ristretta formulazione, riferita al terzo acquirente dell’immobile ipotecato, e che si trova ora espresso nell’ art. 602 del c.p.c..

La nuova disposizione parla di beni di un terzo vincolati a garanzia del credito, precisamente di beni gravati da pegno o ipoteca per un debito altrui (art. 602 del c.p.c.) e dei beni, la cui alienazione da parte del debitore è stata revocata perché compiuta in pregiudizio del creditore. Il carattere eccezionale di tali disposizioni porta a escludere l’ammissibilità di un’espropriazione contro altri terzi, considerati da parte della dottrina come responsabili per debito altrui, quali il fideiussore (art. 2902 del c.c.).

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

1188 L'art. 2910 del c.c. sancisce, nel primo comma, in correlazione al principio affermato dall'art. 2740 del c.c., il diritto del "creditore di fare espropriare i beni del debitore". La disposizione del secondo comma rappresenta la compiuta formulazione di un principio ovvio, tenuto presente anche dal codice del 1865, ma espressamente enunciato solo in rapporto ai beni ipotecati (art. 2076), e riafferma, in rapporto ai beni che furono oggetto di atti revocati perché compiuti in pregiudizio dei creditori, le disposizioni dell'art. 2902.

Massime relative all'art. 2910 Codice Civile

Cass. civ. n. 10284/2009

La regola generale dell'assoggettabilitā ad esecuzione di tutti i beni del debitore (ai sensi degli artt. 2740 e 2910 c.c.) subisce, per quanto attiene gli enti pubblici, una limitazione in dipendenza della natura dei beni appartenenti agli enti stessi, essendo espropriabili solo i beni disponibili e non quelli di origine pubblicistica e destinati per legge ad uno specifico scopo pubblico. Conseguentemente, per la realizzazione di crediti di terzi verso la P.A., non possono essere pignorati, presso le banche delegate alla riscossione dei tributi, i corrispondenti crediti dell'ente pubblico, anche se, per effetto del versamento, sia esaurito il rapporto fra l'ente e il contribuente.

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Consulenze legali
relative all'articolo 2910 Codice Civile

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Giorgio F. chiede
venerdė 06/11/2020 - Piemonte
“Buongiorno vorrei avere una vostra consulenza su questo quesito:
un immobile è gravato da ipoteca per un mutuo contratto dalla società Alfa. La società Alfa vende alla società Beta l'immobile ma la società Beta non fa l'accollo del mutuo pertanto rimane in capo alla società Alfa.
La società Alfa interrompe il pagamento delle rate del mutuo e di conseguenza la banca emette decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo e relativo precetto. Sia il decreto ingiuntivo sia il precetto non vengono notificati alla società Beta (nuova proprietaria). La banca può procedere all'esproprio dell'immobile alla società Beta pur non essendo stata avvisata o il tutto è da ritenersi nullo proprio per questo motivo?
Attendo cortese risposta. Cordiali saluti”
Consulenza legale i 12/11/2020
Una situazione di tale tipo, definita in modo sintetico “Responsabilità senza debito”, viene espressamente disciplinata dal secondo comma dell’art. 2910 c.c., il quale consente appunto di espropriare beni di un terzo quando gli stessi risultano vincolati a garanzia del credito.
Detta norma deve poi raccordarsi con la disciplina dettata nel codice di procedura civile agli artt. 602-604 c.p.c., le quali disciplinano appunto l’esecuzione contro il terzo proprietario; in particolare, l’art. 602 del c.p.c. stabilisce che si applicano le disposizioni generali in tema di pignoramentoin quanto non siano modificate dagli articoli che seguono”.
Le disposizioni generali prevedono che colui il quale intende agire esecutivamente sui beni del proprio debitore deve preliminarmente notificare allo stesso titolo esecutivo e precetto.
Ecco che già in questa fase ritroviamo la prima modifica alle regole ordinarie.
L’art. 603 del c.p.c., infatti, dispone che titolo esecutivo e precetto debbono essere notificati anche al terzo, aggiungendo che nel precetto si deve fare espressa menzione del bene del terzo che si intende pignorare.

Il precetto, dunque, avrà una duplice finalità:
  1. intimare al debitore di pagare;
  2. mettere il terzo in condizione di conoscere l’imminente espropriazione e di avvalersi, se vuole, dei rimedi che la legge gli consente.
Soltanto in questo modo, infatti, la società Beta sarà posta in condizione, se vuole, di intervenire per difendere la sua proprietà.
Potrà, intanto, porre in essere i rimedi preventivi che la legge le consente, che sono quelli previsti dagli artt. 2858 e ss. c.c., ossia, pagamento dei creditori iscritti, rilascio dei beni ai creditori e liberazione dalle ipoteche.

Qualora non vogli avvalersi di tali rimedi, secondo il disposto dell’art. 604 del c.p.c. il pignoramento ed in generale tutti gli atti di espropriazione si compiranno nei confronti del terzo (la società Beta), il quale acquisterà la qualità di diretto esecutato sullo stesso piano del debitore.
In quanto tale, la società Beta avrà tutto il diritto di opporsi all’esecuzione con il mezzo tipico di cui dispone il debitore (art. 615 del c.p.c.), per far valere le eccezioni opponibili al creditore secondo quanto disposto dagli artt. 2859 e 2870 c.c.
Per effetto dell’art. 2859 del c.c., infatti, il terzo proprietario potrà opporre al creditore procedente in via esecutiva tutte le eccezioni che spettano al debitore, sia quelle strettamente inerenti al credito azionato che quelle personali al debitore.

Nel caso di specie sembra che il creditore procedente, ossia la Banca, non abbia minimamente tenuto conto delle disposizioni sopra richiamate, e che abbia del tutto omesso gli adempimenti prescritti nei confronti del terzo proprietario non debitore.
Ebbene, poiché il vero soggetto passivo dell'espropriazione è il terzo proprietario, il suo mancato coinvolgimento nel processo esecutivo da parte del creditore dà luogo alla nullità dell'espropriazione.
Inoltre, malgrado in alcune occasioni sia stato sostenuto che il conflitto sostanziale tra il terzo proprietario pretermesso e l’eventuale aggiudicatario debba essere risolto in favore di quest'ultimo, a meno che non venga fornita la prova della collusione con il creditore procedente ex art. 2929 del c.c., di contro secondo altra tesi la disciplina di cui all'art. 2929 c.c. può trovare applicazione soltanto per quei vizi di forma che comportano la nullità dei singoli atti esecutivi.

Nel caso in cui, invece, l’esecuzione colpisca un immobile gravato da ipoteca per un debito altrui, ed i relativi atti esecutivi siano compiuti nei confronti del debitore, anziché nei confronti del terzo proprietario dell'immobile (come invece dispone l'art. 604 c.p.c.), non essendo l'azione esecutiva diretta contro l'unico soggetto passivamente legittimato, la stessa non può che qualificarsi del tutto illegittima ed inidonea ad attuare la funzione dell'espropriazione forzata.
L’azione per mezzo della quale far valere tale illegittimità non può essere qualificata come opposizione di forma, priva di effetti nei confronti dell'acquirente, bensì come opposizione di merito, poiché con essa si contesta che passivamente legittimata alla espropriazione sia la parte che in realtà è stata assoggettata ad esecuzione forzata, con la conseguenza che l'atto conclusivo dell'azione esecutiva risulterebbe inutiliter dato.

In considerazione di quanto sopra detto, dunque, ed al fine di evitare che la procedura continui ad andare avanti e si possa giungere alla vendita (con i possibili problemi cui si è prima accennato nei confronti del terzo acquirente), ciò che si consiglia è di avvalersi immediatamente dello strumento dell’opposizione all’esecuzione ex art. 615 del c.p.c., la quale ha per oggetto la contestazione del diritto di promuovere l’esecuzione forzata e che è esperibile tanto dal debitore che dal terzo assoggettato, in virtù della loro equiparazione processuale (cfr. Cass. n. 9219/1995).