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Articolo 602 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Modo dell'espropriazione

Dispositivo dell'art. 602 Codice di procedura civile

Quando oggetto dell'espropriazione è un bene gravato da pegno o da ipoteca per un debito altrui, oppure un bene la cui alienazione da parte del debitore è stata revocata per frode, si applicano le disposizioni contenute nei capi precedenti, in quanto non siano modificate dagli articoli che seguono (1) (2).

Note

(1) L'espropriazione in esame può colpire il terzo datore di pegno o di ipoteca, il terzo acquirente del bene dato in pegno o ipotecato, il terzo la cui alienazione è stata revocata per frode, il terzo proprietario di un bene gravato da privilegio. Per agire contro il terzo si ritiene sufficiente il titolo esecutivo ottenuto contro il debitore diretto. Quanto detto si evince, infatti, da quanto è previsto nel successivo art. 603, per il quale il titolo esecutivo e il precetto specificamente rivolti contro il debitore devono essere notificati anche al terzo. Infatti, la duplice notificazione di cui all'art. 603 fa sì che il terzo possa essere a conoscenza dell'imminente espropriazione e di porre in essere i rimedi che la legge gli consente (2859, 2870 c.c.).
(2) Nel giudizio di opposizione contro il creditore procedente promosso dal terzo esecutato, il debitore si trova nella posizione di litisconsorte necessario assieme al creditore procedente, visto che con l'opposizione si instaura un giudizio di accertamento relativo ad una situazione giuridica unica per il creditore, per il debitore e per il terzo, non potendo essa sussistere che nei confronti di tutti e tre i soggetti, in quanto il titolo esecutivo ed il precetto non possono restare in piedi o venir meno se non per i tre soggetti congiuntamente.

Ratio Legis

La norma, insieme alle due disposizioni che seguono, disciplina l'ipotesi in cui il proprietario del bene, pur essendo estraneo al rapporto obbligatorio, viene assoggettato all'espropriazione forzata, rispondendo con i propri beni. Si tratta dell'ipotesi di responsabilità senza debito, poiché il terzo subisce l'espropriazione al posto del debitore.

Spiegazione dell'art. 602 Codice di procedura civile

La norma in esame disciplina il caso in cui il proprietario del bene espropriato, anche se estraneo al rapporto debitorio, risulti gravato da responsabilità per il debito altrui, ipotesi a cui fa riferimento il secondo comma dell’art. 2910 del c.c. e che si definisce di responsabilità esecutiva senza debito.
Ricorrendo i presupposti previsti dalla presente norma (bene gravato da garanzia reale per debito altrui, ovvero oggetto di alienazione da parte del debitore poi revocata per frode), l’espropriazione viene portata avanti nei confronti di una persona diversa dal debitore, restando comunque ferma la estraneità del terzo espropriando al rapporto obbligatorio presupposto (il cui resto del patrimonio rimane immune da aggressione ex art. 2740 del c.c.).

E’ bene precisare che terzo proprietario è solo colui che ha trascritto il suo acquisto dal debitore prima del pignoramento, mentre se la trascrizione è avvenuta successivamente, l’espropriazione si conduce contro il debitore, essendo l’atto inopponibile al processo esecutivo.
Inoltre, va anche evidenziato che nel momento stesso in cui l'espropriazione ha inizio, il terzo cessa di essere tale sul piano processuale per acquistare il ruolo di parte del processo esecutivo, conservando la sua posizione di terzietà esclusivamente sul piano sostanziale.

Oltre alle ipotesi qui espressamente previste, si ritiene in dottrina che la norma in esame possa trovare applicazione anche nei seguenti altri casi:
  1. nel caso di privilegio ex art. 2745 del c.c.;
  2. in tutte quelle ipotesi in cui la revoca dell’atto non è conseguenza dell’azione revocatoria ordinaria, ma trova giustificazione causale nel danno che l’atto arreca al creditore;
  3. in riferimento al terzo acquirente del diritto di superficie o di enfiteusi sull'immobile ipotecato.

L’esecuzione contro il terzo proprietario, invece, non è esperibile nei confronti del fideiussore.

La espropriazione forzata, sia mobiliare che immobiliare, va iniziata e proseguita contro il terzo prevedendosi la notifica del titolo esecutivo e del precetto anche al terzo.
Ci si è chiesti se il creditore istante debba conseguire un autonomo titolo esecutivo contro il terzo, dubbio che è stato risolto facendosi rinvio all’art. 603 del c.p.c. nonché all’[[2870cc], per il quale il terzo datore che non ha preso parte al giudizio diretto alla condanna del debitore può opporre al creditore le eccezioni di cui all’art. 2859 del c.c., ossia quelle proprie del terzo acquirente.
In ogni caso, nulla vieta che il creditore istante possa chiedere ed ottenere un ulteriore e diverso titolo esecutivo anche contro il terzo per impedire opposizioni in executivis, mentre è evidente che il titolo esecutivo contro il debitore costituisca condizione necessaria e sufficiente per agire esecutivamente contro il terzo proprietario.

Con particolare riferimento ai beni gravati da pegno o ipoteca, va detto che la responsabilità del terzo trova il suo fondamento causale nel vincolo di sequela che collega il bene al pagamento del debito altrui.
L’ampia formulazione della norma fa sì che nella categoria di coloro i cui beni sono gravati di ipoteca per debito altrui, possano ricomprendersi sia il terzo acquirente (terzo possessore) che il terzo datore di ipoteca.
Ciò comporta che, qualora il debitore, dopo la costituzione dell'ipoteca, abbia alienato a terzi l'immobile gravato, soltanto il terzo risultante dal titolo trascritto va considerato come attuale proprietario dell'immobile, e pertanto il processo esecutivo va instaurato da parte del creditore ipotecario nei confronti del terzo.

L’esecuzione su beni alienati ad un terzo con atto revocato per frode presuppone per la sua legittimità l’esistenza di una sentenza di revoca ottenuta in presenza di consilium fraudis; soltanto i creditori che hanno ottenuto la revoca dell'atto possono servirsi del rimedio promovendo la espropriazione di quei beni che sono ancora nella titolarità (e possesso) del terzo in forza del titolo esecutivo ottenuto contro il debitore.
La revoca dell'atto, tuttavia, non dà luogo al ritorno del bene nel patrimonio del debitore, e ciò perché da essa non discende alcun effetto di diritto sostanziale a favore del debitore alienante (titolare del diritto di proprietà e possessore del bene resta sempre l'acquirente).

L’acquirente, da parte sua, avrà il diritto di recuperare dall'alienante quanto a lui corrisposto in conseguenza dell'acquisto revocato, ma solo sul residuo, dopo che siano stati soddisfatti gli altri creditori.

Massime relative all'art. 602 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 6836/2017

Nell'espropriazione presso il terzo proprietario, costituisce condizione di procedibilità il previo esperimento, con esito positivo, di un'azione revocatoria ex art. 2901 c.c. dell'alienazione del bene dal debitore al terzo; tale principio trova applicazione anche quando l'espropriazione sia promossa in forza di conversione in pignoramento, ex art. 320 c.p.p., di un sequestro conservativo penale di beni di terzi acquirenti a titolo oneroso dall'imputato, condannato con sentenza penale al risarcimento dei danni in favore della parte civile.

Cass. civ. n. 535/2012

In tema di espropriazione contro il terzo proprietario, i presupposti processuali dell'azione esecutiva nei confronti di tale terzo non sono i medesimi dell'azione esecutiva che potrebbe essere esperita nei confronti del debitore diretto. Ne deriva che quando la proprietà del bene pignorato sia stata ritrasferita al debitore diretto, con effetti "ex tunc", il procedimento esecutivo pendente non può proseguire nei confronti del debitore, malgrado questo ne sia parte. (Nella specie l'espropriazione presso terzi era stata eseguita da un creditore ipotecario nei confronti di un comune, in quanto divenuto proprietario di beni oggetto di confisca che, per effetto della revoca del provvedimento amministrativo, erano tornati nella proprietà del debitore diretto).

La mancanza originaria o sopravvenuta dell'oggetto del procedimento esecutivo dà luogo al difetto di una condizione dell'azione esecutiva e, quindi, ad un'ipotesi di chiusura anticipata e atipica del procedimento stesso quando il bene oggetto del pignoramento sia venuto meno nella sua materiale consistenza. (Principio affermato in una fattispecie di demolizione di beni pignorati al terzo proprietario).

Nell'espropriazione contro il terzo proprietario, il debitore diretto non è legittimato passivo dell'azione esecutiva e il pignoramento va notificato e trascritto esclusivamente nei confronti del terzo, perché ha come unico oggetto il bene di proprietà di quest'ultimo. Tuttavia il debitore diretto resta parte necessaria del procedimento esecutivo, cui partecipa a titolo diverso da quello del terzo proprietario, e in tale veste dev'essere sentito ogni volta che le norme regolatrici del procedimento prevedano questa garanzia nei suoi confronti.

Cass. civ. n. 19562/2004

Nell'espropriazione promossa dal creditore contro il terzo proprietario nei casi e nei modi di cui agli artt. 602 e seguenti c.p.c., sono parti tanto il terzo assoggettato all'espropriazione, quanto il debitore, per cui nel giudizio di opposizione all'esecuzione, promosso contro il creditore procedente dal terzo assoggettato all'esecuzione, il debitore, assieme al creditore, assume la veste di legittimo e necessario contraddittore, quale soggetto nei cui confronti l'accertamento della ricorrenza o meno dell'azione esecutiva contro il terzo è destinato a produrre effetti immediati e diretti; ne consegue che le sentenze rese in un giudizio di opposizione all'esecuzione promossa nei confronti di beni del terzo in cui non sia stato evocato in causa anche il debitore necessario sono inutiliter datae e tale nullità, ove non rilevata dai giudici di merito, deve essere rilevata d'ufficio dal giudice di legittimità con remissione della causa al giudice di primo grado.

Cass. civ. n. 1324/1995

Il creditore ipotecario, per soddisfare i suoi diritti, deve seguire le forme ordinarie dell'esecuzione diretta contro il debitore che risulta dai registri immobiliari e non deve procedere esecutivamente con le forme dell'espropriazione contro il terzo proprietario (art. 602 c.p.c.) nei confronti di colui che, dopo l'iscrizione dell'ipoteca ma prima del pignoramento, abbia trascritto la domanda diretta ad ottenere l'esecuzione in forma specifica dell'obbligo di trasferimento dell'immobile. A sua volta, il terzo acquirente, allorquando l'espropriazione non sia rivolta nei suoi confronti, ha interesse a proporre opposizione di terzo all'esecuzione e chiedere in questo processo la sospensione del giudizio di opposizione in attesa della definizione di quello pregiudiziale provocato dalla domanda trascritta di riconoscimento del suo diritto di proprietà.

Cass. civ. n. 4607/1994

Nel giudizio di opposizione promosso contro il creditore procedente dal terzo assoggettato all'esecuzione, ai sensi degli artt. 602-604 c.p.c., il debitore si trova in posizione di litisconsorte necessario col creditore procedente, trattandosi, nella specie, di un accertamento concernente una situazione giuridica unica per il creditore, per il debitore e per il terzo, non potendo essa sussistere che nei confronti di tutti e tre, dato che il titolo esecutivo ed il precetto non possono restare in piedi o venir meno se non per i tre soggetti congiuntamente.

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Consulenze legali
relative all'articolo 602 Codice di procedura civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

M. B. chiede
mercoledì 24/08/2022 - Campania
“Premetto che io, mia moglie e mia figlia siamo gli unici soci superstiti derivanti da una società estinta e per gli effetti della nota sentenza di cassazione nel bilancio finale di liquidazione non era riportato un immobile e del quale siamo diventati proprietari in parti uguali.
Premetto ancora che l'immobile in questione è gravato da ipoteca giudiziale e due dei soci superstiti,io e mia moglie siamo obbligati verso una banca che ha ipoteca su detto immobile per effetto di fideiussioni.
La società estinta aveva venduto l'immobile ad un altra società nel 2008 e l'ipoteca giudiziale era stata trascritta nel 2013,naturalmente contro la società acquirente.
Nel 2018 i soci superstiti e la società che aveva acquistato l'immobile decidono concludere un atto notarile di risoluzione consensuale e dichiarativo dell'atto di compravendita del 2008 con effetto ex tunc. Naturalmente l'atto di risoluzione e dichiarativo è stato trascritto dal notaio con note di trascrizione in tutte le sue forme dovute.
La mia domanda è: poiché l'atto notarile di risoluzione è di natura consensuale e dichiarativo con validità ex tunc, la banca può pignorare l'immobile? Io penso che un atto di risoluzione consensuale non derivante ne' per art 1553 e ne' per art 1554 c.c. non produce effetti verso i terzi, significando che essendo ex tunc, produce un vuoto dalla data della compravendita tra le due società e la data di risoluzione consensuale in sostanza ,credo che l'ipoteca non dovrebbe produrre effetti.
Naturalmente credo che se la banca possa pignorare l'immobile riguarderebbe la sola quota dei soci obbligati ma non quella di mia figlia che non è obbligata verso la banca.
Grazie”
Consulenza legale i 01/09/2022
Le questioni che il quesito richiede di affrontare sono essenzialmente due, e precisamente:
a) la prima riguarda la sorte delle sopravvenienze attive a seguito della cancellazione di una società dal registro delle imprese, ovvero della sua estinzione;
b) la seconda, invece, attiene agli effetti che può avere la risoluzione di un contratto di compravendita sull’ipoteca giudiziale precedentemente iscritta sull’immobile che ha costituito oggetto di quel contratto e che è stato retrocesso al venditore originario.

Per quanto concerne la prima questione, va innanzitutto osservato che la modifica apportata nel 2003 al secondo comma dell'art. 2495 del c.c., il quale si apre con l’inciso "Ferma restando l'estinzione della società..", rivela l'intenzione del legislatore di collegare l'effetto estintivo all'iscrizione della cancellazione nel Registro delle Imprese, inducendo a ritenere che proprio tale iscrizione costituisca il presupposto non solo necessario ma anche sufficiente per sancirne l'estinzione.

Passando ora all'analisi della sorte delle sopravvenienze e, specificatamente, di quelle attive, va detto che diverse sono le soluzioni elaborate al riguardo sia dalla dottrina che dalla giurisprudenza e che, qualunque soluzione si decida di accogliere, nessuna in realtà risulta in grado di eliminare tutti i dubbi che tale argomento pone (probabilmente sarebbe stato opportuno che il legislatore avesse contemplato la possibilità, già presente in altri ordinamenti, di un'istanza volta a consentire la riapertura della liquidazione al fine di regolare le sopravvenienze).

Tuttavia, in assenza di un’espressa indicazione in tal senso, risulta alquanto difficile individuare una ricostruzione totalmente scevra da qualsiasi "ombra".
Tra le diverse teorie elaborate, si ritiene preferibile quella fatta propria dalla Corte di Cassazione Sez. unite, con il trittico di sentenze del 2013 (nn. 6070, 6071, 6072), secondo cui in caso di sopravvenienze attive si determina un fenomeno di tipo successorio in virtù del quale " …b) si trasferiscono del pari ai soci, in regime di contitolarità o di comunione indivisa i diritti e i beni non compresi nel bilancio finale di liquidazione della società estinta ma non anche le mere pretese ancorché azionate o azionabili in giudizio, né i diritti di credito ancora incerti o illiquidi la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un'attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale) il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato".
In forza di tale tesi, dunque, sembra corretta l’opinione espressa nella parte iniziale del quesito, ove si dice che l’immobile retrocesso per effetto della risoluzione consensuale del contratto di compravendita deve intendersi trasferito, in regime di comunione ordinaria, in favore di coloro che, alla data di estinzione della società venditrice, risultavano rivestire la posizione di soci.

Passando adesso all’esame della seconda delle questioni che il quesito pone, va detto, purtroppo, che non convince la tesi che si vorrebbe portare avanti dell’inefficacia sopravvenuta dell’iscrizione ipotecaria, con conseguente assenza di legittimazione attiva della banca creditrice nel procedere a pignoramento dell’immobile su cui l’ipoteca era stata iscritta.
Costituisce principio pacifico quello secondo cui il creditore ipotecario con titolo anteriore al terzo, divenuto successivamente proprietario del bene oggetto della garanzia, ha diritto a soddisfarsi su quel medesimo bene.
Dei dubbi possono sorgere soltanto in ordine agli strumenti che il creditore ipotecario deve adoperare per ottenere il soddisfacimento materiale della sua pretesa, discutendosi se l’esecuzione forzata debba essere condotta nelle forme dell’espropriazione diretta contro il debitore o in quelle dell’esecuzione contro il terzo proprietario.

Si ritiene preferibile la soluzione secondo cui occorre distinguere due diverse ipotesi:
1. se la procedura esecutiva è già stata intrapresa prima della trascrizione del contratto di risoluzione, il creditore procedente deve ritenersi pienamente legittimato a portare avanti quell’esecuzione nelle forme previste dagli articoli 555 e seguenti c.p.c. ovvero nelle forme dell’espropriazione diretta contro il debitore;
2. al contrario, se la procedura esecutiva non è ancora iniziata (ovvero non è stato ancora notificato e trascritto l’atto di pignoramento immobiliare), la forma corretta da seguire sarà quella del pignoramento contro il terzo proprietario, disciplinata dagli artt. 602 e ss. c.p.c.

Tale soluzione, infatti, consente da un lato di garantire il diritto del creditore ipotecario, con ipoteca iscritta anteriormente alla trascrizione del contratto di risoluzione, di vendere il bene e soddisfarsi sul ricavato e, dall’altro, di consentire al terzo proprietario di partecipare all’esecuzione, giacché costituisce principio costituzionalmente rilevante quello secondo cui i terzi, titolari di diritti pregiudicati dal pignoramento, debbano essere avvertiti della pendenza del processo, allo scopo di assumere tutte le iniziative che reputano utili per la tutela della loro posizione giuridica (in particolare, il terzo, attuale proprietario del bene, potrebbe decidere di avvalersi delle facoltà che gli vengono riconosciute dall’art. 2858 del c.c.).

Sotto il profilo sostanziale, infine, va osservato che la tesi dell’efficacia dell’iscrizione ipotecaria, malgrado l’intervenuta risoluzione del contratto (debitamente effettuata per atto pubblico e trascritta), trova esplicita conferma nel disposto di cui al secondo comma dell’art. 1458 del c.c., ove viene detto che “…La risoluzione, anche se è stata espressamente pattuita, non pregiudica i diritti acquistati dai terzi, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di risoluzione”.

Giuseppe S. chiede
venerdì 10/08/2018 - Sicilia
“Mia sorella, nel 2011 ha donato il magazzino al nipote, con regolare rogito Notarile;
il condominio impugna e chiede la revoca dell'atto pubblico - ex art 2901 cc- malgrado le opposizioni;
il tribunale accoglie.
La Sentenza - cui è pendente appello - è provvisoriamente esecutiva ?
quest'ultima è stata annotata c/o la Conservatoria.
Il condominio può chiedere la vendita dell'immobile, ancor prima delle risultanze dell'appello, notificando le azioni esecutive solo ed esclusivamente alla zia che ha donato?.
Il tecnico che ha istruito la pratica - oggi - ha indicato la donatrice - zia- con quote di proprietà del 1000 x 1000, è forse per questa motivazione, il bene è stato sottoposto ( in assenza di comunicazione al nipote ) alla custodia mediante scasso, con la sostituzione delle serrature, sottraendo anche il possesso al tutt'oggi intestatario.
Infine è pervenuta la conoscenza che il Tecnico nominato dal Giudice, comunica la mancanza dell'annotazione Catastale, chiedendo al Giudicante l'autorizzazione alla detta annotazione.
Nell'attesa porgo i migliori saluti

Consulenza legale i 03/09/2018
Tutte le sentenze sono provvisoriamente esecutive, sia quelle di primo grado (come quella in oggetto) che quelle pronunciate in appello.
Per evitare la messa in esecuzione del provvedimento non basta proporre impugnazione ma occorre richiedere espressamente, con apposita istanza, la sospensione della provvisoria esecuzione della sentenza impugnata.
L’istanza va proposta nell’atto di impugnazione (atto di citazione o ricorso in appello) ed il Giudice si pronuncia su di essa in prima udienza. E’ possibile altresì chiedere al Giudice che sull’istanza egli si pronunci prima dell’udienza di comparizione delle parti, in apposita ed anticipata udienza.
In ogni caso, l’istanza dev’essere motivata, ovvero la legge (art. 283 c.p.c.) stabilisce che il provvedimento (ordinanza) di sospensione (integrale, parziale o dietro cauzione) possa essere concesso solamente quando ricorrano gravi e fondati motivi, anche in relazione alla possibilità di insolvenza di una delle parti.
Nel caso di specie, bisognerebbe leggere gli atti dell’appello per capire se sia stata o meno proposta dall’appellante l’istanza di sospensione: in ogni caso, poiché si parla di azioni esecutive già intraprese, è presumibile che o non sia stata avanzata oppure (più probabile) non sia stata concessa.
Se la Corte concede la provvisoria esecuzione della sentenza può essere promosso un procedimento esecutivo i cui effetti – se l’appello sarà poi vittorioso – potranno essere invalidati.

Sulla seconda domanda posta nel quesito, ovvero sulla notifica dell’esecuzione alla sola zia/donante/debitrice, il cui atto è stato revocato per effetto della sentenza, la risposta si trova nel codice di procedura civile e precisamente negli articoli 602 e seguenti che disciplinano l’espropriazione del terzo proprietario.
L’art. 602 c.p.c., infatti, stabilisce che nel caso in cui oggetto dell’espropriazione sia un bene la cui alienazione è stata revocata per frode ex art. 2901 c.c. (come nel caso in esame), si applicano le regole generali sull’esecuzione forzata unitamente ad altre disposizioni particolari dettate dagli articoli successivi.

Uno di questi, il 603 c.p.c., impone la notifica del titolo esecutivo (sentenza, nel nostro caso) e del precetto anche al terzo proprietario (nel caso di specie, il nipote donatario) ed il 604 c.p.c. stabilisce che il pignoramento e tutti gli atti di impugnazione successivi si compiono nei confronti non - si noti bene – del debitore il cui atto è stato revocato ma nei confronti del terzo proprietario; ogni volta, infine, che deve essere sentito il debitore dovrà essere sentito anche il terzo.

Tutto ciò, evidentemente, al fine di mettere quest'ultimo nella condizione di conoscere l’esistenza di un’esecuzione a suo carico nonché per legittimarlo a partecipare al processo esecutivo.

Dalla lettura del quesito e degli atti forniti, parrebbe che il terzo proprietario (donatario) sia stato del tutto estromesso dal processo esecutivo, il che renderebbe tutti gli atti successivi al pignoramento invalidi.
Lo strumento di tutela per il terzo, se così fosse, sarebbe l’opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.), ovvero la promozione di un giudizio mediante ricorso al Giudice dell’Esecuzione: esistono, tuttavia, dei termini perentori per l’opposizione (20 giorni dal compimento dell’atto esecutivo che si vuol contestare), per cui non è certo che nel caso in esame esistano ancora margini di azione in questo senso.

Sulla richiesta “annotazione” da parte del tecnico, più precisamente si tratta di una richiesta di volturazione al Catasto del trasferimento di proprietà dell’immobile: ciò sempre in conseguenza dell’esito del processo esecutivo ed in conformità alla sentenza che stabilisce l’inefficacia dell’originario trasferimento di proprietà derivante dall’atto di donazione.