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Articolo 620 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Pubblicazione del testamento olografo

Dispositivo dell'art. 620 Codice Civile

Chiunque è in possesso(1) di un testamento olografo [602 c.c.] deve presentarlo a un notaio per la pubblicazione [608 c.c.], appena ha notizia della morte del testatore(2).

Chiunque crede di avervi interesse può chiedere, con ricorso al tribunale del luogo(3) in cui si è aperta la successione [456 c.c.], che sia fissato un termine per la presentazione(4) [621 c.c., 749 c.p.c.].

Il notaio procede alla pubblicazione del testamento [623 c.c.] in presenza di due testimoni, redigendo nella forma degli atti pubblici un verbale nel quale descrive lo stato del testamento, ne riproduce il contenuto e fa menzione della sua apertura, se è stato presentato chiuso con sigillo. Il verbale è sottoscritto dalla persona che presenta il testamento, dai testimoni e dal notaio. Ad esso sono uniti la carta in cui è scritto il testamento, vidimata in ciascun mezzo foglio dal notaio e dai testimoni, e l'estratto dell'atto di morte del testatore o copia del provvedimento che ordina l'apertura degli atti di ultima volontà dell'assente [50 c.c.] o della sentenza che dichiara la morte presunta [58, 63 c.c.](5).

Nel caso in cui il testamento è stato depositato dal testatore presso un notaio, la pubblicazione è eseguita dal notaio depositario [685 c.c.].

Avvenuta la pubblicazione, il testamento olografo ha esecuzione(6) [623 c.c.].

Per giustificati motivi, su istanza di chiunque vi ha interesse, il tribunale(3) può disporre che periodi o frasi di carattere non patrimoniale [587 c.c.](7) siano cancellati dal testamento e omessi nelle copie che fossero richieste, salvo che l'autorità giudiziaria(8) ordini il rilascio di copia integrale(9).

Note

(1) Irrilevante è sia il soggetto che lo possiede (l'obbligo vale, ad esempio, anche per il notaio), sia che il soggetto lo abbia rinvenuto per caso.
(2) Pur non essendo previste sanzioni per la mancata consegna, chi consapevolmente tenga nascosto un testamento è responsabile del reato di cui all'art. 490 c.p..
(3) La parola "tribunale" è stata sostituita da "giudice di pace" dall'art. 27, comma 2, D. Lgs. 13 luglio 2017, n. 116 con decorrenza dal 31/10/2021.
(4) Le parole “pretore del mandamento” sono state sostituite dalle parole “tribunale del circondario” dal D. L.vo 19 febbraio 1998, n. 51 (Norme in materia di istituzione del giudice unico di primo grado).
(5) Il notaio ha l'obbligo di procedere alla pubblicazione. Può rifiutarsi ove venga a lui presentata una copia in luogo dell'originale. In tale caso la pubblicazione potrà avvenire solo dopo l'accertamento giudiziale della conformità della copia con l'originale e dunque della sua autenticità.
(6) Il testamento, prima della pubblicazione, è valido, tuttavia i beneficiari non hanno ancora strumenti per pretenderne l'esecuzione.
(7) Può trattarsi di fatti di natura privata, di espressioni offensive nei confronti di una determinata persona, ecc.
(8) La competenza spetta al tribunale del luogo di pubblicazione del testamento.
(9) La parola “pretore” è stata sostituita dalla parola “tribunale” dal D. L.vo 19 febbraio 1998, n. 51 (Norme in materia di istituzione del giudice unico di primo grado).

Ratio Legis

La pubblicazione del testamento, necessaria solo per quello olografo e segreto, consente di rendere pubbliche le volontà del testatore, rimaste fino a quel momento segrete, per dare ad esse esecuzione.

Spiegazione dell'art. 620 Codice Civile

Finché, dopo la morte del de cuius, non si abbia legale notizia del testamento olografo, esso non può spiegare alcuna efficacia e la successione si considera, per necessità di cose, come se realmente aperta ab intestato. Il testamento olografo diviene eseguibile soltanto con la sua pubblicazione, senza, peraltro, che questa influisca sulla validità intrinseca del testamento.
È stato sempre oggetto di discussione, nell’elaborazione dei codici, se il deposito e la pubblicazione del testamento olografo dovesse considerarsi un diritto soggettivo degli interessati, ovvero un obbligo per chi ne sia detentore.
Per quanto riflette il deposito, nell’elaborazione del vecchio codice civile del 1865 si manifestarono diverse tendenze.
I due progetti Cassinis (quello di revisione del codice albertino del 1860 e l'altro di codice civile per il Regno d’Italia del 1861), come il progetto Miglietti del 1862, si attennero al sistema dei codici francese, napoletano e parmense, dando soltanto facoltà al testatore di depositare il testamento olografo presso un notaio o un cancelliere dell’autorità giudiziaria; facoltà che, nel progetto Pisanelli del 1863, si mutò in obbligo, attenendosi al sistema del codice estense e della legge toscana. L’obbligatorietà di tale deposito fu mantenuta anche dal progetto senatorio del 1864, appunto per prevenire, come si dichiarò nelle rispettive relazioni, i temuti pericoli del testamento olografo, quando unica, essenziale formalità ne fosse la scrittura per intero, la data e la sottoscrizione per mano del testatore. Nella Commissione della Camera dei deputati, nominata per l’esame del progetto di legge per l’unificazione legislativa presentato dal Ministro Vacca nella tornata del 24 novembre 1864, si erano sollevati dubbi sulla convenienza del deposito obbligatorio presso un pubblico ufficiale, considerandosi che, mentre, con esso, si evitavano in modo sicuro i temuti pericoli di soppressione o alterazione del testamento olografo, se ne venivano a scemare i grandi vantaggi, soprattutto quello di poter testare senza che alcuno avesse conoscenza di tale fatto. “Questa osservazione - concludeva il relatore della Commissione nella relazione del 12 gennaio 1865 (che era, poi, lo stesso Pisanelli il quale, precedentemente, come ministro e relatore del suo progetto, aveva proposto e giustificato l’obbligatorietà del deposito) - ci parve così grave che tenemmo a debito di richiamare l’attenzione del Governo su questo punto”.
Tornò a difendere l’obbligatorietà del deposito il deputato Panattoni nella discussione parlamentare, ma il Pisanelli, nel suo discorso, ribadì i suoi dubbi, dicendo che “questo era uno dei punti per i quali la Commissione ha creduto necessario di commettere al Governo del Re un nuovo esame, ed accoglierà con fiducia la sua risoluzione”.
Difatti, il Ministro Guardasigilli Vacca sottopose il quesito alla Commissione legislativa istituita e completata coi RR. DD. 2 e 12 aprile 1865, per coordinare i codici e le altre leggi ivi indicate. Questa Commissione, nella seduta pomeridiana del 12 maggio 1865, deliberò la soppressione della formalità del deposito obbligatorio per quelle stesse considerazioni che erano state fatte in seno alla Commissione della Camera dei Deputati, e specialmente perché, con siffatta obbligatorietà, si sarebbe preclusa al testatore la possibilità di non far conoscere a nessuno non le modalità con cui egli aveva testato (dovendosi depositare la scheda testamentaria chiusa e sigillata), ma il fatto stesso di aver comunque testato. Queste ragioni furono sostenute proprio dal Pisanelli, che faceva pure parte della Commissione di coordinamento. Fu, così, soppresso l’art. 798 del progetto senatorio, soppressione accolta dal Ministro Vacca, che ne parlò nella sua relazione al Re, e fu mantenuto il solo art. 797 che, nel testo definitivo del codice, divenne l’art. #775#, che enunciò soltanto i requisiti intrinseci del testamento, abolendo la formalità, pure essa essenziale, del deposito.
Per quanto riflette la pubblicazione del testamento olografo, le legislazioni hanno seguito tre diversi criteri.
Secondo il primo di questi, accolto nei codici di tipo tedesco, l’apertura del testamento è un atto solenne ed obbligatorio, al quale deve provvedere il tribunale del luogo dove si è aperta la successione ed è richiesta per qualunque forma di testamento.
Un altro sistema, seguito dal codice francese e dal codice italiano del 1865, considera l’apertura come un interesse puramente privato (in particolare degli eredi e dei legatari, non solo di questi) alla cui tutela provvede solo l’interessato.
Un terzo sistema è quello per cui l’obbligo della pubblicazione è imposto solo per il testamento olografo e per quello segreto.
Anche nell’elaborazione dell’attuale codice civile, questo argomento è stato oggetto di vivaci discussioni. Nel progetto preliminare si stabilì l’obbligatorietà del deposito del testamento olografo a carico di chiunque lo rinvenga, quando abbia notizia della morte del testatore, consegnandolo ad un notaio del luogo in cui si è aperta la successione, con l’espressa sanzione della responsabilità per gli eventuali danni che potessero derivare dal ritardo nel deposito. Questo sistema fu, sostanzialmente, mantenuto nel progetto definitivo, salve poche modificazioni.
Una vivace e lunga discussione si accese, al riguardo, nella Commissione parlamentare, nella quale furono sostenute tre tesi principali: mantenimento del sistema del codice del 1865, per il quale non vi è l'obbligo di depositare il testamento olografo se non su istanza di chiunque creda di avervi interesse; approvazione del sistema del progetto definitivo che rendeva obbligatoria la pubblicazione; rendere obbligatorio il deposito, ma non la pubblicazione. Prevalse la seconda tesi.
Il Ministro Guardasigilli mantenne il principio affermato sia nel progetto preliminare che in quello definitivo, principio che trova la sua giustificazione soprattutto nel concetto del diritto privato fascista, il quale considera la certezza del diritto come un interesse pubblico e impone una limitazione all’autodeterminazione dei singoli.
Quindi, chiunque è in possesso di un testamento olografo deve presentarlo ad un notaio per la sua pubblicazione, appena ha notizia della morte del testatore e, se il testamento è stato depositato presso il notaio, è questi che deve eseguirne la pubblicazione.
Si è adottato, così, il migliore e più congruo sistema: rendere facoltativo il deposito e obbligatoria la pubblicazione, perché è questa che tutela più efficacemente i diritti degli eventuali interessati e, del resto, in perfetta coerenza con l’art. 490 del codice penale, che considera reato la soppressione di qualunque testamento olografo vero. Se chi è detentore del testamento non adempie a quell’obbligo, chiunque crede di avervi interesse può chiedere, con ricorso al tribunale del luogo in cui si è aperta la successione, che sia fissato un termine per la presentazione. Se il testamento si trovasse chiuso e sigillato, sia fra le carte del testatore, sia fra le carte di un terzo a cui quegli lo abbia affidato, qualunque persona può chiederne la pubblicazione perché chiunque può avere la più o meno fondata opinione di essere stato in esso contemplato, e, perciò, interessato alla sua pubblicazione.
Non si può dubitare che si possa dare esecuzione al testamento olografo anche prima che esso sia pubblicato. Ciò era escluso dal progetto definitivo, il quale stabiliva che “prima della pubblicazione il testamento olografo non può avere esecuzione”. La Commissione parlamentare propose di sopprimere questo comma. Il Ministro Guardasigilli non accolse la proposta, ma modificò il testo dell’articolo così da mantenere fermo il concetto dell’efficacia pratica della pubblicazione, senza escludere, come faceva il progetto definitivo, che il testamento olografo potesse avere la sua esecuzione anche indipendentemente dalla pubblicazione, e adottò, quindi, la stessa formula dell’art. #914# del codice del 1865, e che era stata adottata pure dal progetto preliminare.
Degna di particolare rilievo è la norma contenuta nell’ultimo comma dell’articolo in esame, che tempera il principio dell’obbligatorietà della pubblicazione, affidando all’autorità giudiziaria, per giustificati motivi, la facoltà di vietare l’integrale pubblicazione delle disposizioni testamentarie, ordinando che periodi o frasi di carattere non patrimoniale siano cancellati dal testamento e omessi nelle copie che fossero richieste. Questa norma fu proposta dalla Commissione parlamentare e fu accolta dal Ministro.
Nella pratica si era dato il caso di testamenti olografi contenenti ingiurie e calunnie a danno di terzi. La giurisprudenza costantemente ha ritenuto che gli eredi fossero responsabili dell’atto illecito commesso dal testatore; anzi, il testatore stesso dovrebbe sapere, e quindi prevedere, che, con la pubblicazione del testamento olografo, le ingiurie o le calunnie ivi contenute sarebbero state rese pubbliche, offendendo l’onore e la reputazione delle persone colpite e, di conseguenza, gli eredi avrebbero dovuto rispondere del fatto illecito del loro dante causa; del resto, nel sistema del codice del 1865, le frasi ingiuriose contenute nei testamenti e nel verbale notarile di deposito non si potevano cancellare.

La norma contenuta nell’ultimo comma dell’articolo in esame riconosce, invece, tale facoltà al tribunale, eliminando, così, anche la responsabilità degli eredi. Naturalmente, si tratta di una facoltà discrezionale, insindacabile dall’autorità giudiziaria, la quale può o meno giovarsene, salva la responsabilità degli eredi nel caso in cui questa non decida di ordinare la cancellazione delle frasi ingiuriose, le quali possono avere tale carattere anche quando siano state adoperate per dar ragione della disposizione testamentaria e ledano l’onore, il decoro o la reputazione delle persone a cui si riferiscono.
La cancellazione può essere chiesta da chiunque crede di avervi interesse e, poiché può accadere che nel testamento siano inseriti periodi o frasi di carattere politico, morale o religioso che offendano l’ordine pubblico, le istituzioni fondamentali dello Stato o la morale, deve ritenersi che anche il pubblico ministero sia legittimato a chiederne la cancellazione. Questa dev’essere fatta in modo visibile, perché può darsi la possibilità che, per i fini di giustizia, l’autorità giudiziaria debba chiedere la copia integrale del testamento.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

301 Il principio affermato dal progetto definitivo, dell'obbligatorietà del deposito del testamento olografo per chiunque sia in possesso della scheda testamentaria ha suscitato vive discussioni, nelle quali si è manifestata preferenza per il criterio tradizionale, che subordina l'obbligo del deposito all'istanza di chiunque creda di avervi interesse. Ampiamente vagliati gli argomenti addotti a sostegno delle tesi in contrasto, ho stimato più conveniente conservare il sistema del progetto. Pur ammettendo che possano sussistere talvolta motivi legittimi, che sconsiglino la pubblicazione di un testamento, non vi ha dubbio che questa esigenza, puramente accidentale, deva cedere di fronte al preminente interesse pubblico di garantire tutti gli interessati dall'occultamento e dalla soppressione del testamento e di assicurare, per quanto sia possibile, il rispetto della volontà testamentaria.
Ho riesaminato la norma circa gli effetti della pubblicazione sull'eseguibilità del testamento olografo. Al riguardo il progetto definitivo stabiliva che prima della pubblicazione l'olografo non potesse avere esecuzione. Si è dubitato dell'opportunità di una così recisa affermazione, considerando che non vi sarebbe motivo di escludere che l'onerato da una disposizione testamentaria possa darvi volontaria esecuzione prima ancora della pubblicazione. Da ciò è sorta la proposta di soppressione della norma. Pur condividendo tali dubbi, non ho voluto sopprimere la disposizione per evitare che possa apparire priva di qualsiasi efficacia pratica la formalità della pubblicazione. Ho creduto invece preferibile ritornare alla formula del codice del 1865, riprodotta già dal progetto preliminare.
Ho integrato, in sede di coordinamento, il terzo comma dell'art. 620 del c.c. disponendo, per coordinarlo con l'art. 50, che al verbale di pubblicazione dev'essere allegato, nel caso di assenza, oltre la scheda testamentaria, anche la copia del provvedimento del tribunale che ordina l'apertura degli atti di ultima volontà dell'assente.
Il comma aggiunto al progetto, nel corrispondente art. 620, risponde allo scopo di affidare all'autorità giudiziaria il giudizio sull'opportunità di vietare la pubblicazione del testamento in quelle parti che contengano dichiarazioni di carattere intimo.

Massime relative all'art. 620 Codice Civile

Cass. civ. n. 3636/2004

Tenuto conto che la pubblicazione del testamento olografo, seppure non è configurabile come un requisito di validità o di efficacia, è atto preparatorio esterno necessario per la sua coattiva esecuzione, colui il quale avendo interesse a fare valere le disposizioni testamentarie — si trovi nell'impossibilità di produrne l'originale, deve formulare una domanda di accertamento dell'esistenza dei requisiti di legge e del contenuto del testamento, fornendo la prova che l'irreperibilità del documento non sia espressione e conseguenza della volontà di revoca dell'atto da parte del testatore che, ai sensi dell'art. 684 c.c., si presume in caso di distruzione, lacerazione o cancellazione del testamento. Ne consegue che, in assenza di siffatta prova, l'eventuale mancato disconoscimento della copia dell'originale prodotta in giudizio è irrilevante, posto che non sarebbe idoneo ad escludere la possibilità che il testatore, allo scopo di revocare il testamento, abbia distrutto l'originale dopo averlo fotocopiato.

Cass. civ. n. 2651/1970

La pubblicazione del testamento olografo va intesa come atto anteriore e soltanto preparatorio alla sua effettiva e concreta esecuzione. Pertanto essa non costituisce un requisito della efficacia del testamento.

Cass. civ. n. 2273/1969

La pubblicazione del testamento olografo va intesa come atto anteriore e soltanto preparatorio alla sua effettiva e concreta esecuzione. Pertanto, non può da essa farsi decorrere il termine di cinque anni col quale si prescrive l'azione di annullamento ex art. 591 c.c.

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Consulenze legali
relative all'articolo 620 Codice Civile

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GC chiede
giovedì 28/07/2022 - Marche
“Salve, alla morte di mio zio (marito della sorella di mia madre, quest'ultima già deceduta) questo ha nominato mia zia erede universale attraverso un testamento olografo, e lasciato dei "consigli" non vincolanti a mia zia su come disporre dei beni (essenzialmente due appartamenti). Al momento non ci sono particolari conflitti e pertanto vi domando: a fini successori, la pubblicazione è sempre necessaria? Le persone che hanno diritto di conoscere le disposizioni chi sono? Mio zio aveva attualmente viventi un fratello, la vedova di un altro, alcuni nipoti e nel testamento dispone una serie di pensieri a collaboratori e amici.

Alla morte di mia zia (che non ha figli, né genitori viventi, né fratelli o sorelle, essendo mia madre deceduta), esistono suoi eredi legittimi? I parenti di mio zio (affini di gradi diversi), mantengono dei diritti successori? Mia sorella e io, che se non erro siamo parenti di secondo grado, abbiamo dei diritti successori?
Mia zia - attraverso un testamento già scritto contestualmente a quello di mio zio, o modificandolo se vuole - può disporre a suo completo piacimento del 100% dei suoi beni o avrà dei limiti? Il testamento di mio zio, che consiglia mia zia su come distribuire i beni, posto che già per mio zio non era da ritenersi vincolante, può continuare ad avere valore? Qualora a suo tempo il testamento di mia zia non comparisse, cosa accadrebbe? Cosa è consigliato fare per mera autotutela oggi di mia zia, e domani mia e di mia sorella?
Cordiali saluti e grazie

Consulenza legale i 03/08/2022
Da quanto viene riferito si intuisce che allo stato attuale è deceduto soltanto lo zio, marito della sorella della madre di chi pone il quesito, anche lei deceduta.
Per semplificare l’esposizione della risposta si individuerà con il nome “Tizio” lo zio defunto e con il nome “Caia” la zia tuttora vivente.
Tizio, con testamento olografo nomina erede universale la moglie Caia, la quale, per far sì che si possa aprire la successione testamentaria (e non quella legittima), dovrà necessariamente procedere alla pubblicazione del testamento.
Dispone, infatti, l’art. 620 c.c. che chiunque si trovi in possesso di un testamento olografo, indifferentemente dal titolo per il quale gli è pervenuto, appena avuta notizia della morte del testatore deve presentarlo ad un notaio per la pubblicazione.

Nella prassi può verificarsi che gli eredi non vogliano procedere alla pubblicazione del testamento e vogliano tenerlo nascosto, il che spesso avviene:
a) per motivi economici, in quanto gli eredi potrebbero essere già a conoscenza del contenuto del testamento e vogliono evitare i costi di pubblicazione;
b) perché la volontà del testatore ricalca le disposizioni di legge, e dunque la pubblicazione del testamento sarebbe superflua;
c) perché raggiungono un accordo diverso circa la distribuzione dei beni, prescindendo dalla volontà del testatore.

Nel caso di specie, come si è accennato, dalla mancata pubblicazione del testamento ne conseguirebbe l’apertura della successione legittima, con diritto a succedere, ex art. 582 del c.c. di Caia, coniuge superstite, in concorso con il fratello viventi e con eventuali nipoti se figli di fratelli e sorelle (questi ultimi per effetto del diritto di rappresentazione ex art. 467 del c.c.).

La zia, dunque, a seguito della pubblicazione del testamento, diventerebbe erede universale, come voluto dal de cuius, mentre nessuno degli altri parenti (fratelli o nipoti, né tantomeno la vedova di un fratello, la quale rientra nella categoria degli affini e non dei parenti) potrebbe vantare diritti successori sul patrimonio di Tizio (l’art. 536 del c.c. riserva una quota di eredità, a prescindere dalla volontà del testatore, soltanto in favore di coniuge, figli e ascendenti, categorie che qui mancano).

L’altro momento successorio che si chiede di prendere in considerazione è quello della morte di Caia, la quale si dice non lasciare figli, né ascendenti, né fratelli o sorelle viventi.
Nessun diritto successorio spetta agli affini, in quanto per poter vantare pretese successorie la legge richiede la sussistenza di un rapporto di parentela e non di affinità, come chiaramente desumibile dal testo dell’art. 565 del c.c., norma che individua con esattezza gli eredi legittimi.
Inoltre, considerato che il testamento è un atto personalissimo, nessun effetto vincolante possono avere le disposizioni dettate da Tizio nel suo testamento, volte a dare alla moglie superstite dei consigli su come dividere il patrimonio relitto (anche se, per poter asserire con certezza quanto si è appena detto, sarebbe opportuno esaminare con attenzione il contenuto dell’atto di ultima volontà di Tizio).

Pertanto, se gli altri fratelli e sorelle premorti a Caia non hanno discendenti che possano rappresentarli ex art. 468 del c.c., non occorre che Caia disponga per testamento dei suoi beni, in quanto chiamati all’eredità per legge sarebbero soltanto colui che pone il quesito e la sorella, nella qualità di rappresentanti della propria madre premorta.
Se, al contrario, vi sono altri nipoti (figli di altri fratelli e sorelle di Caia) e la zia Caia ha intenzione di preferire chi pone il quesito e la sorella, dovrà necessariamente disporre per testamento dei suoi beni, dividendo i beni tra detti nipoti o, semplicemente, nominandoli eredi universali per quote eguali.

Massimo M. chiede
lunedì 20/08/2018 - Estero
“Buongiorno,

siamo in presenza di due testamenti olografi, redatti dalla stessa persona (mia zia), uno datato Ottobre 2012 e l'ultimo datato Marzo 2018. Nel primo testamento lasciava tutti i beni a me e mio fratello al 50% (unici eredi), nell'ultimo lasciava tutto a mio fratello.

Mia zia è appena mancata (Luglio 2018) e mio fratello ha deciso, nonostante l'ultimo testamento, di riconoscermi il 50% dei beni rimasti.

La mia domanda è la seguente: in fase di apertura di successione, onde evitare problemi futuri o possibili cambiamenti di opinione o richieste di restituzione da parte di mio fratello o dei suoi eredi, di beni già trasferiti a me, cosa è consigliabile fare? Mio fratello dovrebbe far pubblicare l'ultimo testamento e poi, via atto formale e notarile, dichiarare che cede a me il 50% di tutti i beni esistenti, chiarendo che non potrà più far valere i termini di quest'ultimo testamento?
Como posso tutelarmi ora di fronte a potenziali richieste future ?

Cosa consigliate e cosa prevede la legge? Cosa è meglio fare ?

Grazie, saluti

Massimo Martinoli”
Consulenza legale i 03/09/2018
Come forse è noto, il testamento olografo, nel momento in cui il testatore viene a mancare, va pubblicato: non appena, cioè, si ha notizia della morte del testatore il documento deve essere presentato ad un notaio per la pubblicazione. Solo una volta pubblicato, il testamento può essere messo in esecuzione.

Ebbene, dal quesito pare di capire che i beni siano già stati “trasferiti”, nel senso che ne è stato trasferito il solo possesso materiale ma non vi è ancora stato alcun formale atto di disposizione.

Per legge è nulla qualsiasi convenzione con cui taluno dispone dei diritti che gli possono spettare su una successione non ancora aperta o con cui rinuncia ai medesimi diritti: pertanto, i due fratelli, anche se volessero, non potrebbero sottoscrivere alcun accordo con il quale disporre dei diritti sui beni della zia, perché tale patto (formale o meno) non avrebbe alcun valore.
Il fratello che erediterebbe in forza del secondo testamento in ordine di tempo non potrebbe, dunque, come ipotizzato nel quesito, accettare l’eredità ed i beni della zia al 100% per poi dichiarare, contestualmente, che la metà sono rinunciati a favore del fratello. Non si può, in buona sostanza, rinunciare ad un’eredità solo parzialmente.

Se si intende procedere quindi con la pubblicazione del testamento del 2018 (questo, peraltro, è l’unico modo di procedere conforme alla legge), i beni della zia dovranno essere tutti intestati al fratello (ovviamente che accetta l’eredità).
Solo in un secondo momento questi potrà disporne a favore dell’altro fratello del tutto liberamente e precisamente, ad avviso di chi scrive, tramite un atto di donazione.

La donazione è l’unica possibilità concreta di “eludere” il contenuto del testamento, dal momento che – al contrario – l’intestazione diretta dei beni per il 50% al fratello andrebbe soggetta ad un’eventuale azione da parte di quest’ultimo (precisamente la petizione di eredità, che è imprescrittibile).

Nel caso di donazione, in ogni caso, vanno tenuti ben presente alcuni aspetti:
  • l’aspetto fiscale, non trascurabile, dal momento che le imposte di donazione fra fratelli sono soggette a franchigia fino a 100.000,00 euro. Ciò significa che ciascuno dei fratelli potrà ricevere senza imposte beni fino a quel valore; oltre i 100.000,00 euro di franchigia, invece, l'imposta applicata è del 6%. Il valore dell'immobile ai fini del calcolo della franchigia e dell'eventuale 6% è il valore catastale;
  • l’aspetto giuridico relativo alla futura successione del fratello donante.

In merito a quest’ultimo aspetto, infatti, nell’eventualità in cui quest’ultimo decida di fare testamento, può essere che egli leda – con le sue disposizioni – la cosiddetta “quota di legittima”, ovvero una quota di eredità che la legge riserva ad alcuni eredi, prossimi congiunti (coniuge, figli ed ascendenti).

La “quota di legittima” può essere violata dal testatore per effetto di atti di disposizione o di donazioni.

In quest'ultima eventualità, per reintegrare la quota in oggetto occorre esercitare la cosiddetta azione di riduzione, prevista dagli artt. 553 e ss. c.c.,finalizzata a far dichiarare invalidi (integralmente o parzialmente) gli atti che hanno prodotto la lesione.
L'azione di riduzione, dunque, nel caso di specie, potrebbe avere come effetto quello di far dichiarare l'inefficacia (totale o parziale) della donazione che ha un valore eccessivo rispetto alla quota di cui il testatore poteva disporre.

Non c’è modo, purtroppo, di proteggersi da questo tipo di azione, salvi gli effetti della prescrizione, nel senso che l’azione di riduzione è soggetta a prescrizione decennale.
A tal proposito e più in particolare, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite (n. 20644/2004) ha chiarito che il termine prescrizionale di dieci anni decorre, per le donazioni, dalla data di apertura della successione (ovvero il giorno della morte del testatore).
È opportuno accennare altresì, per completezza, al fatto che con l’introduzione della mediazione ad opera del D.Lgs. n. 28/2010, chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa ad una controversia in materia di successioni ereditarie (come l’azione di riduzione in argomento) deve, a pena di improcedibilità, esperire preventivamente il procedimento di mediazione dinanzi ad un apposito organismo, allo scopo di trovare una soluzione amichevole per la composizione della vertenza.

Tornando al quesito, in alternativa alla donazione, rimane solo la compravendita: anche quest’ultima operazione, però, non andrebbe esente da rischi.

Se la vendita, formalmente valida, simula infatti una donazione, l’atto può essere impugnato da chi vi ha interesse (come gli eredi).
La prova della simulazione può essere fornita con diversi elementi, ad esempio l’assenza di tracce del pagamento del prezzo del bene (se non vi è dimostrazione del passaggio di denaro tra il venditore e l’acquirente è verosimile che si sia trattato di una donazione) oppure se il valore di vendita del bene, per come indicato in contratto, è nettamente inferiore a quello effettivo (le parti potrebbero aver concordato un prezzo irrisorio per facilitare il pagamento del prezzo e la sua restituzione “a mani”).
Tuttavia, secondo una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 5843/2018) l’irrisorietà del prezzo non è sufficiente a provare la simulazione di una compravendita e nemmeno il parziale pagamento del prezzo.
Secondo i giudici non può essere dichiarata la simulazione di una vendita convenuta a prezzo irrisorio, né tanto meno a fronte di un pagamento solo parziale, perché il primo elemento non è determinante di per sé, specie in assenza di prova del valore reale della quota alienata, mentre il secondo non è probante ma piuttosto riconducibile ad un inadempimento contrattuale.

A fronte di quanto sopra, i due fratelli potrebbero quindi tentare questa via post successione, consapevoli, però, del rischio di impugnazione per simulazione della compravendita, secondo quanto illustrato sopra.

Ci sarebbe una terza via, la più semplice. Se, e soltanto se, i testamenti non sono stati fatti per atto di notaio (o depositati presso un notaio) e non sono ancora stati pubblicati (portati da un notaio), e sono quindi dei testamenti olografi, si potrebbe far pubblicare solo il primo, ignorando il secondo. Accade spesso che situazioni simili vengano risolte in questo modo. E' un modo diverso per arrivare a un risultato che è comunque quello desiderato dalle parti interessate, ma che permette di superare a piè pari tutti i non pochi problemi della altre soluzioni sopra esposte.
Va peraltro tenuta presente l'esistenza dell'art. 490 del codice penale alla lettura del quale si rimanda. Anche se, a ben vedere, potrebbe essere discutibile l'applicazione di tale norma al caso di specie, poiché, di fatto, non viene procurato ad altri alcun danno, semmai un vantaggio.


Carmela R. chiede
giovedì 18/06/2015 - Sicilia
“Salve,
mio zio è deceduto nel 1991 a V., era sposato e senza figli. Era proprietario con la moglie, deceduta nel 1993, di una casa ubicata a V.
Premetto: io son figlia della sorella del defunto, anche lei deceduta, vivo con mia nonna (mamma del defunto) e abitiamo in Sicilia.
Della casa di mio zio non ne abbiamo saputo niente fino a quando ho avuto notizia che un nipote della moglie di mio zio, vi abitava.
Mia nonna ha deciso di rivolgersi a un legale per chiedere la parte della casa a lei spettante e lo stesso per me; non vi sono altri eredi di mio zio.
La risposta del nipote (colui che occupa la casa), tramite suo avvocato, è stata: in quella casa prima vi ha vissuto sua madre, cognata di mia zia, e ora ci abita lui e vuole acquisirne la proprietà per usucapione. Chiedo che diritto ha l'occupante? che diritti abbiamo io e mia nonna?
Preciso che di quella casa non è stata fatta nessuna successione.
Nel ringraziarvi porgo i miei più cordiali saluti.”
Consulenza legale i 24/06/2015
Supponendo che l'immobile fosse l'unico bene ricompreso nell'eredità del defunto zio, in assenza di un testamento, esso avrebbe dovuto essere trasmesso per successione legittima alla moglie, alla sorella (se viva) o a sua figlia per diritto di rappresentazione (art. 467 del c.c.) e alla madre del de cuius. In particolare, al coniuge sarebbero spettati i due terzi dell'eredità: la parte residua sarebbe stata devoluta all'ascendente e alla sorella, secondo le disposizioni dell'articolo 571, salvo in ogni caso agli ascendenti il diritto a un quarto della eredità.

Sembra, però, che nessuno abbia mai presentato la dichiarazione di successione dal 1991 né la connessa richiesta di voltura catastale, il che appare piuttosto singolare.
La voltura catastale, infatti, è obbligatoria quando occorre registrare qualsiasi variazione che interviene nella titolarità di un bene immobile. Tale variazione, deve essere comunicata all’Agenzia delle Entrate mediante apposita domanda. In particolare, la registrazione degli atti che generano il trasferimento di diritti reali su beni immobili è obbligatoria per i soggetti privati in caso di successioni ereditarie.
Sarebbe, quindi, interessante capire a chi risulta intestata attualmente l'abitazione.

Ciò premesso, va sottolineato che, in base all'art. 480 del c.c., il diritto di accettare l'eredità si prescrive in dieci anni dal giorno della morte del defunto. Nel caso di specie, anche se madre e nipote del de cuius sono venuti a conoscenza dell'immobile caduto in successione molti anni dopo la morte dello zio, il termine rimane identico.
Quindi, di fatto, le due donne, anche se procedessero ora con l'accettazione dell'eredità e le relative volture, potrebbero vedersi opporre dal nipote l'eccezione di prescrizione (dice la giurisprudenza: "Ciò che estingue il diritto soggetto a prescrizione non è l'eccezione, ma il decorso del tempo entro cui esso va esercitato, e dunque l'averne manifestato l'esercizio dopo la scadenza del termine ma prima dell'eccezione non osta al perfezionarsi della fattispecie estintiva. Ciò si desume sia dalla piana esegesi dell'art. 2934 c.c., sia dal fatto che l'eccezione, in quanto tale, non può che seguire l'esercizio del diritto impedendone il consolidamento. La validazione logica di tale ragionamento non è confutata dalla circostanza che il diritto di accettare l'eredità abbia a sua volta ad oggetto un diritto, id est la sua acquisizione nel patrimonio del soggetto a vantaggio del quale è la delazione, poiché la prescrizione estinguendo il diritto ne azzera, senza distinguo, ogni relativo effetto, reale od obbligatorio, in quanto realizzatosi in maniera potenzialmente caduca", Cass. civ., sez. II, 27.9.2012, n. 16426).

Il diritto dell'occupante, invece, andrebbe analizzato separatamente, per valutare se sussistano i presupposti dell'acquisto per usucapione.
Il codice civile pone dei requisiti molto rigidi: infatti, chi invoca l'acquisto a titolo originario del diritto di proprietà sul bene immobile dovrà provare l'esistenza dei presupposti richiesti dalla legge, ovvero il possesso ed il tempo.
Il possesso, come dice l'art. 1140 del c.c., è il potere sulla cosa che si manifesta in un'attività corrispondente all'esercizio della proprietà o di altro diritto reale. I giuristi parlano di animus possidendi, inteso come manifestazione del dominio esclusivo sulla cosa da parte dell’interessato, attraverso una attività apertamente contrastante ed inoppugnabilmente incompatibile con il possesso altrui.
Perché il possesso possa rilevare ai fini dell'usucapione è necessario che esso sia palese e non violento (art. 1163 del c.c.).
Palese, significa "pubblico", "non clandestino", cioè avvenuto in maniera trasparente, anche se magari il proprietario non ne sia venuto a conoscenza subito (es. perché abita lontano da quel luogo); il possesso non è violento quando è stato acquisito pacificamente, senza una violenza fisica o morale nei confronti del proprietario.
Inoltre, deve trattarsi di un possesso continuo, cioè non deve essere esercitato in maniera saltuaria od occasionale.
Infine, il possesso deve essere ininterrotto per fatto del terzo o per eventi naturali: l'interruzione si verifica nel caso in cui il possessore sia stato privato del possesso per oltre un anno.

In base ai dati forniti nel quesito, potrebbe essersi verificato l'acquisto per usucapione a favore del nipote del de cuius, se questi dal 1991 si è comportato come proprietario dell'immobile, con le modalità sopra descritte: tuttavia è necessario che un legale analizzi la fattispecie concreta.

IMMACOLATA L. chiede
sabato 02/05/2015 - Piemonte
“Buongiorno, mia zia che è mancata nel luglio 2013 nella Casa di Riposo in Sicilia (io abito a Torino) ha lasciato tre testamenti nel 2011, i primi due presso il notaio, il terzo testamento legato/olografo è stato ritrovato dal Direttore della Casa di Riposo, non so dove, a favore dell'Associazione che gestisce la Casa di Riposo.
Sono riuscita ad averne una copia ma non mi sembra scritto da mia zia che andavo a trovare ogni anno e nel 2012 non riusciva più a leggere.
Ho pagato le spese di successione del 2° testamento (circa 7000 euro) dove lasciava tutto agli eredi.
Ho chiesto al notaio che ha pubblicato il 3° testamento (data successiva al 2°) una copia via mail ma non mi ha risposto, quando ho telefonato per parlargli si fa negare.
Cosa posso fare per impugnarlo?
A me interessa sapere la verità sulle volontà di mia zia e sono anche disposta a lasciare perdere se le verifico.”
Consulenza legale i 05/05/2015
Diversi nel caso in esame i problemi da affrontare; principalmente la veridicità del testamento olografo ritrovato in casa di riposo.

Per sciogliere tale dubbio, va innanzitutto letto il testamento olografo. Per ottenere copia del testamento, ci si può rivolgere al notaio che lo ha pubblicato, il quale è tenuto a rilasciare la copia dietro pagamento dei relativi diritti (si consiglia di insistere con il notaio che finora è stato reticente).
Inoltre, poiché il notaio deve inviare una copia del verbale di pubblicazione del testamento alla cancelleria del tribunale del luogo di apertura della successione, anche a tale ufficio (di regola, alla sezione "volontaria giurisdizione") può essere richiesta la copia del testamento olografo: le copie verbali di pubblicazione dei testamenti olografi e dei verbali di registrazione dei testamenti pubblici, infatti, possono essere esaminate da chiunque ne faccia richiesta.

Una volta ottenuta la copia del testamento e accertato che lo stesso non sembra genuino, si potrà procedere alla sua impugnazione.
L’art. 602 del c.c. stabilisce in maniera inequivocabile che il testamento olografo "deve essere scritto per intero, datato e sottoscritto di mano del testatore".
Di conseguenza, l'eterografia della scheda, ossia la sua provenienza da mano diversa da quella del testatore, rende irrimediabilmente nullo l'intero testamento (art. 606 del c.c.).
La nullità costituisce una patologia negoziale che rende il testamento impugnabile senza termini di scadenza, da chiunque vi abbia interesse (in primis, naturalmente, gli eredi che sono stati lesi dalle false disposizioni testamentarie). Secondo la giurisprudenza, nelle cause aventi ad oggetto l'impugnazione del testamento sono parti necessarie, oltre agli eredi istituiti dal de cuius, anche tutti i successibili per legge, poiché in caso di invalidazione del testamento la successione deve essere regolata per tutti unitariamente (Cass. civ. n. 2671 del 2001; n. 474 del 2010).

Quanto alla necessità di proporre la querela di falso, è necessario proporre alcune riflessioni.
La giurisprudenza di legittimità, infatti, oscilla tra diverse posizioni.
1. Si può chiedere il mero disconoscimento del testamento olografo, poiché esso è un documento che non perde la sua natura di scrittura privata per il solo fatto che deve rispondere a determinati requisiti di forma imposti dalla legge: la sua efficacia deriverebbe, secondo questa posizione, dal riconoscimento, espresso o tacito, che ne faccia il soggetto contro il quale la scrittura è prodotta (v. Cass. civ., sentenze 1979, n. 3849, 1992 n. 11504, 1994 n. 3833).
Secondo questa ricostruzione, la querela di falso è certamente ammessa, ma farebbe conseguire un risultato più ampio, cioè quello di rimuovere completamente ed erga omnes il valore del testamento.
Si è sostenuto che, nell'ipotesi di conflitto tra l'erede legittimo che disconosca l'autenticità del testamento e chi vanti diritti in forza di esso, l'onere della proposizione dell'istanza di verificazione del documento contestato incomberebbe su quest'ultimo, dovendo egli dimostrare la sua qualità di erede: sull'erede legittimo graverebbe solo l'onere del disconoscimento (v. sez. II, 12.4.2005, n. 7475; sez. II, 11.11.2008, n. 26943).
2. E' sempre necessaria la querela di falso, di cui agli artt. 221 ss. c.p.c. (v. Cass. civ., sez. II, 3.8.1968, n. 2793; sez. II, 30.10.2003, n. 16362)
Più recentemente, la Cassazione a Sezioni Unite (Cass. S.U., 23 giugno 2010, n. 15169) ha affermato che "nell'ambito delle scritture private deve riservarsi diverso trattamento a quelle la cui natura le connota di una carica di incidenza sostanziale e processuale intrinsecamente elevata, tale da richiedere la querela di falso onde contestarne la autenticità". In motivazione della sentenza, la Suprema Corte menziona, come scritture provenienti da terzi dotate di una tale incidenza, il testamento olografo, giungendo così ad affermare che la contestazione della sua autenticità richieda la querela di falso.
Una posizione intermedia è quella che sostiene che solo i successibili ex lege possano proporre il disconoscimento ex artt. 214 ss. c.p.c., mentre i terzi dovrebbero proporre querela di falso (v. Cass. civ. n. 1471 del 1964).

Anche se sembrerebbe più congruo con la natura del testamento chiedere l'esperimento della querela di falso, poiché le sezioni semplici della Corte di Cassazione non hanno ancora assunto un orientamento unitario, gli ermellini, con ordinanza interlocutoria n. 28586 del 20 dicembre 2013, hanno rimesso la questione al Primo Presidente affinché eventualmente disponga che le Sezioni Unite chiariscano quale sia lo strumento processuale da utilizzare per contestare l’autenticità del testamento olografo. Non consta ancora l'emissione di una decisione definitiva.

Quindi, nel dubbio, è più sicuro proporre una querela di falso che non ricorrere al semplice disconoscimento del testamento.

Franco B. chiede
lunedì 23/03/2015 - Lombardia
“Entro quanto tempo dopo la morte di un soggetto bisogna trascrivere le proprietà delle stesso agli eredi? saluti cordiali e grazie mille.”
Consulenza legale i 23/03/2015
Se l'eredità è composta anche da beni immobili, terreni o fabbricati, la richiesta di voltura catastale di tali beni va proposta entro 30 giorni dalla presentazione della dichiarazione di successione.
La dichiarazione di successione deve essere presentata entro 12 mesi dalla data di apertura della successione (momento che coincide normalmente con la morte del de cuius).

Cinzia C. chiede
lunedì 10/11/2014 - Lombardia
“mia zia è deceduta un anno fa. noi uniche eredi stiamo agendo contro i beneficiari non eredi legittimi/legittimatari, solo conoscenti, che hanno tenuto nelle loro case le copie del testamento olografo, che hanno consegnato al notaio dopo la morte di zia senza busta. abbiamo la prova con perizia, testimoni e documenti che mia zia era incapace di intendere al momento della stesura del testamento..... e dichiarazioni e comportamenti degli "eredi" che confermano la malafede dei beneficiari. chiedo se è corretto che i beneficiari, solo loro, abbiano conservato in deposito nelle loro case le copie del testamento ben sapendo le disposizioni testamentarie. è corretto tale comportamento? non avendo trovato copia del testamento in casa di mia zia? grazie. distinti saluti.”
Consulenza legale i 21/11/2014
Nel caso esposto si rilevano diversi profili problematici, che si possono così riassumere:
- il testamento olografo può essere conservato da una persona diversa dal testatore, finché questi è in vita?
- quali sono le conseguenze dell'occultamento di un testamento olografo dopo la morte del testatore, o addirittura della sua manomissione/falsificazione?

Quanto alla prima questione, va precisato che il testamento olografo - se genuino e valido (cioè scritto nel rispetto delle prescrizioni di legge, che richiedono la grafia originale integrale del testatore, v. art. 602 del c.c.) - ben può essere conservato da persona diversa da colui che lo ha scritto, finché il testatore è vivo. Il testatore può infatti decidere di depositare l'atto presso una persona di fiducia: se questi si limita a custodirlo su incarico del testatore, senza alterarlo minimamente e presentandolo prontamente ad un notaio per la pubblicazione alla morte del de cuius, non sorge alcun problema.
Quindi, nel caso concreto, se i "conoscenti" della de cuius avessero ricevuto dalla stessa il testamento, senza alterarlo in alcun modo e senza concorrere minimamente a formarlo falsamente, non li si potrebbe accusare di alcunché.

Molti problemi nascono invece, qualora i beneficiari (presunti) di un testamento lo abbiano occultato dopo la morte del testatore, oppure lo abbiano manomesso o falsificato e poi utilizzato a loro vantaggio.

La prima ipotesi è quella in cui il testamento - che supponiamo per un momento valido - sia stato occultato volontariamente dai beneficiari, con ciò violando la disposizione dell'art. 620 del c.c., che sancisce l'obbligo per chiunque sia in possesso di un testamento olografo di presentarlo a un notaio per la pubblicazione, appena ha notizia della morte del testatore. Il codice civile non prevede un termine entro il quale eseguire la pubblicazione, tuttavia la parte interessata può chiedere al tribunale competente che venga fissato un termine entro il quale deve essere effettuata la presentazione del documento. E' opportuno ricordare che l’art. 490 del c.p. prevede che chiunque, in tutto o in parte, occulta un atto pubblico o una scrittura privata soggiace rispettivamente alle pene stabilite negli articoli 476, 477, 482 e 485 (reclusione da sei mesi a tre anni), secondo le distinzioni in essi contenute: qualora si tratti di scritture private chi commette il fatto è punibile soltanto se ha agito al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno.
Quanto appena descritto non ci sembra essere avvenuto nella vicenda esposta nel quesito, in quanto i presunti beneficiari del testamento lo hanno presentato ad un notaio subito dopo la morte della signora.

Una ipotesi che può configurarsi nel caso in esame, invece, è quella in cui i presunti eredi testamentari abbiano ingannato l'anziana signora, incapace di intendere e volere, facendo in modo che ella scrivesse un atto di ultima volontà in loro favore. In tal caso, il testamento sarebbe certamente invalido, posto che la legge prevede che esso possa essere impugnato se scritto da persona che, sebbene non interdetta, si provi essere stata, per qualsiasi causa, anche transitoria, incapace di intendere e di volere nel momento in cui fece testamento (art. 591 del c.c.). Il codice civile prevede precisamente che nei casi d'incapacità preveduti dall'art. 591 il testamento può essere impugnato da chiunque vi ha interesse e che la relativa azione si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui è stata data esecuzione alle disposizioni testamentarie.
Naturalmente, vi sarebbero anche conseguenze di altra natura per coloro che hanno indotto una persona incapace a redigere un atto patrimoniale in loro favore (per esempio, potrebbero essere accusati, sotto il profilo penale, del reato di circonvenzione di incapaci di cui all'art. 643 del c.p.).

Infine, è possibile che i presunti beneficiari del testamento lo abbiamo interamente falsificato: circostanza che sembra suffragata dal fatto che, molto opportunamente, il testamento non è stato ritrovato nella casa del testatore, ma era tenuto a casa di questi "conoscenti", addirittura senza essere sigillato in una busta chiusa.
In questa ipotesi, ferma naturalmente l'assoluta invalidità del testamento, in quanto non proveniente dal testatore, i "falsari" saranno accusati di reati molto importanti, quali la falsità in scrittura privata (art. 485 del c.p.) con l'aggravante di cui all'art. 491 (riscontrabile, secondo la giurisprudenza, anche nel caso di contraffazione integrale di un testamento olografo e cioè di formazione di un atto totalmente falso che assuma forma e contenuto apparenti di atto dispositivo di ultima volontà di taluno, v. Cass. pen., sez. V, sentenza n. 23613/12).

Pertanto, è consigliabile agire su più fronti, sia penale, laddove vi siano indizi che lascino pensare ad una falsificazione del testamento (ci si dovrà rivolgere ad un avvocato penalista per valutare l'opportunità di una denuncia/querela), sia civile, con impugnazione dell'atto di ultima volontà per farne dichiarare l'invalidità, per le ragioni che saranno riscontrate in concreto.

Alessandra M. chiede
venerdì 26/09/2014 - Lombardia
“Gentili Signori, buongiorno. Mio zio è deceduto in data 15 settembre 2014. Esiste un testamento che lui scrisse tempo fa e che attualmente risulta in giacenza presso il Tribunale di Busto Arsizio perché una nipote da parte di zia vi lavora all'interno come Cancelliera ed è quindi stata incaricata di verificarlo; pare sussista (a suo dire) la possibilità di invalidità del testamento per vizi di forma ma i concorrenti all'asse ereditario (ovvero la madre del de cuius, il fratello e la sorella del de cuius) sono ancora all'oscuro di tutto ciò che vi è contenuto all'interno. Essendo che per legge il testamento olografo va presentato al notaio per la pubblicazione all'atto della morte del testatore (cosa evidentemente non ancora avvenuta), come è necessario agire per far sì che gli eredi in questione ottengano le legittime informazioni a tal riguardo ? Ringrazio anticipatamente per l'attenzione. Un cordiale saluto.”
Consulenza legale i 07/10/2014
I fatti descritti nel quesito presentano alcune incongruenze con quella che è la normativa in materia di pubblicazione del testamento olografo, cioè quell'atto di ultima volontà interamente redatto, datato e sottoscritto dal testatore.
Questo tipo di testamento può essere scritto dal testatore e tenuto ovunque egli voglia (es. in casa propria, presso un amico di fiducia, in una cassetta di sicurezza, ...). Tuttavia, per ovviare al pericolo di smarrimento o distruzione, si può ricorrere al deposito del testamento olografo presso un notaio.
Quando questi ha notizia della morte del testatore, ai sensi dell'art. 622 del c.c., deve trasmettere alla cancelleria del tribunale nella cui giurisdizione si è aperta la successione copia in carta libera del verbale di pubblicazione del testamento olografo.
Se non è avvenuto il deposito presso un notaio, chiunque sia in possesso di un testamento olografo è obbligato a consegnarlo ad un notaio per la pubblicazione, appena abbia notizia della morte del testatore.

L'art. 55 disp. att. del codice civile stabilisce che le copie dei verbali e dei testamenti che sono trasmesse alla cancelleria del tribunale ai sensi del predetto art. 622, devono, a cura del cancelliere, essere raccolte in appositi volumi e annotate in una rubrica alfabetica generale. Le copie possono essere esaminate da chiunque ne faccia richiesta.

Ciò premesso, se davvero presso il Tribunale di Busto Arstizio "risultasse" un testamento del de cuius, appare certo che il testamento sia già stato pubblicato.
Come possono i parenti conoscere il contenuto del testamento?

Se si tratta di testamento olografo depositato presso un notaio fin dall'origine, chiunque sia interessato può chiedere presso la cancelleria del Tribunale il nominativo del notaio e domandare a questi copia del testamento.

Se si tratta di testamento olografo presentato ad un notaio da una persona che lo aveva in custodia o che l'ha trovato (ad esempio nella casa del testatore, fra i suoi documenti), il notaio procederà alla redazione di un verbale, alla presenza di due testimoni, in cui descrive lo stato del testamento e ne riproduce il contenuto, facendo menzione della apertura se è stato presentato chiuso con sigillo. Il verbale viene sottoscritto dalla persona che presenta il testamento, dai testimoni e dal notaio e ad esso vengono uniti la carta in cui è scritto il testamento, vidimata in ciascun mezzo foglio dal notaio e dai testimoni e l'estratto dell'atto di morte del testatore. Quindi, chi si presenta in Tribunale alla ricerca di questo testamento, troverà il nominativo del notaio che ha adempiuto l'incombente della pubblicazione e potrà rivolgersi a questi per avere copia del testamento.

Se, invece, in effetti, in Tribunale non risultasse ancora pubblicato alcun testamento, e si pensi che il de cuius l'abbia depositato presso un notaio, sarà possibile recarsi presso l’Archivio Notarile, dove verrà accertato se il testamento oggetto della ricerca risulti già stato pubblicato e se si trovi tra le pratiche dei notai non più in esercizio in quel distretto; oppure, ci si potrà recare presso il Consiglio Notarile, dove sarà accertato se il testamento è depositato presso uno dei notai attualmente in esercizio (va ricordato che a seguito del deposito di testamento olografo, eccettuato il caso in cui si tratti di un semplice deposito fiduciario - pari a quello fatto ad un amico - il notaio provvede ad effettuare la relativa notifica al Registro Generale dei Testamenti). L'interessato avrà così la possibilità di rivolgersi direttamente al notaio che ha ricevuto il testamento olografo.

Infine, se si pensi che il testamento sia in mano a qualcuno (parente o meno del de cuius), che non l'abbia presentato a nessun notaio in seguito alla morte del testatore, chiunque vi abbia interesse può fare ricorso al Tribunale del circondario ove si è aperta la successione affinché sia fissato un termine per la suddetta presentazione. Si tratta di un ricorso ai sensi dell'art. 749 del c.p.c., con cui si chiede al giudice che venga dato alla persona che detiene il testamento un termine per depositarlo presso il notaio che verrà indicato dal Tribunale.

PATRIZIA chiede
martedì 03/09/2013 - Liguria
“Buongiorno, mia sorella è deceduta nel 2004 e suo marito nel 2009, erano in regime di comunione di beni. Il marito ha un cugino come erede, ma quando mia sorella è morta mio cognato non ha fatto successione. Io ho fatto domanda di legittima ma sono venuta a sapere che c'è un testamento di mia sorella il cui beneficiario era il marito, ma si trova presso il notaio dove il cugino di mio cognato ha fatto la successione sua ma anche quella di mia sorella. Il notaio da me interpellato mi ha detto che lui non ha pubblicato tale testamento e che non ne ha neanche parlato con il cugino. Cosa devo fare? Andare avanti con la causa di legittima? Il notaio potrebbe pubblicarlo quando vuole o ha dei limiti? GRAZIE”
Consulenza legale i 25/09/2013
E' regola generale del nostro ordinamento quella per la quale il testamento, dopo la morte del testatore, debba essere divulgato.
Nel caso del testamento pubblico, esso va semplicemente sottoposto alla formalità della registrazione dell'atto (inter vivos) con il quale si sancisce il passaggio dal fascicolo degli atti di ultima volontà alla raccolta degli atti tra vivi ed alla susseguente comunicazione.
Quanto ai testamenti olografi e segreti, il codice civile detta la seguente disciplina.
Per il testamento olografo, l'art. 620 del c.c. sancisce che chiunque sia in possesso di un testamento olografo debba presentarlo a un notaio per la pubblicazione, appena ha notizia della morte del testatore. Nel caso in cui il testamento sia stato depositato dal testatore presso un notaio, la pubblicazione deve essere eseguita dal notaio depositario.
Quanto al testamento segreto, esso deve essere aperto e pubblicato dal notaio appena gli perviene la notizia della morte del testatore. L'art. 621 del c.c. specifica che chiunque crede di avervi interesse può chiedere, con ricorso al tribunale del circondario in cui si è aperta la successione, che sia fissato un termine per l'apertura e la pubblicazione.
Quindi, la normativa prevede che il notaio debba pubblicare (quindi rendere pubblico, divulgare) il testamento appena ha notizia della morte del testatore. Il codice civile non prevede un termine entro il quale eseguire la pubblicazione, tuttavia la parte interessata può chiedere al tribunale competente che venga fissato un termine entro il quale deve essere effettuata la pubblicazione (nel caso di testamento segreto) o la presentazione del documento (nel caso di testamento olografo).
E' opportuno ricordare che l’articolo art. 490 del c.p. prevede che chiunque, in tutto o in parte, occulta un atto pubblico o una scrittura privata soggiace rispettivamente alle pene stabilite negli articoli 476, 477, 482 e 485 (reclusione da sei mesi a tre anni), secondo le distinzioni in essi contenute. Qualora si tratti di scritture private chi commette il fatto è punibile soltanto se ha agito al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno.

Quanto al caso di specie, la sorella della de cuius non è un soggetto cui è riservata la "legittima" in senso proprio (ai sensi dell'art. 536 del c.c. i legittimari sono solo il coniuge, i figli e gli ascendenti). Pertanto, si presume che la causa in corso sia una petizione di eredità per chiamata alla successione legittima (senza testamento).
Il notaio, se verrà fissato un termine ad hoc dal tribunale, sarà costretto ad eseguire la pubblicazione e pertanto la sorella potrebbe perdere ogni diritto sull'eredità della de cuius, qualora essa abbia lasciato con testamento tutto al marito.

Per quanto concerne il fatto che il diritto di accettare l'eredità si prescrive in dieci anni dall'apertura della successione (il cugino erede del marito della de cuius, accettando l'eredità del parente, ha ereditato il "diritto di accettare" non esercitato dal defunto verso l'eredità della moglie) la Cassazione, con sentenza n. 264 dell’8 gennaio 2013, ha stabilito che l’impedimento ad accettare l’eredità derivante dall’ignoranza dell’esistenza di un testamento a suo favore, è solamente un impedimento di mero fatto, che quindi non produce né sospensione né interruzione dei termini di prescrizione. Al contrario, “l’impossibilità di far valere il diritto alla quale l’art. 2935 c.c. attribuisce rilevanza di fatto impeditivo della decorrenza della prescrizione è solo quello che deriva da cause giuridiche che ne ostacolino l’esercizio [...], e non comprende anche gli impedimenti soggettivi o gli ostacoli di mero fatto per i quali il successivo art. 2941 c.c. prevede solo specifiche e tassative ipotesi di sospensione tra le quali, salvo l’ipotesi di dolo prevista dal n. 8 del citato articolo, non rientra l’ignoranza, da parte del titolare, del fatto generatore del suo diritto”.
In altre parole, trascorsi dieci anni dall'apertura della successione della sorella senza che sia pubblicato il testamento a favore del marito della de cuius, il cugino del coniuge non potrà più accettare l'eredità.
E' bene specificare come quello sopra esposto sia un orientamento giurisprudenziale che potrebbe essere modificato in successive pronunce della Corte di cassazione.

Rosa C. chiede
martedì 23/07/2013 - Puglia
“Può essere valido un testamento olografo ritrovato di recente fra le carte del legale, datato 20 agosto 1981, la cui testatrice è deceduta nel 24 ottobre 1988 ed il cui beneficiario è lo stesso di una serie di testamenti olografo del 3 aprile 1982 e pubblico del 21 aprile 1983, entrambi oggi ancora oggetto di una causa di annullamento (causa in decisione entro il 31 dicembre 2013)? La domanda precisa è questa: se venissero annullati i testamenti oggetto di causa, si potrebbe oggi pubblicare il testamento ritrovato e sapere se fosse valido a tutti gli effetti di legge anche se il beneficiario è lo stesso?”
Consulenza legale i 05/08/2013
Il ritrovamento di un testamento trascorsi dieci anni dall'apertura della successione (che coincide con la morte del de cuius) pone innanzitutto un problema in ordine all'accettazione dell'eredità: ai sensi dell'art. 480 del c.c., infatti, il termine prescrizionale di dieci anni decorre dal giorno dell'apertura della successione sia per la successione legittima che per quella testamentaria. Quindi, se il beneficiario del testamento non ha accettato l'eredità del de cuius entro il 1998, non potrà accettare successivamente. Se lo ha fatto (in forza di successione legittima o di altro testamento), l'accettazione vale anche per il testamento precedente.
Recente giurisprudenza ha sul punto sancito: "[...] l'art. 459 c.c., nel prescrivere che l'eredità si acquista con l'accettazione, si riferisce all'eredità in sè considerata, a prescindere dai titolo della chiamata, legittima o testamentaria, presupponendo quindi un concetto unitario di acquisto dell'eredità stessa.
In tale contesto deve essere letto l'art. 480 c.c. che stabilisce il termine di decorrenza della prescrizione decennale del diritto di accettare l'eredità in ogni caso dal giorno dell'apertura della successione, e, in caso di istituzione condizionale, dal giorno in cui si verifica la condizione, senza porre quindi alcuna distinzione con riferimento al tipo di devoluzione
" (Cass. civ. Sez. II, 8 gennaio 2013, n. 264).

Nel caso di specie, tuttavia, la vera questione attiene alla probabile revoca del testamento datato 1981 per opera dei successivi testamenti.
Difatti, il testatore può sempre revocare il testamento, in modo esplicito, con un successivo testamento, o in modo implicito, quando il contenuto del testamento successivo è incompatibile con quello precedente.
Se i testamenti successivi riguardano, ad esempio, i medesimi beni che erano oggetto anche del testamento del 1981, magari con l'aggiunta di condizioni od oneri, è facile presumere che il testatore abbia inteso revocare quel testamento. Sarà necessario un attento esame di fatto delle diverse disposizioni testamentarie.

Se si dovesse constatare che effettivamente il testatore avesse inteso revocare il testamento del 1981, troverà applicazione l'art. 683 del c.c., secondo il quale l'effetto di revoca rimane anche quando le nuove disposizioni (nel nostro caso, i testamenti dell' '82 e dell' '83) rimanessero senza efficacia per una causa di caducità che sia indipendente dalla volontà del testatore (ad es., indegnità o rinunzia del chiamato).
Nel caso in cui i testamenti successivi fossero annullabili, quindi invalidi (e non meramente inefficaci), la norma non dice nulla. Parte della dottrina (Azzariti, Le successioni e le donazioni, Padova 1982) argomenta da questo silenzio ritenendo che se il testamento successivo è invalido, la revoca non sarebbe inefficace. Ne conseguirebbe che, dichiarato nullo il testamento successivo, tornerebbe a valere quello precedente. Anche in giurisprudenza si ravvisano decisioni in tal senso (v. Cass. 1112/1980: "Dal principio affermato dall'art. 683 c.c., secondo cui la revocazione (di precedenti disposizioni testamentarie) fatta con testamento posteriore conserva la sua efficacia anche se il testamento stesso rimanga senza effetto, per ragioni estrinseche, pur essendo di per sé valido, deriva a contrario che non conserva efficacia la revocazione nel testamento successivo che sia radicalmente nullo").

Com'è chiaro leggendo le osservazioni sopra proposte, la questione è complessa e dibattuta e non è possibile dare una soluzione certa.

Goffredo chiede
lunedì 29/10/2012 - Lombardia

“Buongiorno. Se un testamento olografo con tutte le caratteristiche previste (data, luogo, firma e disposizioni scritti di pugno dal defunto su carta uso bollo)viene ritrovato tra altri documenti del defunto strappato in due e ricomposto con il nastro adesivo è valido? é possibile farlo pubblicare da un notaio? e conseguentemente renderlo esecutivo?
Ringrazio anticipatamente per l'attenzione.”

Consulenza legale i 29/10/2012

L'art. 684 del c.c. disciplina esattamente il caso proposto: "Il testamento olografo distrutto, lacerato o cancellato, in tutto o in parte, si considera in tutto o in parte revocato, a meno che si provi che fu distrutto, lacerato o cancellato da persona diversa dal testatore, ovvero si provi che il testatore non ebbe l'intenzione di revocarlo".

Pertanto, potendo provare che il testatore non ebbe intenzione di revocare il testamento strappandolo, ad esempio perché ciò è avvenuto accidentalmente, questo sarà perfettamente valido ed eseguibile. Tuttavia, poiché per presunzione legale il testamento lacerato si presume revocato, sarà necessario agire in via giudiziale per chiedere l'accertamento della validità dell'atto di ultima volontà, con contestuale prova della mancanza di intenzione di revoca da parte del testatore.

A tal riguardo risulta interessante leggere la Relazione al codice civile del 1942: "... ho considerato che il testamento olografo distrutto o lacerato o cancellato si presenta indiscutibilmente in condizioni così anormali da non potersi dispensare chi ne invoca l'efficacia dal dare la prova specifica che la volontà espressa nel testamento è rimasta ferma fino al momento della morte del testatore, nonostante la cancellatura o la lacerazione o la distruzione della scheda".


Vincenzo chiede
martedì 22/03/2011 - Puglia

Buongiorno, vorrei sapere se il testamento olografo, una volta pubblicato, possa o debba, considerarsi atto pubblico; se, poi, una volta prodotto in un giudizio civile, il testamento olografo, debitamente pubblicato, debba essere contestato nella forma del disconoscimento (ex art. 214 ss cpc) oppure della querela di falso (ex art. 221 ss cpc).

Grazie”

maria chiede
martedì 15/03/2011 - Emilia-Romagna
“Buongiorno , vorrei sapere se un testamento ritrovato a successione già avvenuta è valido e cosa accade( anche per eventuali c/c inseriti nella successione )


Grazie
Maria”
Nunzio P. chiede
domenica 27/02/2011 - Emilia-Romagna

“Ho redatto un testamento olografo a vantaggio della mia convivente, escludendo i miei figli, ha valore?”

Consulenza legale i 01/03/2011

Il testamento che contiene disposizioni patrimoniali unicamente a favore della propria convivente, designandola erede universale, è valido; tuttavia lo stesso testamento, una volta pubblicato (art. 620 del c.c.), può essere oggetto di un’azione di riduzione da parte dei legittimari (il coniuge ed i discendenti, cioè i figli legittimi e/o naturali) ai sensi dell’art. 554 del c.c. Per essi la legge prevede una quota riservata e altri diritti nella successione (diritto di uso dell’abitazione coniugale e dei mobili che l’arredano), chiamata “legittima” il cui ammontare è stabilito dalla legge (art. 537 del c.c.-art. 540 del c.c.-art. 542 del c.c.-art. 548 del c.c.).


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