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Articolo 2351 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Diritto di voto

Dispositivo dell'art. 2351 Codice Civile

Ogni azione attribuisce il diritto di voto [1531, 2333, 2335, 2344, 2352, 2353, 2354, n. 5, 2357, 2373, 2479, 2538].

Salvo quanto previsto dalle leggi speciali, lo statuto può prevedere la creazione di azioni senza diritto di voto, con diritto di voto limitato a particolari argomenti, con diritto di voto subordinato al verificarsi di particolari condizioni non meramente potestative. Il valore di tali azioni non può complessivamente superare la metà del capitale sociale.

Lo statuto può altresì prevedere che, in relazione alla quantità di azioni possedute da uno stesso soggetto, il diritto di voto sia limitato ad una misura massima o disporne scaglionamenti.

Salvo quanto previsto dalle leggi speciali, lo statuto può prevedere la creazione di azioni con diritto di voto plurimo anche per particolari argomenti o subordinato al verificarsi di particolari condizioni non meramente potestative. Ciascuna azione a voto plurimo può avere fino a un massimo di dieci voti(1)(2).

Gli strumenti finanziari di cui agli articoli 2346, sesto comma, e 2349, secondo comma, possono essere dotati del diritto di voto su argomenti specificamente indicati e in particolare può essere ad essi riservata, secondo modalità stabilite dallo statuto, la nomina di un componente indipendente del consiglio di amministrazione o del consiglio di sorveglianza o di un sindaco. Alle persone così nominate si applicano le medesime norme previste per gli altri componenti dell'organo cui partecipano.

Note

(1) Commi così modificati dal D.L. 24 giugno 2014, n 91.
Il D. Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 come modificato dal D.L. 24 giugno 2014, n. 91 convertito con modificazioni dalla L. 11 agosto 2014, n. 116 ha disposto (con l'art. 127-sexies, comma 1) che "In deroga all'articolo 2351, quarto comma, del codice civile, gli statuti non possono prevedere l'emissione di azioni a voto plurimo".
(2) Il comma 4 è stato modificato dall'art. 13, comma 1 della L. 5 marzo 2024, n. 21.

Ratio Legis

La norma sancisce il definitivo superamento del principio "un'azione, un voto", consentendo espressamente alle s.p.a. (anche quotate), entro determinati limiti, di creare categorie di azioni con diritti di voto non proporzionali alla misura della partecipazione azionaria.

Spiegazione dell'art. 2351 Codice Civile

Al primo comma la disposizione prevede che ogni azione attribuisca al suo titolare il diritto ad un voto (un’azione, un voto). Specie in seguito alla riforma del diritto societario del 2003, la regola non è più da considerarsi come espressiva di un principio generale delle società per azioni, considerato che lo statuto, entro certi limiti, può modulare l’attribuzione dei diritti di voto.

Tra le ipotesi di limitazione del diritto di voto, la norma menziona espressamente le:
a) azioni prive del diritto di voto: la norma non prevede più la necessità di bilanciare la soppressione del diritto di voto con dei benefici patrimoniali in favore dell’azionista. Ciononostante, alla regola si sottraggono le società quotate, le quali possono emettere azioni di risparmio alla condizione di prevedere dei particolari privilegi di natura economica per il risparmiatore (art. 145, co. 1, TUF);
b) azioni con diritto di voto limitato a particolari argomenti: il voto può essere limitato per argomenti, a prescindere dalla tipologia (ordinaria o straordinaria) dell'assemblea, purché si tratti di argomenti sufficientemente determinati nello statuto;
c) azioni con diritto di voto subordinato al verificarsi di particolari condizioni: tali condizioni possono riguardare l'azione, la persona del socio titolare dell'azione, la società, le situazioni del mercato finanziario. In ogni caso, non deve trattarsi di condizioni meramente potestative.

Con riferimento alle azioni con una qualche limitazione del diritto di voto, la disposizione prevede che il loro valore complessivo non possa comunque superare la metà del valore del capitale sociale.
Secondo l’opinione prevalente in dottrina, l’eventuale limitazione del diritto di voto non è tuttavia rilevante ai fini della determinazione delle soglie previste dall’art. 2377 per l’impugnazione delle delibere assembleari.

Lo statuto può tuttavia derogare alla regola “un’azione, un voto” anche mediante la previsione di:
  • azioni a voto plurimo: il divieto di emissione di azioni a voto maggiorato è stato soppresso dalla legge n. 116 dell'11 agosto 2014, che ha modificato il 4° comma della norma. Al fine di evitare situazioni di eccessiva concentrazione del diritto di voto, si dispone che i voti assegnabili a ciascuna azione debbano comunque essere pari o inferiori a tre.
  • azioni a voto scalare: le clausole di scaglionamento prevedono in genere che il numero di voti spettanti all’azionista cresca in misura non proporzionale rispetto all’aumento del numero di azioni;
  • azioni a voto contingentato: prevedono la soppressione del diritto di voto in relazione alle azioni che eccedano una determinata soglia o tetto fissato nello statuto.

Relazione al D.Lgs. 6/2003

(Relazione illustrativa del decreto legislativo recante: "Riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative, in attuazione della legge 3 ottobre 2001, n. 366.")

4 Al di là poi di una serie di modifiche di carattere tecnico, essenzialmente intese a risolvere dubbi interpretativi manifestatisi nella prassi (come per esempio con la precisazione che in caso di comproprietà delle azioni il rappresentante comune è nominato e revocato a norma dell'art. 1105 del c.c. e art. 1106 del c.c.: così il primo comma dell'art. 2347 del c.c.; oppure, nell'art. 2352 del c.c., la previsione che in caso di sequestro delle azioni il diritto di voto spetta al custode e che i diritti diversi da quello di voto, agli utili e di opzione spettano sia al socio sia al creditore pignoratizio o all'usufruttuario), si è affermato espressamente nel secondo comma dell'art. 2351 del c.c. la libertà dell'autonomia statutaria nel determinare e articolare il contenuto dei diritti conferiti dalle categorie di azioni. In tal modo viene perseguito l'obiettivo di ampliare gli strumenti disponibili alle società per attingere a fonti di finanziamento e viene dato ampi spazio alla creatività degli operatori nell'elaborazione di forme adeguate alla situazione di mercato. Su questo piano, rimanendo naturalmente salva la possibilità di elaborare nuove forme di categorie di azioni rispetto a quelle già riconosciute dalla pratica, si è ritenuto opportuno espressamente far riferimento ad alcune ipotesi che, per la loro utilità o per i problemi interpretativi cui hanno dato luogo, meritano una diretta considerazione. Si è così riconosciuta in materia espressa, nel primo periodo del secondo comma dell'art. 2351, la possibilità che una categoria di azioni si caratterizzi per la diversa incidenza nei loro confronti delle perdite. Risulta in tal modo definitivamente chiarita l'ammissibilità di azioni postergate nelle perdite, quali si sono rivelate strumento spesso utile ed a volte indispensabile per il finanziamento dell'impresa sociale, specialmente nell'ambito di processi di ristrutturazione e tentativi di superamento di situazioni di crisi. Ancora, con riferimento al diritto di voto, il terzo comma prevede la possibilità del ricorso a tecniche volte a modularlo, come quelle già da tempo note del limite massimo di voti esercitabili dal singolo socio o l'altra del c.d. "voto a scalare" che individua scaglioni mediante i quali progressivamente si riduce il peso dei voti esercitabili dal socio. Ugualmente, nel secondo comma dell'art. 2351, si è espressamente prevista la possibilità di emettere azioni le quali forniscano diritti correlati ai risultati dell'attività sociale in un determinato settore; che possono risultare un ulteriore strumento, oltre a quelli previsti con i patrimoni destinati ad uno specifico affare di cui all'art. 2447 bis, per accedere a finanziamenti finalizzati. Ed i proposito si è naturalmente precisato, con l'ultimo comma dell'art. 2351, che gli utili pagabili a tali azioni correlate non possono comunque essere in misura superiore a quella che dal bilancio generale della società risulta per l'intera sua attività. Ancora, con l'art. 2437 sexies, si sono espressamente previste le azioni riscattabili. Sicché esse, che si sono rivelate di particolare utilità in circostanze come quelli in cui la partecipazione del socio si spiega alla luce di rapporti extrasociali, per esempio di lavoro o di fornitura, debbono ormai ritenersi espressamente ammesse. Si è precisato in proposito, al fine di tutelare il capitale sociale, che il loro valore di riscatto è determinato secondo i criteri previsti per l'ipotesi di recesso e che resta salva l'applicazione della disciplina dell'acquisto di azioni proprie.

Massime relative all'art. 2351 Codice Civile

Cass. civ. n. 693/1976

Il biglietto di ammissione all'assemblea di società per azioni, rilasciato all'atto del deposito delle azioni, è nominativo e, pertanto, legittima il possessore all'esercizio dei diritti ad esso inerenti, solo se il possessore stesso si identifichi con il soggetto intestatario del documento; peraltro, poiché non sono prescritte particolari formalità per detta identificazione (che, ad esempio, potrebbe avvenire anche in base alla personale conoscenza dei partecipanti da parte del presidente dell'assemblea), né, in particolare, se ne richieda espressa menzione nel verbale dell'assemblea, deve ritenersi che, ove nulla risulti dal verbale, spetti a chi intenda sostenere l'invalidità della costituzione dell'assemblea e delle delibere in essa adottate, per la partecipazione e l'esercizio del voto da parte di soggetti non legittimati, di allegare e provare le circostanze medesime. La partecipazione all'assemblea di una società per azioni e l'esercizio del diritto di voto da parte di funzionario della banca depositaria di azioni trova fondamento non in una sub-delega, conferita dalla banca al funzionario medesimo, ma direttamente nella delega conferita dal depositante delle azioni, ove risulti che quest'ultimo, nel dare alla banca l'incarico di designare il funzionario più idoneo agli scopi indicati, abbia voluto imputare direttamente ad esso delegante la designazione medesima; in tale ipotesi, pertanto, il funzionario della banca si pone nella veste di mandatario del cliente e non di sostituto del mandatario e, conseguentemente, non operano le disposizioni di cui all'art. 1717 c.c.

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