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Articolo 2352 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Pegno, usufrutto e sequestro delle azioni

Dispositivo dell'art. 2352 Codice Civile

Nel caso di pegno o usufrutto [978] sulle azioni [2025, 2026, 2784, il diritto di voto spetta, salvo convenzione contraria, al creditore pignoratizio o all'usufruttuario [2351, 2370]. Nel caso di sequestro delle azioni il diritto di voto è esercitato dal custode.

Se le azioni attribuiscono un diritto di opzione [2441], questo spetta al socio [2347] ed al medesimo sono attribuite le azioni in base ad esso sottoscritte. Qualora il socio non provveda almeno tre giorni prima della scadenza al versamento delle somme necessarie per l'esercizio del diritto di opzione e qualora gli altri soci non si offrano di acquistarlo, questo deve essere alienato per suo conto a mezzo banca od intermediario autorizzato alla negoziazione nei mercati regolamentati.

Nel caso di aumento del capitale sociale ai sensi dell'articolo 2442, il pegno, l'usufrutto o il sequestro si estendono alle azioni di nuova emissione.

Se sono richiesti versamenti sulle azioni, nel caso di pegno, il socio deve provvedere al versamento delle somme necessarie almeno tre giorni prima della scadenza; in mancanza il creditore pignoratizio può vendere le azioni nel modo stabilito dal secondo comma del presente articolo. Nel caso di usufrutto, l'usufruttuario deve provvedere al versamento, salvo il suo diritto alla restituzione al termine dell'usufrutto.

Se l'usufrutto spetta a più persone, si applica il secondo comma dell'articolo 2347.

Salvo che dal titolo o dal provvedimento del giudice risulti diversamente, i diritti amministrativi diversi da quelli previsti nel presente articolo spettano, nel caso di pegno o di usufrutto, sia al socio sia al creditore pignoratizio o all'usufruttuario; nel caso di sequestro sono esercitati dal custode.

Ratio Legis

La norma, che assegna al creditore pignoratizio ed all'usufruttuario della partecipazione la legittimazione all'esercizio dei diritti di voto, trova una propria spiegazione nell'esigenza di tutelare il loro preminente interesse alla conservazione del valore del bene su cui insiste il diritto reale di cui risultano titolari.

Spiegazione dell'art. 2352 Codice Civile

Le azioni possono essere costituite in usufrutto o in pegno e possono formare oggetto di misure cautelari ed esecutive (sequestro giudiziario o conservativo, pignoramento).
La norma dispone che in tal caso il diritto di voto spetti al creditore pignoratizio o all'usufruttuario, salvo patto contrario. La disposizione si occupa dunque della titolarità del diritto di voto, non del suo esercizio, sicché eventuali patti contrari non potranno essere qualificati come “parasociali”, ai sensi dell’art. 2341 bis.
Da ciò può trarsi che il diritto di voto è diritto proprio dell’usufruttuario e del creditore pignoratizio, i quali non saranno tenuti ad osservare eventuali indicazioni o vincoli posti dall’azionista.

Ciononostante, è lo stesso articolo a disporre, quale unico limite al diritto di voto, che esso sia esercitato in maniera tale da non pregiudicare la conservazione del valore economico della partecipazione. La violazione di un simile limite, tuttavia, non è idonea ad incidere sulla validità del voto espresso e sulla validità delle delibere assembleari adottate con la partecipazione dell’usufruttuario e/o del creditore, facendo piuttosto sorgere in capo a questi ultimi l’obbligo di risarcire il danno eventualmente patito dall’azionista.

I diritti amministrativi diversi dal voto (in particolare i diritti di controllo) spettano sia al socio che al creditore pignoratizio o all'usufruttuario, i quali possono esercitarli disgiuntamente, salvo diversa pattuizione tra le parti. Si dubita tuttavia della possibilità per il socio di impugnare delibere approvate con il voto favorevole dell'usufruttuario o del creditore pignoratizio.

L’esercizio di diritti che invece incidono sia sul piano amministrativo sia sul piano patrimoniale, spetta normalmente al socio.
La norma lo conferma laddove prevede, al secondo comma, che sia il socio a dover esercitare il diritto di opzione. Nulla è detto invece con riferimento al diritto di recesso, cha la prevalente giurisprudenza ritiene essere un diritto personale del socio.

Massime relative all'art. 2352 Codice Civile

Cass. civ. n. 10144/2002

Il creditore pignoratizio delle azioni ancorché, ai sensi dell'art. 2352 c. c., a lui competa, in luogo del socio suo debitore, il diritto di voto (anche) nelle deliberazioni concernenti il cambiamento dell'oggetto o del tipo della società o il trasferimento della sede sociale all'estero non è legittimato ad esercitare il diritto di recesso di cui all'art. 2437 c. c., configurandosi questo come un atto di disposizione in ordine alla partecipazione societaria, di esclusiva spettanza del socio, ed essendo d'altra parte la tutela del creditore pignoratizio affidata, in presenza di una diminuzione del valore delle azioni conseguente a quei deliberati mutamenti societari, all'istituto della vendita anticipata ex art. 2795 c.c..

Cass. civ. n. 2053/1999

Ai fini del raggiungimento dei "quorum" costitutivo dell'assemblea di una società per azioni, sono legittimamente computabili le azioni del socio datore di pegno, quand'anche questi risulti titolare di gran parte del capitale sociale, considerato che, a differenza di quanto sancito in tema di esercizio del diritto di voto da parte del socio in conflitto di interessi con la società, l'art. 2352 c.c. prevede espressamente la possibilità di stabilire, con apposita convenzione, che il diritto di voto sia esercitato dal socio datore di pegno, anziché dal creditore pignoratizio.

In tema di delibere dell'assemblea di una S.p.A., il creditore pignoratizio di azioni dell'ente, nell'esercizio del diritto di voto (a lui riconosciuto "ex lege"), deve, comunque, ispirarsi ai principi della buona amministrazione societaria ed attenersi al perseguimento dell'interesse sociale, senza coltivare, pertanto, interessi egoistici ovvero in contrasto con quelli della società.

La partecipazione all'assemblea di una società di capitali da parte di soci titolari della maggioranza del capitale sociale, ma privi del diritto di voto per aver costituito in pegno le proprie azioni, non inficia la validità della costituzione dell'organo societario, e non impedisce che la delibera adottata sia, pur sempre, imputabile all'ente tutte le volte in cui alla stessa assemblea abbiano, altresì, partecipato soci legittimati, benché detentori della minoranza del capitale sociale, con la conseguenza che la delibera adottata con il voto (eventualmente) determinante dei soci non legittimati è annullabile, ma non inesistente, diversamente dalla ipotesi in cui, all'assemblea, abbiano partecipato, esercitando il diritto di voto, esclusivamente i soci non legittimati. Il vizio derivante dall'esercizio del diritto di voto da parte del socio datore di pegno attiene, difatti, al rapporto tra ii socio stesso ed il creditore pignoratizio, e non riguardo, per converso, l'organo assembleare, essendo in facoltà del creditore pignoratizio di azioni manifestare tacitamente la volontà di ratificare quel voto astenendosi dall'impugnare la delibera adottata con il voto del titolare delle azioni date in pegno.

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