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Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 26918 del 3 luglio 2001
«Il reato di illecita concorrenza con minacce o violenza (art. 513 bis c.p.) ha natura di reato proprio, in quanto la norma incriminatrice richiede che il soggetto attivo eserciti un'attività commerciale, industriale o comunque produttiva, anche se...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 450 del 24 marzo 1995
«Il reato di illecita concorrenza con minaccia o violenza, di cui all'art. 513 bis c.p., non deve necessariamente realizzarsi in ambienti di criminalità organizzata, né l'autore deve appartenere a un'organizzazione criminale, né sono necessari atti...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 8266 del 22 settembre 1981
«Il bene giuridico tutelato dall'art. 515 c.p. (frode nell'esercizio del commercio) è la pubblica funzione dello Stato di assicurare l'onesto svolgimento del commercio e non gli interessi patrimoniali dei singoli acquirenti; da ciò consegue che,...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 5477 del 12 giugno 1986
«Ai fini della configurabilità del delitto di frode in commercio, previsto dall'art. 515 c.p., è sufficiente anche il compimento di un solo atto di «commercio» inteso nel senso obiettivo di atto di vendita comunque configurato a prescindere dalla...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 870 del 26 gennaio 1994
«La denominazione di origine «Emmental» spetta soltanto al formaggio fabbricato in Svizzera, in forza del D.P.R. 18 novembre 1953, n. 1099 che ha reso esecutiva in Italia la convenzione internazionale di Stresa del 1 giugno 1951. Da ciò consegue...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 354 del 27 febbraio 1973
«Il reato di cui all'art. 515 c.p. (frode nell'esercizio del commercio) si perfeziona con la consegna intenzionale dell'aliud pro alio. L'accettazione della cosa diversa da parte dell'acquirente — che non assume rilevanza qualora interviene dopo la...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 3547 del 9 marzo 1989
«L'uso generalizzato di un marchio nel linguaggio comune per indicare tutto il genere dei prodotti analoghi a quello, per il quale lo stesso marchio è stato registrato, può certamente incidere sull'elemento soggettivo del reato, inducendo il...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 338 del 26 febbraio 1973
«Per la sussistenza del delitto di frode nell'esercizio del commercio non occorrono artifizi e raggiri da parte del venditore, essendo insito l'inganno nella obiettività della consegna di una cosa per un'altra (aliud pro alio), ovvero di una cosa...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 12107 del 22 ottobre 1999
«Nell'ambito dell'attività di ristorazione, per la quale siano impiegati prodotti surgelati, è configurabile il tentativo di frode in commercio non solo quando venga omessa l'indicazione di tale tipo di alimenti nella lista delle pietanze ma anche...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 9979 del 5 marzo 2003
«L'art. 517 c.p., nel prevedere come condotta penalmente rilevante, accanto a quella del porre in vendita, anche quella del porre «altrimenti in circolazione» opere dell'ingegno o prodotti industriali con segni mendaci, si differenzia dal...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 11258 del 10 novembre 1994
«Nell'ipotesi di esposizione per la vendita di salsicce confezionate con carne mista, mentre il cartellino indicava la composizione con carne di solo suino, non è configurabile il delitto tentato di frode in commercio, di cui agli artt. 56 e 515...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 2499 del 11 dicembre 1969
«Il delitto di cui all'art. 517 c.p. è un reato di pericolo, nel quale l'obiettività giuridica è data dalla tutela dell'ordine economico, che deve essere garantito dagli inganni tesi ai compratori mediante l'uso di nomi, marchi e segni distintivi,...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 27250 del 12 luglio 2007
«Deve essere esclusa la configurabilità del reato di cui all'art. 4, comma 49, della L. 24 dicembre 2003, n. 350 (tutela del made in Italy) nel caso in cui i prodotti agroalimentari o vegetali, commercializzati come prodotti in Italia in quanto...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 1390 del 17 maggio 1996
«Per proporre querela non è richiesta una formula sacramentale, ma deve manifestarsi in forma esplicita o implicita la volontà di chiedere la punizione del colpevole. Tale intenzione non può però essere dedotta dal comportamento successivo alla...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 5640 del 12 maggio 1994
«Il consenso della vittima per rapporti sessuali particolari non può escludere l'eventuale sussistenza di reati di ratto, violenza carnale, minacce e lesioni, ove questi comportamenti siano di fatto realizzati oltre una sfera di ragionevole...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 3141 del 15 marzo 1994
«Ai fini della configurabilità del delitto di violenza carnale, non si richiede che la violenza sia tale da annullare la volontà del soggetto passivo, ma è sufficiente che la volontà risulti coartata. Neppure è necessario che l'uso della violenza o...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 1778 del 8 febbraio 1991
«In tema di violenza carnale, non esiste valido consenso alla congiunzione se il soggetto passivo abbia ceduto alle voglie dell'aggressore solo per porre fine ad una situazione divenuta angosciosa ed insopportabile a causa del comportamento...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 6294 del 25 maggio 1992
«In relazione al reato di violenza carnale, legittimamente è esclusa l'ammissibilità del prelievo ematico e della relativa perizia sul bambino nato dal rapporto incestuoso, quando vi osti il diritto personalissimo di riservatezza attribuito...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 10804 del 20 ottobre 1994
«In tema di violenza carnale, la condizione di inferiorità psichica prescinde da fenomeni di patologia mentale essendo riferibile a fattori di natura diversa connotati da tale consistenza ed incisività da viziare il consenso all'atto sessuale della...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 12697 del 21 settembre 1989
«In tema di atti di libidine violenti, per integrare la violenza presunta non occorre uno stato di vera e propria infermità mentale, bensì è sufficiente che il soggetto passivo versi in condizioni tali da togliere comunque in tutto o in parte la...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 2909 del 9 marzo 1987
«Ai fini della configurabilità del reato di atti di libidine violenti, è sufficiente il dolo generico, consistente nella volontà libera e cosciente di commettere gli atti contro il consenso della persona offesa o nonostante l'invalidità di essa per...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 3796 del 15 maggio 1986
«In tema di delitti contro la libertà sessuale, non può parlarsi di atti inequivocabilmente libidinosi in caso di visita medica — in linea generale e fatti salvi alcuni casi particolari — solo quando la visita medica debba necessariamente...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 7186 del 24 maggio 1990
«L'assorbimento del delitto di atti di libidine violenti in quello di violenza carnale si ha soltanto in caso di contestualità degli atti integranti i due reati: in tal caso infatti il delitto di cui all'art. 519 c.p. assume la configurazione di...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 11951 del 12 dicembre 1985
«Il delitto di atti di libidine abusivi, di cui al secondo comma dell'art. 521 c.p., che consiste nell'induzione agli atti di libidine di persona che si trovi nelle condizioni previste dall'art. 519, secondo comma (violenza carnale presunta e...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 8907 del 4 ottobre 1996
«Il dolo eventuale di lesioni è configurabile in tutti i casi nei quali un soggetto privi della libertà un'altra persona, poiché egli accetta il rischio che quest'ultima, per sottrarsi al suo stato, possa riportare danno. (Nella specie, relativa a...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 8159 del 25 settembre 1985
«Ai fini della sussistenza del delitto di atti osceni, di cui all'art. 527 c.p. non è necessaria la prova dell'effettiva masturbazione, ma è sufficiente, invece, la prova di una masturbazione ostentata, già come tale costituente manifestazione di...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 1702 del 13 novembre 1972
«La esibizione di organi genitali maschili ad una donna, anche se compiuta al fine di offesa o disprezzo anziché di soddisfacimento di impulso sessuale, è per sua natura offensiva del comune senso del pudore ed integra il delitto di atti osceni. Il...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 15676 del 23 aprile 2010
«Integra il delitto di atti osceni in luogo pubblico, e non la contravvenzione di atti contrari alla pubblica decenza, la condotta consistente nello sbottonarsi i pantaloni ed esporre in pubblico i genitali, toccandoli, in quanto l'intenzionalità...»
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Cassazione penale, Sez. III, ordinanza n. 366 del 5 giugno 2000
«La condotta consistente nel masturbarsi davanti ad una donna in luogo aperto al pubblico non costituisce atto contrario alla pubblica decenza, bensì un atto osceno, contrario ai principi della morale sessuale perché offensivo del comune senso del...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 9435 del 7 settembre 1995
«L'esibizione ostentata verso una donna del pene maschile, avente il fine di un soddisfacimento erotico dell'agente, integra il reato di atti osceni, di cui all'art. 527 c.p., e non già quello di atti contrari alla pubblica decenza, di cui all'art....»