(massima n. 1)
Ai fini della configurabilitā del delitto di violenza carnale, non si richiede che la violenza sia tale da annullare la volontā del soggetto passivo, ma č sufficiente che la volontā risulti coartata. Neppure č necessario che l'uso della violenza o della minaccia sia contestuale al rapporto sessuale per tutto il tempo, dall'inizio fino al congiungimento: č sufficiente, invece, che il rapporto sessuale non voluto dalla parte offesa sia consumato anche solo approfittando dello stato di prostrazione, angoscia o diminuita resistenza in cui la vittima č ridotta. Va inoltre ribadita l'unicitā del concetto di violenza, non suscettibile di connotazioni diverse nei rapporti tra estranei o nei rapporti tra i coniugi. (Nella specie il marito, condannato anche per il reato di maltrattamenti, era ritornato, come al solito, a casa ubriaco ed aveva insultato e picchiato la moglie che aveva manifestato chiaramente il proprio dissenso ad avere rapporti sessuali, alla fine concedendosi per far cessare i maltrattamenti. La Suprema Corte ha osservato che un consenso della vittima al coito certamente vi era stato, ma si era trattato di un consenso viziato dai maltrattamenti subiti quella notte; maltrattamenti che si cumulavano a tutti quelli subiti in precedenza, dando cosė luogo ad uno stato di prostrazione e di incapacitā a resistere).