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Articolo 500 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 447)

[Aggiornato al 30/11/2024]

Contestazioni nell'esame testimoniale

Dispositivo dell'art. 500 Codice di procedura penale

1. Fermi i divieti di lettura [514] e di allegazione [515], le parti, per contestare in tutto o in parte il contenuto della deposizione, possono servirsi delle dichiarazioni precedentemente rese dal testimone [351, 362, 422] e contenute nel fascicolo del pubblico ministero [433]. Tale facoltà può essere esercitata solo se sui fatti o sulle circostanze da contestare il testimone abbia già deposto(1).

2. Le dichiarazioni lette per la contestazione possono essere valutate ai fini della credibilità del teste(2).

3. Se il teste rifiuta di sottoporsi all'esame o al controesame di una delle parti, nei confronti di questa non possono essere utilizzate, senza il suo consenso, le dichiarazioni rese ad altra parte, salve restando le sanzioni penali eventualmente applicabili al dichiarante(3).

4. Quando, anche per le circostanze emerse nel dibattimento, vi sono elementi concreti per ritenere che il testimone è stato sottoposto a violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o di altra utilità, affinchè non deponga ovvero deponga il falso, le dichiarazioni contenute nel fascicolo del pubblico ministero precedentemente rese dal testimone sono acquisite al fascicolo del dibattimento e quelle previste dal comma 3 possono essere utilizzate(4).

5. Sull'acquisizione di cui al comma 4 il giudice decide senza ritardo, svolgendo gli accertamenti che ritiene necessari, su richiesta della parte, che può fornire gli elementi concreti per ritenere che il testimone è stato sottoposto a violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o di altra utilità.

6. A richiesta di parte, le dichiarazioni assunte dal giudice a norma dell'articolo 422 sono acquisite al fascicolo del dibattimento e sono valutate ai fini della prova nei confronti delle parti che hanno partecipato alla loro assunzione, se sono state utilizzate per le contestazioni previste dal presente articolo(5). Fuori dal caso previsto dal periodo precedente, si applicano le disposizioni di cui ai commi 2, 4 e 5.

7. Fuori dai casi di cui al comma 4, su accordo delle parti le dichiarazioni contenute nel fascicolo del pubblico ministero precedentemente rese dal testimone sono acquisite al fascicolo del dibattimento(6).

Note

(1) Si vuole evitare che la lettura possa essere strumentalizzata al fine di suggerire o condizionare le risposte.
(2) Prima della modifica di tale articolo ad opera dell'art. 16, della l. 1 marzo 2001, n. 63, era previsto inoltre l'espresso divieto di tenere conto di tali dichiarazioni come prova dei fatti in esse affermati.
(3) In questo caso non può dirsi acquisita nemmeno una prova, dato che manca un elemento fondamentale per la realizzazione del contraddittorio.
(4) Si tratta di una previsione generale, dal momento che tale comma non fa esplicito riferimento alle contestazioni.
È previsto un regime particolare per le dichiarazioni assunte dal giudice nella fase dell'udienza preliminare, che prescinde da quanto disposto nei commi 4 e 7 del presente articolo solo se nell'udienza preliminare è stato realizzato il contraddittorio.
(6) L'accordo può intervenire anche dopo le fasi di formazione del fascicolo e delle richieste di prova, cioè nel corso dell'esame, e riguarda solo le precedenti dichiarazioni del testimone, non altri atti, a differenza di quanto previsto ex artt. 431 e 493.

Ratio Legis

Il legislatore ha qui considerato, nel rispetto del contraddittorio, le ipotesi in cui un testimone renda una dichiarazione che si discosta da quelle risultanti dalla documentazione redatta nelle fasi precedenti e quindi si proceda a contestazione.

Spiegazione dell'art. 500 Codice di procedura penale

Salva l'eccezione indicata nel comma 6, la norma in esame non prevede espressamente quale sia il valore probatorio delle precedenti dichiarazioni.

Per tale motivo, tramite interpretazione sistematica si è stabilito che le dichiarazioni acquisite al fascicolo per il dibattimento valgono come prova, mentre le dichiarazioni usate per le contestazioni, ma non acquisite, possono essere utilizzate solamente per stabilire la credibilità del testimone.

Con l'ultima riforma il legislatore ha voluto ripristinare un criterio caratterizzante la struttura iniziale del rapporto tra indagini preliminari e dibattimento. Ora vige il principio della corrispondenza esclusiva tra acquisizione al fascicolo per il dibattimento ed utilizzazione a fini probatori, con la conseguenza che gli atti di cui è consentita l'acquisizione sono utilizzabili come prova, mentre gli atti che non possono essere acquisiti sono utilizzabili solo quando espressamente previsto dalla legge, come nel comma 2 del presente articolo, per valutare la credibilità del teste.

Il comma 3 non riguarda invece le contestazioni, ma più nello specifico l'ipotesi in cui il teste, dopo aver risposto alle domande di una parte, si rifiuti di rispondere alle domande di altra parte. In un'ottica di rispetto del contraddittorio, è ovvio che le dichiarazioni rese solo ad una parte siano inutilizzabili, salvo il consenso della parte che si è vista opporre il rifiuto del teste

Il comma 4 introduce invece una previsione di carattere generale, nel senso che l'esercizio delle violenza, di minaccia e di altre interferenze illecite sulla libertà morale del teste consentono in ogni caso di acquisire al fascicolo per il dibattimento le dichiarazioni precedentemente rese dal testimone stesso. La disciplina in commento ricalca quanto previsto dall'art. 393, che consente l'acquisizione della prova tramite incidente probatorio, dato il rischio di subornazione del testimone. Tuttavia, mentre con l'incidente probatorio si intende eliminare un rischio, quasi assume che la violenza, la minaccia o altra interferenza si sia già verificata. Anche per tale motivo il giudice dispone gli accertamenti necessari per verificare la sussistenza di tale ipotesi.

Una particolare disciplina è infine prevista per le dichiarazioni assunte nell'udienza preliminare, posto che il comma 6 prevede che esse possano essere acquisite solo se già utilizzate per le contestazioni. L'acquisizione al fascicolo per il dibattimento ne consente tuttavia la valutazione a fini probatori esclusivamente nei confronti delle parti ce hanno partecipato alla loro assunzione. Se non si è realizzata tale forma di contraddittorio, si applica la disciplina generale.

Sempre a prescindere dalla contestazione, poi, le precedenti dichiarazioni del teste possono essere acquisite al fascicolo per il dibattimento anche su accordo delle parti, analogamente a quanto previsto dagli articoli 431, comma 2 e 493, comma 3, con la differenza che qui si tratta solo dell'esame testimoniale (che quindi avviene in seguito, di regola, alla formazione del fascicolo) e riguarda solo le precedenti dichiarazioni, e non altri atti.

Massime relative all'art. 500 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 41489/2018

In tema di acquisizione al fascicolo per il dibattimento, ai sensi dell'art. 500, comma 4, cod. proc. pen., delle dichiarazioni rese dal testimone prima del dibattimento, le modalità della deposizione e il contegno tenuto in dibattimento possono essere valutati quali elementi sintomatici delle indebite pressioni esterne che consentono l'acquisizione e l'utilizzazione delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini. (Fattispecie relativa a un procedimento per estorsione continuata, aggravata dal metodo mafioso, nel quale il teste, comparso coattivamente dopo essere stato più volte vanamente citato, esordiva, prima ancora che gli venissero rivolte domande sui fatti, dichiarando di aver detto in precedenza "solo bugie", mentre risultava dalla deposizione di un altro testimone che egli aveva vissuto con grande preoccupazione le minacce di ritorsione a lui rivolte dall'imputato e dai suoi complici).

Cass. pen. n. 25127/2018

In tema di istruzione dibattimentale, il giudice può legittimamente desumere elementi di prova dall'esame del consulente tecnico di cui le parti abbiano chiesto ed ottenuto l'ammissione, stante l'assimilazione della sua posizione a quella del testimone, senza necessità di dover disporre apposita perizia se, con adeguata e logica motivazione, dimostri che essa non è indispensabile per essere gli elementi forniti dall'ausiliario privi di incertezze, scientificamente corretti e basati su argomentazioni logiche e convincenti.

Cass. pen. n. 22555/2017

In tema di testimonianza, le modalità della deposizione e il contegno tenuto dal teste in dibattimento rientrano fra gli elementi valutabili ai fini dell'accertamento delle indebite pressioni esterne cui è stato sottoposto, quale presupposto dell'acquisizione al fascicolo del dibattimento delle dichiarazioni precedentemente rese dal testimone ai sensi dell'art. 500, comma quarto, cod. proc. pen. (In applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto infondate le censure relative all'ordinanza di acquisizione delle dichiarazioni rese da una testimone in fase di indagini preliminari, ritenuta vittima di pressioni esterne desunte dal comportamento processuale della stessa teste e di altri quattro testimoni la cui presenza in aula era stata conseguita solo a seguito dell'adozione di ordini di accompagnamento).

Cass. pen. n. 17089/2017

Le dichiarazioni predibattimentali utilizzate per le contestazioni al testimone che manifesti genuina difficoltà di elaborazione del ricordo, ove lo stesso ne affermi la veridicità anche mediante richiami atti a giustificare il "deficit" mnemonico, devono ritenersi confermate e, in quanto tali, possono essere recepite ed utilizzate come se rese direttamente in dibattimento. (Nella fattispecie la Corte ha ritenuto corretta l'affermazione dei giudici di merito secondo cui il teste aveva espressamente confermato, a seguito di contestazioni, le dichiarazioni rese in precedenza, rispondendo alle sollecitazioni del P.M., a distanza di due anni e mezzo dai fatti, con l'espressione: "Confermo quanto dichiarato, ripeto, non ho l'immagine nitida ma se l'ho dichiarato questo è").

Cass. pen. n. 13550/2017

Ai fini dell'utilizzo, ai sensi dell'art. 500, comma quarto, cod. proc. pen., delle dichiarazioni predibattimentali del collaboratore di giustizia, gli "elementi concreti" sulla base dei quali può ritenersi che egli sia stato sottoposto a violenza o minaccia affinchè non deponga ovvero deponga il falso devono consistere, secondo parametri correnti di ragionevolezza e di persuasività, in elementi sintomatici della violenza o dell'intimidazione subita dal teste, purchè connotati da precisione, obiettività e significatività, e quindi idonei ad escludere che la condotta del teste sia frutto esclusivo della volontà di ritorsione contro lo Stato a causa della revoca del programma di protezione a seguito di comportamenti penalmente rilevanti successivamente tenuti dal soggetto. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto, in un caso in cui un collaboratore di giustizia aveva ritrattato in dibattimento precedenti dichiarazioni, che, essendo emerso che il dichiarante aveva subito forti pressioni e temeva per la sua incolumità, non era determinante il fatto che la ritrattazione potesse anche essere in parte dovuta ad una volontà di ritorsione nei confronti dello Stato che aveva revocato il programma di protezione).

Cass. pen. n. 9646/2017

Ai fini dell'utilizzo, ai sensi dell'art. 500, comma quarto, cod. proc. pen., delle dichiarazioni predibattimentali del testimone, gli "elementi concreti" sulla base dei quali può ritenersi che egli sia stato sottoposto a violenza o minaccia affinchè non deponga ovvero deponga il falso devono consistere, secondo parametri correnti di ragionevolezza e di persuasività, in elementi sintomatici della violenza o dell'intimidazione subita dal teste, purchè connotati da precisione, obiettività e significatività, e quindi idonei ad escludere che la condotta del teste sia frutto non di una pressione subita da terzi, ma dalla sua adesione a modelli devianti, tesi ad anteporre la cura dei propri interessi illeciti rispetto al dovere di testimonianza davanti l'Autorità giudiziaria. (Nella specie, la S.C. ha annullato la sentenza di merito, relativa ad un tentato omicidio in un contesto di uno scontro tra due gruppi di persone, che aveva fatto uso delle dichiarazioni rese in indagini da un teste che, in dibattimento, aveva modificato la versione dei fatti, senza avere accertato specifici e concreti elementi di coartazione della volontà di quest'ultimo, e ricorrendo ad argomentazioni apodittiche e generalizzanti quali, ad esempio, la maggiore capacità intimidatoria del gruppo degli assalitori rispetto a quella degli assaliti).

Cass. pen. n. 27117/2015

Nei procedimenti relativi ai reati di violenza sessuale anche il riavvicinamento o la riappacificazione della persona offesa e dell'imputato possono costituire un "elemento concreto" idoneo ai sensi dell'art. 500, comma quarto, c.p.p. a incidere sulla genuinità della deposizione testimoniale della persona offesa nel senso che questa, non potendo rimettere la querela, essendo la stessa irrevocabile, potrebbe essere indotta a circoscrivere, limitare o revocare le dichiarazioni accusatorie in precedenza rese. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto legittima l'acquisizione e l'utilizzazione delle originarie dichiarazioni di una testimone, che aveva accusato il convivente di vessazioni e di gravi episodi di violenza sessuale in danno dei figli minori, le quali erano state successivamente ritrattate in dibattimento senza l'indicazione di alcuna ragione e dopo la ripresa della convivenza, in un contesto di dipendenza economica dall'imputato).

Cass. pen. n. 10486/2015

Ai fini dell'acquisizione al fascicolo del dibattimento delle dichiarazioni in precedenza rese dal teste, ai sensi dell'art. 500, comma quarto, cod. proc. pen., la sussistenza di "elementi concreti" per ritenere che il testimone sia stato sottoposto a violenza o minaccia può desumersi da circostanze sintomatiche dell'intimidazione emerse anche soltanto al di fuori del dibattimento.

Cass. pen. n. 19618/2014

Nel dibattimento di appello, il contenuto della deposizione di un testimone o di un'altra parte può essere contestato sulla base delle dichiarazioni contenute nel fascicolo del pubblico ministero ed i relativi verbali possono essere utilizzati per la decisione a norma degli artt. 500 e 503 c.p.p., atteso il generale rinvio alle disposizioni relative al giudizio di primo grado operato dall'art. 598 c.p.p. per il giudizio di appello. (Fattispecie relativa all'acquisizione di dichiarazioni confessorie rese dall'imputato avanti al G.I.P. in sede di interrogatorio di garanzia).

Cass. pen. n. 19313/2013

La ritenuta oggettiva falsità della testimonianza da parte del giudice del dibattimento non esclude di per sè l'applicabilità della disposizione contenuta nell'art. 500, comma quarto c.p.p., dovendosi comunque valutare la sussistenza in concreto di un inquinamento probatorio.

Cass. pen. n. 2844/2013

Non è preclusa alla parte che avrebbe potuto richiedere l'incidente probatorio ai sensi dell'art. 392, comma primo, lett. b) c.p.p. la possibilità di giovarsi, successivamente, in dibattimento delle dichiarazioni raccolte nelle indagini, ai sensi dell'art. 500, comma quarto, c.p.p..

Cass. pen. n. 12463/2012

Sono utilizzabili e legittimamente acquisite al fascicolo del dibattimento ex art. 500, comma quarto, cod. proc. pen. le dichiarazioni predibattimentali della persona offesa, vittima di violenza sessuale, che, per sottrarsi a gravi intimidazioni finalizzate ad evitarne la deposizione o a ritrattare le accuse, sia costretta a rendersi irreperibile e non compaia in udienza per testimoniare.

Cass. pen. n. 2696/2012

La minaccia subita dal testimone, vittima di violenza sessuale, al fine di evitarne la deposizione o di indurlo a deporre il falso può essere attuata anche implicitamente e consistere in condizionamenti economici o nella paura di essere allontanato dal nucleo familiare. (Nella specie, la minore, vittima dell'abuso sessuale paterno, era stata condizionata sia da promesse di regali o di altre utilità, sia in quanto le era stato fatto credere che il padre potesse essere condannato a morte o, comunque, potesse suicidarsi).

Cass. pen. n. 1898/2012

La nozione di "altra utilità", rilevante ai fini e per gli effetti di cui all'art. 500, comma quarto, cod. proc. pen., non deve avere carattere necessariamente economico o materiale, ma può avere anche valenza di tipo morale ovvero - nel contesto familiaristico della subcultura criminale di tipo mafioso - consistere nel mantenimento dei vincoli della solidarietà familiare, al fine di rafforzarne l'unità.

Cass. pen. n. 3470/2010

Le contestazioni nel corso dell'esame testimoniale concorrono a formare il materiale oggetto del libero convincimento del giudice per la parte in cui consentono di desumere l'esistenza di atteggiamenti reticenti.

Cass. pen. n. 44491/2009

L’acquisizione al fascicolo del dibattimento delle dichiarazioni predibattimentali rese dal testimone, ai sensi dell’art. 500, comma 4, c.p.p., può essere disposta anche d’ufficio, quando siano già emersi (anche sulla base della legittima acquisizione di documenti e sentenze di altri procedimenti) concreti elementi per ritenere che possa essersi verificata la situazione di inquinamento probatorio descritta nella suddetta disposizione normativa.

Cass. pen. n. 45496/2008

La dichiarazione del testimone di non ricordare i fatti già riferiti alla polizia giudiziaria durante le indagini preliminari, non equivale alla volontaria sottrazione all'esame dibattimentale, sicchè trova applicazione, per i procedimenti oggetto delle disposizioni transitorie della L. n. 63 del 2001, la disciplina delle contestazioni prevista dal testo previgente dell'art. 500 c.p.p.

Cass. pen. n. 38894/2008

Ai fini dell'acquisizione al fascicolo per il dibattimento delle dichiarazioni predibattimentali del testimone, gli elementi concreti da porre alla base del convincimento che il teste sia stato sottoposto a violenza o a minaccia, affinchè deponga il falso o si rifiuti di deporre, devono mostrare una plausibilità logica tale da far ritenere compromessa la genuinità della deposizione dibattimentale.

Cass. pen. n. 5997/2008

L'acquisizione probatoria delle dichiarazioni rese in precedenza dal testimone è giustificata anche dall'emersione in dibattimento di circostanze che diano prova che il testimone è stato sottoposto a violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o altra utilità, senza che sia necessario che il giudice disponga specifici accertamenti, purchè detti elementi siano concreti e quindi precisi nella loro consistenza materiale, univoci nel dimostrare che la reticenza è stata indotta da un'azione esterna alla libera scelta del testimone.

Cass. pen. n. 6221/2006

Nel corso dell'esame dibattimentale del testimone e delle parti private può procedersi alla contestazione delle dichiarazioni rese in precedenza tutte le volte in cui vi sia difformità con la dichiarazione dibattimentale, sia che con questa il soggetto sottoposto ad esame manifesti una conoscenza diversa, sia che riveli di non ricordare le vicende o i fatti su cui ha riferito in precedenza.

Cass. pen. n. 45311/2005

L'indebita acquisizione al fascicolo per il dibattimento delle dichiarazioni predibattimentali di un teste, la cui utilizzazione per le contestazioni le rende solo valutabili ai fini della credibilità del teste medesimo, ai sensi dell'attuale formulazione dell'art. 500, comma 2, c.p.p., non può costituire valido motivo di censura in sede di legittimità quando dette dichiarazioni risultino, di fatto, utilizzate solo per escludere detta credibilità.

Cass. pen. n. 14855/2003

Qualora sussista discrasia tra l'esito della ricognizione fotografica eseguita dinanzi alla polizia giudiziaria e quello della ricognizione personale esperita nel corso del dibattimento, la possibilità di ritenere prevalente il primo sul secondo è subordinata alla ricorrenza delle condizioni indicate nell'art. 500, comma 4, c.p.p., e cioè alla sussistenza di elementi concreti per ritenere che il testimone sia stato sottoposto a violenza, minaccia, offerta o promessa di danaro o di altra utilità affinché non deponga ovvero deponga il falso. (Nella specie, la Corte ha ritenuto che, a fronte dei concreti elementi emersi e consistenti nella circostanza che il giudizio di primo grado si era svolto ad oltre due anni dai fatti e che l'imputato aveva un fratello gemello omozigote, fosse carente la motivazione limitatasi ad affermare che «per le modalità della deposizione risulta certo che la parte lesa era intimorita»).

Corte cost. n. 518/2002

È manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 3, comma 1, e 111, comma 5, Cost., la q.l.c. degli art. 500, comma 4, 513 e 210, comma 5, c.p.p., nella parte in cui non prevedono l'acquisizione e l'utilizzabilità dei verbali delle dichiarazioni utilizzate per le contestazioni nei casi in cui risulti provato che il testimone ha reso in dibattimento dichiarazioni false o reticenti, in quanto va escluso che l'art. 500, comma 4, c.p.p. contrasti con i parametri costituzionali evocati — va detto, in particolare, che l'art. 111, comma 5, Cost., nel prefigurare una deroga al principio della formazione della prova in contraddittorio «per effetto di provata condotta illecita», ha inteso riferirsi alle sole «condotte illecite» poste in essere «sul» dichiarante e non anche a quelle realizzate «dal» dichiarante medesimo in occasione dell'esame in contraddittorio; va rilevato, altresì, come l'eterogeneità delle situazioni poste a confronto renda palese l'insussistenza della violazione dell'art. 3 Cost.

Corte cost. n. 473/2002

Sono manifestamente infondate la q.l.c. dell'art. 500, comma 2, c.p.p., in riferimento agli artt. 2, 3, 24, comma 1, 25, comma 2, e 101, comma 2, Cost., nella parte in cui non prevede che le dichiarazioni lette al dibattimento al teste per le contestazioni, valutabili ai fini della credibilità del teste stesso, possano essere acquisite e valutate anche ai fini della prova dei fatti in esse affermati, e dell'art. 500, commi 2 e 4, c.p.p., in riferimento agli artt. 25, comma 2, e 101, comma 2, Cost., nella parte in cui non prevedono che le dichiarazioni rese dai testimoni nella fase delle indagini preliminari, e successivamente utilizzate per le contestazioni, possano essere acquisite al fascicolo per il dibattimento e valutate quali fonti di prova.

Cass. pen. n. 7379/2002

L'art. 500 c.p.p., anche nella nuova formulazione conseguente alle modifiche introdotte dall'art. 14 l. 63/2001, consente di contestare le precedenti dichiarazioni, non solo al testimone che appaia menzognero, ma anche a quello reticente.

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