AUTORE:
Francesca Belmattino
ANNO ACCADEMICO: 2020
TIPOLOGIA: Tesi di Laurea Magistrale
ATENEO: Università degli Studi di Salerno
FACOLTÀ: Giurisprudenza
ABSTRACT
Il presente lavoro si prefigge lo scopo di analizzare il fenomeno della criminalità organizzata di stampo mafioso, dapprima secondo un punto di vista storico-sociologico, e cioè esaminandone i più disparati paradigmi di lettura, dal più risalente, secondo il quale la mafia costituisce un modus operandi tipicamente meridionale, al più recente che mette al centro l’organizzazione e la capacità di networking della mafia attuale.
Ciò costituisce la premessa necessaria e indefettibile per poter analizzare la fattispecie sostanziale del rato di associazione a delinquere di stampo mafioso, di cui all’art. 416 bis c.p., e soprattutto i risvolti processuali che da essa derivano. Infatti il presente lavoro si concentra sulle deroghe processuali che vanno a formare quel fenomeno, a cui si fa spesso riferimento con la dicitura di matrice giornalistica, del doppio binario. È proprio questo il fil rouge che collega fra loro i diversi istituti processuali ivi analizzati, i quali sostanziano un trattamento penale differenziato per gli appartenenti a macro organizzazioni delinquenziali, e in particolare alle associazioni di stampo mafioso.
Infatti tale accusa di appartenere ad un’associazione mafiosa, rientrante dunque nella fattispecie incriminatrice ex art. 416 bis c.p., attribuisce alle autorità inquirenti, responsabili della pubblica accusa, una serie di vantaggi processuali che si articolano in tutte le fasi del procedimento. Innanzitutto le indagini preliminari sono affidate a sezioni distrettuali specializzate della pubblica accusa (art. 51, comma 3-bis, c.p.p.), e di conseguenza anche le funzioni di g.i.p. sono accentrate presso un giudice del capoluogo distrettuale. In secondo luogo lo svolgimento di indagini preliminari in tale campo permette l’attivazione di mezzi di indagine assai incisivi ed efficaci, come accade per la disciplina delle intercettazioni, che sono ammesse ove sussistono sufficienti, e non gravi, indizi di reato e l’intercettazione è necessaria, e non indispensabile, alla prosecuzione delle indagini, e la disciplina è inoltre arricchita dalla possibilità di avvalersi del captatore informatico.
Allorché poi la preoccupazione delle autorità inquirenti è quella di prevenire e non reprimere i reati, la funzione del reato associativo diviene ancora più centrale, come avviene in merito all’utilizzo delle misure cautelari, che nel caso in cui sussistano gravi indizi di colpevolezza dei reati di cui all’art. 275, comma 3, c.p.p., ed, in particolare, di appartenenza ad un’associazione mafiosa, consentono alla pubblica accusa di ottenere la carcerazione cautelare dell’indagato, sorretta non solo da una presunzione relativa circa l’esistenza di esigenze cautelari, ma anche da quella assoluta in merito alla sua adeguatezza. Altri profili derogatori, specificamente esaminati nei paragrafi precedenti, riguardano poi la durata delle indagini preliminari e in relazione al dibattimento, i requisiti della prova in casi particolari art. 190 bis c.p.p., che incide sul principio del contraddittorio inteso come metodo di formazione della prova, infatti da siffatta e più ampia garanzia si passa – per i delitti indicati dall’art. 51, comma 3-bis, c.p.p. e nel caso dell’esame di un testimone o dei soggetti indicati dall’art. 210 c.p.p., che abbiano già reso dichiarazioni in sede di incidente probatorio o in dibattimento nel contraddittorio con la persona nei cui confronti saranno utilizzate – alla semplice e riduttiva garanzia di un contraddittorio sulla prova, a meno che l’esame non verta su fatti o circostanze diverse, ovvero il giudice o le parti lo ritengano necessario.
Infine un ulteriore deroga è ravvisabile nella disciplina della partecipazione al processo a distanza e nell’esame a distanza, che tutt’oggi solleva molteplici dubbi in merito ad un eventuale violazione del diritto di difesa dell’imputato.
Ciò costituisce la premessa necessaria e indefettibile per poter analizzare la fattispecie sostanziale del rato di associazione a delinquere di stampo mafioso, di cui all’art. 416 bis c.p., e soprattutto i risvolti processuali che da essa derivano. Infatti il presente lavoro si concentra sulle deroghe processuali che vanno a formare quel fenomeno, a cui si fa spesso riferimento con la dicitura di matrice giornalistica, del doppio binario. È proprio questo il fil rouge che collega fra loro i diversi istituti processuali ivi analizzati, i quali sostanziano un trattamento penale differenziato per gli appartenenti a macro organizzazioni delinquenziali, e in particolare alle associazioni di stampo mafioso.
Infatti tale accusa di appartenere ad un’associazione mafiosa, rientrante dunque nella fattispecie incriminatrice ex art. 416 bis c.p., attribuisce alle autorità inquirenti, responsabili della pubblica accusa, una serie di vantaggi processuali che si articolano in tutte le fasi del procedimento. Innanzitutto le indagini preliminari sono affidate a sezioni distrettuali specializzate della pubblica accusa (art. 51, comma 3-bis, c.p.p.), e di conseguenza anche le funzioni di g.i.p. sono accentrate presso un giudice del capoluogo distrettuale. In secondo luogo lo svolgimento di indagini preliminari in tale campo permette l’attivazione di mezzi di indagine assai incisivi ed efficaci, come accade per la disciplina delle intercettazioni, che sono ammesse ove sussistono sufficienti, e non gravi, indizi di reato e l’intercettazione è necessaria, e non indispensabile, alla prosecuzione delle indagini, e la disciplina è inoltre arricchita dalla possibilità di avvalersi del captatore informatico.
Allorché poi la preoccupazione delle autorità inquirenti è quella di prevenire e non reprimere i reati, la funzione del reato associativo diviene ancora più centrale, come avviene in merito all’utilizzo delle misure cautelari, che nel caso in cui sussistano gravi indizi di colpevolezza dei reati di cui all’art. 275, comma 3, c.p.p., ed, in particolare, di appartenenza ad un’associazione mafiosa, consentono alla pubblica accusa di ottenere la carcerazione cautelare dell’indagato, sorretta non solo da una presunzione relativa circa l’esistenza di esigenze cautelari, ma anche da quella assoluta in merito alla sua adeguatezza. Altri profili derogatori, specificamente esaminati nei paragrafi precedenti, riguardano poi la durata delle indagini preliminari e in relazione al dibattimento, i requisiti della prova in casi particolari art. 190 bis c.p.p., che incide sul principio del contraddittorio inteso come metodo di formazione della prova, infatti da siffatta e più ampia garanzia si passa – per i delitti indicati dall’art. 51, comma 3-bis, c.p.p. e nel caso dell’esame di un testimone o dei soggetti indicati dall’art. 210 c.p.p., che abbiano già reso dichiarazioni in sede di incidente probatorio o in dibattimento nel contraddittorio con la persona nei cui confronti saranno utilizzate – alla semplice e riduttiva garanzia di un contraddittorio sulla prova, a meno che l’esame non verta su fatti o circostanze diverse, ovvero il giudice o le parti lo ritengano necessario.
Infine un ulteriore deroga è ravvisabile nella disciplina della partecipazione al processo a distanza e nell’esame a distanza, che tutt’oggi solleva molteplici dubbi in merito ad un eventuale violazione del diritto di difesa dell’imputato.