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Articolo 414 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 447)

[Aggiornato al 30/11/2024]

Riapertura delle indagini

Dispositivo dell'art. 414 Codice di procedura penale

1. Dopo il provvedimento di archiviazione emesso a norma degli articoli precedenti, il giudice autorizza con decreto motivato la riapertura delle indagini su richiesta del pubblico ministero motivata dalla esigenza di nuove investigazioni [157 disp. att.]. La richiesta di riapertura delle indagini è respinta quando non è ragionevolmente prevedibile la individuazione di nuove fonti di prova che, da sole o unitamente a quelle già acquisite, possono determinare l'esercizio dell'azione penale(1).

2. Quando è autorizzata la riapertura delle indagini, il pubblico ministero procede a nuova iscrizione a norma dell'articolo 335.

2-bis. Gli atti di indagine compiuti in assenza di un provvedimento di riapertura del giudice sono inutilizzabili(2).

Note

***DIFFERENZE RISPETTO ALLA FORMULAZIONE PREVIGENTE***
(in verde le modifiche e in "[omissis]" le parti della norma non toccate dalla riforma)


1. Dopo il provvedimento di archiviazione emesso a norma degli articoli precedenti, il giudice autorizza con decreto motivato la riapertura delle indagini su richiesta del pubblico ministero motivata dalle esigenze di nuove investigazioni. La richiesta di riapertura delle indagini è respinta quando non è ragionevolmente prevedibile la individuazione di nuove fonti di prova che, da sole o unitamente a quelle già acquisite, possono determinare l’esercizio dell’azione penale.
[omissis]
2-bis. Gli atti di indagine compiuti in assenza di un provvedimento di riapertura del giudice sono inutilizzabili.

__________________

(1) Comma modificato dall'art. 22, co. 1, lett. h), n. 1) del D.Lgs. 10 ottobre 2022 n. 150 (c.d. "Riforma Cartabia").
(2) Comma inserito dall'art. 22, co. 1, lett. h), n. 2) del D.Lgs. 10 ottobre 2022 n. 150 (c.d. "Riforma Cartabia").

Ratio Legis

La norma in esame si giustifica alla luce del fatto che il provvedimento di archiviazione contro noti non esclude in modo assoluto la possibilità di procedere a nuove indagini, ove si riscontri la necessità di una nuova fase investigativa.

Spiegazione dell'art. 414 Codice di procedura penale

Di regola, il provvedimento di archiviazione segna la fine di un procedimento penale nel quale il pubblico ministero ha deciso di non esercitare l’azione penale. Però, dopo l’emissione del provvedimento archiviativo, ben può accadere che quella notizia di reato archiviata attivi nuovamente l’interesse degli organi inquirenti per l’emersione di circostanze tali da rendere necessaria ulteriori attività di indagine.

La riforma Cartabia (d.lgs. n. 150 del 2022) ha modificato l’art. 414 c.p.p..

Il comma 1 (come rivisto dalla riforma Cartabia) prevede che, dopo il provvedimento di archiviazione contro noti, il pubblico ministero può avanzare richiesta di riapertura delle indagini, adeguatamente motivata da esigenza di nuove investigazioni. Inoltre, la richiesta di riapertura delle indagini è respinta quando non è ragionevolmente prevedibile l’individuazione di nuove fonti di prova che, da sole o insieme a quelle già acquisite, possono determinare l’esercizio dell’azione penale.

Il giudice autorizza la riapertura delle indagini con decreto motivato.

Dunque, la riforma Cartabia ha stabilito criteri più rigorosi per l’adozione del decreto di riapertura delle indagini: è necessario che sia ragionevolmente prevedibile l’individuazione di nuove fonti di prova che siano idonee a determinare l’esercizio dell’azione penale. Infatti, prima della riforma Cartabia, si riteneva che la norma fosse caratterizzato da un’eccessiva vaghezza: ai fini della riapertura delle indagini, non era necessaria l’esigenza di assumere nuovi elementi, ma era sufficiente una rilettura delle risultanze investigative già acquisite.

Il comma 2 stabilisce che, quando il giudice autorizza la riapertura delle indagini, il pubblico ministero, al fine di far decorrere nuovamente i termini per le indagini, procede ad una nuova iscrizione della notizia di reato nell’apposito registro (art. 335 del c.p.p.).

Gli atti di indagine, che sono stati compiuti in precedenza, confluiscono nel nuovo fascicolo e sono utilizzabili.

Infine, ai sensi del nuovo comma 2-bis (introdotto ex novo dalla riforma Cartabia), in mancanza di un provvedimento di riapertura del giudice, gli atti di indagine compiuti sono inutilizzabili.

Relazione al D.Lgs. 150/2022

(Relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150: "Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l'efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari")

1 
L’art. 1, comma 9, lettera t) della legge delega, che impone «criteri più stringenti ai fini dell’adozione del decreto di riapertura delle indagini», ha portato a riformulare l’art. 414 c.p.p.
In proposito, giova premettere che - come sottolineato sin dalla Relazione al Progetto preliminare del nuovo codice di rito (p. 101) - l’autorizzazione alla riapertura delle indagini «[va] concessa anche quando non siano emersi nuovi elementi e l’organo d’accusa si limiti a prospettare al giudice un nuovo piano di indagine che può scaturire dalla diversa interpretazione degli elementi già acquisiti».


Ebbene, nel dare attuazione all’indicazione di delega, per un verso, è parso opportuno mantenere inalterata tale essenziale caratteristica del provvedimento in questione, per altro verso prevedere che il giudice debba svolgere una valutazione delle «nuove investigazioni» prospettate dal pubblico ministero, respingendo la richiesta allorquando «non [sia] ragionevolmente prevedibile la individuazione di nuove fonti di prova che, da sole o unitamente a quelle già acquisite, possono determinare l’esercizio dell’azione penale».


Il criterio di selezione introdotto mira, in tal modo, a escludere la riapertura del procedimento penale in presenza di (positivi) elementi indicativi della sostanziale inutilità delle stesse, così prevenendo i possibili pregiudizi che dalla decisione di riapertura possono conseguire a carico della persona già in precedenza sottoposta a indagini. Inoltre, al fine di presidiare adeguatamente il rispetto della garanzia in questione, con il nuovo comma 2 bis si è previsto che gli atti di indagine compiuti in mancanza del provvedimento di riapertura delle indagini siano inutilizzabili.

Massime relative all'art. 414 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 17511/2017

Il difetto di autorizzazione alla riapertura delle indagini determina l'inutilizzabilità degli atti eventualmente compiuti dopo il provvedimento di archiviazione e determina l'improcedibilità dell'azione penale per lo stesso fatto di reato da parte del medesimo Ufficio del Pubblico Ministero. (Nella specie la Corte ha ritenuto corretto ravvisare l'identità dell'ufficio requirente nel caso di accorpamento della procura originariamente procedente ad altro Ufficio del Pubblico Ministero a seguito della modifica delle circoscrizioni giudiziarie ).

Cass. pen. n. 3255/2014

La sanzione di inutilizzabilità derivante dalla violazione dell'art. 414 c.p.p. colpisce solo gli atti che riguardano lo stesso fatto oggetto dell'indagine conclusa con il provvedimento di archiviazione, e non anche fatti diversi o successivi, benché collegati con i fatti oggetto della precedente indagine. Tale principio vale anche per i reati permanenti - come quello di lottizzazione abusiva oggetto del caso di specie - in relazione ai quali il provvedimento di archiviazione relativo ad indagini concernenti fatti od elementi temporalmente definiti non impone di richiedere il decreto di riapertura delle indagini, se queste riguardano fatti o elementi diversi o successivi.

Cass. pen. n. 14991/2012

È inoppugnabile, per il principio di tassatività dei mezzi di impugnazione, il provvedimento con cui il giudice per le indagini preliminari autorizza la richiesta del pubblico ministero di riaprire le indagini a seguito della disposta archiviazione.

Cass. pen. n. 6547/2012

Nell'ipotesi di reato permanente, l'archiviazione non seguita dalla riapertura delle indagini ai sensi dell'art. 414 cod. proc. pen. non preclude la possibilità di valutare i comportamenti ed i fatti successivi all'archiviazione, che valgano a dimostrare la consumazione del reato anche alla luce delle condotte pregresse poste in essere dall'imputato. (Fattispecie in tema di partecipazione ad associazione mafiosa, in cui la S.C. ha ritenuto infondata l'eccezione di improcedibilità dell'azione penale).

Cass. pen. n. 33885/2010

Il difetto di autorizzazione alla riapertura delle indagini determina l'inutilizzabilità degli atti di indagine eventualmente compiuti dopo il provvedimento di archiviazione e preclude l'esercizio dell'azione penale per lo stesso fatto di reato, oggettivamente e soggettivamente considerato, da parte del medesimo ufficio del pubblico ministero. (La Corte ha poi precisato che il provvedimento di archiviazione adottato nel regime normativo del codice di rito penale del 1930 non produce l'indicato effetto preclusivo).

Cass. pen. n. 27672/2007

In tema di autorizzazione alla riapertura delle indagini preliminari, una volta intervenuto il relativo decreto, non suscettibile di gravame in ragione del principio di tassatività delle nullità e dei casi di impugnabilità, inizia a decorrere un nuovo termine di durata delle indagini, dal momento che la precedente fase investigativa è stata conclusa con il decreto di archiviazione e che dalla riapertura delle indagini deriva un procedimento formalmente nuovo, come evidenziato dalla necessità di procedere a nuova iscrizione a norma dell'art. 335 c.p.p.

Cass. pen. n. 25869/2006

Sussiste continuità funzionale ed identitaria, dopo la riforma di cui alla legge n. 479 del 1999, tra l'ufficio del G.i.p. presso il Tribunale e l'ufficio del G.i.p. presso la Pretura, precedentemente previsto. Ne consegue che è necessaria l'autorizzazione alla riapertura delle indagini — con conseguente inutilizzabilità degli atti assunti in mancanza di essa — in ipotesi di archiviazione, per la medesima notitia criminis pronunziata, prima della riforma legislativa citata, dal G.i.p. presso la Pretura.

Cass. pen. n. 23975/2004

In tema di archiviazione per essere rimasti ignoti gli autori del reato, non è richiesta l'autorizzazione del Gip alla riapertura delle indagini, sia perché tale ipotesi è diversa dagli altri casi di archiviazione previsti dagli artt. 408-411 c.p.p. - volti a garantire la posizione di persona sottoposta alle indagini già individuata - sia perché un'opposta conclusione - concretizzantesi nel divieto di svolgere indagini sul fatto nei confronti di chiunque - si porrebbe in contrasto con il principio costituzionale di obbligatorietà dell'azione penale e con la stessa struttura del provvedimento previsto dall'art. 414 c.p.p., che esplica i suoi effetti nei confronti di persona già determinata e non preclude lo svolgimento di nuove investigazioni nei confronti di altri soggetti.

Cass. pen. n. 16851/2004

Gli elementi acquisiti dal pubblico ministero dopo il decreto di archiviazione, in assenza dell'autorizzazione alla riapertura delle indagini prevista dall'art. 414, comma primo, c.p.p., sono inutilizzabili nel procedimento penale ma non in quello di prevenzione, in cui il giudice non valuta la colpevolezza ma la pericolosità del soggetto.

Cass. pen. n. 7958/2004

In tema di riapertura delle indagini, l'inutilizzabilità degli elementi di prova è limitata a quegli atti di indagine compiuti dal pubblico ministero in ordine alla medesima notitia criminis per la quale è stata in precedenza disposta l'archiviazione, ove siano effettuati senza che sia stato adottato un formale provvedimento di riapertura delle indagini. L'inutilizzabilità riguarda, dunque, unicamente gli atti d'indagine geneticamente compiuti in riferimento ai fatti per i quali vi è stata archiviazione, ma non anche quelli acquisiti e formati in un autonomo procedimento probatorio riferito a fatti diversi e per i quali si pone unicamente una quaestio facti relativa alla valutazione dei contenuti della fonte probatoria riguardante gli episodi oggetto della nuova contestazione.

Cass. pen. n. 36784/2003

In tema di riapertura delle indagini, sono utilizzabili le conversazioni telefoniche, benché intercettate prima della data di emissione del decreto di archiviazione nonché del successivo decreto di riapertura delle indagini, che non erano state sottoposte al Gip e quindi non erano state valutate ai fini dell'archiviazione.

Cass. pen. n. 17900/2002

Non è richiesta l'autorizzazione del giudice per le indagini preliminari alla riapertura delle indagini, dopo il provvedimento di archiviazione disposto per essere ignoti gli autori del reato.

Cass. pen. n. 3839/2002

In tema di “giudicato cautelare”, l'eccezione di inutilizzabilità degli elementi probatori a carico dell'indagato — con conseguente inefficacia della misura custodiale — per la mancata richiesta di riapertura delle indagini ai sensi dell'art. 414 c.p.p. da parte dell'ufficio del pubblico ministero in sede, posta a fondamento dell'istanza di revoca della misura cautelare e respinta dal giudice dell'udienza preliminare, può essere legittimamente riproposta quale motivo di appello, ai sensi dell'art. 310 del codice di rito, sebbene non fosse stata dedotta in sede di riesame, in quanto la preclusione relativa al “giudicato cautelare” copre solo il dedotto e non il deducibile

Cass. pen. n. 36723/2001

In tema di riapertura delle indagini, ai sensi dell'art. 414 c.p.p., deve ritenersi che eventuali irregolarità afferenti il provvedimento con il quale il giudice per le indagini preliminari autorizzi la suddetta riapertura, siccome non sanzionate dalla legge con previsione di nullità, non possano costituire motivo d'impugnazione del provvedimento medesimo. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto avverso un provvedimento di riapertura delle indagini non giustificato, secondo il ricorrente, dalla effettiva emergenza di elementi di novità — peraltro ritenuti invece sussistenti dalla Corte medesima — rispetto alle risultanze sulla base delle quali era stata disposta in precedenza l'archiviazione).

Cass. pen. n. 4717/1999

La pronuncia del decreto di archiviazione determina una preclusione processuale all'utilizzazione degli elementi acquisiti successivamente ad esso e prima dell'adozione del decreto di autorizzazione alla riapertura delle indagini di cui all'art. 414 c.p.p., la cui emissione funge da condizione di procedibilità per la ripresa delle investigazioni in ordine allo stesso fatto e nei confronti delle stesse persone, nonché per l'adozione di ogni consequenziale provvedimento, compresa l'applicazione di misure cautelari. (Fattispecie relativa a ritenuta nullità di provvedimento di coercizione personale adottato sulla base di dichiarazioni assunte dalla polizia giudiziaria prima che il P.M. avesse ottenuto dal Gip l'autorizzazione alla riapertura delle indagini).

Cass. pen. n. 7567/1999

L'archiviazione degli atti per essere rimasti ignoti gli autori del reato, rappresentando ipotesi oggettivamente diversa da tutti gli altri casi di archiviazione previsti dalla legge, non determina alcuna preclusione processuale alla ripresa delle indagini, quando emergano elementi di indizio a carico di un soggetto determinato. Infatti l'art. 414 c.p.p. prevede che il Gip autorizzi la riapertura delle indagini solo per le ipotesi in cui il provvedimento di archiviazione sia stato emesso a norma degli articoli precedenti (infondatezza della notizia di reato, difetto di procedibilità, estinzione del reato, mancata previsione del fatto come reato).

Cass. pen. n. 736/1999

In tema di ricorso per cassazione, quando — assumendo che il provvedimento impugnato è stato adottato a seguito di attività di indagine condotta prima che fosse intervenuto il decreto autorizzativo della riapertura della fase delle indagini preliminari — si deduce la inosservanza di norme processuali stabilite a pena di inutilizzabilità, per sostenere che gli atti adottati successivamente ad un'attività di indagine non consentita siano invalidi o viziati, occorre dimostrare che essi abbiano effettivamente tenuto conto della attività illegittimamente espletata, apparendo indispensabile accertare se il giudice di merito, al fine di formare il proprio convincimento in relazione ad un provvedimento adottato, abbia concretamente fatto uso degli atti acquisiti al di fuori del codice di rito. Incombe dunque sul ricorrente l'onere di specificare se e quali atti siano stati effettivamente posti a base della decisione che intende impugnare. (Nella fattispecie, la Corte ha rigettato il ricorso, tendente all'annullamento di un provvedimento di sequestro preventivo, osservando che la censura mossa dal ricorrente con diversi motivi era assolutamente generica e non supportata da sufficienti argomentazioni circa l'effettivo utilizzo, da parte della impugnata ordinanza, degli atti di indagine espletati prima della autorizzazione alla riapertura delle indagini).

Cass. pen. n. 1353/1999

La norma sulla riapertura delle indagini, di cui all'art. 414 c.p.p., è da interpretarsi in stretto collegamento con le regole della competenza territoriale. Ne consegue che l'autorizzazione del giudice non è necessaria allorché le nuove indagini (sullo stesso imputato e per lo stesso fatto) siano iniziate da un pubblico ministero territorialmente diverso

Cass. pen. n. 393/1999

La mancata osservanza della norma dell'art. 414 c.p.p., relativa alla necessità di decreto del G.i.p. per la riapertura delle indagini, non comporta nullità del procedimento, ma determina solamente l'inutilizzabilità degli atti di indagine compiuti dal P.M.

Cass. pen. n. 1002/1998

Il tenore letterale dell'art. 414, comma primo, c.p.p., che prevede il decreto motivato del giudice per la riapertura delle indagini «dopo il provvedimento di archiviazione emesso a norma degli articoli precedenti», e la collocazione della fattispecie della pronuncia di tale provvedimento nell'ipotesi in cui sia ignoto l'autore del reato nel successivo art. 415, inducono ad escludere che il P.M. debba richiedere il decreto di riapertura delle indagini quando l'archiviazione sia stata disposta perché ignoto l'autore del reato. Ciò è confermato dalla ratio legis nelle due diverse ipotesi. Infatti, mentre nel primo caso l'archiviazione è basata sull'infondatezza della notitia criminis riferibile ad una persona, ed è pronunciata a conclusione di un procedimento e la relativa decisione esprime un controllo di legittimità della richiesta - al pari di quanto compete al giudice per le indagini preliminari in caso di richiesta di giudizio, con la conseguenza che il relativo provvedimento è destinato a produrre una preclusione rimovibile solo con la prescritta autorizzazione - nel secondo caso, invece, il decreto di archiviazione è diretto a congelare l'attività di indagine per motivi del tutto contingenti ed è volto a legittimare tale «blocco» solamente rebus sic stantibus, senza preclusione alcuna in ordine allo svolgimento di ulteriori attività, ricollegabili direttamente all'obbligatorietà dell'azione penale.

Cass. pen. n. 239/1997

Senza la prescritta autorizzazione del giudice il pubblico ministero non è legittimato alla riapertura delle indagini ed il Gip investito della richiesta di rinvio a giudizio o di qualsiasi altra richiesta correlata ad una siffatta non autorizzata riapertura, rilevata la mancanza del relativo decreto e cioè di una condizione di procedibilità, deve ai sensi dell'art. 425 c.p.p. emettere sentenza di non luogo a procedere.

Cass. pen. n. 5668/1996

Poiché la riapertura delle indagini preliminari non costituisce l'inizio di un nuovo procedimento penale, la competenza ad emettere i provvedimenti conseguenti alla richiesta del P.M. di riaprire le indagini appartiene allo stesso giudice che ha emesso la sentenza di non luogo a procedere. (Fattispecie relativa alla riapertura di procedimento per delitti di criminalità organizzata previsti dall'art. 51, comma terzo bis, in relazione alla quale la S.C., nell'enunciare il principio di cui in massima, ha escluso l'applicabilità della regola per cui le funzioni di giudice per le indagini preliminari sono svolte da un magistrato del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente, trattandosi di procedimento iniziatosi successivamente alla data di entrata in vigore del D.L. n. 367 del 1991, introduttivo del nuovo criterio di competenza territoriale).

Cass. pen. n. 8511/1996

Il decreto di archiviazione ha efficacia (limitatamente) preclusiva solo nei confronti dell'autorità giudiziaria che ha provveduto all'archiviazione. Invero, l'autorizzazione alla riapertura delle indagini, rimuovendo gli effetti della precedente valutazione di infondatezza della notizia di reato e quindi ponendosi giuridicamente come atto equipollente alla revoca, non può che provenire dallo stesso giudice che ha emesso il provvedimento di archiviazione ed inserire ad un sindacato sul potere di esercizio dell'azione penale di cui è esponenziale il pubblico ministero titolare delle relative funzioni presso quell'ufficio giudiziario. Quanto sopra trova conferma nel testo letterale dell'art. 414 comma secondo c.p.p. il quale dispone che «quando è autorizzata la riapertura delle indagini, il pubblico ministero procede a nuova iscrizione a norma dell'art. 335». Orbene l'oggettivazione «nuova» postula non solo la successione cronologica delle iscrizioni sullo stesso registro, ma — conseguentemente — l'identità dell'ufficio del P.M. procedente che abbia iscritto sia la prima che la «nuova» notizia di reato.

Cass. pen. n. 4595/1994

La riapertura delle indagini in violazione dell'art. 414 c.p.p. non comporta l'inammissibilità della successiva richiesta di rinvio a giudizio, bensì l'inutilizzabilità degli atti di indagine eventualmente compiuti dal P.M., dopo la scadenza dei termini.

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M. R. chiede
venerdì 13/10/2023
“Buongiorno redazione,


ho appena ricevuto un controverso respingimento di una richiesta di riapertura delle indagini da parte della pm titolare del fascicolo.

Nel proprio pronunciamento, la stessa ammette, a mio parere, due cose assai gravi:

1) che la precedente "richiesta di archiviazione (dalla stessa determinata) conteneva un errore di fatto, concernente l'erronea attribuzione dell'appunto relativo alle prestazioni di giugno, luglio, settembre 2007";

2) ma, che, comunque, "ciò non inficia la valutazione delle fonti di prova, già complete, effettuata".

In pratica, se per un verso ammette di aver erroneamente considerato di mia redazione i conteggi provvigionali trimestrali, piuttosto che di provenienza del legale rappresentante della casa mandante (e questo mi sembra clamoroso), per un altro verso, nonostante abbia fondato la propria precedente richiesta di archiviazione proprio su questo presupposto errato ("nessun raggiro è stato posto in essere, tanto è vero che la fattura relativa alle provvigioni veniva emessa sulla base di un conto eseguito dallo stesso denunciante e al predetto consegnata ogni trimestre"), la pm non intende "cedere", ma persistere nella strada già intrapresa, visto che "anche qualora, come è assai probabile, una consulenza grafologica disposta dalla procura facesse emergere quanto già illustrato dall'istante sia in sede di querela che in sede di opposizione alla richiesta di archiviazione, la controversia tra le parti continuerebbe ad avere un carattere meramente civilistico e, pertanto, non appare ragionevolmente prevedibile che l'individuazione di tale nuova fonte di prova, anche unitamente a quelle già acquisite, determini l'esercizio della azione penale".

A questo punto, vi domando se posso in qualche modo oppormi a questa decisione, che sembra andare persino contro il dettato normativo previsto dall'art.414 cpp (visto che la stessa implicitamente riconosce che la perizia di parte ha introdotto un valido, nuovo elemento di prova, tale da modificare il precedente quadro investigativo), oppure non mi resta altro che segnalare tale forzatura, unitamente ad altre gravi omissioni ed anomalie riscontrate nel fascicolo e nella precedente richiesta di archiviazione, alla procura competente e/o al Consiglio superiore della magistratura?


Grazie”
Consulenza legale i 20/10/2023
Rispetto alla richiesta di parere va detto quanto segue.

In primo luogo bisogna sottolineare che la decisione di riaprire le indagini preliminari è esclusivo appannaggio del Pubblico Ministero. E’ quest’ultimo, infatti, che decide sull’ azione penale ed è l’unico soggetto legittimato su questo fronte.

Questa è la ragione per cui l’eventuale decisione dell’accusa di non riaprire le indagini costituisce un atto non impugnabile.

In tal senso, peraltro, depone chiaramente l’art. 414 c.p.p. secondo il quale il PM può riaprire le indagini solo allorché le nuove fonti di prova potrebbero determinare un mutamento della decisione di archiviare il caso e non menziona alcun rimedio in caso di diniego.

Ora, nel caso di specie non si ravvede alcuna anomalia nella decisione della Procura e ci spieghiamo meglio.

Vero è che il Pubblico Ministero, nel rigettare la richiesta di riapertura, ammette un errore investigativo sulla paternità di un documento, ma allo stesso modo specifica che tale circostanza non ha alcun valore rispetto alle indagini effettuate in quanto, sempre stando all’accusa, la questione non ha alcun riverbero penale essendo una mera controversia di natura civilistica.

Il PM, quindi, fa un ragionamento di sostanza e, in estrema sintesi, sostiene che l’errore in cui è incorso nelle indagini comunque non sposta il baricentro della questione che, a monte, non ha alcun riverbero penale.

E’ per questo che, dal punto di vista formale, la decisione di non riaprire le indagini sembra più che legittima in considerazione del fatto che sarebbe inutile investigare su una questione meramente civilistica e che, quindi, nessun elemento di prova sarebbe determinante sul fronte penale e sulla decisione di riaprire le indagini.