(massima n. 2)
In tema di ricorso per cassazione, quando — assumendo che il provvedimento impugnato è stato adottato a seguito di attività di indagine condotta prima che fosse intervenuto il decreto autorizzativo della riapertura della fase delle indagini preliminari — si deduce la inosservanza di norme processuali stabilite a pena di inutilizzabilità, per sostenere che gli atti adottati successivamente ad un'attività di indagine non consentita siano invalidi o viziati, occorre dimostrare che essi abbiano effettivamente tenuto conto della attività illegittimamente espletata, apparendo indispensabile accertare se il giudice di merito, al fine di formare il proprio convincimento in relazione ad un provvedimento adottato, abbia concretamente fatto uso degli atti acquisiti al di fuori del codice di rito. Incombe dunque sul ricorrente l'onere di specificare se e quali atti siano stati effettivamente posti a base della decisione che intende impugnare. (Nella fattispecie, la Corte ha rigettato il ricorso, tendente all'annullamento di un provvedimento di sequestro preventivo, osservando che la censura mossa dal ricorrente con diversi motivi era assolutamente generica e non supportata da sufficienti argomentazioni circa l'effettivo utilizzo, da parte della impugnata ordinanza, degli atti di indagine espletati prima della autorizzazione alla riapertura delle indagini).