Brocardi.it - L'avvocato in un click! CHI SIAMO   CONSULENZA LEGALE

Articolo 324 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Cosa giudicata formale

Dispositivo dell'art. 324 Codice di procedura civile

Si intende passata in giudicato la sentenza che non è più soggetta né a regolamento di competenza, né ad appello, né a ricorso per cassazione, né a revocazione per i motivi di cui ai numeri 4 e 5 dell'articolo 395 [124 disp. att.] (1).

Note

(1) La formula "cosa giudicata formale" indica una decisione non più impugnabile in quanto i mezzi di impugnazione sono già stati proposti o non sono più proponibili per la scadenza dei relativi termini. Il giudicato formale è causa di quello sostanziale, che consiste nel valore vincolante della sentenza tra le parti, i loro eredi o aventi causa (art. 2909 del c.c.).

Ratio Legis

La cosa giudicata formale e la cosa giudicata sostanziale sono le due facce della stessa medaglia: si tratta di un unico fenomeno, che mira ad assicurare l'incontrovertibilità della sentenza e l'immutabilità dei suoi effetti.

Brocardi

Non potest uno iudicio res iudicata in partem valere, in partem non valere
Post absolutum dimissumque iudicium, nefas est litem alteram consurgere ex litis primae materia
Pro veritate habebitur
Res iudicata
Res iudicata est quae finem controversiarum pronuntiatione iudicis accipit
Res iudicata facit de albo nigrum, originem creat, aequat quadrata rotundis, naturalia sanguinis vincula et falsum in verum mutat
Res iudicata pro veritate accipitur
Res iudicatas instaurare, exemplo grave est

Spiegazione dell'art. 324 Codice di procedura civile

La sentenza contro la quale non è più possibile esercitare il potere di impugnazione, o per mancato esercizio nei termini di legge o per esaurimento del potere stesso, si intende passata in giudicato formale.

Rispetto all’art. 323 del c.p.c., la norma in esame contiene una più specifica elencazione dei mezzi di impugnazione, in quanto individua i c.d. mezzi di impugnazione ordinari, la cui proposizione nei termini serve proprio ad impedire il passaggio in giudicato della sentenza.

Caratteristica dei mezzi di impugnazione ordinari è quella di essere esperibili entro un termine relativamente breve, il cui inutile decorso determina per la sentenza un grado di stabilità che è appunto il giudicato.
Tale grado di stabilità, tuttavia, non è assoluto, considerato che anche le sentenze passate in giudicato formale possono essere soggette a revocazione straordinaria, opposizione di terzo, revocazione del P.M. Sono questi i c.d. mezzi di impugnazione straordinari, la cui proposizione è possibile anche dopo il passaggio in giudicato della sentenza.

Al giudicato formale consegue il parallelo fenomeno della cosa giudicata sostanziale, per effetto del quale l'accertamento contenuto nella sentenza (ormai incontrovertibile) fa stato tra le parti, i loro eredi e i loro aventi causa (così art. 2909 del c.c.).
Si tratta di due aspetti dello stesso fenomeno, costituito dalla incontrovertibilità della sentenza e dall'immutabilità dei suoi effetti.
A differenza della cosa giudicata formale, la cosa giudicata sostanziale è propria soltanto delle sentenze di merito (le sentenze a contenuto meramente processuale, ossia le sentenze di mero rito, quando passano in giudicato non producono gli effetti propri del giudicato sostanziale).

Dal giudicato formale occorre distinguere gli effetti della sentenza, in quanto questa può produrre effetti anche prima del momento in cui si forma il giudicato (basti pensare all'efficacia esecutiva, alla possibilità di iscrizione di ipoteca che consegue alla sentenza di condanna, agli effetti della sentenza di fallimento).

Provvedimenti idonei al passaggio in giudicato sono innanzitutto le sentenze, siano esse di rito o di merito, definitive e non definitive. Possono passare in giudicato sia le sentenze di primo che quelle di secondo grado, contro le quali non siano stati proposti i rispettivi mezzi di impugnazione.
Ex art. 702 quater del c.p.c. può passare in giudicato anche l'ordinanza che conclude il nuovo procedimento sommario di cognizione, mentre non è mai idonea ad acquisire efficacia di giudicato l'ordinanza che concede una misura cautelare, anche se a contenuto anticipatorio.

Per quanto concerne le sentenze della Corte di Cassazione, non si può propriamente parlare di passaggio in giudicato, in quanto non sono soggette ai mezzi di impugnazione indicati dalla norma in esame e non contengono la decisione di una causa.

Sia il giudicato interno che quello esterno sono rilevabili d'ufficio dal giudice; questa tesi si contrappone al precedente orientamento giurisprudenziale secondo cui solo il giudicato interno era rilevabile d'ufficio dal giudice, mentre l'eccezione di giudicato esterno costituiva un'eccezione in senso stretto.

Massime relative all'art. 324 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 33422/2019

In caso di chiamata in garanzia impropria, essendo l'azione principale e quella di garanzia fondate su titoli diversi, le due cause, benché proposte all'interno di uno stesso giudizio, rimangono distinte e scindibili, con la conseguenza che, ove manchi da parte del convenuto rimasto soccombente l'impugnazione sulla domanda principale, il giudicato che si forma sulla stessa non estende i suoi effetti al chiamato in garanzia impropria in ordine al rapporto con il chiamante, ed il chiamato può impugnare la statuizione sul rapporto principale solo nell'ambito del rapporto di garanzia e per i riflessi che la decisione può avere su di esso.

Cass. civ. n. 13750/2019

Il giudicato interno sulla giurisdizione si forma tutte le volte in cui il giudice di primo grado abbia pronunciato nel merito, affermando anche implicitamente la propria giurisdizione, e le parti abbiano prestato acquiescenza a tale statuizione, non impugnando la sentenza sotto questo profilo, sicché non può validamente prospettarsi l'insorgenza sopravvenuta di una questione di giurisdizione all'esito del giudizio di secondo grado, perché tale questione non dipende dall'esito della lite, ma da due invarianti primigenie, costituite dal "petitum" sostanziale della domanda e dal tipo di esercizio di potere giurisdizionale richiesto al giudice. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto inammissibile il ricorso, in quanto non erano stati trascritti i motivi di appello con i quali era stata contestata la decisione di primo grado sotto il profilo della giurisdizione e non risultando, peraltro, dalla pronuncia impugnata le doglianze sollevate con il gravame).

Cass. civ. n. 11161/2019

Per il principio del "ne bis in idem", secondo cui il giudicato copre il dedotto e il deducibile, ossia anche ciò che poteva essere dedotto in quanto afferente all'identica "causa petendi", l'efficacia panprocessuale delle pronunce della S.C. sulla giurisdizione non si realizza soltanto qualora la nuova domanda sia proposta in termini identici sotto tutti i profili della struttura dell'azione ("personae", "causa petendi" e "petitum"), atteso che non conta tanto il modo in cui essa è presentata, ma l'esatta qualificazione della domanda e dei fatti posti a base della stessa ("petitum" sostanziale), sicché, ove la S.C. abbia già statuito sulla giurisdizione in altro e precedente giudizio, è inammissibile il regolamento preventivo ex art. 41 c.p.c. proposto in un successivo giudizio, instaurato dallo stesso attore sulla base degli identici fatti narrati nel primo, quand'anche l'atto introduttivo del secondo giudizio abbia evocato solo il convenuto principale nel primo (ma sia poi risultato legittimamente estensibile a tutte le altre parti, chiamate in causa dal convenuto principale), con il medesimo "petitum" (sebbene parzialmente ridotto solo nel "quantum") e sostanzialmente la medesima "causa petendi" (per quanto diversamente qualificata rispetto alla domanda del primo giudizio).

Cass. civ. n. 10641/2019

La statuizione su una questione di rito dà luogo soltanto al giudicato formale ed ha effetto limitato al rapporto processuale nel cui ambito è emanata; essa, pertanto, non essendo idonea a produrre gli effetti del giudicato in senso sostanziale, non preclude la riproposizione della domanda in altro giudizio. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto che la statuizione di improponibilità della domanda per il conseguimento della rivalutazione contributiva ex art. 13, comma 8, della l. n. 257 del 1992, resa nel precedente giudizio per assenza del presupposto processuale costituito dalla previa istanza amministrativa, precludesse la riproposizione dell'azione).

Cass. civ. n. 9680/2019

Nel caso di questione di giurisdizione prospettata sotto il profilo del c.d.eccesso di potere giurisdizionale, la possibile formazione, e la conseguente rilevazione da parte della Corte di cassazione, di un giudicato interno sulla giurisdizione per effetto della sentenza di primo grado, è configurabile solo quando l'eccesso sia stato commesso dal giudice speciale di primo grado, la sentenza non sia stata impugnata in appello sul punto ed il giudice speciale di secondo grado abbia a sua volta giudicato, confermando la decisione; qualora, invece, l'eccesso di potere giurisdizionale sia contestato in riferimento alla sentenza di secondo grado, assumendosi che vi sia incorso direttamente il giudice d'appello oppure, qualora l'eccesso sia stato commesso dal primo giudice, il vizio sia stato fatto valere mediante l'appello ma il giudice di secondo grado abbia disatteso il relativo motivo di impugnazione, così avallando a sua volta l'eccesso, la formazione di un giudicato interno si verifica se la sentenza di appello non venga impugnata sul punto in Cassazione.

Cass. civ. n. 8766/2019

Il giudicato, oltre ad avere una sua efficacia diretta nei confronti delle parti, loro eredi e aventi causa, è dotato anche di un'efficacia riflessa, nel senso che la sentenza, come affermazione oggettiva di verità, produce conseguenze giuridiche nei confronti di soggetti rimasti estranei al processo in cui è stata emessa, allorquando questi siano titolari di un diritto dipendente dalla situazione definita in quel processo o comunque di un diritto subordinato a tale situazione, con la conseguenza reciproca che l'efficacia del giudicato non si estende a quanti siano titolari di un diritto autonomo rispetto al rapporto giuridico definito con la prima sentenza. (Nella specie, la S.C., in relazione alla pronunzia di accoglimento della domanda di restituzione del prezzo del biglietto pagato da alcuni spettatori per assistere ad uno spettacolo lirico in teatro all'aperto, interrotto da gravi avverse condizioni atmosferiche, ha confermato l'efficacia riflessa della sentenza, passata in giudicato, con la quale era stata accolta analoga domanda, proposta da altri spettatori e per identici motivi a fronte dell'automatico operare dell'effetto risolutivo ex art. 1463 c.c.).

Cass. civ. n. 7925/2019

La decisione della causa nel merito non comporta la formazione del giudicato implicito sulla legittimazione ad agire ove tale "quaestio iuris", pur avendo costituito la premessa logica della statuizione di merito, non sia stata sollevata dalle parti, posto che una questione può ritenersi decisa dal giudice di merito soltanto ove abbia formato oggetto di discussione in contraddittorio.

Cass. civ. n. 7499/2019

In tema di giudicato interno, ai fini della verifica dell'avvenuta impugnazione, o meno, di una statuizione contenuta nella sentenza di primo grado, la S.C. non è vincolata all'interpretazione compiuta dal giudice di appello, ma ha il potere-dovere di valutare direttamente gli atti processuali per stabilire se, rispetto alla questione su cui si sarebbe formato il giudicato, la funzione giurisdizionale si sia esaurita per effetto della mancata devoluzione della questione nel giudizio di appello, con conseguente preclusione di ogni esame della stessa, purché il ricorrente non solo deduca di aver ritualmente impugnato la statuizione, ma - per il principio di autosufficienza - indichi elementi e riferimenti atti ad individuare, nei suoi termini esatti e non genericamente, il contenuto dell'atto di appello a questo preciso proposito, non essendo tale vizio rilevabile "ex officio". (Nella specie, riguardante l'appello avverso sentenza ex art. 99 l. fall. fondata su due autonome "rationes decidendi", l'una relativa all'inammissibilità della domanda perché nuova rispetto a quella svolta in sede di insinuazione al passivo, l'altra al merito del credito vantato, il ricorrente, assumendo che la corte d'appello avesse erroneamente ritenuto la decisione del tribunale fondata anche sulla prima "ratio", ha inammissibilmente sostenuto di averla indirettamente censurata lamentando l'omessa valutazione di risultanze probatorie documentali).

Cass. civ. n. 27161/2018

Il giudicato esterno, al pari di quello interno, risponde alla finalità d'interesse pubblico di eliminare l'incertezza delle situazioni giuridiche e di rendere stabili le decisioni, sicché il suo accertamento non costituisce patrimonio esclusivo delle parti e non è subordinato ai limiti fissati dall'art. 345 c.p.c. per le prove nuove in appello, di tal che il giudice, al quale ne risulti l'esistenza, non è vincolato dalla posizione assunta dalle parti in giudizio, dovendo procedere al suo rilievo e valutazione anche d'ufficio, in ogni stato e grado del processo. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che, nell'ambito di un giudizio per querela di falso, non aveva preso in esame la sentenza penale divenuta definitiva nel corso del giudizio di secondo grado ed eccepita dalla parte interessata, con cui la convenuta, imputata del reato di cui all'art. 481 c.p., era stata assolta perché il fatto non sussiste).

Cass. civ. n. 26992/2018

In tema di limiti soggettivi del giudicato, gli artt. 1306 e 1310 c.c. - che con riferimento alle obbligazioni solidali, e quindi a un rapporto con pluralità di parti ma scindibile, prevedono che i condebitori i quali non abbiano partecipato al giudizio tra il creditore e altro condebitore possano opporre al primo la sentenza favorevole al secondo (ove non basata su ragioni personali) - costituiscono espressione di un più generale principio, operante "a fortiori" con riguardo a rapporti caratterizzati da inscindibilità, secondo cui alla parte non impugnante si estendono gli effetti derivanti dall'accoglimento dell'impugnazione proposta da altre parti contro una sentenza sfavorevole emessa nei confronti di entrambi.

Cass. civ. n. 24358/2018

Il giudicato interno può formarsi solo su capi di sentenza autonomi, che cioè risolvano una questione controversa avente una propria individualità ed autonomia, così da integrare astrattamente una decisione del tutto indipendente; sono privi del carattere dell'autonomia i meri passaggi motivazionali, ossia le premesse logico-giuridiche della statuizione adottata, come pure le valutazioni di meri presupposti di fatto che, unitamente ad altri, concorrono a formare un capo unico della decisione. (Fattispecie in cui la S.C. ha escluso che vi fosse stata violazione del giudicato interno, per la mancata impugnazione della sentenza di prime cure, nella parte in cui aveva ritenuto insussistente il requisito della eterodirezione, quale indice rilevante, ma non esaustivo, della natura subordinata del rapporto di lavoro, per il cui riconoscimento era stato intentato il giudizio).

Cass. civ. n. 22465/2018

Il principio secondo cui l'autorità del giudicato spiega i suoi effetti non solo sulla pronuncia esplicita della decisione, ma anche sulle ragioni che ne costituiscono sia pure implicitamente il presupposto logico-giuridico, trova applicazione anche in riferimento al decreto ingiuntivo di condanna al pagamento di una somma di denaro, il quale, in mancanza di opposizione o quando quest'ultimo giudizio sia stato dichiarato estinto, acquista efficacia di giudicato non solo in ordine al credito azionato, ma anche in relazione al titolo posto a fondamento dello stesso, precludendo ogni ulteriore esame delle ragioni addotte a giustificazione della relativa domanda in altro giudizio. (Nella specie la S.C. ha ritenuto preclusa dal giudicato, formatosi a seguito dell'estinzione della causa di opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto da un banca in relazione al saldo passivo di un conto corrente, la successiva domanda, proposta dal correntista, tesa ad ottenere la ripetizione delle somme indebitamente trattenute dall'istituto di credito in forza di clausole negoziali invalide).

Cass. civ. n. 16847/2018

L'esistenza del giudicato esterno è, a prescindere dalla posizione assunta in giudizio dalle parti, rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del processo anche nell'ipotesi in cui il giudicato si sia formato successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata, trattandosi di un elemento che può essere assimilato agli elementi normativi astratti, essendo destinato a fissare la regola del caso concreto; sicché, il suo accertamento non costituisce patrimonio esclusivo delle parti, ma, mirando ad evitare la formazione di giudicati contrastanti, conformemente al principio del "ne bis in idem", corrisponde ad un preciso interesse pubblico, sotteso alla funzione primaria del processo e consistente nell'eliminazione dell'incertezza delle situazioni giuridiche, attraverso la stabilità della decisione. (Nella specie, la S.C., in virtù di sentenze "inter partes" acquisite in sede di memoria ex art. 380 bis1 c.p.c., ha rigettato l'impugnazione del secondo licenziamento, intimato a seguito di ripristino giudiziale del rapporto lavorativo, per effetto del giudicato sopravvenuto sulla legittimità del primo licenziamento disciplinare).

Cass. civ. n. 15339/2018

Il giudicato va assimilato agli elementi normativi, sicché la sua interpretazione deve essere effettuata alla stregua dell'esegesi delle norme e non già degli atti e dei negozi giuridici, e gli eventuali errori interpretativi sono sindacabili sotto il profilo della violazione di legge; ne consegue che l'accertamento del giudicato può essere effettuato dal giudice anche d'ufficio e pure in grado di appello.

Cass. civ. n. 4997/2018

Ai fini della verifica della proposizione del regolamento preventivo di giurisdizione nella pendenza del giudizio di primo grado, e della sua conseguente ammissibilità, assume rilievo la data della notifica e non del deposito del ricorso ad esso finalizzato.

Cass. civ. n. 25906/2017

Il giudicato interno preclude la rilevabilità d’ufficio delle relative questioni solo se espresso, cioè formatosi su rapporti tra "questioni di merito" dedotte in giudizio e, dunque, tra le plurime domande od eccezioni di merito, e non quando implicito, cioè formatosi sui rapporti tra "questioni di merito" e "questioni pregiudiziali" o "preliminari di rito o merito" sulle quali il giudice non abbia pronunziato esplicitamente, sussistendo tra esse una mera presupposizione logico-giuridica. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto esente da critiche la rilevazione d'ufficio del difetto di legittimazione ad agire, in quanto in rapporto di mera presupposizione logico-giuridica con il merito, nonostante il dedotto giudicato interno).

Cass. civ. n. 24162/2017

Il giudicato esterno è assimilabile agli "elementi normativi", sicché la sua interpretazione deve effettuarsi alla stregua dell'esegesi delle norme, non già degli atti e dei negozi giuridici, e la sua portata va definita dal giudice sulla base di quanto stabilito nel dispositivo della sentenza e nella motivazione che la sorregge, potendosi far riferimento, in funzione interpretativa, alla domanda della parte solo in via residuale qualora, all'esito dell'esame degli elementi dispositivi ed argomentativi di diretta emanazione giudiziale, persista un'obiettiva incertezza sul contenuto della statuizione.

Cass. civ. n. 12202/2017

Il giudicato non si determina sul fatto ma su una statuizione minima della sentenza, costituita dalla sequenza fatto, norma ed effetto, suscettibile di acquisire autonoma efficacia decisoria nell’ambito della controversia, sicché l’appello motivato con riguardo ad uno soltanto degli elementi di quella statuizione riapre la cognizione sull'intera questione che essa identifica, così espandendo nuovamente il potere del giudice di riconsiderarla e riqualificarla anche relativamente agli aspetti che, sebbene ad essa coessenziali, non siano stati singolarmente coinvolti, neppure in via implicita, dal motivo di gravame. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha escluso che si fosse formato un giudicato implicito sul fatto storico dell’esistenza di un nesso causale tra l’incidente occorso alla ricorrente, caduta uscendo da un esercizio commerciale, e la vetrina espositiva ivi collocata, a fronte di una sentenza di merito che aveva rigettato la domanda di risarcimento danni sul diverso presupposto che le lesioni subite non erano riconducibili alla caduta determinata dall’urto con la vetrina).

Cass. civ. n. 10930/2017

Il giudicato, essendo destinato a fissare la regola del caso concreto, partecipa della natura dei comandi giuridici, e, conseguentemente, la sua interpretazione non si risolve in un giudizio di fatto, ma deve essere assimilata, per natura ed effetti, all'interpretazione delle norme giuridiche, sicché l'erronea presupposizione della sua esistenza, equivalendo all’ignoranza della "regula juris", rileva non quale errore di fatto ma quale errore di diritto, derivandone sostanzialmente un vizio del giudizio sussuntivo, consistente nel ricondurre la fattispecie ad una norma diversa da quella che reca, invece, la sua disciplina, inidoneo, come tale, ad integrare gli estremi dell'errore revocatorio di cui all'art. 395, numero 4, c.p.c.

Cass. civ. n. 10513/2017

La responsabilità di cui all’art. 2043 c.c. e quella ex art. 2050 c.c. presuppongono un unico fatto costitutivo, la causazione del danno, ed un elemento reciprocamente specializzante, dato dal criterio d’imputazione alternativo che, in un caso, è la colpa, e, nell’altro, lo svolgimento di un’attività pericolosa, sicché pronunciare in ordine all’applicabilità della prima norma implica escludere quella della seconda per il medesimo fatto, stante l'unicità dell'oggetto del processo ed il nesso di reciproca esclusione tra le due fattispecie legali, e come l’una domanda può essere modificata con l’introduzione dell’altra in corso di causa, nel rispetto delle previsioni dettate per il giudizio ordinario dall’art. 183 c.p.c., così anche il giudicato formatosi sulla responsabilità per uno dei due titoli esclude la riproponibilità dell’azione per far valere l’altro.

Cass. civ. n. 9954/2017

Il giudicato sostanziale di cui all'art. 2909 c.c., il quale, come riflesso di quello formale previsto dall'art. 324 c.p.c., fa stato ad ogni effetto tra le parti quanto all'accertamento di merito, positivo o negativo, del diritto controverso, si forma soltanto su ciò che ha costituito oggetto della decisione, ricomprendendosi in esso anche gli accertamenti di fatto che abbiano rappresentato le premesse necessarie ed il fondamento logico-giuridico per l'emanazione della pronuncia, precludendo l'esame di quegli stessi elementi in un successivo giudizio quando l'azione ivi dispiegata abbia identici elementi costitutivi. (Nella specie, la S.C. ha escluso che, nell’ambito di un giudizio finalizzato a conseguire l’indennizzo assicurativo per il furto di un’autovettura, potesse ritenersi coperta dal giudicato, intervenuto in altro processo avente ad oggetto il risarcimento dei danni occorsi alla stessa autovettura in conseguenza di un sinistro verificatosi prima del furto, la circostanza della mancata riparazione del mezzo, non rappresentando l’accertamento della stessa premessa necessaria o fondamento logico-giuridico della pronuncia di condanna dell’assicuratore al risarcimento del danno).

Cass. civ. n. 3539/2017

In materia di impugnazione, quando la domanda è rigettata in primo grado in applicazione del termine di prescrizione correlato alla sua qualificazione giuridica, se il giudice d’appello procede d’ufficio ad una diversa qualificazione della stessa, alla quale è riferibile un differente termine prescrizionale, non opera il giudicato interno sul termine di prescrizione individuato dal primo giudice in correlazione alla qualificazione originaria della domanda.

Cass. civ. n. 2735/2017

In tema di giudizio di cassazione, il principio secondo cui l'esistenza del giudicato esterno è, al pari di quello interno, rilevabile d'ufficio, non solo quando emerga da atti prodotti nel giudizio di merito, ma anche nell'ipotesi in cui si sia formato successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata, con correlativa inopponibilità del divieto ex art. 372 c.p.c., non può trovare applicazione laddove la sentenza passata in giudicato venga invocata al fine di dimostrare l'effettiva sussistenza, o meno, dei fatti, poiché, in tal caso, il giudicato ha valenza non già di regola di diritto cui conformarsi bensì solo in relazione a valutazioni di stretto merito. (Nella specie, riguardante la domanda di un concessionario di beni demaniali, a titolo di manutenzione nel possesso, spiegata contro committente ed appaltatrice dell'esecuzione di lavori con effetti sull'area di demanio, la S.C. ha escluso l'ammissibilità della produzione della sentenza definitiva con cui il giudice amministrativo aveva dichiarato l'illegittimità dell'annullamento in autotutela dei titoli abilitativi edilizi, osservando che l'elemento soggettivo sotteso alla domanda non era escluso dai suddetti titoli).

Cass. civ. n. 18693/2016

In caso di rigetto della domanda di arricchimento senza causa, proposta per la prima volta dal creditore opposto nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, emesso con riguardo alla sua domanda di adempimento, senza che la relativa statuizione sia stata impugnata con ricorso incidentale da parte del preteso arricchito, unico soggetto interessato alla sua eventuale censurabilità, si forma il giudicato implicito sulla questione pregiudiziale relativa alla proponibilità della domanda ex art. 2041 c.c., costituendo la mancata impugnazione sintomo di un comportamento incompatibile con la volontà di far valere in sede di impugnazione la questione pregiudiziale (che dà luogo ad un capo autonomo della sentenza e non costituisce un mero passaggio interno della decisione di merito, come si desume dall'art. 279, comma 2, n. 2 e 4, c.p.c.), verificandosi il fenomeno dell'acquiescenza per incompatibilità, con le conseguenti preclusioni sancite dagli artt. 324 e 329, comma 2, c.p.c., in coerenza con i principi dell'economia processuale e della durata ragionevole del processo, di cui all'art. 111 Cost.

Cass. civ. n. 15339/2016

Qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l'accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il "petitum" del primo. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di appello che aveva deciso con sentenza non definitiva sulla validità di un brevetto in presenza di una sentenza passata in giudicato che si era già espressa per la nullità dello stesso).

Cass. civ. n. 10088/2016

Il principio secondo cui le questioni attinenti alla regolare costituzione del rapporto processuale sono rilevabili d'ufficio anche nel giudizio di legittimità va coordinato con i principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo, che comportano un'applicazione in senso restrittivo e residuale di tale rilievo officioso, sicché le suddette questioni restano coperte dal giudicato implicito allorché siano state ignorate dalle parti nei precedenti gradi di giudizio per essersi il contraddittorio incentrato sul merito della lite e su di esse non si sia pronunciato il giudice adito. (In applicazione dell'anzidetto principio, la S.C. ha ritenuto inammissibile la questione, dedotta per la prima volta innanzi ad essa, della tardività della costituzione dell'ingiunto in sede di opposizione al provvedimento monitorio).

Cass. civ. n. 2217/2016

Ai fini della selezione delle questioni, di fatto o di diritto, suscettibili di devoluzione e, quindi, di giudicato interno se non censurate in appello, la locuzione giurisprudenziale "minima unità suscettibile di acquisire la stabilità del giudicato interno" individua la sequenza logica costituita dal fatto, dalla norma e dall'effetto giuridico, ossia la statuizione che affermi l'esistenza di un fatto sussumibile sotto una norma che ad esso ricolleghi un dato effetto giuridico. Ne consegue che, sebbene ciascun elemento di detta sequenza possa essere oggetto di singolo motivo di appello, nondimeno l'impugnazione motivata anche in ordine ad uno solo di essi riapre la cognizione sull'intera statuizione. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, su appello dell'INPS, incentrato sulla mancanza di prova del fatto dannoso, aveva rigettato la domanda di una lavoratrice, di risarcimento del danno esistenziale a causa della ritardata corresponsione del trattamento economico di maternità).

Cass. civ. n. 25304/2015

L'efficacia del giudicato copre anche la questione pregiudiziale in senso logico su cui si fonda la pronuncia, ossia il fatto costitutivo del diritto fatto valere, sicché ove il giudice abbia accertato la sussistenza di un credito, ancorché ceduto ed eccepito in compensazione, sussiste l'interesse ad impugnare della parte che contesti la sua qualità di debitrice ceduta. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di merito che aveva ritenuto carente di interesse ad impugnare la parte chiamata in causa in un giudizio di opposizione a cartella esattoriale, che aveva contestato di essere la debitrice del credito ceduto e opposto in compensazione dell'importo iscritto a ruolo).

Cass. civ. n. 24952/2015

Il giudicato esterno è assimilabile agli "elementi normativi", sicché la sua interpretazione deve effettuarsi alla stregua dell'esegesi delle norme, non già degli atti e dei negozi giuridici, e la sua portata va definita dal giudice sulla base di quanto stabilito nel dispositivo della sentenza e nella motivazione che la sorregge, potendosi far riferimento, in funzione interpretativa, alla domanda della parte solo in via residuale qualora, all'esito dell'esame degli elementi dispositivi ed argomentativi di diretta emanazione giudiziale, persista un'obiettiva incertezza sul contenuto della statuizione.

Cass. civ. n. 24558/2015

L'accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato non estende i suoi effetti e non è vincolante rispetto ai terzi ma, quale affermazione obiettiva di verità, è ugualmente idoneo a spiegare efficacia riflessa anche nei confronti di soggetti estranei al rapporto processuale, sempreché il terzo non sia titolare di un rapporto autonomo ed indipendente rispetto a quello in ordine al quale il giudicato interviene, non essendo ammissibile, in tale evenienza, che egli, salvo diversa ed espressa indicazione normativa, ne possa ricevere pregiudizio giuridico o possa avvalersene a fondamento della sua pretesa. (Nella specie, la S.C. ha escluso che una società in accomandita semplice potesse beneficiare del giudicato concernente la qualificazione di una clausola compromissoria intervenuto nei confronti del socio accomandatario in un giudizio cui la medesima società non aveva partecipato).

Cass. civ. n. 20928/2015

L'eccezione relativa alla titolarità del rapporto sostanziale controverso attiene al merito della controversia ed è soggetta alle preclusioni di legge previste per ciascun grado di giudizio dal codice di rito, sicché la sua riproposizione, ove sia stata rigettata dal giudice di prime cure con statuizione che non abbia formato oggetto di specifico motivo di appello, è preclusa dall'avvenuta formazione del giudicato interno. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto inammissibile l'eccezione di difetto di titolarità, dal lato passivo, del rapporto controverso, diretta a far valere che il Sindaco aveva operato come ufficiale del Governo e non quale rappresentante dell'ente locale con riguardo ad un giudizio per il risarcimento dei danni per illegittimo allontanamento di un minore dalla famiglia).

Cass. civ. n. 19949/2015

Tra l'accertamento della sussistenza del diritto ed i criteri per la sua quantificazione sussiste un legame indissolubile che, in caso di appello limitato alla contestazione delle modalità di calcolo, inibisce il formarsi di un giudicato interno sul primo, o la configurabilità di una forma di acquiescenza, e non preclude l'applicazione della sopravvenuta pronuncia di illegittimità costituzionale della norma che riconosceva il diritto. (Fattispecie in tema di diritto alla riliquidazione della r.i.a. - retribuzione individuale di anzianità - spettante ai dipendenti della Regione Abruzzo, venuto meno a seguito della illegittimità costituzionale dell'art. 43 della l.r. Abruzzo n. 6 del 2005, come sostituito dall'art. 1, comma 2, della l.r. Abruzzo n. 16 del 2008, dichiarata dalla Corte cost. con sentenza n. 211 del 2014).

Cass. civ. n. 17004/2015

L'appello proposto da tutti i soci di una società personale (nella specie, una società semplice) investe la stessa posizione di quest'ultima, che è priva di una soggettività distinta da quella dei primi e si identifica con la compagine sociale, sicché neppure nei suoi confronti può ritenersi formato il giudicato.

Cass. civ. n. 15208/2015

Le sentenze dei giudici ordinari di merito, o dei giudici amministrativi, che statuiscano sulla sola giurisdizione - diversamente da quelle delle sezioni unite della Suprema Corte, alla quale, per la funzione istituzionale di organo regolatore della giurisdizione, spetta il potere di adottare decisioni dotate di efficacia esterna -, non sono idonee ad acquistare autorità di cosa giudicata in senso sostanziale ed a spiegare, perciò, effetti al di fuori del processo nel quale siano state rese, salvo che la decisione, sia pur implicita, sulla giurisdizione si rapporti con una statuizione di merito.

Cass. civ. n. 12919/2015

In materia di impugnazioni, qualora avverso la sentenza di primo grado, che abbia accolto la domanda risarcitoria dell'attore contro il convenuto e quella di garanzia del convenuto contro il terzo garante, quest'ultimo impugni il capo della sentenza che abbia accertato la responsabilità del garantito, ottenendo una sentenza a sé favorevole, così da escludere l'obbligo di versare alcunché a titolo di garanzia, il convenuto, obbligato principale, che pur abbia impugnato la sentenza ma non quel capo, neppure in via incidentale, non può giovarsi della pronuncia favorevole al garante, essendosi sul punto formato nei suoi confronti il giudicato, né trovando applicazione, ex art. 1306, secondo comma, cod. civ., l'effetto espansivo della sentenza favorevole al coobbligato solidale, che giova solo quando emessa in un giudizio in cui non abbiano partecipato i condebitori che intendono opporla.

Cass. civ. n. 12317/2015

La pronuncia emesse dalla Corte di giustizia in sede di rinvio pregiudiziale ex art. 267 del Trattato di funzionamento dell'Unione europea vincola il giudice di merito, il quale ha l'obbligo di conformarsi alla stessa anche ove sia in contrasto con una pronuncia della Suprema Corte a sezioni unite (nella specie, in tema di giurisdizione) passata in giudicato, ritenuta non conforme al diritto dell'Unione come interpretato dalla Corte medesima.

Cass. civ. n. 11365/2015

L'esistenza di un giudicato esterno è rilevabile di ufficio anche in sede di legittimità, e, qualora esso si sia formato dopo la notifica del ricorso per cassazione, i relativi documenti giustificativi possono essere prodotti, dalla parte regolarmente costituitasi, fino all'udienza di discussione; ove, invece, tale produzione venga effettuata, prima della menzionata udienza, dal resistente costituitosi irritualmente (perché con controricorso tardivo o con comparsa depositata per la sola discussione orale), eventualmente in allegato alla memoria ex artt. 378 o 380 bis, secondo comma, cod. proc. civ., di quei documenti non può tenersi conto, salvo che l'irritualità di detta costituzione non sia sanata dalla partecipazione del resistente alla discussione orale.

Cass. civ. n. 9127/2015

Il principio di intangibilità del giudicato riveste una tale importanza, sia nell'ordinamento giuridico dell'Unione Europea che in quelli nazionali, che la Corte di Giustizia ha ripetutamente affermato che il diritto dell'Unione Europea non impone a un giudice nazionale di disapplicare le norme procedurali interne che attribuiscono forza di giudicato a una pronuncia giurisdizionale, nemmeno se ciò permetterebbe di risolvere una situazione di contrasto tra il diritto nazionale e quello dell'Unione.

Cass. civ. n. 5264/2015

Il giudicato non si forma, nemmeno implicitamente, sugli aspetti del rapporto che non hanno costituito oggetto di specifica disamina e valutazione da parte del giudice, cioè di un accertamento effettivo, specifico e concreto, come accade allorquando la decisione sia stata adottata alla stregua del principio della "ragione più liquida", basandosi la soluzione della causa su una o più questioni assorbenti.

Cass. civ. n. 85/2015

Qualora la sentenza di primo grado, che ha dichiarato l'illegittimità del termine di un contratto di lavoro subordinato a tempo determinato, ed ha riconosciuto il conseguente diritto al risarcimento del danno, sia impugnata solo sulla prima questione, non si forma giudicato sulla seconda, in quanto essa non é capo autonomo, ma dipendente da una decisione ancora sottoposta ad appello, sicché, ove fosse travolta la statuizione sull'illegittimità del termine, verrebbe meno il capo sul "quantum", per l'effetto espansivo che la riforma o la cassazione produce sui capi dipendenti, ai sensi dell'art. 336 cod. proc. civ. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto applicabile, nel giudizio di rinvio, lo "ius superveniens" di cui all'art. 32, comma 5, della legge 4 novembre 2010, n. 183, poiché non si era formato giudicato interno sulla questione disciplinata dalla normativa sopravvenuta, pendendo tuttora l'accertamento dell'illegittimità dei termini apposti ai plurimi contratti di lavoro subordinato - successivi al primo - intercorsi tra le parti).

Cass. civ. n. 25144/2014

La sentenza del giudice che statuisca unicamente sulla competenza non contiene alcuna pronuncia di merito, né esplicita né implicita, idonea a passare in giudicato, anche nell'ipotesi che abbia esaminato e deciso delle questioni preliminari di merito ai fini dell'accertamento della competenza, sicché dà luogo ad un giudicato solo formale e non preclude al giudice dichiarato competente l'esame e l'applicazione, per la decisione di merito, delle norme di diritto sostanziale, ancorché in contrasto con le premesse della sentenza sulla competenza. (Nella specie, nella sentenza di incompetenza era stato individuato il luogo di pagamento del saldo).

Cass. civ. n. 24749/2014

La portata del giudicato esterno va definita dal giudice del merito sulla base di quanto stabilito nel dispositivo della sentenza e, eventualmente, nella motivazione che la sorregge, potendosi far riferimento, in funzione interpretativa, alla domanda della parte solo in via residuale qualora, all'esito dell'esame degli elementi dispositivi ed argomentativi di diretta emanazione giudiziale, persista un'obiettiva incertezza sul contenuto della statuizione.

Cass. civ. n. 22838/2014

In tema di riconoscimento di mansioni superiori, il giudicato formatosi in relazione ad un determinato momento contrattuale non preclude la proposizione di una ulteriore domanda, relativa al medesimo rapporto, ma riferita ad un diverso e successivo momento contrattuale, di modo che la pronuncia relativa all'illegittima esclusione da un concorso ed al conseguente risarcimento del danno non impedisce la proposizione di una successiva domanda avente ad oggetto il riconoscimento della qualifica a cui si riferiva la procedura concorsuale dichiarata illegittima, ma basata sull'effettivo svolgimento delle relative mansioni.

Cass. civ. n. 22745/2014

Il passaggio in giudicato di una pronuncia del giudice ordinario o del giudice amministrativo recante statuizioni sul merito di una pretesa riferita ad un determinato rapporto estende i suoi effetti al presupposto della sussistenza della giurisdizione di quel giudice su detto rapporto, a prescindere da un'esplicita declaratoria in tal senso, sicché le parti non possono più contestarla nelle successive controversie tra le stesse, fondate sul medesimo rapporto ed instaurate davanti ad un giudice diverso, in quanto il giudicato esterno ha la medesima autorità di quello interno, perseguendo entrambi il fine di eliminare l'incertezza delle situazioni giuridiche e di garantire la stabilità delle decisioni.

Cass. civ. n. 14806/2014

La sentenza di primo grado che abbia applicato l'istituto della garanzia per vizi della "res vendita" contiene l'accertamento implicito dell'avvenuta conclusione del contratto e della natura contrattuale dell'azione esercitata, sicché, ove tale statuizione non sia stata impugnata neppure in via implicita, il giudice d'appello che, ricostruendo i fatti storici di causa, neghi l'avvenuta formazione del consenso contrattuale e qualifichi l'azione come diretta a far valere una responsabilità precontrattuale, altera la "causa petendi" della domanda e perciò viola il giudicato interno.

Cass. civ. n. 11912/2014

Il giudicato sulla condanna risarcitoria in forma specifica preclude ogni questione sulla giurisdizione del giudice adito (nella specie amministrativo) anche relativamente al risarcimento per equivalente, atteso che ogni statuizione di merito comporta una pronuncia implicita sulla giurisdizione e che la pretesa risarcitoria, pur nella duplice alternativa attuativa, è unica, potendo la parte, tramite una mera "emendatio", convertire l'originaria richiesta nell'altra ed il giudice di merito attribuire d'ufficio al danneggiato il risarcimento per equivalente, anziché in forma specifica.

Cass. civ. n. 11219/2014

Il vincolo derivante dal giudicato esterno ostativo dell'esame di ogni ulteriore censura è rilevabile d'ufficio anche in sede di legittimità, laddove si sia formato in merito ad una domanda assolutamente sovrapponibile, sotto il profilo dei soggetti interessati, del "petitum" e della "causa petendi" a quella su cui si è pronunciato il giudice del merito con la sentenza impugnata. (Nella specie, la S.C. ha rilevato d'ufficio il giudicato esterno in ordine alla domanda di riconoscimento in Italia della decisione di una commissione tutoria elvetica e costituito da altra pronuncia della stessa S.C., conseguentemente cassando senza rinvio la sentenza di merito impugnata).

Cass. civ. n. 10399/2014

Il giudicato formatosi nella controversia tra creditore e debitore, avente ad oggetto l'accertamento dell'entità della somma dovuta, non è opponibile all'acquirente dei beni del debitore contro il quale sia stata proposta dal creditore azione revocatoria a cautela del credito stesso, avendo il convenuto in revocatoria interesse a richiedere un'autonoma pronuncia sull'importo di quel credito, allo scopo di ottenere che l'atto di disposizione patrimoniale, effettuato dal debitore in suo favore, sia dichiarato inefficace solo entro i limiti dell'effettiva somma così riconosciuta.

Cass. civ. n. 9290/2014

Allorché la vittima di un illecito aquiliano chieda l'accertamento dell'an debeatur separatamente da quello del quantum debeatur, occorre distinguere due ipotesi: a) se nel medesimo processo viene dapprima pronunciata condanna al risarcimento, e quindi viene disposta la prosecuzione del giudizio per l'accertamento del quantum ai sensi dell'art. 278, primo comma, c.p.c., il passaggio in giudicato della sentenza non definitiva sull'an preclude la possibilità di contestare, nel prosieguo del giudizio, i presupposti del risarcimento, quali l'esistenza del credito o la proponibilità della domanda; b) se, invece, il giudizio si è limitato all'accertamento dell'an, rinviando ad un nuovo e separato giudizio l'accertamento del quantum, quest'ultimo sarà del tutto autonomo rispetto al primo, con la conseguenza che il passaggio in giudicato della sentenza di condanna generica al risarcimento non genera effetti vincolanti, per il giudice del quantum, né sull'esistenza del credito né sulla proponibilità della domanda.

Cass. civ. n. 8029/2014

Qualora il promittente acquirente proponga nei confronti del promittente venditore l'azione ex art. 2932 cod. civ. e, nel contempo, ne chieda la condanna al risarcimento dei danni da inadempimento, il giudicato sulla domanda risarcitoria non si estende ai danni verificatisi in epoca successiva a causa del protrarsi della sottrazione del possesso, né spiega alcun effetto, diretto o riflesso, nei confronti dei successivi acquirenti del bene, rimasti estranei al procedimento.

Cass. civ. n. 6304/2014

La pronuncia, esplicita o implicita, sulla natura di un credito (nella specie, ritenuto di valore) non è idonea a determinare la formazione del giudicato interno sul punto, in quanto esso si forma solo su capi autonomi della sentenza, che risolvano questioni aventi una propria individualità e autonomia, tali da integrare una decisione del tutto indipendente. Tuttavia, ove detta statuizione non sia stata oggetto di censura con l'appello, resta precluso al giudice dell'impugnazione pronunciarsi sul punto per non incorrere nella violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.

Cass. civ. n. 6102/2014

Il giudicato esterno è soggetto a valutazione ed interpretazione da parte del giudice e tale attività è suscettibile di essere, a sua volta, coperta dal gudicato (interno) secondo le regole generali proprie delle impugnazioni.

Cass. civ. n. 6101/2014

I principi della rilevabilità, anche d'ufficio, dello "ius superveniens" e della sua applicabilità nei giudizi in corso non operano indiscriminatamente, ma devono essere coordinati con quelli che regolano l'onere dell'impugnazione e le relative preclusioni, con la conseguenza che la loro operatività trova ostacolo nel giudicato interno formatosi in relazione alle questioni, su cui avrebbe dovuto incidere la normativa sopravvenuta, e nella conseguente inesistenza di controversie in atto sui relativi punti. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto formatosi il giudicato interno sul capo di sentenza relativo alla misura del risarcimento del danno, non essendo stato impugnato, in appello, il capo di sentenza - dal quale il primo dipende - relativo alla dichiarazione di nullità dell'apposizione del termine ad un contratto di lavoro, ed ha, quindi, ritenuto inapplicabile l'art. 32, comma 5, della legge n. 183 del 2010).

Cass. civ. n. 24165/2013

Dal principio fissato dall'art. 2909 c.c., secondo il quale le statuizioni contenute in una sentenza passata in giudicato fanno stato ad ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa, si evince, "a contrario", che tali statuizioni non estendono i loro effetti, e non sono vincolanti, per i soggetti rimasti estranei al giudizio, anche nel caso in cui il terzo sia un litisconsorte necessario pretermesso.

Cass. civ. n. 23235/2013

Il rilievo d'ufficio della nullità del contratto è precluso al giudice quando sulla validità del rapporto si sia formato il giudicato, anche implicito, come allorché il giudice di primo grado, accogliendo una domanda, abbia dimostrato di ritenere valido il contratto, e le parti, in sede di appello, non abbiano mosso alcuna censura inerente la sua validità. (Nel caso di specie, in applicazione di tale principio, si è ritenuto che il giudicato interno, formatosi sull'accoglimento della domanda contrattuale di rendiconto ex art. 2552 c.c., precludesse la questione sulla validità del contratto di associazione in partecipazione).

Cass. civ. n. 22922/2013

La sentenza passata in giudicato, relativa al riconoscimento del diritto del titolare della cassetta di sicurezza ad ottenere la liquidazione dell'intero massimale assicurativo, non costituisce giudicato sostanziale in ordine alla quantificazione del valore degli oggetti custoditi, nel successivo giudizio introdotto al fine di ottenere il risarcimento del maggior danno subito, mancando il nesso causale inscindibile tra l'accertamento compiuto nel giudizio chiusosi con sentenza passata in giudicato, avente ad oggetto esclusivamente l'integrità del massimale, e quello successivo, volto ad accertare il valore degli oggetti custoditi nella cassetta, né costituendo il primo giudizio la premessa logica ineludibile del secondo.

Cass. civ. n. 21472/2013

Il giudicato per implicazione discendente, regolato dall'art. 2909 c.c., in base al quale l'accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato "a ogni effetto" tra le parti, riguarda le questioni dipendenti da quella pregiudiziale oggetto del giudicato stesso, e non quelle concernenti effetti ulteriori o diversi che non contraddicano il medesimo accertamento già compiuto: ne consegue che il giudicato formatosi sul preuso di un marchio, successivamente registrato, non preclude l'esame della questione della validità del marchio, in quanto l'accertamento del preuso implica la verifica in punto di fatto circa tale circostanza nonché una valutazione sull'esistenza del carattere distintivo e del possesso dei requisiti di novità e originalità, ma non anche l'accertamento dell'inesistenza di ragioni di nullità rilevabili solo su eccezione di parte (e salvo che nel giudizio sul preuso ne venga accertata pure la liceità ove può controparte abbia sollevato l'eccezione di nullità).

Cass. civ. n. 20698/2013

Non sussiste giudicato implicito sulla giurisdizione allorché l'interesse a sollevare l'eccezione del difetto di giurisdizione, nella specie per aver invaso la sfera delle attribuzioni riservate al legislatore, annullando una norma regolamentare diventata primaria in forza di rinvio recettizio, sorga sulla base del percorso decisionale in concreto adottato dal giudice in grado di appello.

Cass. civ. n. 19017/2013

Poiché l'efficacia preclusiva ex art. 2909 c.c. presuppone non solo l'identità delle parti, ma anche quella del "petitum" e della "causa petendi", il giudicato formatosi nell'ambito del procedimento per convalida di sfratto, instaurato da una società in liquidazione coatta amministrativa, non rende inammissibile l'eccezione di difetto di legittimazione del commissario giudiziale, riproposta in sede di opposizione al decreto ingiuntivo emesso per il pagamento dei canoni di locazione, stante la diversità obiettiva tra la pregressa convalida di sfratto e la domanda di pagamento dei canoni locativi insoluti.

Cass. civ. n. 18427/2013

Il giudicato si forma anche sulla qualificazione giuridica data dal giudice all'azione, quando detta qualificazione abbia condizionato l'impostazione e la definizione dell'indagine di merito e la parte interessata abbia omesso di proporre specifica impugnazione sul punto.

Cass. civ. n. 13602/2013

Allorché la parte abbia proposto nello stesso giudizio, in forma alternativa o subordinata, due o più domande fra loro concettualmente incompatibili, la sentenza con la quale il giudice di merito abbia accolto la domanda subordinata non implica soltanto la pronuncia favorevole sulla qualificazione giuridica esposta dall'attore a sostegno della stessa, ma comporta anche un preciso accertamento dei fatti, alternativo a quello posto a fondamento della domanda principale. Ne consegue che l'attore parzialmente vittorioso, per evitare la formazione del giudicato, deve formulare impugnazione avverso l'accoglimento della domanda subordinata, condizionandola all'accoglimento del gravame sulla domanda principale, in quanto solo in tal modo può ottenere la revisione dell'accertamento compiuto dal giudice circa l'esistenza dei fatti costituenti le ragioni della pretesa subordinata accolta, incompatibile con quella principale. (Nella specie, in applicazione dell'enunciato principio, la S.C. ha affermato che l'attore, rigettata la domanda principale di "negatoria servitutis" ed accolta la domanda subordinata di riduzione in pristino per aggravamento della servitù, aveva l'onere di impugnare in via condizionata tale ultima statuizione, incompatibile con l'assunta inesistenza di diritti altrui sul fondo).

Cass. civ. n. 13458/2013

Nel giudizio promosso nei confronti di più condebitori in solido, la sentenza loro favorevole, passata in giudicato soltanto riguardo a taluno di essi per difetto di impuganzione, non può essere opposta dagli altri per impedire l'esame dell'impugnazione proposta nei loro confronti, né può essere rilevata dal giudice ai fini della declaratoria di preclusione dell'impugnazione medesima, non trovando applicazione l'art. 1306 c.c., che riguarda la diversa ipotesi in cui la sentenza sia stata resa in un giudizio cui non abbiano partecipato i condebitori. (Nel caso di specie, la Suprema Corte ha fatto applicazione del suddetto principio - che esclude l'operatività dell'art. 1306 c.c. con riferimento all'ipotesi di litisconsorzio facoltativo iniziale - anche in relazione al giudicato formatosi, per omessa impugnazione, in causa riunita ad altra pendente nei riguardi di un diverso condebitore solidale, ritenendo a ciò non ostativa l'autonomia dei giudizi riuniti, atteso che, per effetto della disposta riunione di cause scindibili, il processo si svolge contemporaneamente nei confronti di tutte le parti dei giudizi riuniti, come tali destinatarie dell'efficacia diretta, e non riflessa, della decisione adottata all'esito degli stessi).

Cass. civ. n. 6081/2013

Non sussiste giudicato implicito sulla giurisdizione allorché l'interesse a sollevare l'eccezione del difetto di giurisdizione, nella specie per invasione della sfera riservata alla discrezionalità della P.A., sorga sulla base del percorso decisionale in concreto adottato dal giudice in grado di appello.

Cass. civ. n. 3274/2013

La statuizione sulla competenza, ancorché implichi la delibazione di questioni preliminari di merito al fine di qualificare la domanda proposta e il rapporto giuridico ad essa sotteso, non incide sulla fondatezza del merito della domanda, sicché, in sede di gravame, nessuna preclusione da giudicato può derivare dall'omessa impugnazione della pronuncia sulla competenza, comportando siffatta omissione soltanto la definitività di tale statuizione. (Nel caso di specie, ritenuta dal giudice di prime cure la propria competenza per valore in ordine ad azione risarcitoria proposta nei confronti dell'assicurazione della responsabilità civile derivante dalla circolazione di veicolo a motore, ma esclusa, nel merito, la legittimazione passiva della parte convenuta, sul presupposto che il fatto illecito non fosse avvenuto durante la circolazione del veicolo, la S.C. ha ritenuto che non fosse inibito al giudice d'appello procedere ad una rinnovata valutazione di tale circostanza, nessuna preclusione potendo derivare dalla definitività della pronuncia sulla competenza).

Cass. civ. n. 17219/2012

Mentre il giudicato interno si forma anche sui capi della sentenza che siano stati oggetto di decisione implicita, ove la stessa non sia stata impugnata, nel caso di assorbimento c.d. improprio (il quale ricorre allorchè una domanda viene rigettata in base alla soluzione di una questione di carattere esaustivo che rende vano esaminare le altre), sul soccombente non grava l'onere di formulare sulla questione assorbita alcun motivo di impugnazione, essendo sufficiente, per evitare il giudicato interno, censurare o la sola decisione sulla questione giudicata di carattere assorbente o la stessa statuizione di assorbimento, contestando i presupposti applicativi e la ricaduta sulla effettiva decisione della causa.

Cass. civ. n. 14535/2012

Il giudicato, formatosi con la sentenza intervenuta tra le parti, copre il dedotto e il deducibile in relazione al medesimo oggetto, e cioè non soltanto le ragioni giuridiche e di fatto esercitate in giudizio, ma anche tutte le possibili questioni, proponibili sia in via di azione, sia in via di eccezione, le quali, sebbene non dedotte specificamente, costituiscono precedenti logici, essenziali e necessari, della pronuncia. (Nella specie, in applicazione dell'enunciato principio, la S.C. ha ritenuto preclusa dal giudicato l'eccezione di nullità di un contratto d'opera professionale in relazione al quale la P.A., dopo aver vanamente denunciato in primo grado il difetto della forma scritta "ad substantiam", non aveva riproposto la questione nel primo atto difensivo del giudizio di appello instaurato dalla controparte).

Cass. civ. n. 9594/2012

Il giudicato implicito sulla sussistenza della giurisdizione, formatosi per effetto della non impugnazione sulla questione di giurisdizione della sentenza che ha deciso il merito della controversia, preclude alla pronuncia di incostituzionalità della norma sul cui presupposto il giudice ha deciso nel merito di produrre effetti nel processo, poichè il rilievo del difetto di giurisdizione è ormai precluso.

Cass. civ. n. 9303/2012

Sulle questioni non esaminate dal giudice d'appello, perché ritenute assorbite dall'accoglimento di un motivo di gravame avente natura pregiudiziale, non può formarsi alcun giudicato, a nulla rilevando che il giudice d'appello, accogliendo in parte l'impugnazione, abbia dichiarato di "confermare nel resto l'impugnata sentenza".

Cass. civ. n. 26021/2011

In tema di condanna al risarcimento del danno, qualora il giudice, per quanto adito unicamente con una domanda di condanna generica, non si sia limitato a statuire esclusivamente sulla potenzialità dannosa del fatto addebitato al soggetto condannato e sul nesso eziologico in astratto, ma abbia accertato e statuito sull'esistenza in concreto di detto danno, e questa statuizione sul punto non risulti impugnata per ultrapetizione, il giudicato si forma anche in merito all'accertata esistenza del danno.

Cass. civ. n. 22728/2011

Nei giudizi per la determinazione delle indennità dovute per l'asservimento o il diminuito godimento della proprietà privata, l'accertamento giudiziale non si estende ai proprietari di aree diverse da quelle dei proprietari in causa, che non siano in comunione tra gli stessi ed altri soggetti. (Nella fattispecie, la sentenza impugnata, cassata, aveva liquidato l'indennità di asservimento anche in relazione ad una porzione della superficie asservita di proprietà esclusiva di altro soggetto).

Cass. civ. n. 19792/2011

Allorché il giudice di primo grado abbia pronunciato nel merito affermando, anche implicitamente, la propria giurisdizione e le parti abbiano prestato acquiescenza, non contestando la relativa sentenza sotto tale profilo, non è consentito al giudice della successiva fase impugnatoria rilevare d'ufficio il difetto di giurisdizione, trattandosi di questione ormai coperta dal giudicato implicito. (Nella specie, la S.C., in applicazione dell'enunciato principio, pronunciando sul ricorso proposto avverso una sentenza con cui erano state rigettate due opposizioni ad esecuzione immobiliare su immobili appartenenti al demanio di uso civico, ha escluso la possibilità di rilevare la questione della spettanza della giurisdizione al commissario regionale per gli usi civici).

Cass. civ. n. 15902/2011

L'interpretazione del giudicato esterno deve essere effettuata in primo luogo sulla base del tenore letterale del titolo giudiziale, valutato alla stregua del dispositivo e della motivazione che lo sostiene. Ne consegue che solo se all'esito di tale operazione ermeneutica persista un'obiettiva incertezza sul contenuto della statuizione, residua la possibilità di prendere in considerazione le domande delle parti sulla base delle quali il titolo si è formato.

Cass. civ. n. 15508/2011

Emessa sentenza di condanna contenente più capi relativi a diverse voci di credito fondate su un identico titolo, il giudicato interno, formatosi su alcuni di detti capi per mancata impugnazione dei medesimi, comprende sia il "decisum" che la "ratio decidendi", perché riguarda non solo l'attribuzione del bene della vita ma anche tutte le premesse in fatto e in diritto poste a fondamento della pronuncia, con la conseguenza che, divenuto incontestabile l'accertamento di tali premesse, lo stesso non può più essere rimesso in discussione con l'impugnazione degli altri capi di condanna, essendo al riguardo ogni questione preclusa.

Cass. civ. n. 12159/2011

L'esistenza di un giudicato, anche esterno, non costituisce oggetto di eccezione in senso tecnico, ma è rilevabile in ogni stato e grado anche d'ufficio, senza che in ciò sia riscontrabile alcuna violazione dei principi del giusto processo. (Principio affermato ai sensi dell'art. 360 bis, primo comma, c.p.c.).

Cass. civ. n. 6525/2011

In tema di preclusioni derivanti dal giudicato, qualora il giudice d'appello affermi che si è formato il giudicato interno sulla normativa applicata "ratione temporis" dal giudice di primo grado, per mancanza d'impugnazione sul punto, tale affermazione, se non sia stata fatta oggetto di specifica censura, vincola anche la Corte di Cassazione nell'esame dei motivi di ricorso.

Cass. civ. n. 6156/2011

In tema di controversie di lavoro, qualora il giudice, nel rilevare l'improcedibilità della domanda per il mancato esperimento del tentativo di conciliazione ai sensi dell'art. 412 bis c.p.c. e nel disporre la sospensione del giudizio con assegnazione alle parti di un termine per espletare detto tentativo, abbia con ordinanza delibato la propria giurisdizione esclusivamente ai fini dell'impulso del processo e quale premessa del provvedimento di sospensione, non può ritenersi formato il giudicato in punto di giurisdizione e non è precluso al giudice di pronunziare nuovamente al riguardo.

Cass. civ. n. 2067/2011

Allorché il giudice di primo grado abbia pronunciato nel merito, affermando, anche implicitamente, la propria giurisdizione, la parte che intende contestare tale riconoscimento è tenuta a proporre appello sul punto, eventualmente in via incidentale condizionata, trattandosi di parte vittoriosa; diversamente, l'esame della relativa questione è preclusa in sede di legittimità, essendosi formato il giudicato implicito sulla giurisdizione.

Cass. civ. n. 21561/2010

Nell'ipotesi in cui sulla domanda o su un capo autonomo di essa non si sia formato il giudicato interno, per effetto dell'acquiescenza espressa o tacita, deve ritenersi consentito porre in discussione, nell'ambito della impugnazione proposta contro la relativa pronuncia, le questioni concernenti l'applicabilita di una norma giuridica e l'interpretazione della norma stessa, qualunque sia stato il comportamento difensivo concretamente assunto in proposito dalla parte, nel precedente o nei precedenti gradi del giudizio. Dette questioni, infatti, sono rilevabili anche d'ufficio dal giudice dell'impugnazione, nell'esercizio del suo potere di individuare ed interpretare la norma applicabile al caso controverso, e non sono suscettibili di passare in giudicato autonomamente dalla domanda o dal capo di essa cui si riferiscono, assolvendo ad una funzione meramente strumentale rispetto alla decisione.

Cass. civ. n. 13833/2010

In tema di giudicato implicito, qualora il giudice decida esplicitamente su una questione, risolvendone in modo implicito un'altra, rispetto alla quale la prima si ponga in rapporto di dipendenza, e la decisione venga impugnata sulla questione risolta espressamente, non è possibile sostenere che sulla questione risolta implicitamente si sia formato un giudicato implicito, in quanto l'impugnazione sulla questione dipendente preclude la formazione di tale giudicato, il quale suppone il passaggio in giudicato della decisione sulla questione dipendente espressamente decisa.

Cass. civ. n. 11360/2010

Il giudicato sostanziale conseguente alla mancata opposizione di un decreto ingiuntivo copre non soltanto l'esistenza del credito azionato, del rapporto di cui esso è oggetto e del titolo su cui il credito ed il rapporto stessi si fondano, ma anche l'inesistenza di fatti impeditivi, estintivi e modificativi del rapporto e del credito precedenti al ricorso per ingiunzione e non dedotti con l'opposizione, mentre non si estende ai fatti successivi al giudicato ed a quelli che comportino un mutamento del "petitum" ovvero della "causa petendi" in seno alla domanda rispetto al ricorso esaminato dal decreto esecutivo.

Cass. civ. n. 4934/2010

Ove non sia stata proposta impugnazione nei confronti di un capo della sentenza e sia stato, invece, impugnato un altro capo strettamente collegato al primo, è da escludere che sul capo non impugnato si possa formare il giudicato interno. (Nella specie, la S.C. ha riconosciuto che l'impugnazione del capo di sentenza relativo al mancato accoglimento della domanda di prelazione agraria comportava anche implicita impugnazione dell'altro capo che aveva disposto, ai sensi dell'art. 2932 c.c., il trasferimento del fondo in favore dei promissari acquirenti del relativo contratto preliminare).

Cass. civ. n. 3200/2010

Il giudicato, anche implicito, formatosi sulla giurisdizione per effetto dell'acquiescenza della parte, che non abbia contestato la sentenza sotto tale profilo, rende del tutto irrilevante nel processo la questione di legittimità costituzionale che la stessa parte abbia sollevato con riferimento alla norma posta a fondamento della pronuncia sulla giurisdizione, non potendo l'eccezione di costituzionalità sostituire l'impugnazione, e restando alatresì preclusa la possibilità per il giudice di rilevarla d'ufficio.

Cass. civ. n. 21200/2009

Il giudicato va assimilato agli elementi normativi, cosicché la sua interpretazione deve essere effettuata alla stregua dell'esegesi delle norme e non già degli atti e dei negozi giuridici, e gli eventuali errori interpretativi sono sindacabili sotto il profilo della violazione di legge; ne consegue che il giudice di legittimità può direttamente accertare l'esistenza e la portata del giudicato esterno, con cognizione piena, che si estende al diretto riesame degli atti del processo ed alla diretta valutazione ed interpretazione degli atti processuali, mediante indagini ed accertamenti, anche di fatto, indipendentemente dall'interpretazione data al riguardo dal giudice di merito. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che, nell'interpretare una precedente sentenza di condanna al risarcimento del danno da illecito extracontrattuale, nella quale non era stato fissato il "dies ad quem" della rivalutazione monetaria, aveva individuato detto termine nella data di soddisfacimento del debito, anziché, alla stregua del consolidato orientamento giurisprudenziale, in quella della pubblicazione della sentenza).

Cass. civ. n. 18898/2009

Nel caso di pronuncia di sentenza non definitiva, il giudice si spoglia della "potestas iudicandi" relativa alle questioni decise, delle quali gli resta precluso il riesame - sia in ordine alle questioni definite che in ordine a quelle da esse dipendenti - salvo che detta sentenza non venga riformata con pronuncia passata in giudicato, a seguito di impugnazione immediata; ne consegue che tale giudice non può risolvere le medesime questioni in senso diverso con la sentenza definitiva e, ove lo faccia, il giudice del gravame, anche di legittimità, può rilevare d'ufficio la violazione del giudicato interno originante dalla sentenza non definitiva, a nulla rilevando che la violazione non abbia costituito oggetto di specifica impugnazione. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito la quale - essendo intervenuta, nelle more del giudizio di impugnazione di una sentenza non definitiva, una transazione tra alcune delle parti in causa - aveva rifiutato di prendere in considerazione detta transazione, sostenendo che ogni questione al riguardo poteva essere proposta solo in sede di impugnazione della pronuncia non definitiva).

Cass. civ. n. 16390/2009

La mancata impugnazione da parte di uno dei debitori solidali, in quanto soccombenti in giudizio relativamente ad un rapporto obbligatorio scindibile, qual è quello derivante dalla solidarietà (che non incide sull'autonomia e indipendenza dei rapporti sostanziali tra il creditore e ciascun obbligato), determina il passaggio in giudicato della sentenza nei suoi confronti, ancorché altri condebitori solidali l'abbiano impugnata.

Cass. civ. n. 10623/2009

Qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l'accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe le cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il "petitum" del primo. (Principio affermato in tema di efficacia del giudicato in relazione a periodi contributivi diversi e all'inquadramento dell'azienda, nel settore commercio o industria, ai fini delle obbligazioni e degli sgravi contributivi).

Cass. civ. n. 8379/2009

Il vincolo derivante dal giudicato, partecipando della natura dei comandi giuridici, non costituisce patrimonio esclusivo delle parti, ma, mirando ad evitare la formazione di giudicati contrastanti, conformemente al principio "ne bis in idem", corrisponde ad un preciso interesse pubblico, sotteso alla funzione primaria del processo, e consistente nell'eliminazione dell'incertezza delle situazioni giuridiche, attraverso la stabilità della decisione; pertanto, l'esistenza del giudicato esterno è, al pari di quella del giudicato interno, rilevabile d'ufficio, anche se il giudicato si sia formato in seguito ad una sentenza della Corte di cassazione, e la relativa preclusione opera, in riferimento ai rapporti di durata, anche nel caso in cui il giudicato si sia formato in relazione ad un diverso periodo, qualora esso abbia ad oggetto il medesimo fatto costitutivo dell'intero rapporto giuridico in relazione alla stessa questione giuridica.

Cass. civ. n. 5360/2009

Il giudicato esterno formatosi a seguito di una sentenza della Corte di Cassazione è rilevabile anche di ufficio, non solo quando emerga dagli atti prodotti nei giudizi di merito, ma anche nel caso in cui si sia formato successivamente la pronuncia della sentenza impugnata, senza che possa qualificarsi come inammissibile l'eccezione o la produzione in questa sede della sentenza divenuta irrevocabile, poichè - ove si tratti di sentenze della predetta Corte, nota alle parti - non può ritenersi operante il divieto di produzione di nuovi documenti di cui all'art. 372 c.p.c., in quanto il divieto non risponde, in concreto, ad un reale interesse nè delle parti stesse, nè della Corte di Cassazione, la quale è tenuta per dovere di ufficio alla conoscenza dei propri precedenti.

Cass. civ. n. 4363/2009

La formazione della cosa giudicata per mancata impugnazione su un determinato capo della sentenza investita dal gravame, può verificarsi soltanto con riferimento ai capi della stessa sentenza completamenti autonomi, in quanto concernenti questioni affatto indipendenti da quelli investite dai motivi di impugnazione, perchè fondate su autonomi presupposti di fatto e di diritto, tali da consentire che ciascun capo conservi efficacia precettiva anche se gli altri vengono meno, mentre, invece, non può verificarsi sulle affermazioni contenute nella sentenza che costituiscano mera premessa logica della statuizione adottata, ove quest'ultima sia oggetto del gravame. (Nella specie, la S.C., nell'enunciare anzidetto principio, ha escluso che si fosse formato il giudicato sull'accertamento giudiziale della semplice durata di attività lavorativa svolta in presenza di amianto, giacchè, ai fini del riconoscimento dell'azionato diritto alla supervalutazione dei periodi di contribuzione, di cui all'art. 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257, era necessario anche l'accertamento di una qualificata esposizione all'amiant).

Cass. civ. n. 27531/2008

Allorché il giudice di primo grado abbia pronunciato nel merito, affermando, anche implicitamente, la propria giurisdizione e le parti abbiano prestato acquiescenza, non contestando la relativa sentenza sotto tale profilo, non è consentito al giudice della successiva fase impugnatoria rilevare d'ufficio il difetto di giurisdizione, trattandosi di questione ormai coperta dal giudicato implicito. (Nella specie, la S.C., pronunciando sul ricorso proposto avverso una sentenza del giudice di pace, che aveva accolto la domanda formulata da alcuni messi comunali, volta ad ottenere il pagamento di un compenso per l'attività di notificazione di certificati elettorali, in occasione di varie consultazioni elettorali succedutesi nel tempo, hanno proceduto ad esaminare il motivo proposto con riguardo all'incompetenza funzionale del giudice di pace, escludendo, in applicazione del su esteso principio, la possibilità di poter rilevare d'ufficio il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, relativamente alle attività di consegna anteriori al 1° luglio 1998).

Cass. civ. n. 22883/2008

L'interpretazione del giudicato esterno va condotta alla stregua dell'esegesi delle norme, essendo pertanto sindacabili sotto il profilo della violazione di legge gli eventuali errori interpretativi, con la conseguenza che il giudice di legittimità può direttamente accertare l'esistenza e la portata del giudicato stesso con cognizione piena, che si estende al riesame, alla valutazione ed all'interpretazione degli atti processuali, richiedendosi però - affinché possa ascriversi rilevanza espansiva al giudicato esterno, nei giudizi tra le stesse parti che derivino da una medesima situazione giuridica - la presenza in atti della sentenza che si intenda far valere, munita dell'attestazione dell'intervenuto passaggio in giudicato.

Cass. civ. n. 13829/2008

L'incompetenza del giudice che ha emesso il provvedimento, anche nelle ipotesi nelle quali abbia carattere inderogabile, costituisce motivo di nullità, e non di inesistenza dell'atto, con la conseguenza che esso è suscettibile di passare in giudicato.

Cass. civ. n. 26482/2007

Nel caso in cui il giudicato esterno si sia formato a seguito di una sentenza della Corte di cassazione, i poteri cognitivi del giudice di legittimità possono pervenire alla cognizione della precedente pronuncia anche mediante quell'attività d'istituto (relazioni preliminari ai ricorsi e massime ufficiali) che costituisce corredo della ricerca del collegio giudicante, in tal senso deponendo non solo il principio generale che impone di prevenire il contrasto tra giudicati ed il divieto del ne bis in idem ma anche il rilievo secondo cui la conoscenza dei propri precedenti costituisce un dovere istituzionale della Corte, nell'adempimento della funzione nomofilattica di cui all'art. 65 dell'ordinamento giudiziario.

Cass. civ. n. 25454/2007

Nei rapporti di durata, in relazione ai quali l'autorità della cosa giudicata ha come suo presupposto il principio rebus sic stantibus la statuizione può essere modificata sulla base di fatti sopravvenuti alla sua formazione, con la conseguenza che, riguardo a contratto di locazione avente ad oggetto un immobile costruito in totale difformità o assenza della concessione ed acquisito con provvedimento ablativo emesso dal Sindaco ai sensi dell'art. 7 della legge n. 47 del 1985, non sussiste più la preclusione derivante dal giudicato circa la esclusione della titolarità attiva della locazione medesima in capo al soggetto destinatario della confisca, quando a favore dello stesso sia intanto intervenuta la sanatoria dell'abuso edilizio in funzione ripristinatoria della proprietà ed in revoca della confisca medesima. (Nella specie, la S.C., enunciando l'anzidetto principio, ha cassato la sentenza impugnata che aveva ritenuto che l'accertamento contenuto in precedente sentenza definitiva – che aveva dichiarato il difetto di legittimazione attiva del locatore, in un giudizio per convalida di sfratto per finita locazione, per effetto della sopravvenuta confisca dell'immobile locato al patrimonio indisponibile del Comune – costituisse giudicato che precludeva, nel giudizio instaurato successivamente alla revoca della confisca ed al ripristino dell'originario titolo proprietario, il riesame della questione del difetto di legittimazione attiva in ordine al rapporto di locazione ancora dedotto in causa).

Cass. civ. n. 24664/2007

Posto che il giudicato va assimilato agli «elementi normativi» cosicché la sua interpretazione deve essere effettuata alla stregua dell'esegesi delle norme e non già degli atti e dei negozi giuridici, essendo sindacabili sotto il profilo della violazione di legge gli eventuali errori interpretativi, ne consegue che il giudice di legittimità può direttamente accertare l'esistenza e la portata del giudicato esterno con cognizione piena che si estende al diretto riesame degli atti del processo ed alla diretta valutazione ed interpretazione degli atti processuali, mediante indagini ed accertamenti, anche di fatto, indipendentemente dall'interpretazione data al riguardo dal giudice di merito.

Cass. civ. n. 21266/2007

Il giudicato non si forma (anche) sugli aspetti del rapporto che non abbiano costituito oggetto di accertamento effettivo, specifico e concreto. Pertanto la sentenza che, nel decidere sulla domanda con cui un soggetto, deducendo di aver versato ad una società una somma di denaro in occasione dell'acquisto da parte della stessa di un immobile, aveva chiesto il riconoscimento della contitolarità pro quota del bene acquistato, l'abbia respinta riconoscendo la dazione, ma qualificandola come finanziamento e, quindi, escludendo l'esistenza di un rapporto associativo o comunque atto a far acquistare la comproprietà dell'immobile, fa stato quale giudicato esterno, nel successivo giudizio tra le stesse parti avente ad oggetto la restituzione della somma versata, limitatamente all'erogazione della somma di denaro e non anche alla qualificazione giuridica del rapporto come finanziamento, profilo estraneo alla materia del contendere del primo giudizio.

Cass. civ. n. 14055/2007

Può ritenersi formato un giudicato implicito tutte le volte in cui tra la questione risolta espressamente e quella risolta implicitamente sussista un rapporto indissolubile di dipendenza, nel senso che l'accertamento contenuto nella motivazione della sentenza cade su questioni che si presentano come la necessaria premessa o il presupposto logico e giuridico della decisione, coprendo il dedotto e il deducibile, e cioè non solo le questioni espressamente fatte valere in giudizio, ma anche tutte le altre che si caratterizzano per la loro inerenza ai fatti costitutivi delle domande o eccezioni dedotte in giudizio. Il giudicato, così inteso, comporta una limitazione del potere del giudice di conoscere ex officio di determinate questioni. Peraltro, sulla particolare questione della individuazione della norma applicabile al rapporto controverso – che è ricompresa tra i compiti officiosi del giudice – non può formarsi un giudicato autonomo rispetto a quello sul rapporto stesso, così come non può formarsi un giudicato implicito sull'accertamento incidentale della legittimità di un atto amministrativo normativo, ove sia impugnata la pronuncia di merito; né può al riguardo ipotizzarsi una preclusione dettata dalla novità della questione. Ne consegue che, in tali ipotesi, ove il giudice riconosca la illegittimità dell'atto, deve disapplicarlo in sede di impugnazione, ed applicare la normativa che ritenga vigente in suo luogo. (Nella fattispecie, in applicazione del principio di cui alla massima, la S.C. ha ritenuto corretta la decisione della Corte di merito, che, investita della impugnativa di una sentenza che, in applicazione del D.M. 20 Luglio 1990, emanato dal Ministro delle finanze ai sensi dell'art. 12 del D.L. n. 90 del 1990, convertito nella legge n. 165 del 1990, aveva respinto una domanda dell'ENEL di accertamento della non debenza degli aumenti di canone per l'attraversamento di beni demaniali con elettrodotti senza infissione di pali, aveva rilevato d'ufficio l'annullamento, intervenuto prima ancora della emanazione della sentenza impugnata, ma non dedotto nell'atto di gravame, dell'atto dalla stessa applicato, sul quale si basava l'aumento dei canoni).

Cass. civ. n. 14014/2007

I principi costituzionali del giusto processo e della sua ragionevole durata impongono al giudice, anche in sede di legittimità, di rilevare d'ufficio l'esistenza di un eventuale giudicato esterno. Tale rilievo, in ragione del preminente interesse pubblico sotteso dai princìpi costituzionali sopra ricordati, deve avvenire anche prescindendo da eventuali allegazioni in tal senso delle parti, e – qualora il giudicato si sia formato in seguito ad una sentenza della Corte di cassazione – facendo ricorso, se necessario, agli strumenti informatici ed alle banche dati elettroniche interne all'ufficio ove siano archiviati i ricorsi e le decisioni.

Cass. civ. n. 9486/2007

Il giudicato sostanziale di cui all'art. 2909 c.c. — il quale, come riflesso di quello formale previsto dall'art. 324 c.p.c., fa stato ad ogni effetto tra le parti quanto all'accertamento di merito, positivo o negativo, del diritto controverso — si forma soltanto su ciò che ha costituito oggetto della decisione (o che avrebbe potuto costituirne oggetto, come nelle ipotesi di procedimenti speciali a cognizione eventuale), ricomprendendosi in esso anche gli accertamenti di fatto che abbiano rappresentato le premesse necessarie e il fondamento logico-giuridico, oltre che funzionale, per l'emanazione della pronuncia, con effetto preclusivo dell'esame degli stessi elementi in un successivo giudizio, quando l'azione in esso dispiegata abbia identici elementi costitutivi. (Nella specie, la S.C. ha escluso, siccome non costituente oggetto della decisione, neanche sotto il ricordato profilo, che potesse rientrare tra gli effetti del giudicato di convalida di sfratto per morosità la circostanza dell'accertata qualità di conduttori in capo a tutti i soggetti risultati, nel tempo, parti del negozio di cessione di una locazione diverse dall'ultimo cessionario-conduttore, in tal senso correggendo la motivazione dell'impugnata sentenza).

Cass. civ. n. 2721/2007

Il giudice del merito, nell'indagine volta ad accertare l'oggetto ed i limiti del giudicato esterno, non può limitarsi a tener conto della formula conclusiva in cui si riassume il contenuto precettivo della sentenza previamente pronunziata e divenuta immodificabile, ma deve individuarne l'essenza e l'effettiva portata, da ricavarsi non solo dal dispositivo, ma anche dai motivi che la sorreggono, costituendo utili elementi di interpretazione le stesse domande delle parti, il cui rilievo a fini ermeneutici, se non può essere proficuamente utilizzato per contrastare i risultati argomentabili alla stregua di altri elementi univoci che inducono ad escludere un'obiettiva incertezza sul contenuto della pronuncia, può tuttavia avere una funzione integratrice nella ricerca degli esatti confini del giudicato ove sorga un ragionevole dubbio al riguardo. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza della corte d'appello che aveva ritenuto sussistente una preclusione da giudicato in materia di impugnazione di lodo irrituale sulla base di una erronea comparazione dei due giudizi, aventi ad oggetto diverse ragioni di nullità/inesistenza dell'arbitrato).

Cass. civ. n. 1284/2007

Qualora una questione abbia formato oggetto di decisione del giudice di primo grado e tale decisione non sia stata impugnata, nè sotto il profilo della violazione delle norme del processo, nè sotto quello della violazione delle norme di diritto, ed il giudice dell'impugnazione, altrimenti adito, non abbia rilevato d'ufficio il fatto che si era formato un giudicato interno per cui l'appello avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile, spetta alla Corte di cassazione, adita con ricorso, rilevare d'ufficio il giudicato, cassando senza rinvio la sentenza di secondo grado, perchè il processo non poteva essere proseguito. (Nella specie, la sentenza di primo grado aveva annullato l'avviso di rettifica della dichiarazione annuale Iva emesso nei confronti di una società in relazione ad operazioni di «leasing» asseritamente inesistenti o sovrafatturate, non avendo ravvisato omissioni della contribuente nei controlli precedenti la stipulazione dei contratti, ed avendole comunque ritenute irrilevanti a fini fiscali; in applicazione del predetto principio, la S.C. ha cassato la sentenza di appello, che aveva accolto l'impugnazione dell'Ufficio, fondata sull'effettiva sussistenza delle predette omissioni, senza tener conto dell'intervenuta formazione del giudicato in ordine all'irrilevanza delle stesse, non censurata dall'appellante).

Cass. civ. n. 26523/2006

L'accertamento e l'interpretazione del giudicato (cosiddetto esterno) formatosi fra le stesse parti in un giudizio diverso da quello in cui ne è invocata l'efficacia, costituiscono attività istituzionalmente riservate al giudice di merito e possono essere oggetto di ricorso per cassazione solo sotto il profilo della violazione e falsa applicazione della norma dell'art. 2909 c.c. e dei principi di diritto in tema di elementi costitutivi della cosa giudicata, nonchè per vizi attinenti alla motivazione, i quali, peraltro, vanno specificamente dedotti, non essendo sufficiente il mero richiamo all'art. 2909 c.c. o all'art. 324 c.p.c. e non possono comunque sollecitare – essendo i poteri della Suprema Corte limitati al sindacato di legittimità – indagini circa il contenuto sostanziale della pronuncia, la cui ricostruzione, risolvendosi in un apprezzamento di fatto, è demandata in via esclusiva al giudice di merito e resta incensurabile in sede di legittimità.

Cass. civ. n. 23871/2006

Alla mancata, specifica impugnazione della statuizione adottata dal giudice di merito – anche implicitamente ai fini della prescrizione – sulla natura, contrattuale o extracontrattuale, del titolo di responsabilità del convenuto, consegue il passaggio in giudicato, sul punto, della sentenza, non potendo il giudice dell'impugnazione, in conseguenza dell'effetto devolutivo dell'appello, qualificare autonomamente e diversamente tale titolo, al fine di ritenere in ipotesi applicabile un diverso termine prescrizionale.

Cass. civ. n. 16461/2006

Il giudicato sulla giurisdizione nei confronti dello straniero o dello Stato estero non può spiegare effetto in un successivo processo inerente al medesimo rapporto, ma coinvolgente effetti diversi rispetto a quelli fatti valere nel primo processo. Non è, infatti, possibile, sulla base del precedente giudicato sul merito, affermare o negare in un successivo processo «a priori» la giurisdizione nei confronti dello straniero, la quale risponde a regole mutevoli nel tempo, atteso che, dovendo sussistere il criterio di collegamento al momento del processo, esso può autonomamente atteggiarsi in modo diverso con riferimento a due distinti giudizi, come risulta evidente per i criteri della residenza e del domicilio della parte o del rappresentante ex art. 77 c.p.c., ma anche per quello dell'accettazione della giurisdizione, che è soggettivamente mutevole. Ciò vale a maggior ragione qualora si discuta di giurisdizione nei confronti degli Stati esteri, considerato che, a norma dell'art. 11 della legge 31 maggio 1995, n. 218, il difetto di giurisdizione è rilevabile d'ufficio se la giurisdizione italiana è esclusa per effetto di norma internazionale.

Cass. civ. n. 15896/2006

In un rapporto di durata, caratterizzato dal prodursi nel corso del tempo di distinte (ancorché similari) posizioni creditorie-debitorie, la statuizione definitiva di merito, inerente alla domanda relativa ad una di dette posizioni, con implicita affermazione della giurisdizione del giudice adito, assume autorità di giudicato esterno, nella successiva causa fra le stesse parti che abbia ad oggetto un diverso credito, limitatamente alle questioni comuni, quali l'esistenza, la validità e l'efficacia del rapporto stesso. Tale statuizione, pertanto, con riguardo alla giurisdizione, è vincolante nella successiva contesa solo se in essa la giurisdizione medesima si ricolleghi alla soluzione delle indicate questioni comuni, non anche quando debba essere determinata sulla mera base dell'individuazione della legge in vigore al momento dell'introduzione della causa (art. 5 c.p.c.), atteso che l'autonomia dei diritti si traduce in autonomia delle rispettive domande, anche con riferimento all'epoca della loro proposizione, e che quindi la predetta individuazione della legge del tempo si atteggia come quesito separatamente pertinente per ciascuna delle domande stesse.

Cass. civ. n. 10043/2006

La formazione della cosa giudicata, per mancata impugnazione su un determinato capo della sentenza investita dall'impugnazione, può verificarsi soltanto con riferimento ai capi della stessa sentenza completamente autonomi, in quanto concernenti questioni affatto indipendenti da quelle investite dai motivi di gravame, perchè fondate su autonomi presupposti di fatto e di diritto, tali da consentire che ciascun capo conservi efficacia precettiva anche se gli altri vengono meno, mentre, invece, non può verificarsi sulle affermazioni contenute nella mera premessa logica della statuizione adottata, ove quest'ultima sia oggetto del gravame. (Principio enunciato dalla S.C. con riguardo ad una controversia in tema di responsabilità professionale del medico ecografista in cui si sosteneva essersi formato il giudicato sulla affermazione, contenuta nella sentenza di primo grado, secondo cui gli attori avevano chiesto all'Ospedale di accertare se il feto fosse sano oppure non, questione che la S.C. ha ritenuto essere contenuta nella mera premessa logica della statuizione adottata, su cui pertanto non si era formato il giudicato)

Cass. civ. n. 9337/2006

Le sentenze dei giudici ordinari di merito, come quelle dei giudici amministrativi, passate in giudicato, che abbiano statuito su profili sostanziali della controversia e, perciò, sia pure implicitamente, sulla giurisdizione, sono suscettibili di acquistare autorità di giudicato esterno (anche) in punto di giurisdizione, determinandone l'incontestabilità (cosiddetta efficacia panprocessuale) nei giudizi tra le stesse parti, che abbiano ad oggetto questioni identiche rispetto a quelle già esaminate e «coperte» dal giudicato (nella specie le Sezioni unite hanno dichiarato inammissibile il regolamento di giurisdizione sollevato in causa avente ad oggetto risarcimento del danno da occupazione usurpativa, per avere il giudice di merito, in precedente causa tra le stesse parti avente ad oggetto il risarcimento da occupazione appropriativa, rigettato la domanda così implicitamente affermando la giurisdizione, sulla base degli stessi elementi di fatto).

Cass. civ. n. 6628/2006

Se l'accertamento dell'esistenza, validità e natura giuridica di un contratto, fonte di un rapporto obbligatorio, costituisce il presupposto logico – giuridico di un diritto derivatone, il giudicato si estende al predetto accertamento e, pertanto, spiega effetto in ogni altro giudizio, tra le stesse parti, nel quale il medesimo contratto è posto a fondamento di ulteriori diritti, inerenti al medesimo rapporto. Analogamente, il giudicato sostanziale conseguente alla mancata opposizione di un decreto ingiuntivo copre non soltanto l'esistenza del credito azionato, del rapporto di cui esso è oggetto e del titolo su cui il credito ed il rapporto stessi si fondano, ma anche l'inesistenza di fatti impeditivi, estintivi e modificativi del rapporto e del credito precedenti al ricorso per ingiunzione e non dedotti con l'opposizione, mentre non si estende ai fatti successivi al giudicato ed a quelli che comportino un mutamento del petitum ovvero della causa petendi in seno alla domanda rispetto al ricorso esaminato dal decreto esecutivo.

Cass. civ. n. 160/2006

Al fine di stabilire la portata precettiva di una pronuncia giurisdizionale, occorre considerare non soltanto le statuizioni formalmente contenute nel dispositivo, ma anche le enunciazioni contenute nella motivazione, che costituiscono le necessarie premesse logiche e giuridiche della decisione. Di qui l'esigenza di acquisire la copia della pronuncia, comprensiva della motivazione, una volta che dalla sentenza impugnata si afferma l'estensione del giudicato interno, costituito dalla pronuncia non definitiva, onde il giudice di legittimità, obbligato in presenza di un giudicato interno a rilevarlo di ufficio e ad applicare la regola del caso concreto in esso fissata, possa procedere all'interpretazione del giudicato alla stregua dell'interpretazione di norme giuridiche, accertandone il significato oggettivo. (Nella specie, la decisione non definitiva concerneva la spettanza al lettore di lingua straniera della retribuzione annua del professore associato, indipendentemente dalla quantità della prestazione resa. L'Università ricorrente, denunciando l'errore nel quale era incorso il giudice di merito, per aver ritenuto precluso dal giudicato derivante dalla sentenza non definitiva l'esame della questione relativa alla retribuzione spettante al lettore, aveva adempiuto l'onere ex art. 369, ultimo comma, c.p.c. attraverso la richiesta, di trasmissione alla cancelleria della S.C., alla cancelleria del giudice di rinvio, depositata insieme al ricorso, non richiedendo anche la trasmissione del fascicolo di primo grado, la richiesta del quale, ex art. 347 terzo comma, c.p.c. avrebbe dovuto essere effettuata dal cancelliere del giudice di rinvio).

Cass. civ. n. 27427/2005

Ai sensi dell'art. 2909 c.c., l'accertamento contenuto in una sentenza passata in giudicato non fa stato nei confronti di soggetti rimasti estranei al giudizio e ciò anche quando il terzo sia un litisconsorte necessario pretermesso; tale principio vale, ovviamente, anche nell'ipotesi in cui sia passato in giudicato un decreto ingiuntivo.

Cass. civ. n. 8692/2005

Il giudicato si forma non soltanto sulle questioni oggetto di puntuale pronuncia nel dispositivo ma anche su quelle espressamente trattate e decise nella motivazione che rispetto alle prime presentino carattere autonomo nonchè su quelle, pur non espressamente trattate e decise, che delle stesse rappresentino, nondimeno, presupposti logici e necessari e s'intendano, pertanto, implicitamente decise. Pertanto, nella sentenza di primo grado con la quale il giudice ordinario, dopo aver disatteso l'eccezione di difetto di giurisdizione, statuisca sul fondamento della domanda, va ravvisata un'esplicita pronuncia affermativa della giurisdizione indipendentemente dalla sua mancata formulazione nel dispositivo, di tal che, qualora l'appello avverso detta sentenza sia rivolto a conseguire soltanto un riesame nel merito, sia pure con ampia richiesta di «riforma in ogni sua parte» della sentenza stessa, senza una specifica riproposizione della questione di giurisdizione, su tale questione si forma il giudicato, con conseguente inammissibilità del motivo del ricorso per cassazione che sia diretto a sollevarla. (Principio espresso in controversia relativa alla risoluzione di un contratto di compravendita, nella quale il giudice di primo grado, pur rigettando in motivazione l'eccezione di difetto di giurisdizione del giudice italiano, nel dispositivo si era limitato ad accogliere la domanda nel merito).

Cass. civ. n. 6637/2005

Rispetto ad un giudicato sulla giurisdizione sono ininfluenti le norme sopravvenute determinative di un diverso criterio di giurisdizione.

Cass. civ. n. 15603/2004

L'accertamento del giudice di secondo grado sull'esistenza di un giudicato interno non può essere rimosso se non per effetto di espressa impugnazione, restando altrimenti preclusa ogni questione al riguardo. (Nella specie, la sentenza d'appello, avendo qualificato come licenziamento l'atto risolutivo del rapporto comunicato a dipendente postale in relazione a clausola collettiva prevedente la risoluzione automatica al raggiungimento della massima anzianità contributiva, aveva fatto applicazione della disciplina di cui all'art. 18 statuto dei lavoratori; la S.C., in base al principio di cui in massima, ha dichiarato l'inammissibilità del ricorso della società Poste Italiane, che aveva criticato l'applicazione di tale disciplina, in luogo di quella comune in materia di responsabilità contrattuale, senza censurare l'accertamento sull'esistenza del giudicato in ordine alla qualificazione dell'atto risolutivo).

Cass. civ. n. 15118/2004

Non è mai ipotizzabile un conflitto di giudicati tra sentenze pronunciate in diverse fasi dello stesso processo, atteso che al giudice dell'impugnazione spetta l'interpretazione dell'atto impugnato e dell'atto di impugnazione al fine di deliberare l'ambito censorio, con la conseguenza che, ove egli ravvisi la formazione di un giudicato «interno» (per mancata impugnazione), si asterrà dal decidere sul punto (scongiurando così a monte ogni ipotizzabile «conflitto») e, ove ritenga che non si sia formato alcun giudicato, deciderà sul punto, così che il «conflitto» sarà ugualmente scongiurato, in quanto resterà una sola decisione, quella del giudice dell'impugnazione, fermo restando che, ove in tale valutazione il giudice dell'impugnazione sia incorso in errore, tale errore non potrà essere valutato da qualsivoglia giudice in qualunque sede, ma solo dal giudice dell'impugnazione, ove una impugnazione sia prevista per quella decisione, e nei limiti in cui essa sia prevista. (Nella specie, la sentenza sull'an non era stata appellata nei confronti di tutti i lavoratori, pertanto uno di essi rimaneva estraneo al giudizio di appello, a quello di cassazione e a quello di rinvio, mentre la sentenza di cassazione pronunciata in seguito al rinvio risultava emessa anche nei confronti degli eredi del predetto lavoratore, nelle more non deceduto, i quali agivano successivamente per il quantum sulla base della sentenza di primo grado asseritamente passata in giudicato in quanto non impugnata nei confronti del loro dante causa, e il giudice di merito accoglieva la domanda, rilevando la formazione del giudicato e l'errore della sentenza della Corte di cassazione pronunciata anche nei confronti dei predetti eredi la S.C., nell'affermare il sopra esposto principio, ha cassato la sentenza impugnata, rilevando che l'eventuale errore della Corte di cassazione poteva essere fatto valere solo in sede di revocazione, ove ne ricorressero i presupposti e tale impugnazione fosse all'epoca reperibile).

Cass. civ. n. 12770/2004

Colui che afferma il passaggio in giudicato di una sentenza resa in altro giudizio, deve dimostrarlo, per cui non basta la produzione della sentenza, ma deve altresì corredarla di idonea certificazione dalla quale risulti che non è soggetta ad impugnazione, non potendosi ritenere né che la mancata contestazione di controparte sull'affermato passaggio in giudicato significhi ammissione della circostanza, né che sia onere di quest'ultima dimostrare il secondo elemento dell'unica fattispecie costituente il giudicato (sentenza non impugnabile).

Cass. civ. n. 12739/2004

Con riguardo alla questione pregiudiziale in senso logico, l'efficacia del giudicato copre, in ogni caso, non soltanto la pronuncia finale ma anche l'accertamento che si presenta come necessaria premessa o come presupposto logico-giuridico della pronuncia medesima. Tra l'altro, quando in un procedimento relativo alla regolamentazione della comunione costituita tra i frontisti di una strada vicinale venga proposta eccezione di demanialità, l'accertamento dell'esistenza del diritto di uso pubblico sulla strada rende necessario integrare il contraddittorio nei confronti del Comune interessato, anche perché tale diritto comporta la costituzione obbligatoria di un consorzio per la manutenzione, sistemazione e ricostruzione ai sensi dell'art. 14 della legge n. 126 del 1958, con la partecipazione del Comune stesso, tenuto a concorrere nelle relative spese in misura variabile ai sensi dell'art. 3 del decreto legge luogotenenziale primo settembre 1918, n. 1446.

Cass. civ. n. 5925/2004

Ai sensi dell'art. 2909 c.c., il giudicato fa stato ad ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa, entro i limiti oggettivi dati dai suoi elementi costitutivi, ovvero della causa petendi, intesa come titolo dell'azione proposta e del bene della vita che ne forma l'oggetto (petitum mediato), a prescindere dal tipo di sentenza adottato (petitum immediato); entro tali limiti, l'autorità del giudicato copre il dedotto e il deducibile, ovvero non soltanto le questioni di fatto e di diritto fatte valere in via di azione e di eccezione, e comunque, esplicitamente investite dalla decisione, ma anche le questioni non dedotte in giudizio che costituiscano, tuttavia, un presupposto logico essenziale e indefettibile della decisione stessa, restando salva ed impregiudicata soltanto la sopravvenienza di fatti e situazioni nuove verificatesi dopo la formazione del giudicato; l'interpretazione di esso è assimilabile all'interpretazione delle norme giuridiche, cosicché essa può essere effettuata dalla Corte di cassazione anche d'ufficio e l'erronea interpretazione da parte del giudice di merito può essere denunciata sotto il profilo della violazione di norme di diritto.

Cass. civ. n. 16959/2003

In ordine ai rapporti giuridici di durata e alle obbligazioni periodiche che eventualmente ne costituiscono il contenuto, sui quali il giudice pronuncia con accertamento su una fattispecie attuale ma con conseguenze destinate ad esplicarsi anche in futuro, l'autorità del giudicato impedisce il riesame e la deduzione di questioni tendenti ad una nuova decisione di quelle già risolte con provvedimento definitivo, il quale pertanto esplica la propria efficacia anche nel tempo successivo alla sua emanazione, con l'unico limite di una sopravvenienza, di fatto o di diritto, che muti il contenuto materiale del rapporto o ne modifichi il regolamento.

Cass. civ. n. 6632/2003

Il giudicato implicito richiede, per la sua formazione, che tra la questione decisa in modo espresso e quella che si vuole essere stata risolta implicitamente sussista un rapporto di dipendenza indissolubile, tale da determinare l'assoluta inutilità di una decisione sulla seconda questione, e che la questione decisa in modo espresso non sia stata impugnata.

Cass. civ. n. 5559/2003

La temporanea riunione di giudizi, cui sia seguita una nuova separazione, non comporta che il giudicato relativo alla sentenza che abbia deciso uno dei giudizi faccia stato anche nei confronti di un soggetto che sia stato parte solo nell'altro giudizio (nella specie si è ritenuto che l'accertamento dell'illegittimità dell'occupazione d'urgenza, oggetto della sentenza passata in giudicato, non fa stato nei confronti di altro soggetto convenuto in altra causa temporaneamente riunita alla prima).

Cass. civ. n. 5105/2003

Il giudicato essendo destinato a fissare la “regola” del caso concreto, partecipa della natura dei comandi giuridici e, conseguentemente, la sua interpretazione non si esaurisce in un giudizio di fatto, ma deve essere assimilata, per la sua intrinseca natura e per gli effetti che produce, all'interpretazione delle norme giuridiche; pertanto gli eventuali errori di interpretazione del giudicato rilevano non quali errori di fatto, ma quali errori di diritto, inidonei, come tali, a integrare gli estremi dell'errore revocatorio contemplato dall'art. 395, numero 4, c.p.c.. (Principio espresso in fattispecie di ricorso per revocazione promosso dal procuratore regionale della Corte dei conti nei confronti di un'ordinanza delle Sezioni Unite, resa in sede di regolamento preventivo di giurisdizione, dichiarativa della inammissibilità del ricorso perché la questione con esso sollevata era da ritenersi coperta dal giudicato con cui era stata riconosciuta, dalle stesse Sezioni Unite, la giurisdizione del giudice ordinario).

Cass. civ. n. 475/2003

In materia di procedimento civile, poiché il giudicato (esterno) formatosi in un precedente giudizio (nel caso, di riconoscimento di sottoscrizione di scrittura privata) si forma sull'attribuzione del bene della vita (petitum) e sulla ragione giuridica della stessa (causa petendi), l'accertamento dei fatti (concernenti l'accertamento dell'autenticità delle sottoscrizioni apposte alla scrittura privata di compravendita) compiuto dal giudice in tale primo giudizio non è preclusivo di diverso accertamento (nel caso, della giusta causa di risoluzione) in un successivo giudizio (nel caso, di risoluzione del contratto) tra le stesse parti.

Cass. civ. n. 14080/2002

Il giudicato sulla giurisdizione può formarsi, oltre che a seguito della statuizione emessa dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione in sede di regolamento preventivo di giurisdizione o di ricorso ordinario per motivi attinente alla giurisdizione, solo per effetto di declaratoria espressa sulla giurisdizione data dal giudice di merito e non investita da specifica impugnazione, ovvero a seguito del passaggio in giudicato di una sentenza di merito che contenga il riconoscimento, sia pure implicito, della giurisdizione del giudice adito; in mancanza di ciò, resta sempre prospettabile, e rilevabile d'ufficio, ai sensi dell'art. 37 c.p.c., la questione di giurisdizione.

Cass. civ. n. 12562/2002

Il giudicato può formarsi anche sulla qualificazione giuridica di un rapporto, se la qualificazione abbia formato oggetto di specifica contestazione tra le parti e sul punto deciso la parte interessata non abbia proposto impugnazione.

Cass. civ. n. 12343/2002

Il giudicato formatosi in un giudizio in cui sia stato parte l'amministratore di un condominio, fa stato anche nei confronti dei singoli condomini, pure se non intervenuti nel giudizio, atteso che il condominio è ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini.

Cass. civ. n. 11367/2002

Qualora una questione abbia formato oggetto di decisione del giudice di primo grado e tale decisione non sia stata impugnata, né sotto il profilo della violazione delle norme del processo, né sotto quello della violazione delle norme di diritto, ed il giudice dell'impugnazione, altrimenti, adito non abbia rilevato d'ufficio il fatto che si era formato un giudicato interno per cui l'appello avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile, spetta alla Corte di cassazione, adita con ricorso, rilevare d'ufficio il giudicato, cassando senza rinvio la sentenza di secondo grado, perché il processo non poteva essere proseguito (nella specie, la Suprema Corte, nell'enunciare detto principio, ha cassato senza rinvio la sentenza del giudice di appello che si era pronunciato in ordine ad una domanda di restituzione di una somma di denaro su di un'impugnazione fondata su un unico fondamento, mentre la domanda era stata accolta in primo grado per due ragioni, non avvedendosi che l'appello era inammissibile per giudicato interno).

Cass. civ. n. 10420/2002

Allorquando due giudizi tra le stesse parti vertano sullo stesso rapporto giuridico e uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l'accertamento già compiuto in ordine a una situazione giuridica e la soluzione di una questione di fatto o di diritto che abbiano inciso su un punto fondamentale comune ad entrambe le cause e abbiano costituito la logica premessa contenuta nel dispositivo della sentenza passata in giudicato, precludono il riesame del punto accertato e risolto anche nel caso in cui il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che costituiscono lo scopo e il petitum del primo. Nei rapporti di durata, invece, in relazione ai quali l'autorità della cosa giudicata ha come suo presupposto il principio rebus sic stantibus, la statuizione può essere modificata sulla base di fatti sopravvenuti alla sua formazione. (Nella specie, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza impugnata che aveva escluso la legittimazione passiva di una parte, affermata invece, con sentenza passata in giudicato, in un altro giudizio tra le medesime parti per prestazioni relative ad un diverso e antecedente periodo del rapporto, senza che il difetto di legittimazione trovasse il proprio fondamento in fatti o norme intervenuti successivamente, ma solo in una diversa interpretazione dello stesso quadro normativo e fattuale in relazione al quale si era formato il giudicato).

Cass. civ. n. 15023/2001

Il principio della rilevabilità ex officio del giudicato (anche) esterno risultante da atti comunque prodotti nel giudizio di merito, rinviene la propria ratio essendi nel particolare carattere della sentenza del giudice e nella natura pubblicistica dell'interesse al suo rispetto; tale principio, pertanto, non opera con riferimento al lodo arbitrale, essendo questo un atto negoziale riconducibile al dictum di soggetti privati, che non muta la propria originaria natura per l'attribuzione a posteriori degli effetti della sentenza.

Cass. civ. n. 10977/2001

Il passaggio in giudicato della sentenza del giudice amministrativo che abbia pronunciato nel merito della causa con implicito riconoscimento della giurisdizione determina il formarsi del giudicato formale sulla giurisdizione. (Nell'enunciare il principio di cui in massima, la S.C. ha riconosciuto che costituisce pronuncia di merito, in ragione della soddisfazione della pretesa del ricorrente alla eliminazione dell'atto a lui sfavorevole, e come tale idonea all'indicato effetto, anche la decisione di annullamento del provvedimento impugnato – nella specie trattavasi di provvedimento di decadenza dall'assegnazione di alloggio di edilizia residenziale pubblica per sublocazione dello stesso – pronunciata per vizi formali e non per vizi sostanziali).

Cass. civ. n. 8859/2001

La formazione della cosa giudicata per mancata impugnazione su un determinato capo della sentenza investita dall'impugnazione, può verificarsi soltanto con riferimento ai capi della stessa sentenza completamente autonomi, in quanto concernenti questioni affatto indipendenti da quelle investite dai motivi di gravame, perché fondate su autonomi presupposti di fatto e di diritto, tali da consentire che ciascun capo conservi efficacia precettiva anche se gli altri vengono meno, mentre, invece, non può verificarsi sulle affermazioni contenute nella sentenza che costituiscano mera premessa logica della statuizione adottata, ove quest'ultima sia oggetto del gravame. (Principio enunciato dalla Suprema Corte con riguardo ad un caso in cui si sosteneva essersi formato giudicato sull'affermazione della sentenza di primo grado relativa all'avvenuta esposizione del lavoratore ricorrente al rischio specifico amianto in una controversia in cui lo stesso rivendicava il diritto, contestato dalle controparti, al riconoscimento del beneficio della supervalutazione dei periodi di contribuzione di cui all'art. 13, comma ottavo, della legge n. 257 del 1992).

Cass. civ. n. 7941/2001

Il giudicato che si forma sull'azione con cui il lavoratore, nel corso del rapporto di lavoro, abbia chiesto, in caso di contestazione, l'accertamento della inclusione di una o più voci nella base di calcolo del trattamento di fine rapporto, non preclude una successiva domanda, proposta al termine del rapporto di lavoro, che si riferisca a voci retributive differenti. (Nella specie la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva ritenuto operante, nei confronti di una domanda avente ad oggetto l'inclusione dello straordinario fisso e continuativo nella base di calcolo del TFR, la preclusione da giudicato in relazione a precedente sentenza di accertamento riguardante non l'intero trattamento già maturato ma l'inclusione di altre voci previste dal CCNL).

Cass. civ. n. 7879/2001

Il giudicato implicito sulla proponibilità della domanda non può ritenersi formato quando la sentenza che ha provveduto sul fondamento nel merito della domanda sia stata impugnata per ragioni di merito, in quanto tale impugnazione impedisce la formazione del giudicato esplicito che costituisce il presupposto del giudicato implicito.

Cass. civ. n. 226/2001

Poiché nel nostro ordinamento vige il principio della rilevabilità di ufficio delle eccezioni, derivando invece la necessità dell'istanza di parte solo dall'esistenza di una eventuale specifica previsione normativa, l'esistenza di un giudicato esterno, è, al pari di quella del giudicato interno, rilevabile d'ufficio, ed il giudice è tenuto a pronunciare sulla stessa qualora essa emerga da atti comunque prodotti nel corso del giudizio di merito. Del resto, il giudicato interno e quello esterno, non solo hanno la medesima autorità che è quella prevista dall'art. 2909 c.c., ma corrispondono entrambi all'unica finalità rappresentata dall'eliminazione dell'incertezza delle situazioni giuridiche e della stabilità delle decisioni, i quali non interessano soltanto le parti in causa, risultando l'autorità del giudicato, riconosciuta non nell'interesse del singolo soggetto che lo ha provocato, ma nell'interesse pubblico, essendo essa destinata a esprimersi – nei limiti in cui ciò sia concretamente possibile – per l'intera comunità. Più in particolare, il rilievo dell'esistenza di un giudicato esterno non è subordinato ad una tempestiva allegazione dei fatti costitutivi dello stesso, i quali non subiscono i limiti di utilizzabilità rappresentati dalle eventualmente intervenute decadenze istruttorie, e la stessa loro allegazione può essere effettuata in ogni stato e fase del giudizio di merito. Da ciò consegue che, in mancanza di pronuncia o nell'ipotesi in cui il giudice di merito abbia affermato la tardività dell'allegazione – e la relativa pronuncia sia stata impugnata – il giudice di legittimità accerta l'esistenza e la portata del giudicato con cognizione piena che si estende al diretto riesame degli atti del processo ed alla diretta valutazione ed interpretazione degli atti processuali, mediante indagini ed accertamenti, anche di fatto, indipendentemente dall'interpretazione data al riguardo dal giudice del merito.

Cass. civ. n. 4811/2001

L'accoglimento in primo grado della domanda di accertamento dell'autenticità delle sottoscrizioni apposte su una scrittura privata di compravendita immobiliare comporta che dalla scrittura risulti implicitamente accertato il carattere di contratto definitivo ad effetti reali, necessariamente incompatibili con la diversa natura di contratto preliminare o di compravendita con effetti meramente obbligatori. Ne consegue che la parte venditrice, ove voglia far valere la diversa natura dell'atto, ha l'onere di proporre in appello specifiche censure in tal senso, in difetto delle quali la questione circa la natura definitiva del contratto resta coperta dal giudicato interno, rilevabile d'ufficio anche in sede di legittimità.

Cass. civ. n. 3929/2001

L'esame, in sede d'impugnazione, di questioni pregiudiziali o preliminari, rilevabili d'ufficio, resta precluso per effetto del giudicato interno formatosi sulla pronuncia che abbia esplicitamente risolto tali questioni, ovvero sulla pronuncia che, nel provvedere su alcuni capi della domanda, abbia necessariamente statuito per implicito sulle medesime. Detta preclusione, pertanto, non si verifica quando il capo della sentenza comportante, con una decisione di merito, la definizione implicita di questioni pregiudiziali o preliminari sia investito dalla impugnazione, ancorché limitatamente alla detta pronuncia di merito. (Nell'affermare il principio di diritto che precede, la S.C. ha così ritenuto sussistente il potere del giudice dell'impugnazione di rilevare d'ufficio l'eventuale vizio di nullità di un negozio quando la parte appellante persegua, attraverso il giudizio, l'applicazione del contratto, ed anche se la controparte non abbia, dal suo canto, sollevato la relativa exceptio nullitatis).

Cass. civ. n. 3236/2001

La questione avente per oggetto la titolarità attiva di un rapporto obbligatorio, ossia l'individuazione del creditore, è autonoma rispetto a quella avente per oggetto la titolarità passiva, ossia la riferibilità del debito ad una certa persona, così come sono diversi gli interessi che legittimano le parti a chiedere le relative decisioni e ad impugnarle in caso di soccombenza; pertanto, queste, se contenute nella stessa sentenza, costituiscono capi autonomi idonei a dar luogo a giudicato parziale.

Cass. civ. n. 1210/2000

L'autorità di giudicato di una sentenza pronunciata in tema di giurisdizione (sia sulla sola giurisdizione, se proveniente dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione, sia insieme con una decisione sul merito, se emanato da un qualsiasi altro giudice) opera anche con riferimento ai mutamenti normativi sopravvenuti (giusta disposto dell'art. 5, nuovo testo, c.p.c.), con la conseguenza che le sentenze della Corte di cassazione dichiarative della giurisdizione – e pronunciate nell'esplicazione della sua funzione di organo regolatore dotato del potere di emanare pronunce dotate di efficacia esterna – esplicano i loro effetti sul rapporto giuridico dedotto in giudizio con riferimento a tutte le controversie, anche future, destinate ad insorgere tra le medesime parti, senza che spieghi influenza l'eventuale sopravvenienza di norme determinative di un nuovo e diverso criterio di giurisdizione rispetto a quello operante per il passato.

Cass. civ. n. 14747/2000

Il principio cosiddetto del «dedotto e deducibile», in virtù del quale l'efficacia del giudicato si estende, oltre a quanto dedotto dalle parti (giudicato esplicito), anche a quanto esse avrebbero potuto dedurre (giudicato implicito), concerne le ragioni non dedotte che si presentino come un antecedente logico necessario rispetto alla pronuncia, nel senso che deve ritenersi precluso alle parti stesse la proposizione, in altro giudizio, di qualsivoglia domanda avente ad oggetto situazioni soggettive incompatibili con il diritto accertato.

Cass. civ. n. 8483/2000

L'efficacia preclusiva del giudicato, operando nei limiti dell'accertamento che ha formato oggetto di un determinato giudizio, non si estende ad altri accertamenti della stessa natura riguardanti diversi periodi di tempo (nella specie — in relazione alla domanda di un lavoratore che, a seguito del trasferimento dell'azienda datrice di lavoro, aveva chiesto all'impresa cessionaria il riconoscimento degli scatti di anzianità maturati presso la cedente —, la sentenza di merito, confermata dalla S.C., non aveva ritenuto preclusivo il giudicato formatosi sulla domanda di analogo contenuto precedentemente proposta dallo stesso lavoratore per un differente e successivo periodo di prestazione lavorativa).

Cass. civ. n. 295/2000

La rilevabilità di ufficio del giudicato esterno deve sicuramente essere esclusa, a salvaguardia della garanzia del contraddittorio, qualora esso non trovi riscontro nei documenti ritualmente acquisiti agli atti della causa. Né tale principio è derogabile da parte della Cassazione in materia di giurisdizione, in ragione del dovere della Corte di conoscere le proprie sentenze e dell'esistenza di archivi anche elettronici predisposti, a cura dell'ufficio del massimario, al fine di agevolare tale conoscenza, poiché detto dovere è strumentale alla funzione nomofilattica assegnata alla Corte cass. dall'art. 65 dell'ordinamento giudiziario e riguarda le sentenze intese come precedenti giurisprudenziali, mentre non si riferisce alle sentenze nella loro veste giuridica di strumenti di documentazione di fatti e vicende concrete, in quanto tali assimilabili a tutti gli altri documenti processuali.

Cass. civ. n. 5339/2000

La soggezione anche del giudicato all'interpretazione non comporta che l'interpretazione medesima, in sé e per sé, possa formare oggetto di autonoma azione di mero accertamento, poiché un'azione siffatta si porrebbe in insanabile contraddizione con la stessa ragion d'essere del giudicato che costituisce un punto di partenza imprescindibile, che non può essere rimesso in discussione come tale, ma solo in quanto si tratti di darvi esecuzione, o di trarne comunque effetti giuridici nel processo stesso in cui si è formato ovvero in altro processo. Inoltre, poiché alla base dell'azione di mero accertamento va ravvisato uno stato d'incertezza circa l'esistenza del diritto fatto valere in giudizio, un'azione siffatta non è ipotizzabile ogni qualvolta il diritto risulta cristallizzato nella «certezza» del giudicato di cui si verrebbe inammissibilmente a chiedere al giudice di stabilire il senso ed il significato emettendo una pronuncia giurisdizionale, a sua volta suscettibile di passare in giudicato, venendosi ad instaurare una sequenza inammissibilmente indefinita di accertamenti. A ciò può aggiungersi che nell'ipotesi dell'esistenza di un precedente giudicato l'azione di mero accertamento è inammissibile anche sotto l'ulteriore profilo della carenza d'interesse; appare infatti evidente come non sussista quell'incertezza attuale, che costituisce il presupposto, necessario ed imprescindibile, dell'azione di mero accertamento, tale incertezza potendo concretizzarsi ed attualizzarsi solo in sede di concreta esecuzione del giudicato, qualora sorga contrasto, in precedenza meramente eventuale, in ordine all'interpretazione che debba essere data ad un precedente giudicato esistente tra le parti e divenga attuale quell'incertezza che può eventualmente derivare dalle divergenti interpretazioni del giudicato medesimo.

Cass. civ. n. 4630/2000

In tema di limiti cronologici del giudicato cosiddetto «sostanziale», e salvo diversa espressa previsione del legislatore intesa a travolgere i giudicati già formatisi, la sopravvenienza di una legge interpretativa che contraddica l'interpretazione recepita nella sentenza irrevocabile vale a evidenziare l'ingiustizia di questa, ma non a comprometterne il valore, che è indipendente dall'esattezza della statuizione con essa resa, senza che, perciò solo, sia configurabile l'illegittimità costituzionale dell'art. 2909 c.c. per violazione dei diritti di difesa e del principio di uguaglianza; l'intangibilità del giudicato a fronte di norma di interpretazione autentica riguarda solo quanto sia stato oggetto del giudicato stesso, con esclusione di quanto non fosse deducibile nel giudizio in cui esso si è formato, ma la predetta non deducibilità non può ricollegarsi alla mera sopravvenienza della norma, che, senza introdurre una nuova azione, si sia limitata ad interpretare autenticamente una disposizione precedente.

Cass. civ. n. 93/2000

La parte che ha visto rigettata la sua eccezione di difetto di giurisdizione del giudice adito e che è soccombente solo in parte nel merito, nel limitare (nella specie, espressamente) l'impugnazione ad alcune soltanto delle statuizioni di merito relative al medesimo rapporto, non può censurare le medesime anche sotto il profilo del difetto di giurisdizione, poiché l'impugnazione parziale comporta il formarsi del giudicato sulla giurisdizione affermata (o, eventualmente, implicitamente presupposta) in riferimento alle pretese oggetto delle statuizioni non impugnate e, pertanto, sulla giurisdizione in relazione all'intero rapporto.

Cass. civ. n. 9619/1999

Il giudicato implicito può ritenersi formato solo quando tra la questione risolta espressamente e quella che si vuole risolta implicitamente sussista non soltanto un rapporto di causa ad effetto, ma un nesso di dipendenza così indissolubile da non potersi decidere l'una senza aver prima deciso l'altra; sicché lo stesso non si configura quando la questione non decisa abbia una propria autonomia ed individualità, per la diversità dei presupposti di fatto e di diritto, tale che il giudice sia tenuto a pronunciarsi su di essa ai fini della esatta corrispondenza tra il decisum e il petitum. Tale autonomia è ravvisabile tra la questione della simulazione della locazione, dedotta, in via subordinata alla inopponibilità della locazione stessa, dal proprietario del bene — locato dal proprio dante causa — in base a titolo negoziale anteriore alla locazione, al fine di ottenere il rilascio dell'immobile e la condanna del locatario al risarcimento dei danni, e la decisa questione della inopponibilità del contratto al proprietario medesimo, avuto riguardo alla diversa incidenza dei due istituti e alla diversità dei rispettivi presupposti, attenendo la simulazione essenzialmente ai rapporti tra le parti, la opponibilità della locazione ai rapporti esterni ai contraenti. Ne consegue che, in caso di omessa pronuncia sulla dedotta questione della simulazione nella decisione del giudice di prime cure relativa alla inopponibilità all'attore del contratto di locazione, con conseguente pronuncia satisfattoria delle ragioni dell'attore, non si configura una statuizione implicita sul carattere non simulato della locazione, e, quindi, della sua validità tra le parti (con conseguente esclusione dell'obbligo del locatario di risarcimento dei danni derivanti al proprietario dalla occupazione del bene, imputabile al dante causa sotto il profilo della inadempienza dell'obbligo di consegnare libero il bene alienato), suscettibile di passare in giudicato; sicché il proprietario, parte comunque vittoriosa, non è tenuto a proporre sul punto appello incidentale allo scopo di evitare la formazione di giudicato. Egli ha, invece, semplicemente l'onere di riproporre la questione in secondo grado per superare la presunzione di rinuncia derivante da un comportamento omissivo.

Cass. civ. n. 7021/1997

La sentenza pronunciata nei confronti di una società in nome collettivo — la quale, ancorché priva di personalità giuridica, costituisce, in ragione della propria autonomia patrimoniale, un centro di imputazione di rapporti distinto da quello riferibile a ciascun socio e fonte di una propria capacità processuale — non fa stato nei confronti dei soci che non siano stati parte del relativo giudizio e che, pertanto, non sono legittimati ad impugnare la sentenza stessa.

Cass. civ. n. 9647/1996

La facoltà del debitore solidale di avvalersi della sentenza favorevole intervenuta fra il creditore ed altro coobbligato, concerne l'ipotesi in cui sul rapporto obbligatorio solidale sia stata pronunciata una sola sentenza i cui effetti possono comunicarsi al condebitore non in causa, mentre trova limiti alla sua applicazione nell'eventuale esistenza nei confronti del medesimo condebitore del giudicato contrario sul medesimo punto. Pertanto, qualora i debitori solidali abbiano partecipato al giudizio, sia pure in un solo grado, essi sono soggetti alle preclusioni derivanti dal giudicato formatosi nei loro confronti nonché all'efficacia del giudicato medesimo qualora non abbiano proposto valida impugnazione.

Cass. civ. n. 9208/1995

Nel passaggio dal giudizio di primo a quello di secondo grado, il giudicato implicito sulla questione di competenza si forma quando la sentenza non contiene una decisione espressa su tale questione, ma una decisione sul merito della domanda e una parte di tale decisione non è impugnata. Ciò determina il passaggio in giudicato per acquiescenza (art. 329, secondo comma, c.p.c.) della parte della decisione sul merito non impugnata e di riflesso il formarsi del giudicato sulla questione di competenza, implicitamente decisa per il fatto che il giudice di primo grado ha fatto esercizio della propria competenza quando ha statuito sul merito.

Cass. civ. n. 2697/1995

Le sentenze che statuiscono sulla competenza – ad eccezione delle decisioni della Corte di cassazione in sede di regolamento di competenza – non sono suscettibili di passare in cosa giudicata in senso sostanziale poiché la decisione sulla questione di competenza, emessa dal giudice di merito con sentenza non più impugnabile, dà luogo soltanto al giudicato formale, il quale si concreta in una preclusione alla riproposizione della questione soltanto davanti al giudice dello stesso processo, ma non fa stato in un distinto giudizio promosso dalle stesse parti dinnanzi ad un giudice diverso.

Cass. civ. n. 2645/1995

Con riguardo alla questione pregiudiziale in senso logico (o punto pregiudiziale) l'efficacia del giudicato copre, in ogni caso e pure in assenza di un'apposita richiesta, non soltanto la pronuncia finale ma anche l'accertamento che si presenta come necessaria premessa o come presupposto logico-giuridico della pronuncia medesima; con riguardo, invece, alla questione pregiudiziale in senso tecnico — disciplinata dall'art. 34 c.p.c. e indicante una situazione che, pur rappresentando un presupposto dell'effetto dedotto in giudizio, è tuttavia distinta e indipendente dal fatto costitutivo sul quale tale effetto si fonda — detta situazione è oggetto solo di accertamento incidentale (inidoneo a passare in giudicato), tranne che una decisione con efficacia di giudicato sia richiesta per legge o per apposita domanda di una delle parti. (Nella specie la sentenza di merito aveva rigettato la domanda del dipendente delle Ferrovie dello Stato volta al riconoscimento del servizio militare ai sensi dell'art. 20 della L. n. 958 del 1986, sul duplice rilievo della non appartenenza dell'ente al settore pubblico e della norma di interpretazione autentica dettata, quanto al servizio valutabile ratione temporis, dall'art. 7 della L. n. 412 del 1991. La S.C. ha escluso l'interesse del lavoratore all'impugnazione, volta a conseguire la rimozione dell'affermazione — dal ricorrente considerata ostativa dell'applicabilità del terzo comma del detto art. 7 — della non appartenenza dell'ente Ferrovie dello Stato al settore pubblico, rilevando che tale questione, siccome pregiudiziale in senso tecnico, era stata esaminata incidenter tantum, onde il relativo accertamento del giudice del merito non poteva passare in giudicato).

Cass. civ. n. 9352/1994

Il giudicato sulla giurisdizione può formarsi solo a seguito della statuizione emessa dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione, in sede di regolamento preventivo di giurisdizione o di ricorso ordinario per motivi attinenti alla giurisdizione, oppure per effetto del passaggio in giudicato di una sentenza di merito che contenga il riconoscimento, sia pure implicito, della giurisdizione del giudice adito, restando peraltro esclusa l'equiparabilità a tale sentenza della decisione che abbia rigettato l'eccezione di incompetenza per materia. (Sulla base di tale principio le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno ritenuto ammissibile il ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione promosso dopo che vi era già stata una sentenza del giudice ordinario che aveva declinato la propria giurisdizione e nella pendenza del giudizio dinanzi al giudice amministrativo).

Cass. civ. n. 1887/1994

Il riesame di ufficio, da parte del giudice dell'impugnazione, della questione di giurisdizione risolta sfavorevolmente alla parte vittoriosa è consentito solo quando non si sia formato il giudicato sul punto, come nel caso in cui essendo stata la questione stessa oggetto di espressa decisione ad opera del giudice del merito, contro il relativo capo di sentenza non sia stato proposto il ricorso incidentale per cassazione, ovvero quando l'identica decisione del giudice di primo grado non sia stata investita, ad opera dell'appellato, anche soltanto dalla mera riproposizione — sufficiente ad impedire il giudicato, ai sensi dell'art. 346 c.p.c. ed in relazione alla natura non limitata dell'appello, in ciò differente dall'impugnazione in sede di legittimità — dell'eccezione di difetto di giurisdizione.

Cass. civ. n. 10771/1993

Quando la qualificazione giuridica dei fatti costituisce esclusivamente una premessa logica della decisione di merito e non una questione formante oggetto di una specifica ed autonoma controversia, l'oggetto della pronuncia del giudice è costituito esclusivamente dall'attribuzione (o dalla non attribuzione) del bene della vita conteso, onde il giudicato si forma sull'accoglimento o sul rigetto della domanda e soltanto in via indiretta e mediata sulle premesse meramente logiche della decisione; con la conseguenza che, se viene impugnata la pronuncia di merito, il giudice dell'impugnazione non è in alcun modo vincolato ai criteri seguiti dal primo giudice per procedere alla qualificazione giuridica dei fatti.

Cass. civ. n. 3532/1990

Poiché la competenza si determina in base alla domanda nella sua obiettiva enunciazione e non già in base all'oggetto dell'indagine di merito, attraverso il quale si deve valutare il fondamento della domanda stessa, la pronunzia su di essa, in correlazione con il suo specifico contenuto, è limitata a precise finalità di ordine processuale e non può acquistare autorità di giudicato sulle questioni di merito, che siano delibate sommariamente ai soli fini della competenza.

Cass. civ. n. 4262/1985

Il giudicato formatosi su una pronuncia di merito si estende ai necessari presupposti della pronuncia medesima, ivi inclusa quella qualificazione del rapporto, su cui si fonda la domanda, da giustificare la competenza giurisdizionale del giudice che su di essa ha statuito. Pertanto, il passaggio in giudicato di una sentenza del giudice amministrativo, che abbia riconosciuto determinate spettanze retributive in favore del dipendente di un ente, comporta che, nella successiva controversia vertente fra le medesime parti su ulteriori pretese trovanti titolo immediato e diretto nello stesso rapporto di lavoro (nella specie, rivalutazione automatica ed interessi corrispettivi su dette spettanze), non può essere messa in discussione la natura pubblicistica di quel rapporto, né quindi la giurisdizione del giudice amministrativo.

Cass. civ. n. 2109/1984

Poiché il giudicato si forma sull'attribuzione del bene della vita (petitum) e sulla ragione giuridica della stessa (causa petendi), ma non anche su circostanze, di fatto o di diritto, che, sebbene oggetto di accertamento da parte del giudice ed influenti, sul piano probatorio, su quell'attribuzione e sulla relativa ragione, non costituiscono elementi essenziali del rapporto giuridico dedotto in giudizio, ove due cause vertenti tra i medesimi soggetti riguardino rapporti giuridici diversi, seppure di identico tipo per oggetto, data la stipulazione e modalità di esecuzione, l'accertamento dei fatti compiuto nel primo giudizio (definito con sentenza passata in giudicato), con valore meramente probatorio ed in funzione della vera e propria statuizione giurisdizionale, non preclude nell'altra controversia un analogo accertamento in senso diverso o anche opposto. (Alla stregua del principio di cui in massima, il Supremo Collegio ha cassato la decisione impugnata che agli accertamenti probatori del giudizio già definito, in base ai quali era stato escluso il rapporto di compravendita ivi dedotto, aveva riconosciuto carattere vincolante nel giudizio successivo, riguardante altro rapporto di compravendita tra le stesse parti e con oggetto analogo).

Cass. civ. n. 4752/1982

L'autorità del giudicato opera entro i limiti degli elementi costitutivi dell'azione, ma l'ambito della sua estensione si determina non soltanto relativamente all'oggetto della controversia ed alle ragioni fatte valere dalle parti (giudicato esplicito), ma anche con riguardo agli accertamenti che sono necessariamente ed inscindibilmente collegati alla decisione di cui costituiscono il presupposto, sicché la cosa giudicata si forma sia sulle statuizioni espresse nel dispositivo sia sulle affermazioni che si presentano come il fondamento logico giuridico della decisione adottata. (Nella specie, sancendo tale principio, la Suprema Corte ha cassato la sentenza con la quale i giudici di merito avevano negato che in una controversia promossa dal lavoratore, al fine di ottenere un determinato inquadramento alla stregua delle mansioni svolte, potesse riconoscersi rilievo agli accertamenti — coperti dal giudicato — espletati da altro giudice al fine di conoscere della domanda di impugnativa del licenziamento irrogato al medesimo lavoratore per il suo rifiuto di svolgere mansioni asseritamente diverse da quelle che gli erano state precedentemente assegnate).

Tesi di laurea correlate all'articolo

Hai un dubbio o un problema su questo argomento?

Scrivi alla nostra redazione giuridica

e ricevi la tua risposta entro 5 giorni a soli 29,90 €

Nel caso si necessiti di allegare documentazione o altro materiale informativo relativo al quesito posto, basterà seguire le indicazioni che verranno fornite via email una volta effettuato il pagamento.

SEI UN AVVOCATO?
AFFIDA A NOI LE TUE RICERCHE!

Sei un professionista e necessiti di una ricerca giuridica su questo articolo? Un cliente ti ha chiesto un parere su questo argomento o devi redigere un atto riguardante la materia?
Inviaci la tua richiesta e ottieni in tempi brevissimi quanto ti serve per lo svolgimento della tua attività professionale!

Consulenze legali
relative all'articolo 324 Codice di procedura civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

Luca chiede
martedì 16/11/2010

“Una sentenza di rigetto di una istanza da parte di un TAR, può considerasi una sentenza di condanna passata in giudicato? Mi spiego meglio. Nel 1996, a seguito di un aumento del canone di locazione, retroattivo di circa 2 anni, sulla base della legge del 1994 sull'equo canone, molti utenti di alloggi di servizio (Forze Armate) hanno fatto ricorso al TAR. Il citato Tribunale, nello stesso anno, ha disposto una sospensiva del recupero crediti. Nel 2001 il TAR ha rigettato il ricorso, senza alcuna condanna e compensando le spese, inducendo l'Amministrazione militare a recuperare le somme sulla base della legge in vigore. L'Amministrazione ha iniziato, con molta calma, il recupero delle somme. In base all'art 2948 del c.c., il recupero delle somme relative a fitti e pigioni va in prescrizione dopo 5 anni. Allo scrivente è stato notificato, dall'Amministrazione, oltre otto anni dalla sentenza, quindi, già prescritto. Il Dirigente preposto ha sostenuto però che la prescrizione è decennale, in base all'art. 2953 e non quinquennale per il recupero dei canoni di locazione ed ha iniziato a trattenere le somme secondo lui legittimamente da recuperare. La mia domanda quindi è la seguente: l'art 2953 parla di sentenze di condanna passate in giudicato (e questa non è una sentenza di condanna); la prescrizione è quella prevista dall'art. 2948, quindi quinquennale; quindi, è corretta la mia interpretazione? Grazie.”

Consulenza legale i 17/12/2010

Nel caso di specie si può parlare di giudicato amministrativo: laddove, ad opera del giudicato di primo grado, sia intervenuto il riconoscimento del diritto principale di credito (nella specie, si desume essere stato riconosciuto il diritto della P.A. al corrispettivo della locazione), la corrispondente pretesa al pagamento è esercitabile per tutto il tempo di durata dell'azione del giudicato medesimo (10 anni, ex art. 2953 del c.c.), sostituendosi alla prescrizione breve cui sarebbe stato soggetto il diritto investito dal provvedimento stesso.


C. C. chiede
mercoledì 09/11/2022 - Puglia
“Un avvocato svolge un'attività contraria agli interessi della sua assistita in campo penale per abuso demaniale denunciato dalla Polizia Municipale: non si presenta a ben 5 udienze, non avvisa delle udienze l'assistita, ascolta i testi a danno e mai quelli a favore, ma la cosa ancora più grave è che per ben 6 anni non dice al giudice che la scrivente era stata assolta dallo stesso reato 6 anni prima con sentenza definitiva per la denuncia penale avanzata dalla Capitaneria).
Dopo l'ultima udienza penale del 10 10.2016 la scrivente revoca l'incarico all'avvocato, ne nomina un altro che riferisce al giudice della sentenza di assoluzione di 6 anni prima e il Giudice emette la sentenza ovviamente di assoluzione il 20.2.2017.
La cosa più grave, a mio avviso sarebbe che l'immobile dissequestrato con la prima sentenza di assoluzione, venne dissequestrato ancora con la seconda sentenza di assoluzione, in sostanza venne dissequestrato un bene già dissequestrato e libero!
L'avvocato esonerato tuttavia emette nell'anno 2018 fattura per €. 6.000,00, pur avendo ricevuto in precedenza €. 1.500,00=, ma fa un Decreto Ingiuntivo per €. 4.800,00 e va al Giudice di Pace.
La scrivente si oppone con atto di citazione, nel quale si riserva di richiedere il risarcimento danni per la difesa infedele prestata.
A tutt'oggi il Giudice di Pace non ha inteso emettere la sentenza e preme per un accordo, e rimanda sempre.

Si domanda: posso chiedere il risarcimento danni (pari ad oltre €. 30.000,00=), di cui mi ero riservato nell'atto di citazione in opposizione al decreto Ingiuntivo in presenza della causa in corso presso il Giudice di Pace. La citazione per il risarcimento danni per detto importo andrebbe fatto al Giudice ordinario, ma come si concilia con la causa in corso al Giudice di Pace, di cui non si conosce l'esito? Causa che definita in modo favorevole o sfavorevole, comunque intendo chiedere il risarcimento dei danni subiti dalla difesa infedele?
Distinti ossequi.”
Consulenza legale i 18/11/2022
Nel dare una risposta al quesito posto, si rileva come la soluzione dipenda - in parte - anche da come è stata articolata la difesa davanti al Giudice di Pace. Infatti, è difficile offrire una risposta particolarmente precisa in assenza di una puntuale analisi degli atti di causa e del contenuto degli stessi. In ogni caso, si fornisce per ora un parere di carattere generale, che offra una soluzione di massima al caso che occupa. Per ragioni di chiarezza, affermiamo fin d'ora che non vi sono ostacoli alla proposizione della domanda risarcitoria davanti al Tribunale, appurato che è stata fatta espressa riserva in tal senso durante il giudizio di opposizione. Tuttavia, sarebbe stato forse più prudente proporre tale domanda risarcitoria direttamente nel giudizio di opposizione, senza che il valore della controversia potesse costituire un ostacolo insuperabile. Spieghiamo qui di seguito le ragioni di tale conclusione.

Nel diritto processuale civile vige un principio generale in virtù del quale uno stesso fatto non può costituire oggetto di due separati giudizi, e ciò per evitare il rischio di un contrasto tra giudicati (si parla in gergo tecnico di “ne bis in idem”). Pertanto, se su un fatto storico il giudice ha già aperto la cognizione, prendendo di conseguenza delle decisioni in merito alle questioni emerse, non sarà possibile azionare i medesimi diritti davanti ad un altro giudice.
Nel caso che occupa, come accennato, una certa rilevanza assume la difesa articolata in opposizione al decreto ingiuntivo opposto. Sarebbe utile considerare, in altre parole, se la difesa nel giudizio di opposizione si sia limitata a constatare che - per esempio - la fattura dell’avvocato era già stata pagata (deducendo - quindi - un fatto estintivo del diritto di credito azionato dal creditore), o abbia opposto l’intervenuta prescrizione del diritto al pagamento del compenso o, ancora, abbia eccepito l'intervenuta remissione del credito da parte del creditore. In tal caso, l’oggetto del giudizio non sarebbe stato ampliato.
Nel caso in cui, viceversa, la difesa della convenuta si sia basata invece proprio sull’asserito inadempimento dell’avvocato, il quale avrebbe patrocinato male la sua cliente (sollevando quella che viene definita “eccezione di inadempimento”, disciplinata dall’art. art. 1460 del c.c.) allora l’oggetto della cognizione del giudice di pace si sarebbe effettivamente ampliato e - come sopra accennato - sarebbe stato possibile, per la parte convenuta, porre una direttamente un'apposita domanda risarcitoria.
Se con tale domanda si fosse superata la competenza per valore del giudice di pace, quest’ultimo avrebbe separato le cause, rimettendo la parte relativa al risarcimento dei danni dinanzi al Tribunale Civile (per chiarezza, ricordiamo che l'opponente - sostanzialmente convenuto-ingiunto, ma formalmente attore - può proporre domande riconvenzionali, stante la sua posizione sostanziale di convenuto). Per quanto riguarda il problema attinente al valore della controversia, difatti, la giurisprudenza, anche recente, sostiene che “nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo dinanzi al Giudice di Pace, poiché la competenza, attribuita dall'art. 645 c.p.c. all'ufficio giudiziario cui appartiene il giudice che ha emesso il decreto, ha carattere funzionale ed inderogabile, nel caso in cui l'opponente formuli domanda riconvenzionale eccedente i limiti di valore della competenza del giudice adito, questi è tenuto a separare le due cause, trattenendo quella relativa all'opposizione e rimettendo l'altra al tribunale, il quale in difetto qualora gli sia stata rimessa l'intera causa, può richiedere nei limiti temporali fissati dall'art. 38 c.p.c. il regolamento di competenza ex art. 45 c.p.c.”.

Poste queste doverose premesse, si può riassuntivamente concludere che se l’attrice opponente ha fatto espressa riserva di far valere le proprie pretese risarcitorie dinanzi al Tribunale, e il Giudice di Pace non si è quindi pronunciato in merito al risarcimento dei danni in alcun modo, tale domanda risarcitoria potrà essere fatta valere dinanzi al Tribunale in un secondo momento. Tecnicamente, infatti, si può dire che il risarcimento dei danni non abbia costituito il “petitum” della citazione in opposizione, rappresentato viceversa dall’accertamento dell’estinzione del diritto di credito vantato dall’avvocato.

Né può ritenersi sussistente, nemmeno astrattamente, quello che viene definito "abuso del diritto di credito". In tal senso, ad ulteriore conferma di quanto fin qui sostenuto, si evidenzia che la giurisprudenza ha sostenuto che “la domanda di risarcimento danni può essere proposta in misura incompleta o ridotta se il creditore faccia espressa riserva di domandare in separato giudizio le voci non richieste (Cass., sez. III, 06-12-2005, n. 26687). In assenza di tale precisazione o riserva da parte del danneggiato, trova applicazione il principio secondo cui il giudicato copre il dedotto ed il deducibile, e cioè non solo le ragioni giuridiche fatte valere in giudizio ma anche “tutte le altre – proponibili sia in via di azione che di eccezione – le quali, sebbene non dedotte specificamente si caratterizzano per la loro comune inerenza ai fatti costitutivi delle pretese anteriormente svolte, è precluso proporre in un successivo giudizio una domanda fondata su ragioni giuridiche che, seppure non prospettate né espressamente enunciate in quello precedente, costituiscano tuttavia una premessa ed un precedente logico della relativa pronuncia, tali da non comportare la prospettazione di un autonomo thema decidendum” (giurisprudenza sterminata: da ultimo, ma ex multis, Cass., sez. II, 04-11-2005, n. 21352).
Se tale principio vale per il creditore che aziona "parzialmente" il proprio diritto, si può ritenere che valga a maggior ragione per l'attore opponente che che faccia espressa riserva di azionare il diritto risarcitorio - complessivamente considerato - in altra sede.

Peculiare, poi, appare la circostanza per cui il Giudice di Pace non intenda emettere sentenza, soprattutto se sono già state precisate le conclusioni e non vi è più nulla su cui discutere.
Tuttavia, per quanto esposto fin qui, anche la mancata emissione della sentenza su un oggetto diverso da quello del risarcimento dei danni, non è di ostacolo alla proposizione dell’azione risarcitoria dinanzi al Tribunale.