L'onere delle spese di custodia, amministrazione e manutenzione
L'usufruttuario ha durante il suo godimento una
serie di obblighi che tendono ad assicurare la conservazione della cosa. L'esistenza di questi obblighi si ricava dalla non felicissima norma dell'art.
1004, che pone a carico dell'usufruttuario le spese e gli oneri relativi alla custodia, all'amministrazione e alla manutenzione ordinaria della cosa. Veramente la formulazione letterale della norma non condurrebbe necessariamente all'affermazione che l'usufruttuario abbia l'obbligo della custodia e della manutenzione ordinaria delle cose, perché che egli debba sopportare il carico delle spese occorse per la custodia e la manutenzione non significa necessariamente che egli debba fare queste spese.
Ma il dubbio non avrebbe ragion d'essere sia perché è chiaro che l'intenzione del legislatore non può essere stata quella di lasciare libero l'usufruttuario di fare o non fare quelle spese, sia perché risulta dal capoverso dell'art.
1004 che la manutenzione ordinaria è il contenuto di un vero e proprio obbligo dell'usufruttuario e risulta inoltre dall'
art. 1015 del c.c. che, come si vedrà, regola un tipico atteggiamento dell'obbligo di custodia, che anche la custodia è un comportamento dovuto dall'usufruttuario.
Sarebbe stato comunque più conforme al testo legislativo porre senz'altro a carico dell'usufruttuario l'obbligo di custodia e di manutenzione, da cui sarebbe conseguito che le spese sostenute per l'adempimento di tali obblighi facevano carico all'usufruttuario. Quanto invece alle
spese per l'amministrazione, esse non sono in relazione ad un presunto obbligo di amministrare dell'usufruttuario verso il proprietario. Le spese di amministrazione fanno carico esclusivamente al primo per l'evidente ragione che esse sono indissolubilmente legate al godimento e sono il necessario presupposto del reddito che dalla cosa l'usufruttuario viene a trarre.
L'obbligo di custodia
Poiché l'usufruttuario possiede la cosa anche in nome del proprietario, è chiaro che egli abbia, come qualunque possessore in nome altrui, l'obbligo di custodirla, allo
scopo di prevenire le alterazioni nella consistenza materiale o nello stato giuridico che la cosa può subire in conseguenza di accidenti naturali o di fatti di terzi. Il contenuto e la misura dell'obbligazione di custodire si determina secondo i criterio della diligenza media, in altri termini l'usufruttuario deve vigilare sulla cosa e prendere quelle cautele che, in relazione alla natura della cosa e alla sua specifica destinazione economica, prenderebbe il buon padre di famiglia.
Una ulteriore specificazione del contenuto dell'obbligo di custodia porterebbe necessariamente a una
casistica. Tuttavia a titolo di esempio si ricorda che l'usufruttuario deve prendere le normali cautele per evitare accidenti naturali come l'incendio o fatti delittuosi di terzi come il furto; il pascolo abusivo e così via; egli deve avvertire il proprietario se la cosa ha bisogno urgente di riparazioni che non siano a suo carico; deve inoltre curare che non venga alterata la condizione giuridica della cosa per fatto proprio o per fatto di terzi; così egli sarebbe responsabile se facesse estinguere per non uso una servitù costituita a favore del fondo su cui cade l'usufrutto, se facesse estinguere per prescrizione un credito perché non ha curato di riscuotere gli interessi o almeno di fare un atto interruttivo della prescrizione, se fa estinguere una garanzia ipotecaria per difetto di rinnovazione, se non provvede a farsi rilasciare il documento ricognitivo quando l'usufrutto ha per oggetto il diritto del concedente ai canoni enfiteutici ovvero una rendita perpetua, se permette l'usucapione di un terzo di un diritto sulla cosa.
Si è discusso se in base al suo obbligo di custodia l'usufruttuario sia tenuto ad
assicurare la cosa contro i danni. Il Progetto preliminare aveva risolto la questione nel senso che l'usufruttuario era tenuto all'assicurazione se lo avesse richiesto il proprietario (
art. 955 del c.c.). Probabilmente la soluzione era discutibile, ma ancora più discutibile è il silenzio che il nuovo codice mantiene al riguardo. In linea generale si dovrà negare che incomba all'usufruttuario l'obbligo dell'assicurazione, ma si dovrà fare eccezione per quelle cose così frequentemente esposte a determinati rischi che ogni persona di media diligenza provvede ad assicurarle. Quando l'usufruttuario provvede all'assicurazione, a lui incombe l'onere del pagamento dei premi per la durata del suo diritto, ma in caso di perimento totale o parziale della cosa l'usufrutto si trasferisce sull'indennità di assicurazione (
art. 1019 del c.c.).
Essendo l'usufruttuario tenuto alla custodia della cosa, ne discende che in caso di
perimento totale o parziale della cosa incombe all'usufruttuario l'onere di provare che esso e dovuto a una causa a lui non imputabile (art. 1225 c. 1865,
art. 1218 del c.c.).
Manutenzione ordinaria e straordinaria
L'obbligo della manutenzione della cosa data in usufrutto è stata regolata dal nuovo codice in maniera apparentemente alquanto
diversa da quella che risultava
dal codice del 1865. Mentre infatti l'art. 501 poneva senz'altro a carico dell'usufruttuario le riparazioni ordinarie e gli articoli 502-503 lasciavano liberi il proprietario e l'usufruttuario di eseguire le riparazioni straordinarie, salvo a regolare il loro concorso nelle spese, invece dagli articoli
1004-
1005 parrebbe doversi desumere che, se l'usufruttuario ha l'obbligo della manutenzione ordinaria, il proprietario ha da canto suo quello della manutenzione straordinaria. La diversità è però soltanto apparente, perché in realtà non si può parlare di un obbligo del proprietario di eseguire le riparazioni straordinarie. Infatti se il primo comma dell'art.
1005 («
le riparazioni straordinarie sono a carico del proprietario») avesse il significato di creare per il proprietario un vero e proprio obbligo, la conseguenza dovrebbe essere che, in caso di inadempimento, l'usufruttuario potrebbe eseguire le riparazioni a spese del proprietario (art. 1220 c. 1865).
Invece l'art.
1005 stabilisce che, in caso di rifiuto o di ritardo del proprietario, l'usufruttuario ha soltanto la facoltà di eseguirle a proprie spese col diritto di essere rimborsato delle somme impiegate alla fine dell'usufrutto senza interessi. In sostanza, perciò, salva la diversa formulazione, è rimasto immutato il sistema del codice del 1865, con la sola differenza che è chiaramente accordata al proprietario la precedenza sull'usufruttuario nell'esecuzione delle riparazioni straordinarie, di guisa che, anche se la cosa ha urgente bisogno di riparazioni straordinarie, il proprietario può rifiutarsi di eseguirle e l'usufruttuario ha solo la facoltà di anticipate le somme necessarie per eseguirle direttamente. Che questo sia un risultato opportuno dal punto di vista sociale non si può forse dire, ma probabilmente la soluzione adottata a senza inconvenienti pratici, dato l'interesse che hanno entrambi i soggetti alla conservazione della cosa e delle sue attitudini fruttifere.
L'obbligo dell'usufruttuario si limita dunque alla
manutenzione ordinaria. Potrebbe sembrare che una estensione di tale obbligo sia stabilita dal capoverso dell'art.
1004 che pone a carico dell'usufruttuario le riparazioni straordinarie rese necessarie dall'inadempimento degli obblighi di ordinaria manutenzione, ma in realtà non si tratta di una vera e propria estensione ma piuttosto di una forma di risarcimento in forma specifica del danno provocato dall'inadempimento dell'usufruttuario, la quale sarebbe senz'altro ammissibile anche secondo le regole generali. Infatti le riparazioni straordinarie devono essere conseguenza necessaria (espressione che equivale alla conseguenza immediata e diretta di cui all'art. 1229 c. 1865) dell'inadempimento, e perciò è ovvio che l'usufruttuario a tenuto a eseguirle allo scopo di riparare il danno. Soltanto si può dire che nella nostra ipotesi non si può distinguere tra inadempimento doloso e colposo al fine di fare operare in questa seconda ipotesi il limite della prevedibilità del danno (art. 1228 c. 1865 e
art. 1225 del c.c.) e non si può ritenere applicabile la disposizione di favore per il debitore che lo autorizza a risarcire il danno per equivalente quando il risarcimento in forma specifica sarebbe per lui eccessivamente oneroso. S'intende però che se l'usufruttuario non esegue le riparazioni straordinarie, il proprietario pub farle eseguire a spese dell'usufruttuario medesimo senza che questi abbia diritto a rimborso alcuno alla fine dell'usufrutto.
La distinzione fra riparazioni ordinarie e straordinarie non è sempre chiara. Nel vecchio codice, almeno per quanto riguardava gli edifici e altre opere immobili annesse a un fondo (argini, acquedotti, muri di cinta), il criterio di distinzione era testuale, perché l'elenco di riparazioni straordinarie contenute nell'art. 504 doveva considerarsi tassativo, dato che la disposizione si chiudeva con l'affermazione che tutte le altre riparazioni erano ordinarie. Invece altrettanto non può dirsi per il nuovo codice perché l'art.
1005, pur ripetendo quasi letteralmente l'elenco contenuto nel vecchio art. 504, non contiene più la norma che le altre riparazioni devono qualificarsi ordinarie. Il che deve far pensare, malgrado che non si trovi alcun ausilio nei lavori preparatori, che l'intenzione legislativa è stata quella di eliminare il carattere di tassatività che l'elencazione aveva nel codice abrogato. Tuttavia dal fatto che la legge espressamente qualifichi come riparazioni straordinarie quelle necessarie ad assicurare la stabilità dei muri maestri e delle volte, la sostituzione delle travi, il rinnovamento, per intero o per una parte notevole, dei tetti, solai, scale, argini, acquedotti, muri di sostegno o di cinta, si può desumere il criterio generale di distinzione fra riparazioni ordinarie e straordinarie, al fine di delimitare il contenuto dell'obbligo di manutenzione dell'usufruttuario.
Si noti anzitutto che a questo scopo non è rilevante l'indagine sulle cause che rendono necessarie le riparazioni. Anche se la necessità deriva da eventi fortuiti che l'usufruttuario non poteva in alcun modo evitare, le riparazioni sono a carico dell'usufruttuario se esse rientrano oggettivamente nella categoria delle riparazioni ordinarie, sono in definitiva a carico del proprietario nell'ipotesi inversa.
Ciò premesso devono ritenersi
spese di manutenzione ordinaria quelle necessarie per conservare per uno spazio di tempo limitato, e non mai oltre alla possibile durata dell'usufrutto, il reddito normale della cosa mentre devono ritenersi spese di manutenzione straordinaria quelle necessarie per conservare la cosa nella sua capacità redditizia e quindi indirettamente per conservare per un tempo indefinito il reddito. All'usufruttuario infatti non può essere imposto un sacrificio maggiore di quello rappresentato dalle spese della prima categoria: egli non deve sopportare altro che le spese della manutenzione che e condizione del suo godimento e non può essere tenuto a conservare la cosa nella sua capacità produttiva indefinita nel tempo. D'altro canto non si potrebbe far carico al proprietario delle spese necessarie a conservare il reddito della cosa per uno spazio di tempo limitato, perché l'utilità di queste spese si riversa direttamente e immediatamente nel patrimonio dell'usufruttuario, il quale ne sarebbe così ingiustamente arricchito.
L'obbligo di manutenzione dell'usufruttuario
L'obbligo di manutenzione ha una sua
autonomia rispetto all'obbligo di custodia quando l'usufrutto ha per oggetto una cosa corporale: se questo invece ha per oggetto un diritto di credito i due obblighi si identificano quanto al contenuto e al risultato pratico.
L'obbligo di manutenzione ordinaria che incombe sull'usufruttuario è più lato dell'obbligo di eseguire le riparazioni ordinarie (per cui giustamente l'art.
1004 ha modificato la formula dell'art. 501), perché la manutenzione comprende ad es. l'alimentazione degli animali, la coltura dei fondi, la conservazione dell'efficienza dell'organizzazione di un'azienda e così via.
Il
contenuto dell'obbligo di manutenzione che genericamente consiste nel dovere di erogare le spese necessarie per conservare (quindi non per aumentare, nel qual caso non si tratterebbe più di manutenzione ma di miglioramenti) alla cosa la sua attitudine a dare utilità, si specifica diversamente in relazione alla destinazione economica della cosa e alla sua natura. Così se oggetto dell'usufrutto sono animali, l'obbligo della manutenzione si esaurirà nell'alimentazione e nel mantenimento delle condizioni di vita normali, se oggetto è un'azienda, consisterà nella conservazione della sua organizzazione, del suo avviamento, degli impianti, delle scorte, e così via.
Per determinare sino a qual punto si estenda l'obbligo della manutenzione bisogna avere riguardo allo
stato in cui si trovavano le cose soggette all'usufrutto nel momento in cui è stato costituito, non potendo essere l'usufruttuario tenuto a rispondere delle alterazioni o delle menomazioni che la cosa abbia subito prima di quel momento. Deve quindi ritenersi esatta quell'opinione che ritiene non essere l'usufruttuario tenuta a erogare le spese di manutenzione ordinaria che occorrevano all'inizio dell'usufrutto. Ciò era stato espressamente affermato nel Progetto preliminare (art. 146), ma deve ammettersi, perché in perfetta armonia coi principi, anche per il codice malgrado non sia stata riprodotta la norma proposta dalla Commissione Reale.
Per converso si ritiene che l'obbligo di manutenzione nasce a carico dell'usufruttuario nel momento in cui ha inizio l'usufrutto e non in quello eventualmente successivo in cui 1"usufruttuario abbia conseguito il possesso delle cose.
Se l'usufruttuario non adempie all'obbligo di provvedere alla manutenzione ordinaria, il proprietario, se non preferisce chiedere l'applicazione delle sanzioni disposte dalla legge per i casi di abuso, può attendere la cessazione dell'usufrutto e chiedere allora la
restitutio in pristinum o il risarcimento dei danni, oppure può procedere immediatamente sostituendosi all'usufruttuario nell'esecuzione delle opere col diritto al rimborso delle spese ed eventualmente al risarcimento dei danni, secondo le norme sul l'esecuzione in forma specifica delle obbligazioni di fare. Era tuttavia molto discusso per il vecchio codice se il proprietario avesse questo diritto durante l'usufrutto ritenendosi da alcuni scrittori che anche sotto questo profilo la pretesa del proprietario dovesse essere rimandata alla fine dell'usufrutto. Il Progetto preliminare aveva risolto la questione nel senso migliore e più aderente alla esigenza di provvedere subito alla conservazione dell'attitudine produttiva della cosa (
art. 957 del c.c.), ma mi pare
che, anche nel silenzio del codice, questa sia la soluzione preferibile. Quando il proprietario ha un interesse attuale all'esecuzione delle opere, non si può costringerlo a restare impotente davanti alla omissione dell'usufruttuario o costringerlo a chiedere la decadenza di quest'ultimo dal suo diritto.
Dall'obbligo di manutenzione l'usufruttuario può liberarsi rinunciando all'usufrutto sempre che le opere da eseguire non si riferiscano a un periodo di godimento già trascorso.
Le riparazioni straordinarie
Il carico delle riparazioni straordinarie incombe, come si è visto, sul proprietario nel senso che egli in definitiva o le esegue direttamente o deve alla fine dell'usufrutto rimborsare all'usufruttuario quanto abbia speso per la loro esecuzione, ma non nel senso che il proprietario abbia l'obbligo in senso tecnico di eseguirle. Si può dire invece che il proprietario ha
diritto di eseguirle, nel senso che l'usufruttuario non può opporsi, ancorché durante la esecuzione delle opere egli possa essere menomato nel suo godimento.
Se il proprietario esegue le riparazioni, l'usufruttuario gli deve corrispondere per tutta la durata del suo diritto gli
interessi sulle somme spese. Non si tiene conto a questo proposito del fatto che l'usufruttuario consegua o no un incremento di reddito per effetto delle riparazioni straordinarie o che queste aumentino o meno il valore della cosa. Il Progetto preliminare seguiva una diversa soluzione (
art. 959 del c.c.), ma questa è stata abbandonata nel testo definitivo perché complicava troppo la definizione dei rapporti tra proprietario e usufruttuario. Del resto è normale che l'usufruttuario riceva dei concreti benefici per effetto delle riparazioni straordinarie eseguite dal proprietario.
Se il proprietario
rifiuta di eseguire le riparazioni straordinarie oppure ne ritarda senza giusto motivo l'esecuzione, l'usufruttuario può (non deve) eseguirle a proprie spese. Alla fine dell'usufrutto egli ha diritto di essere rimborsato delle spese sostenute. Il rimborso, a differenza del vecchio codice (art. 502) e del Progetto preliminare (articoli 148 e 150) deve essere integrate e non è condizionato nè per l'esistenza nè per l'entità alla utilità che le opere hanno apportato alla cosa o alla loro sussistenza al tempo della cessazione dell'usufrutto. Sulla somma che deve essere rimborsata non decorrono interessi a favore dell'usufruttuario se non dalla fine dell'usufrutto, epoca nella quale il credito diviene esigibile e quindi come tale produttivo di interessi secondo il principio generale di cui al Libro delle Obbligazioni.
Dispone infine l'art. 1006 che «
a garanzia del rimborso l'usufruttuario ha diritto di ritenere l'immobile riparato». La disposizione si riferisce solo agli immobili perché per i beni mobili l'usufruttuario avrebbe, anche nei confronti dei terzi aventi causa e dei creditori del proprietario, la garanzia del privilegio per le spese di conservazione, che attribuisce al creditore non solo il diritto di ritenere la cosa ma anche quello di farla vendere secondo le regole stabilite per la vendita del pegno.
Il Progetto preliminare (art. 148, comma terzo) accordava all'usufruttuario nei confronti dei creditori procedenti contro il proprietario un
diritto di prededuzione analogo a quello che ha il terzo acquirente dell'immobile ipotecato per i miglioramenti da lui fatti, ma il codice non ha accolto la proposta di questa forma ulteriore di garanzia, sul presupposto che il diritto di ritenzione, certamente opponibile anche all'aggiudicatario, sia una sufficiente garanzia per le ragioni dell'usufruttuario.