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Articolo 1007 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Rovina parziale di edificio accessorio

Dispositivo dell'art. 1007 Codice Civile

Le disposizioni dei due articoli precedenti si applicano anche nel caso in cui, per vetustà o caso fortuito, rovini soltanto in parte l'edificio che formava accessorio necessario del fondo soggetto a usufrutto(1).

Note

(1) La disposizione in esame trova applicazione qualora l'immobile in gran parte danneggiato sia un presupposto necessario per il godimento del fondo (es.: casa colonica, stalla, silos - granaio o per foraggi etc.), dovendosi, altrimenti, fare riferimento all'art. 1018.

Spiegazione dell'art. 1007 Codice Civile

La rovina di un edificio accessorio

L'articolo in esame, riproducendo il contenuto dell'art. 505 del vecchio codice, dichiara applicabili le norme relative alle riparazioni straordinarie anche all'ipotesi in cui si tratta di ricostruire un edificio che sia rovinato in parte per vetusta o caso fortuito, sempre che l'edificio costituisca un accessorio necessario del fondo dato in usufrutto.

La parziale ricostruzione di un edificio non è considerata dalla legge come una semplice riparazione sia pure straordinaria, ma come un'opera nuova. Quindi se l'edificio non è un accessorio necessario del fondo, il perimento parziale di esso darà luogo all'applicazione degli artt. 1016 e 1018 per cui l'usufruttuario conserva il suo diritto sulla parte di edificio rimasta e ha inoltre il godimento dell'area e dei materiali, e il proprietario, se vuole procedere alla ricostruzione, deve corrispondere all'usufruttuario gli interessi sul valore dell'area e dei materiali, mail diritto di questo non si estende alla parte ricostruita.

Invece, se l'edificio parzialmente perito è un accessorio necessario di un fondo, si applicheranno le regole degli articoli 1005 e 1006, per cui il proprietario ha diritto di procedere alla ricostruzione costringendo l'usufruttuario a concorrere col pagamento degli interessi, e in caso di rifiuto del proprietario, può procedere alla ricostruzione lo stesso usufruttuario riversando sul primo alla fine dell'usufrutto l'onere delle spese occorse.

La norma è giustificata dal fatto che nell'ipotesi prevista non si considera l'utilità dell'edificio in sè considerato ma l'utilità che esso apporta al fondo. In quanto deroga alle disposizioni degli articoli 1016 e 1018, la norma dell'art. 1007 non può estendersi al di fuori dei limiti in essa enunciati e più precisamente non si può estendere al caso in cui si tratti non di una ricostruzione parziale, ma di una ricostruzione totale.

Può essere utile avvertire che la rovina parziale dell'edificio si deve intendere nel senso di perimento di una parte omogenea dell'edificio e non in quello di deterioramento più o meno grave o di rovina di uno degli elementi dell'edificio (tetto, volta, scale ecc.). Nel secondo caso si applicheranno direttamente le norme relative alle riparazioni straordinarie.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

482 Circa la ripartizione delle spese e degli oneri tra proprietario e usufruttuario, si è riveduta e completata negli artt. 1004-1009 la disciplina del codice del 1865 (artt. 501-508). Sono a carico dell'usufruttuario tutte le spese relative alla custodia, all'amministrazione e alla manutenzione ordinaria della cosa: così pure devono essere sostenute dall'usufruttuario le riparazioni straordinarie, rese necessarie dall'inadempimento degli obblighi di ordinaria manutenzione (art. 1004 del c.c.). Le riparazioni straordinarie, invece, sono a carico del proprietario. L'enumerazione che di queste fa il secondo comma dell'art. 1005 del c.c. è conforme a quella contenuta nell'art. 504 del codice del 1865. L'usufruttuario, peraltro, poiché ne trae profitto, deve corrispondere al proprietario per la durata dell'usufrutto l'interesse delle somme per esse erogate (art. 1005, terzo comma). Se il proprietario non esegue le riparazioni, può eseguirle l'usufruttuario, e in tal caso ha diritto al rimborso delle spese senza interesse alla fine dell'usufrutto (art. 1006 del c.c.). Le stesse disposizioni valgono nel caso di rovina parziale, per vetustà o caso fortuito, di un edificio che formava accessorio necessario del fondo soggetto a usufrutto (art. 1007 del c.c.. Per ciò che concerne i carichi annuali, i quali sono addossati all'usufruttuario, l'art. 1008 del c.c., primo comma, risolve affermativamente la questione, sorta a proposito dell'art. 506 del codice del 1865, se l'usufruttuario debba corrispondere anche le rendite fondiarie. Il secondo comma dell'articolo ripartisce poi, per l'anno in corso al principio e alla fine dell'usufrutto, tali carichi tra proprietario e usufruttuario in proporzione della durata del rispettivo diritto. Gravano sul proprietario, salvo diverse disposizioni di legge, i carichi imposti sulla proprietà, inerenti cioè al capitale e non al reddito, ma l'usufruttuario deve corrispondergli l'interesse e, se ne anticipa il pagamento, ha diritto al rimborso del capitale, senza interesse, alla fine dell'usufrutto (art. 1009 del c.c. corrispondente all'art. 507 del codice del 1865). Non ho riprodotto, perché mi sembrava superfluo, la disposizione dell'art. 508 del codice anteriore, con la quale si riconosceva all'usufruttuario di una o più cose particolari il diritto di regresso verso il proprietario per il pagamento dei debiti di questo per cui il bene fosse ipotecato, nonché per le rendite semplici (o censi), le quali sostanzialmente non divergono di un comune debito ipotecario (articoli 1782 del codice precedente e art. 1861 del c.c.). La disciplina delle passività gravanti su un'eredità in usufrutto (art. 1010 del c.c.) è conforme a quella dettata dall'art. 509 del codice del 1865, che, però, più genericamente parlava di usufrutto di un patrimonio: e la modifica rende chiaro che l'usufrutto di un patrimonio non può essere costituito che come usufrutto dei singoli beni di cui il patrimonio è composto, con l'osservanza delle forme prescritte secondo la natura di ciascuno di questi. Al menzionato art. 509 del codice precedente si è aggiunta una disposizione (art. 1010, ultimo comma), che prevede la necessità della vendita dei beni per il pagamento dei debiti. La vendita è fatta d'accordo tra proprietario e usufruttuario, salvo ricorso all'autorità giudiziaria in caso di dissenso. Si è stabilito, infine, che l'espropriazione forzata debba seguire contro entrambi.

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