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Articolo 385 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Conto finale

Dispositivo dell'art. 385 Codice Civile

Il tutore che cessa dalle funzioni [383] deve fare subito la consegna dei beni e deve presentare nel termine di due mesi il conto finale dell'amministrazione al giudice tutelare(1). Questi può concedere una proroga [263 c.p.c.].

Note

(1) Il tutore presenterà il conto finale onde permettere il controllo complessivo da parte del giudice tutelare sulla potestà tutoria svolta; anche in tale ultimo atto si differenzia l'istituto analizzato dalla potestà dei genitori.

Brocardi

Ea damna quae casu ita acciderint, ut nihil possit imputari, non pertinent ad reliquorum onus
Officio tutoris incumbit, etiam rationes actus sui conficere, et pupillo reddere

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

188 In tema di rendimento di conto da parte del tutore è stata fatta presente, rispetto alla disciplina proposta col progetto, la opportunità di prefiggere un termine di due mesi per la presentazione del conto e di affermare l'obbligo dell'immediata consegna del patrimonio. Nell'accogliere la proposta si è ritenuto di dover modificare la formula suggerita escludendo dall'art. 385 del c.c. del testo la ipotesi della morte del tutore, perché è ovvio che in tal caso l'obbligo del rendiconto spetta agli eredi. Non è sembrato poi necessario comminare una penalità a carico del tutore che ritarda la presentazione del conto, perché è sufficiente garanzia degli interessi del minore la responsabilità civile per danni, che al tutore incombe in base ai principi generali. Nell'art. 386 del c.c. si è accolto il suggerimento di prevedere l'azione degli interessati dinanzi all'autorità giudiziaria, oltre che nei casi in cui il conto non sia stato presentato o non sia stato approvato, anche nel caso in cui sia stato approvato dal giudice tutelare, ipotesi quest'ultima che non era prevista dal progetto. Può darsi, infatti, che i conti appaiano in un primo tempo esatti e risultino poi affetti da falsità o comunque erronei. Non si è creduto, tuttavia, opportuno procedere alla enumerazione delle azioni concesse agli interessati, essendo preferibile evitare tale specificazione, poiché, oltre le azioni di rendiconto e di responsabilità, sono possibili azioni di diversa natura, come quella del tutore diretta alla approvazione giudiziale del conto non approvato dal giudice tutelare. E' inutile, infine, riconoscere l'azione anche al pubblico ministero, perché o il minore ha raggiunto la maggiore età, e in questo caso egli stesso, divenuto pienamente capace, sarà in grado di provvedere ai propri interessi, o altrimenti vi sarà un nuovo tutore: in ambedue i casi c'è sempre un interessato per provocare il regolare rendimento del conto. E' sembrato inutile mantenere la norma, che stabiliva la decorrenza degli interessi nella misura legale sul residuo dovuto dal tutore dal giorno dell'approvazione del conto, poiché per principio generale (art. 1282 del c.c.) i crediti liquidi ed esigibili di somme di danaro producono interessi di pieno diritto.

Massime relative all'art. 385 Codice Civile

Cass. civ. n. 22063/2017

In base a un principio generale dell'ordinamento, chi esercita una gestione o svolge un'attività nell'interesse di altri ha il dovere di soggiacere al controllo di questi e, quindi, di rendere il conto, portando a conoscenza, secondo il principio della buona fede, gli atti posti in essere, particolarmente quelli dai quali scaturiscono partite di dare e avere; pertanto, le specifiche ipotesi di obbligo di rendiconto individuate dal legislatore non hanno carattere tassativo e il rendiconto può essere richiesto in tutti i casi in cui da un rapporto di natura sostanziale discende il dovere, legale o negoziale, di una delle parti di far conoscere il risultato della propria attività, in quanto influente nella sfera patrimoniale altrui.

Cass. civ. n. 9781/1995

L'art. 385 c.c., a carico del tutore il quale cessi comunque dalle sue funzioni, detta un obbligo generale di rendiconto che trova la propria ragione nell'esistenza che i soggetti interessati svolgano il pieno controllo sull'attività espletata e che siano accertate le posizioni debitorie o creditorie del tutore nei confronti dello stesso amministrato. Detto obbligo non viene meno neppure nei confronti del tutore provvisorio che cessi dall'incarico a seguito della morte dell'interdicendo, ricorrendo anche in questo caso l'esigenza di consentire agli eredi di verificare la gestione del tutore provvisorio e di recuperare i beni dell'interdicendo eventualmente in suo possesso.

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Consulenze legali
relative all'articolo 385 Codice Civile

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Anonimo chiede
mercoledì 15/05/2024
“Buongiorno vi scrivo di seguito la mia domanda.
Ad inizio aprile è venuto a mancare il fratello (celibe e senza figli) di mia mamma in RSA seguito da tutore legale nonché da mio pronipote (figlio di mio cugino).
Mia mamma è l'unica sorella vivente e poi ci sono i figli delle altre sorelle decedute.
Premetto che la mamma e noi figli non ci siamo presentati davanti al giudice per dare il consenso di tutore legale al pronipote.
Ora nel caso lo zio non abbia fatto un testamento il giudice come procederà per la successione? In che modo risale alla parentela?
Eventualmente come deve agire mia mamma?
Ci sono delle tempistiche da rispettare?
In attesa ringrazio e porgo cordiali saluti.”
Consulenza legale i 21/05/2024
La risposta a quanto viene chiesto va ricercata sia nelle norme dettate dal codice civile in tema di tutela ed emancipazione che in quelle dettate dal Testo Unico sulle successioni e donazioni in tema di presentazione della dichiarazione di successione.
La prima norma da prendere in considerazione è l’art. 385 c.c., dalla cui lettura si desume che, una volta cessata la tutela (la morte dell’interdetto ne costituisce la causa principale), il tutore “deve fare subito la consegna dei beni e deve presentare nel termine di due mesi il conto finale dell’amministrazione al giudice tutelare”.
Considerato che l’interdizione costituisce causa di incapacità a testare, secondo quanto espressamente disposto dal n. 2 del comma 2 dell’art. 591 del c.c., sembra improbabile che la successione del de cuius possa essere regolata da testamento, con la conseguenza che si farà necessariamente luogo all’apertura della successione legittima.

Ciò significa che il tutore, dopo aver presentato il conto finale della sua amministrazione e dopo che lo stesso sarà stato approvato dal giudice tutelare, dovrà consegnare i beni di cui il de cuius era titolare a coloro che si trovano nella posizione di eredi legittimi, ovvero, secondo quanto viene riferito nel quesito, l’unica sorella vivente ed i figli delle altre sorelle premorte, subentranti ai loro genitori per rappresentazione.

L’obbligo generale di rendiconto, previsto dal sopra citato art. 385 c.c., trova la sua ragion d’essere nell’esigenza che i soggetti interessati svolgano il pieno controllo sull’attività espletata dal tutore e che siano accertate le posizioni debitorie o creditorie del tutore nei confronti dello stesso amministrato.
Nel caso in esame soggetti interessati non possono che essere gli eredi legittimi dello zio interdetto deceduto, i quali solo sulla base di tale rendiconto potranno adempiere all’obbligo fiscale di presentazione della dichiarazione di successione.

Occorre evidenziare, infatti, che né il tutore né l’amministratore di sostegno figurano tra i soggetti obbligati a presentare la dichiarazione di successione ex art. 28 del T.U. successioni e donazioni, mentre gli stessi, ai sensi del combinato disposto degli artt. 385 e art. 411 del c.c., a seguito del decesso del beneficiario sono esclusivamente tenuti ad informare dell’evento il giudice tutelare ed a svolgere le ultime azioni consentite, che consistono appunto nel consegnare i beni e nel depositare entro due mesi presso la cancelleria del giudice competente il rendiconto finale dell’amministrazione.

Potrebbe al più ipotizzarsi, come accaduto in qualche occasione, che il giudice tutelare possa, nelle more della presentazione della dichiarazione di successione, adottare un apposito provvedimento con cui autorizzare il tutore a provvedere al pagamento delle spese funerarie o di altre spese urgenti ed indifferibili, e ciò soprattutto per far fronte al blocco dei conti correnti facenti capo alla persona deceduta, a cui gli istituti di credito sono tenuti, ex art. 48 del T.U. successioni e donazioni, finchè non viene loro fornita la prova della presentazione della dichiarazione di successione o del relativo esonero.

Per quanto concerne l’obbligo di presentazione della dichiarazione di successione, si ricorda che, come ha chiarito anche di recente l’Agenzia delle Entrate con la risposta a interpello n. 296 del 25 maggio 2022, il suddetto obbligo incombe sui soggetti chiamati all’eredità, almeno fino al momento della loro rinuncia, con la precisazione che fino a quando l’eredità non è stata accettata o non è stata accettata da tutti i chiamati, l’imposta è determinata considerando come eredi i soggetti che non vi hanno rinunziato (così il comma 4 dell’art. 7 del T.U. successioni e donazioni.

L’individuazione dei soggetti chiamati all’eredità, in assenza di testamento, risulta abbastanza agevole, dovendosi fare semplicemente riferimento alle norme dettate agli artt. 565 e ss. c.c., in tema appunto di successione legittima.
In particolare, nel caso di specie troverà applicazione l’art. 570 del c.c., il quale dispone espressamente che se chi muore non lascia figli, né genitori né altri ascendenti, gli succedono i fratelli e le sorelle.
Tale norma va poi coordinata, come si è accennato all’inizio, con le norme dettate in tema di diritto di rappresentazione agli artt. 467 e ss. c.c., le quali prevedono che se alcuno dei fratelli o delle sorelle del de cuius non può venire alla successione perché premorto, gli subentrano in rappresentazione i relativi discendenti.

Riassumendo, le tappe da seguire nella vicenda in esame sono le seguenti:
  1. attendere che il tutore presenti al giudice tutelare entro il termine di due mesi il rendiconto finale della sua amministrazione, ex art. 385 c.c., eventualmente diffidandolo ad assolvere a tale suo obbligo;
  2. presentare la dichiarazione di successione, il cui onere può anche essere assolto da uno solo dei chiamati all’eredità;
  3. i chiamati all’eredità potranno essere agevolmente individuati facendo ricorso agli atti dello stato civile e applicando le norme dettate dal codice civile in tema di successione legittima (nel caso di specie si applicherà l’art. 570 c.c., in combinato disposto con gli artt. 467 e ss. c.c.).


I. M. chiede
mercoledì 19/10/2022 - Veneto
“A seguito del decesso di un soggetto completamente inabile e seguito da tutore e giudice tutelare, che in epoca precedente aveva disposto l’accettazione di beni ereditati, la sua eredità (suddivisa tra vari parenti) deve essere comunque autorizzata dal giudice tutelare che seguiva il soggetto defunto?”
Consulenza legale i 25/10/2022
Per rispondere al quesito che viene posto occorre soffermarsi su quella che è la ratio degli istituti giuridici predisposti dal legislatore a tutela dei soggetti incapaci di intendere e di volere.
Come è ben noto, con la nascita la persona fisica acquista la capacità giuridica generale (ossia, l’idoneità ad essere titolare di diritti, doveri, ecc.).
Tuttavia, per diverse ragioni, quali giovane età (si pensi, ad es., al bambino), malattia (si pensi, ad es., a chi è affetto da una grave forma della sindrome di Down), decadimento delle facoltà intellettive e/o volitive in conseguenza dell’età (si pensi, ad es., all’anziano), ecc., non sempre la persona fisica è in grado di gestire in prima persona le situazioni giuridiche che alla stessa fanno capo.

E’ proprio per tale ragione che la legge richiede, affinché un soggetto possa compiere personalmente ed autonomamente atti di amministrazione dei propri interessi, che lo stesso goda non soltanto della “capacità giuridica”, ma anche della c.d. “capacità d’agire”, come tale intendendosi l’idoneità a porre in essere in proprio atti negoziali destinati a produrre effetti nella sua sfera giuridica (c.d. capacità negoziale).

In linea generale, e salvo alcune limitate eccezioni, la capacità d’agire si acquista al raggiungimento della maggiore età, ovvero al compimento del diciottesimo anno (così il comma 1 dell’art. 2 del c.c.).
Può tuttavia verificarsi, come appunto nel caso di specie, che, nonostante la maggiore età, la persona fisica si ritrovi, per le ragioni più varie, a non avere quella capacità di discernimento che è invece normale attendersi in un individuo adulto e maturo.
Da qui sorge la necessità di apprestare, a tutela di tali soggetti, appositi strumenti di salvaguardia contro il rischio che gli stessi possano porre in essere atti negoziali destinati ad incidere negativamente sui loro interessi, come fare fare acquisti sconsiderati, svendere o donare i propri beni, ecc.).

Ebbene, l’art. 424 c.c. estende alla tutela degli interdetti ed alla curatela degli inabilitati le disposizioni che lo stesso codice civile detta in tema di tutela dei minori e curatela degli inabilitati, ciò perché l’interdetto si trova, per molti versi, in una condizione non dissimile da quella in cui si trova il minore, non potendo compiere direttamente alcun atto negoziale, se non quelli “necessari a soddisfare le esigenze della propria vita quotidiana” (gli atti negoziali da lui eventualmente posti in essere sono, infatti, annullabili).
L’esigenza di proteggere l’incapace viene meno al momento della sua morte, non essendo più possibile, chiaramente, il compimento da parte dello stesso di alcun atto negoziale.
Infatti, con la morte del soggetto incapace viene anche a cessare l’ufficio di tutore o curatore, non essendovi più un patrimonio da amministrare.
Inoltre, poiché, per espressa previsione di legge (art. 591 c.c.), l’incapace è anche privo della capacità di testare, al momento della sua morte sarà soltanto la legge a regolare la successione dello stesso, il che esclude la necessità di ogni tipo di controllo giudiziale.

L’unica disposizione normativa a cui, invece, occorre attenersi è quella dettata dall’art. 385 c.c., rubricata “Conto finale”, la quale pone in capo al tutore che cessa dalle sue funzioni (in questo caso per morte dell’interdetto), l’obbligo di fare subito la consegna dei beni e di presentare nel termine di due mesi (salvo proroga) il conto finale dell'amministrazione al giudice tutelare.
E’ stato precisato in giurisprudenza (cfr. Cass. civ. Sez. I sent. n. 9781 del 16.09.1995) che l’obbligo generale di rendiconto, posto dalla norma sopra citata, trova la propria ragione nell'esigenza che i soggetti interessati (in questo caso gli eredi) svolgano il pieno controllo sull'attività espletata e che siano accertate le posizioni debitorie o creditorie del tutore nei confronti dello stesso amministrato.
Detto obbligo non viene meno neppure nei confronti del tutore provvisorio che cessi dall'incarico a seguito della morte dell'interdicendo, ricorrendo anche in questo caso l'esigenza di consentire agli eredi di verificare la gestione del tutore provvisorio e di recuperare i beni dell'interdicendo eventualmente in suo possesso.

Sui beni così residuati, dunque, si aprirà regolarmente la successione legittima, con diritto di coloro che si trovano nella posizione di chiamati all’eredità di accettarla e di far propri i beni, secondo le quote a loro spettanti, senza necessità di alcuna ulteriore autorizzazione giudiziale.

Emanuele chiede
mercoledì 16/02/2011 - Veneto

“Ho ereditato dei beni da mio zio interdetto, che aveva un avvocato come tutore. Nella dichiarazione di successione, l'avvocato si è trattenuto dei soldi per la liquidazione del compenso del tutore. Ma il tutore lo pagano gli eredi?”

Consulenza legale i 18/02/2011

L'ufficio tutelare è gratuito. L'eventuale indennità corrisposta al tutore ai sensi dell'art. 379 del c.c. non si pone in contrasto con il carattere di gratuità della tutela, perché essa va considerata come un rimborso delle spese sostenute e dei mancati guadagni del soggetto che non ha avuto la possibilità di dedicarsi pienamente alla cura dei propri interessi.
Nel caso di specie, sarà opportuno che l'avvocato giustifichi la trattenuta degli importi, lecita nei limiti sopra descritti, non potendosi parlare di un diritto di "retribuzione" in capo al tutore.