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Articolo 48 Testo Unico sulle successioni e donazioni

(D.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346)

[Aggiornato al 03/10/2024]

Divieti e obblighi a carico di terzi

Dispositivo dell'art. 48 Testo Unico sulle successioni e donazioni

1. [COMMA ABROGATO DALL'ART. 1, COMMA 1, LETTERA ss) DEL D.LGS. 18 SETTEMBRE 2024, N. 139](1).

2. Gli impiegati dello Stato e degli enti pubblici territoriali ed i pubblici ufficiali, con esclusione dei giudici e degli arbitri, non possono compiere atti relativi a trasferimenti per causa di morte, se non è stata fornita la prova della presentazione, anche dopo il termine di cinque anni di cui all'art. 27, comma 4, della dichiarazione della successione o dell'intervenuto accertamento d'ufficio, e non è stato dichiarato per iscritto dall'interessato che non vi era obbligo di presentare la dichiarazione. I giudici e gli arbitri devono comunicare all'ufficio dell'Agenzia delle entrate competente, entro quindici giorni, le notizie relative a trasferimenti per causa di morte apprese in base agli atti del processo(1).

3. I debitori del defunto ed i detentori di beni che gli appartenevano non possono pagare le somme dovute o consegnare i beni detenuti agli eredi, ai legatari e ai loro aventi causa, se non è stata fornita la prova della presentazione, anche dopo il termine di cinque anni di cui all'art. 27, comma 4, della dichiarazione della successione o integrativa con l'indicazione dei crediti e dei beni suddetti, o dell'intervenuto accertamento in rettifica o d'ufficio, e non è stato dichiarato per iscritto dall'interessato che non vi era obbligo di presentare la dichiarazione. I debitori del defunto devono comunicare per lettera raccomandata all'ufficio dell'Agenzia delle entrate competente, entro dieci giorni, l'avvenuto pagamento dei crediti di cui all'art. 12, lettere d) ed e)(1).

4. Le banche e gli altri intermediari finanziari, le società e gli enti che emettono azioni, obbligazioni, cartelle, certificati ed altri titoli di qualsiasi specie, anche provvisori, non possono provvedere ad alcuna annotazione nelle loro scritture né ad alcuna operazione concernente i titoli trasferiti per causa di morte, se non è stata fornita la prova della presentazione, anche dopo il termine di cinque anni di cui all'art. 27, comma 4, della dichiarazione della successione o integrativa con l'indicazione dei suddetti titoli, o dell'intervenuto accertamento in rettifica o d'ufficio, e non è stato dichiarato per iscritto dall'interessato che non vi era obbligo di presentare la dichiarazione(1).

4-bis. In deroga a quanto previsto dal comma 4, i soggetti ivi indicati, anche prima della presentazione della dichiarazione di successione, consentono, in presenza di beni immobili nell'asse ereditario e nei limiti delle somme dovute per il versamento delle imposte catastali, ipotecarie e di bollo, lo svincolo delle attività cadute in successione quando a richiederlo sia l'unico erede di età anagrafica non superiore a ventisei anni. Con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate sono stabilite le modalità attuative delle disposizioni di cui al presente comma(1).

5. Le dichiarazioni di inesistenza dell'obbligo di presentare la dichiarazione della successione ricevute dai soggetti, di cui ai commi 2, 3 e 4, devono essere trasmesse entro quindici giorni all'ufficio dell'Agenzia delle entrate competente(1).

6. Le cassette di sicurezza non possono essere aperte dai concessionari, prima che gli stessi abbiano apposto la loro firma, con l'indicazione della data e dell'ora dell'apertura, su apposito registro tenuto dai concedenti in forma cronologica e senza fogli o spazi bianchi e abbiano dichiarato per iscritto sul registro stesso che le eventuali altre persone aventi facoltà di aprirle sono tuttora in vita. Le cassette di sicurezza, dopo la morte del concessionario o di uno dei concessionari, possono essere aperte solo alla presenza di un funzionario dell'Amministrazione finanziaria o di un notaio, che redige l'inventario del contenuto, previa comunicazione da parte del concedente all'ufficio dell'Agenzia delle entrate, nella cui circoscrizione deve essere redatto l'inventario, del giorno e dell'ora dell'apertura(1).

7. Le disposizioni del comma 6 si applicano anche nel caso di armadi, casseforti, borse, valige, plichi e pacchi chiusi depositati presso banche o altri soggetti che esercitano tale servizio.

Note

(1) Il D.Lgs. 18 settembre 2024, n. 139 ha disposto (con l'art. 1, comma 1, lettera a)) la modifica dell'art. 48, commi 2, 3, 5 e 6, nonché (con l'art. 1, comma 1, lettera ss)) l'abrogazione del comma 1 dell'art. 48, la modifica dell'art. 48 comma 4 e l'introduzione del comma 4-bis all'art. 48. Il D.Lgs. 18 settembre 2024, n. 139, ha disposto (con l'art. 9, comma 3) che "Le disposizioni di cui al presente decreto hanno effetto a partire dal 1° gennaio 2025 e si applicano agli atti pubblici formati, agli atti giudiziari pubblicati o emanati, alle scritture private autenticate o presentate per la registrazione a partire da tale data, nonché alle successioni aperte e agli atti a titolo gratuito fatti a partire da tale data".

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Consulenze legali
relative all'articolo 48 Testo Unico sulle successioni e donazioni

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

P. S. chiede
lunedģ 27/03/2023
“Buonasera, espletando gli obblighi del curatore previsti dall'art. 529 c.c., tra cui nello specifico l'acquisizione del denaro che si trova nell'eredità, un istituto bancario mi ha precisato una giacenza di circa €. 20.000 su di un conte corrente intestato alla de cuius. Ho chiesto l'autorizzazione al Giudice della Volontaria Giurisdizione di poter acquisire il denaro cul C/C della procedura. Il Giudice mi autorizzava e concedeva immediata efficacia alla mia richiesta. L'istituto bancario tuttavia si è opposto al versamento delle somme sul C/C della procedura in assenza della dichiarazione della successione che ovviamente non ho ancora presentato in quanto il termine spirerà in data 8/11/2023. Può la Banca, anche a fronte di un provvedimento del Giudice, opporsi al rilascio delle somme nella disponibilità della procedura vincolandone il versamento alla presentazione della dichiarazione di successione?”
Consulenza legale i 02/04/2023
Il comportamento dell’istituto di credito è del tutto legittimo, trovando fondamento all’art. 48 del Testo Unico sulle successioni e donazioni, norma che impone il divieto alla banca di versare le somme agli eredi (nel caso di specie al curatore dell’eredità giacente) senza la prova che sia stata depositata la dichiarazione di successione.
Si tratta di questione di cui la giurisprudenza si è occupata in diverse occasioni (da ultimo va segnalata Corte di Cassazione, ordinanza n.9670 del 13.04.2021), affermando che la norma sopra citata costituisce disposizione di natura imperativa, con la conseguenza che l’istituto di credito può legittimamente rifiutarsi di liquidare le somme giacenti sul conto corrente intestato al defunto (nel caso esaminato dalla Corte veniva negato il pagamento del controvalore di alcuni titoli).
Per la violazione di tale divieto l’art. 53 del T.U. successioni e donazioni commina perfino una sanzione amministrativa a carico della banca.

Sempre nell’ordinanza sopra citata, la Corte di Cassazione ha precisato che, in considerazione della sussistenza di un impedimento ex lege, il credito degli eredi deve considerarsi inesigibile, risultando come tale improduttivo di interessi, sia corrispettivi che di pieno diritto.
In tal senso si argomenta dalla considerazione secondo cui la condotta dell’istituto di credito che rifiuta il pagamento non può in alcun modo qualificarsi come inadempimento agli obblighi contrattuali intercorrenti con il cliente (e con i suoi eredi dopo la morte del cliente), trattandosi di condotta a cui la banca è tenuta in forza, appunto, di una disposizione di natura imperativa.
Del resto, la ratio del divieto sembra abbastanza palese, dovendosi individuare nell’intento del legislatore di costringere in qualche modo gli eredi ad adempiere all’obbligo fiscale gravante su di loro, obbligo dal cui mancato adempimento non può che derivarne un sicuro pregiudizio a carico dell’amministrazione finanziaria.

Gli interessi corrispettivi o di pieno diritto, infatti, possono maturare, ex art. 1282 del c.c., soltanto su crediti liquidi ed esigibili, il che comporta che, se l’ordinamento imponesse alla banca il pagamento di interessi per il periodo intercorrente dall’apertura della successione alla presentazione della dichiarazione di successione, sarebbe in contraddizione con se stesso, in quanto da una parte vieterebbe di pagare, mentre dall’altra sancirebbe il carico degli interessi.

Neppure può pretendersi il pagamento di interessi moratori ex art. 1224 del c.c., trattandosi di interessi che, essendo dovuti in caso di ritardo nel pagamento, costituiscono un risarcimento forfettario per tale ritardo (mora).
In caso di rifiuto della banca ex art. 48 Testo unico successioni e donazioni la condotta della banca, come si è detto prima, non può qualificarsi come inadempimento, in quanto trattasi di condotta discendente dall’adempimento ad un obbligo di legge che, seppure contenuto in una disposizione a rilievo pubblicistico, con forza di norma imperativa, spiega i propri effetti anche nell’ambito dei rapporti civili.

Infine, ultimo aspetto che va considerato per rispondere a quanto richiesto, è quello relativo alla sussistenza o meno dell’obbligo a carico del curatore dell’eredità giacente di presentare la dichiarazione di successione.
La risposta è indubbiamente positiva, potendosi a tale riguardo citare la risposta ad interpello n. 587 del 15.09.2021, con la quale l’Agenzia delle entrate chiarisce che i curatori delle eredità giacenti sono obbligati sia a presentare la dichiarazione di successione che al pagamento delle relative imposte, ovviamente nei limiti del valore dei beni ereditari posseduti.

In particolare, nella citata risposta ad interpello si chiarisce che, mentre ai sensi dell’art. 5 del T.U. successioni e donazioni i soggetti passivi dell’imposta sono gli eredi, ai sensi del successivo art. 28 comma 2 dello stesso Testo unico successioni e donazioni, l’obbligo di presentazione della dichiarazione di successione grava sui soggetti chiamati all’eredità, i legatari, ovvero i loro rappresentanti legali, gli immessi nel possesso temporaneo dei beni dell’assente, gli amministratori dell’eredità, i curatori delle eredità giacenti, gli esecutori testamentari.
Per quanto concerne, invece, il pagamento dell’imposta, il comma 3 dell’art. 36 del T.U. successioni e donazioni dispone che, fin quando l’eredità non sia stata accettata o non sia stata accettata da tutti i chiamati, i chiamati all’eredità e gli atri soggetti obbligati alla dichiarazione di successione (tra cui il curatore dell’eredità giacente ex art. 28 TUSD), esclusi i legatari, “rispondono solidalmente dell’imposta nei limiti del valore dei beni ereditari rispettivamente posseduti”.

In conclusione, la pretesa avanzata dall’istituto di credito è del tutto legittima ed il curatore dell’eredità giacente è soggetto obbligato alla presentazione della dichiarazione di successione ed al pagamento delle imposte, nei limiti del valore di ciò di cui consegue il possesso per effetto dell’espletamento del suo munus.
Inoltre, finchè il curatore non assolverà a detto obbligo, la banca non sarà neppure tenuta a corrispondere interessi di alcun tipo (di pieno diritto o remuneratori) sulle somme giacenti sul conto corrente intestato al defunto.

A. S. chiede
sabato 03/12/2022 - Lombardia
“Buongiorno,
il mio compagno, con cui ho avuto una lunga convivenza, è deceduto dopo lunghi anni di malattia.
Circa 12 anni fa abbiamo costruito una casa che veniva intestata al 50% ciascuno. All'epoca abbiamo richiesto un mutuo di circa 150 mila euro sempre cointestato al 50% con l'immobile a garanzia.
Nel 2018, di comune accordo, abbiamo stipulato un atto di permuta con il quale lui mi cedeva il 50% della nuda proprietà e io riconoscevo a lui il diritto di usufrutto.
Il mutuo è rimasto cointestato, e ad oggi ammonta a circa 60 mila euro.
Il mio compagno è deceduto senza lasciare testamento e quindi l'unico erede risulta suo fratello, il quale ha ereditato beni immobili e mobili di proprietà esclusiva del mio compagno, liquidità, e cosi anche il 50% del residuo mutuo.
Poichè la rata del mutuo passava automaticamente su un conto cointestato con il mio compagno, che dopo la sua morte è stato chiaramente bloccato, ho aperto presso la stessa banca un conto corrente su cui transita l'intera rata di mutuo.
Questo dovuto alle resistenze manifestate dal fratello ad accollarsi il mutuo suddetto, ho preferito per il momento non andare in mora con la banca visto che a garanzia c'e l'immobile in cui abito.
Ad oggi, 6 mesi dalla morte del mio compagno, non ha ancora presentato la successione.
Il mio quesito è il seguente:
ammesso e non concesso che si proceda all'accollo da parte del fratello del 50% del mutuo in questione, come faccio a cautelarmi nel caso in cui quest'ultimo non dovesse pagare le rate a lui imputate? Rimarrei sempre obbligata in solido con lui nei confronti della banca? La casa di mia proprietà dovrà rimanere comunque il bene a garanzia per l'intero importo sino all'estinzione del mutuo?
Inoltre potrò chiedere il rimborso del 50% delle rate pagate sino al momento dell'accollo?
C'è anche la questione del conto corrente cointestato a me e al mio compagno bloccato, sul quale passano le spese e quindi è costantemente in rosso; ovviamente non lo posso chiudere, ma la banca sostiene anche che non posso "uscire" da questo conto finchè non sarà presentata la successione: è vero questo?
Ringrazio e attendo gentile riscontro.
un cordiale saluto”
Consulenza legale i 13/12/2022
Il presupposto essenziale che occorre tenere in considerazione quando si contrae un mutuo cointestato è che la banca concedente il finanziamento non si pone particolari problemi nel momento in cui uno dei cointestatari non dovesse più pagare le rate.
Tutti coloro che risultano intestatari del mutuo, infatti, assumono la posizione di debitori solidali, con la conseguenza che la banca sarà legittimata a richiedere da ciascuno di essi l’intera somma dovuta e non la sola quota di sua pertinenza.
Ovviamente, questo principio della responsabilità solidale vale soltanto nei rapporti con la banca, mentre nei rapporti interni tra i diversi debitori ciascuno ne risponde secondo la quota di sua pertinenza.

Qualora, poi, dovesse verificarsi un evento quale quello del caso in esame, ossia la morte di uno dei cointestatari, gli obblighi di pagamento derivanti dal contratto stipulato in vita con la banca si trasmetteranno ai suoi eredi.
Tale effetto devolutivo, però, non può essere automatico, in quanto per conseguire la qualità di erede, occorre che colui o coloro che si verranno a trovare nella posizione di chiamati all’eredità manifestino la volontà di accettarla.
Infatti, se il chiamato all’eredità dovesse rinunziarvi, non vi sarà più un debitore subentrante e obbligato al pagamento, con la conseguenza che, se anche l’altro debitore solidale (cointestatario del mutuo) dovesse decidere di rendersi inadempiente, la banca non esiterebbe a soddisfarsi agendo esecutivamente sull’immobile ipotecato a garanzia del mutuo stesso (ovvero su quanto si riuscirà a ricavare dalla vendita all’asta di quell’immobile).

Se, invece, il chiamato all’eredità decide di accettarla, l’erede subentrerà nella medesima posizione contrattuale che aveva il defunto, con tutti i relativi diritti ed obblighi.
In conseguenza di ciò, sarà dal momento dell’apertura della successione che la solidarietà sussisterà tra il cointestatario superstite e l’erede di quello defunto.
Qualora quest’ultimo non dovesse adempiere al debito su di lui gravante, il debitore che ha versato per intero le singole rate di mutuo alle rispettive scadenza avrà tutto il diritto di agire in regresso secondo quanto espressamente disposto dall’art. 1299 c.c.
Tale norma, infatti, consente di ridistribuire tra i condebitori l’onere economico dell’adempimento della prestazione, riequilibrando così i rapporti interni tra i condebitori.

Sebbene dal testo della norma sembra doversi desumere che l’azione di regresso possa esperirsi solo nel caso in cui il debitore abbia “pagato l’intero debito”, la dottrina è concorde nel ritenere che tale azione potrà essere esercitata anche quando il condebitore abbia adempiuto solo parzialmente all’obbligazione, purchè quanto corrisposto ecceda il valore della sua quota interna.
In tal senso anche la giurisprudenza ha posto in evidenza che, sebbene il primo comma dell’art. 1299 c.c. preveda unicamente l’ipotesi del pagamento dell'intero debito da parte di uno dei condebitori, ciò non impedisce di ritenere che l’azione di regresso possa considerarsi esperibile anche nel caso in cui sia stata pagata solo una parte del debito comune in misura superiore alla quota interna del solvens, in quanto anche in tale caso, come in quello del pagamento dell’intero debito, si ha un depauperamento del solvens ed un correlativo arricchimento dei condebitori, consistente nella parziale liberazione (cfr. Cass. Civ., sez. III, 16 marzo 2021, n. 7279; Cass., 29/1/1998, n. 884; Cass. civ., sez. I, 19 gennaio 1984, n. 459).

Per quanto concerne il problema del blocco del conto corrente cointestato, conto che era stato accesso per consentire alla banca mutuante di addebitarvi le rate di mutuo ad ogni singola scadenza, va detto che è del tutto corretto il modus operandi dell’istituto di credito che, non appena avuta notizia della morte di uno dei contitolari, ha provveduto al suo blocco.
Non si tratta, infatti, di un abuso ma di un vero e proprio obbligo imposto dalla legge; in particolare, l’articolo 48, comma 4, del Dlgs 31 ottobre 1990 n. 346 (cosiddetto Testo Unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni) dispone che i debitori del de cuius (tra cui appunto la banca) non possono pagare le somme dovute agli eredi, se prima non sia stata fornita, da almeno uno di essi, la prova della presentazione della dichiarazione di successione.

Peraltro, è bene sapere che la morte del correntista non consente alla banca di chiudere in automatico il conto corrente del defunto, essendo questa una decisione che spetta soltanto agli eredi ed a cui questi ultimi sono legittimati solo una volta che siano state ultimate le pratiche di successione e, quindi, dopo lo sblocco del conto.
Pertanto, l’unico modo per sbloccare il conto corrente del defunto è quello di presentare in banca la dichiarazione di successione, adempimento che va posto in essere entro un anno dalla morte del correntista e che assume rilevanza soltanto sotto il profilo fiscale, non implicando in alcun modo la volontà di accettare tacitamente l’eredità.
In caso di pluralità di chiamati all’eredità, a tale adempimento può provvedere anche uno solo di essi, anche senza delega da parte degli altri.
Se, anche dopo aver provveduto a ciò, la banca dovesse continuare ad opporre contestazioni non fondate, sarà ben possibile tutelarsi presentando un ricorso, anche online¸ all’ABF (Arbitro bancario finanziario).

Nel caso di specie la situazione può risultare più complicata per la circostanza che il de cuius non ha disposto per testamento dei suoi beni e che chiamato all’eredità per legge è soltanto il fratello, unico soggetto, dunque, che può adempiere all’obbligo fiscale di presentare la dichiarazione di successione, a cui è riconnesso lo sblocco del conto bancario.
In casi come questo, di fronte all’inerzia del chiamato all’eredità, vi è soltanto un modo per reagire, ovvero quello di avvalersi del disposto di cui all’art. 481 c.c., norma che consente a “chiunque vi abbia interesse” (tale è sicuramente la convivente del de cuius) di richiedere all’autorità giudiziaria (Tribunale del luogo in cui si è aperta la successione), ex art. 749 c.p.c., la fissazione di un termine entro cui il chiamato potrà decidere se accettare o rinunziare all’eredità.
Il termine che il giudice va a fissare è a pena di decadenza, con la conseguenza che, se entro quel termine il chiamato non dovesse manifestare alcuna volontà, perderà definitivamente il diritto di accettare (non si tratta di una rinuncia tacita, ma soltanto di decadenza dal diritto di accettare).

Sulla scorta delle superiori considerazioni, è adesso possibile rispondere alle singole domande poste nel quesito:
1. se il fratello, unico erede, decide di accettare l’eredità, subentrando così nel contratto di mutuo, il mancato pagamento da parte dello stesso delle singole rate di muto darà diritto al coobbligato solidale che ha pagato per intero di agire in regresso nei confronti dell’erede inadempiente ex art. 1299 c.c., al fine di chiedere la ripetizione di quanto versato per suo conto;
2. dal momento dell’accettazione dell’eredità il rapporto debitorio solidale si instaura tra cointestatario superstite ed erede, il quale subentra ex lege in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi del defunto;
3. l’immobile per la cui costruzione è stato erogato il mutuo rimane l’unico bene a garanzia del finanziamento, in quanto la morte di uno dei cointestatari dà luogo soltanto ad una modificazione soggettiva del rapporto obbligatorio, non potendo ciò in alcun modo influire sul regime delle garanzie;
4. si ha il diritto di chiedere il rimborso del 50% delle rate pagate dal momento della morte del de cuius al momento in cui l’erede avrà manifestato la volontà d accettare, in quanto l’accettazione produce i suoi effetti dalla data di apertura della successione;
5. è del tutto legittimo l’operato della banca che ha provveduto a bloccare il conto cointestato, avendo in tal modo agito in adempimento di un obbligo che la stessa legge impone agli istituti di credito (si veda in tal senso art. 48 comma 4, del Dlgs 31 ottobre 1990 n. 346, TU successioni e donazioni).