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Articolo 379 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Gratuità della tutela

Dispositivo dell'art. 379 Codice Civile

L'ufficio tutelare è gratuito [381].

Il giudice tutelare [344] tuttavia, considerando l'entità del patrimonio e le difficoltà dell'amministrazione, può assegnare al tutore un'equa indennità(1). Può altresì, se particolari circostanze lo richiedono, sentito il protutore [360], autorizzare il tutore a farsi coadiuvare nell'amministrazione, sotto la sua personale responsabilità, da una o più persone stipendiate [357](2).

Note

(1) La norma è considerata inapplicabile al protutore, la cui figura risulta solo eventuale. E'comunque prevista una equa indennità anche per lo stesso protutore nel caso di subentro, e comunque in relazione all'attività svolta ed all'entità del patrimonio del minore. Per entrambi, l'indennità dovrà essere considerata come un rimborso delle spese sostenute, a carattere indennitario e non retributivo.
(2) Con l'autorizzazione del giudice tutelare, qualora lo richiedano le circostanze, il tutore potrà essere coadiuvato nell'amministrazione da collaboratori retribuiti e comunque sotto la sua direzione e responsabilità.

Spiegazione dell'art. 379 Codice Civile

L'ufficio di tutela è esercitato personalmente, e soltanto se particolari circostanze lo richiedano, il giudice tutelare può, sentito il protutore, autorizzare il tutore a farsi coadiuvare nell'amministrazione, sotto la sua responsabilità, da una o più persone stipendiate. Non solo però non si ha in questo caso delega di poteri, ma deve ritenersi che i coadiutori abbiano piuttosto funzioni interne di carattere esecutivo.
Rimane tuttavia controversa la questione relativa alla possibilità di conferimento da parte del tutore di un mandato generale relativo all'intera gestione tutelare, nonché alla possibilità del conferimento di mandati relativi al compimento di singoli affari od atti.
Bisogna ritenere che, se può ammettersi la possibilità del conferimento di mandati speciali (rispetto ai quali il tutore rimane responsabile dell'attività del sostituto non avendo la facoltà di operare la sostituzione: art. #1748#, n. I del codice del 1865), non possa però ammettersi quella del conferimento di un mandato generale. Difatti il mandato generale importerebbe la sostituzione totale di un'altra persona al tutore, ciò che non può ritenersi legittimo, data la particolare delicatezza della funzione tutelare, per la quale la legge attribuisce il potere di nomina al giudice (che deve giudicare della idoneità della persona designata), e richiede persino il giuramento di esercitare l'ufficio con fedeltà e diligenza (articoli 348 e 349).

Il nuovo legislatore ha creduto bene di ammettere, contrariamente a quanto avveniva sotto l'impero del codice del 1865, che possa conferirsi un'equa indennità al tutore. Ciò non pregiudica il principio della gratuità, perché l'indennizzo non acquista la natura di un onorario, nonostante che nella relazione del Guardasigilli, si parli di retribuzione. L'indennità può competere al protutore, nei casi in cui sostituisce il tutore nell'esercizio della tutela.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

186 Non è sembrato che fosse il caso di inserire nell'art. 379 del c.c. la previsione dell'eventuale corresponsione dell'indennità anche al protutore, perché o costui ha sostituito il tutore nell'esercizio della tutela, e in tal caso è evidente che la retribuzione fissata dal giudice a favore del tutore spetta al protutore, o il protutore non ha compiuto atti di gestione e sembra allora ingiustificato ammettere la possibilità di una autonoma retribuzione. E' stato soppresso l'art. 391 del progetto definitivo perché superfluo, in quanto l'omesso impiego dei capitali del minore costituisce per sè, per gli articoli 369 e 372, un fatto illecito del tutore, il quale ha l'obbligo di depositare presso un istituto di credito e di investire in modo idoneo i capitali del minore. E' intuitivo pertanto che il tutore, tenendo infruttiferi i capitali, si rende responsabile delle conseguenze del loro mancato investimento.

Massime relative all'art. 379 Codice Civile

Cass. civ. n. 5474/2022

In tema di tutela di soggetti incapaci, il decreto che riconosca al tutore un'equa indennità ex art. 379, comma 2, c.c., può riguardare un periodo circoscritto della sua attività oppure l'intera durata della stessa; le circostanze fattuali considerate dal giudice, già poste a fondamento della decisione e della liquidazione dell'importo, sono insuscettibili di mutare con il trascorrere del tempo, sicchè tale provvedimento, ove non fatto oggetto di tempestivo reclamo ex art. 739 c.p.c., diviene definitivo, così precludendo la possibilità di una sua revoca o modifica.

Cass. civ. n. 6197/2021

L'amministratore di sostegno che, in possesso dell'abilitazione all'esercizio dell'attività forense, si costituisca in giudizio personalmente in rappresentanza del beneficiario, come consentitogli dall'art. 86 c.p.c., a tanto provvede non già in virtù dell'instaurazione di un rapporto contrattuale professionale, bensì esercitando le funzioni di amministratore di sostegno e, pertanto, non può agire in giudizio chiedendo il pagamento del compenso professionale ma, in base al combinato disposto degli artt. 411 e 379 c.c., può rivolgersi al giudice tutelare per ottenere un'equa indennità per l'opera prestata nella detta qualità. (Rigetta, CORTE D'APPELLO VENEZIA, 03/06/2016).

Cass. civ. n. 5123/2018

Il provvedimento con il quale il giudice tutelare ordini all'amministratore di sostegno di revocare il coadiutore, nominato ai sensi dell'art. 408, comma 4, c.c., ha carattere meramente ordinatorio ed amministrativo, e, di conseguenza non è assoggettabile ai normali mezzi d'impugnazione, in quanto sempre revocabile e modificabile, diversamente da ciò che si verifica per i provvedimenti che dispongono l'apertura o la chiusura dell'amministrazione, di contenuto corrispondente alle sentenze pronunciate in materia di interdizione ed inabilitazione a norma degli artt. 712 e ss. c.p.c., espressamente richiamati dall'art. 720 bis c.p.c..

Cass. civ. n. 784/2017

In tema di amministrazione di sostegno, i provvedimenti non aventi carattere decisorio ma meramente gestionali assunti dal giudice tutelare (nella specie, decreti con i quali vengono liquidate alcune indennità in favore dell'amministratore) non sono suscettibili di reclamo alla corte d’appello ex art. 720-bis c.p.c., bensì di reclamo al tribunale in composizione collegiale ai sensi dell’art. 739 c.p.c., trattandosi di provvedimenti che riguardano l'amministrazione, emanati in applicazione dell’art. 379 c.c. Peraltro, la dichiarazione di inammissibilità del reclamo da parte del giudice dell'appello ha natura di dichiarazione di incompetenza, con conseguente prosecuzione del giudizio davanti al competente tribunale in composizione collegiale attraverso il meccanismo della “translatio iudicii”.

Cass. civ. n. 7355/1991

Il decreto camerale di liquidazione di spese od indennità in favore del tutore dell'interdetto, nella parte in cui risolva questioni inerenti alla spettanza ed entità dei relativi crediti, ha natura decisoria, e, pertanto, non si sottrae all'obbligo della motivazione (la cui inosservanza, ove si tratti di provvedimento reso in esito a reclamo, è denunciabile con ricorso per cassazione a norma dell'art. 111 della Costituzione).

L'autorizzazione del giudice tutelare, prescritta dall'art. 379 secondo comma c.c. affinché il tutore possa farsi coadiuvare da «persone stipendiate» (e quindi possa reclamare il rimborso dei relativi compensi), riguarda i lavoratori (subordinati od autonomi) che affianchino il tutore medesimo, in via continuativa, nella cura degli interessi del rappresentato, e, pertanto, non è necessaria per collaborazioni saltuarie in incombenze meramente esecutive o comunque accessorie rispetto all'attività tutoria.

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Anonimo chiede
giovedì 08/02/2018 - Puglia
“Amministratore di sostegno (ADS) che è anche avvocato.

I compiti dell’ADS sono chiari, riferendosi anche alle indicazioni che il Giudice tutelare stabilisce nel decreto di nomina, ma quello che non è assolutamente chiaro è il rimborso spese e l’indennità:
- è l’ADS che presenta istanza al Giudice facendo riferimento, se vi sono i presupposti del beneficiario dell’ADS, al Gratuito patrocinio o è il Giudice che automaticamente riconosce forfettariamente “un qualcosa” oppure non riconosce “nulla”?”
Consulenza legale i 09/02/2018
La legge 9 gennaio 2004, n. 6 che ha introdotto l’istituto dell’Amministrazione di Sostegno, nulla dice in ordine alla retribuzione spettante all’Amministratore.

In virtù del rinvio operato dall’art. 411 c.c. secondo il quale “Si applicano all’amministratore di sostegno, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli da 349 a 353 e da 374 a 388…, all’AdS si applica l’art. 379 c.c.- norma che dispone in materia di tutore- secondo il quale “L’ufficio tutelare è gratuito”.

Ne consegue, pertanto, che anche l’incarico dell’Amministratore di Sostegno è essenzialmente gratuito.

Tuttavia, nel caso in cui l’AdS compia attività impegnative e cospicue, è previsto, in virtù del secondo comma dell’art. 379 c.c., che allo stesso possa essergli liquidato un rimborso delle spese ed anche un equo indennizzo che verrà quantificato dal Giudice Tutelare in base all’attività effettivamente svolta.

L’attività svolta dall’AdS viene liquidata dal Giudice Tutelare in via forfettaria con un mero indennizzo e non con un compenso professionale.

L’indennità solitamente ha riguardo ai 12 mesi di attività svolta e viene liquidata dal Giudice Tutelare in forza di un’istanza presentata dall’AdS.

L’indennità viene liquidata dal Giudice Tutelare secondo un suo prudente apprezzamento che tiene conto dei due parametri imposti dal codice civile: l’entità del patrimonio e la difficoltà dell’Amministrazione.

Ci si è chiesti se l’indennità abbia natura di compenso nei casi in cui la qualifica di AdS sia rivestita da un professionista iscritto in appositi albi (avvocati, commercialisti ecc.).

Sul punto è intervenuta una recente sentenza della Commissione Tributaria (sent. 4.7.2016 n. 218 Co. Trib. Reg. Friuli Venezia Giulia) la quale ha affermato che “l’equa indennità non ha natura retributiva o di corrispettivo per la prestazione svolta, ma semplicemente compensativa. Serve cioè a compensare gli oneri e le spese non facilmente documentabili da cui l’amministratore è gravato”.

Si è escluso, dunque, che l’equa indennità percepita dall’Amministratore di Sostegno costituisca reddito imponibile ai fini IRPEF ed ai fini IVA.

Alla luce di quanto detto, ne consegue che è l’Amministratore di Sostegno che presenta istanza al Giudice Tutelare.
Successivamente il Giudice Tutelare liquiderà l’attività svolta dall’amministratore tenuto conto dell’entità del patrimonio del beneficiario e della difficoltà dell’amministrazione
.

Pertanto, all’AdS potrà essere liquidata un’indennità pari a zero euro fino anche, in casi eccezionali, a 1.000,00 euro al mese: dipende dalle caratteristiche del singolo caso, dall’attività concretamente svolta, dalla complessità delle questioni affrontate, dal tempo impiegato e dal patrimonio del beneficiario.

Quanto detto vale anche nel caso in cui a svolgere l’incarico di Amministratore di sostegno sia un avvocato, come nel caso sottoposto all'esame.