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Articolo 50 Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR)

(D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917)

[Aggiornato al 10/08/2024]

Redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente

Dispositivo dell'art. 50 TUIR

1. Sono assimilati ai redditi di lavoro dipendente:

  1. a) i compensi percepiti, entro i limiti dei salari correnti maggiorati del 20 per cento, dai lavoratori soci delle cooperative di produzione e lavoro, delle cooperative di servizi, delle cooperative agricole e di prima trasformazione dei prodotti agricoli e delle cooperative della piccola pesca;
  2. b) le indennità e i compensi percepiti a carico di terzi dai prestatori di lavoro dipendente per incarichi svolti in relazione a tale qualità, ad esclusione di quelli che per clausola contrattuale devono essere riversati al datore di lavoro e di quelli che per legge devono essere riversati allo Stato;
  3. c) le somme da chiunque corrisposte a titolo di borsa di studio o di assegno, premio o sussidio per fini di studio o di addestramento professionale, se il beneficiario non è legato da rapporti di lavoro dipendente nei confronti del soggetto erogante;
  4. c-bis) le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d'imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione agli uffici di amministratore, sindaco o revisore di società, associazioni e altri enti con o senza personalità giuridica, alla collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili, alla partecipazione a collegi e commissioni, nonché quelli percepiti in relazione ad altri rapporti di collaborazione aventi per oggetto la prestazione di attività svolte senza vincolo di subordinazione a favore di un determinato soggetto nel quadro di un rapporto unitario e continuativo senza impiego di mezzi organizzati e con retribuzione periodica prestabilita, sempreché gli uffici o le collaborazioni non rientrino nei compiti istituzionali compresi nell'attività di lavoro dipendente di cui all'articolo 46, comma 1, concernente redditi di lavoro dipendente, o nell'oggetto dell'arte o professione di cui all'articolo 49, comma 1, concernente redditi di lavoro autonomo, esercitate dal contribuente.
  5. d) le remunerazioni dei sacerdoti, di cui agli articoli 24, 33, lettera a), e 34 della legge 20 maggio 1985, n. 222, nonché le congrue e i supplementi di congrua di cui all'articolo 33, primo comma, della legge 26 luglio 1974, n. 343;
  6. e) i compensi per l'attività libero professionale intramuraria del personale dipendente del Servizio sanitario nazionale, del personale di cui all'articolo 102 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382 e del personale di cui all'articolo 6, comma 5,del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni, nei limiti e alle condizioni di cui all'articolo 1, comma 7, della legge 23 dicembre 1996, n. 662;
  7. f) le indennità, i gettoni di presenza e gli altri compensi corrisposti dallo Stato, dalle regioni, dalle province e dai comuni per l'esercizio di pubbliche funzioni nonché i compensi corrisposti ai membri delle commissioni tributarie, agli esperti del Tribunale di sorveglianza, ad esclusione di quelli che per legge debbono essere riversati allo Stato, e ai magistrati onorari del contingente ad esaurimento confermati ai sensi dell'articolo 29 del decreto legislativo 13 luglio 2017, n. 116(2);
  8. g) le indennità di cui all'articolo 1 della legge 31 ottobre 1965, n. 1261, e all'articolo 1 della legge 13 agosto 1979, n. 384, percepite dai membri del Parlamento nazionale e del Parlamento europeo e le indennità, comunque denominate, percepite per le cariche elettive e per le funzioni di cui agli articoli 105, 114 e 135 della Costituzione e alla legge 27 dicembre 1985, n. 816 nonché i conseguenti assegni vitalizi percepiti in dipendenza dalla cessazione delle suddette cariche elettive e funzioni e l'assegno del Presidente della Repubblica(3);
  9. h) le rendite vitalizie e le rendite a tempo determinato, costituite a titolo oneroso, diverse da quelle aventi funzione previdenziale. Le rendite aventi funzione previdenziale sono quelle derivanti da contratti di assicurazione sulla vita stipulati con imprese autorizzate dall'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private (ISVAP) ad operare nel territorio dello Stato, o quivi operanti in regime di stabilimento o di prestazioni di servizi, che non consentano il riscatto della rendita successivamente all'inizio dell'erogazione;
  10. h-bis) le prestazioni pensionistiche di cui al decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124 e al decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, comunque erogate, nonche' quelle derivanti dai prodotti pensionistici individuali paneuropei (PEPP) di cui al regolamento (UE) 2019/1238(1);
  11. i) gli altri assegni periodici, comunque denominati, alla cui produzione non concorrono attualmente né capitale né lavoro, compresi quelli indicati alle lettere c) e d) del comma 1 dell'articolo 10 tra gli oneri deducibili ed esclusi quelli indicati alla lettera c) del comma 1 dell'articolo 41;
  12. l) i compensi percepiti dai soggetti impegnati in lavori socialmente utili in conformità a specifiche disposizioni normative.

2. I redditi di cui alla lettera a) del comma 1 sono assimilati ai redditi di lavoro dipendente a condizione che la cooperativa sia iscritta nel registro prefettizio o nello schedario generale della cooperazione, che nel suo statuto siano inderogabilmente indicati i principi della mutualità stabiliti dalla legge e che tali principi siano effettivamente osservati.

3. Per i redditi indicati alle lettere e), f), g), h) e i) del comma 1 l'assimilazione ai redditi di lavoro dipendente non comporta le detrazioni previste dall'articolo 13.

Note

(1) Lettera modificata dal D. Lgs. 3 agosto 2022, n. 114.
(2) Lettera modificata dall'art. 15-bis, comma 1 del D.L. 22 giugno 2023, n. 75, convertito con modificazioni dalla L. 10 agosto 2023, n. 112.
(3) La lettera g) del comma 1 è stata modificata dall'art. 3-bis, commi 1 e 3 del D.L. 8 ottobre 2023, n. 145, convertito con modificazioni dalla L. 15 dicembre 2023, n. 191.
Il D.L. 18 ottobre 2023, n. 145, convertito con modificazioni dalla L. 15 dicembre 2023, n. 191, ha disposto (con l'art. 3-bis, comma 3) che "La disposizione di cui al comma 1 è efficace a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 1° gennaio 2024".

Massime relative all'art. 50 TUIR

Cass. civ. n. 3581/2020

In materia di redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, ai sensi dell'art. 17 T.U.I.R. non sono qualificabili come "arretrati" - soggetti a tassazione separata - gli emolumenti per i quali il ritardo nella loro corresponsione, avvenuta nell'anno successivo a quello di riferimento, sia fisiologico alla natura del rapporto dal quale originano, essendo la necessaria conseguenza dell'espletamento di particolari procedure per la loro quantificazione ed effettiva liquidazione.

I compensi corrisposti ai giudici tributari - redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente - non sono qualificabili come "arretrati" e non sono, pertanto, da ricomprendersi tra quelli soggetti a tassazione separata ai sensi dell'art. 17 T.U.I.R. quando gli emolumenti relativi all'attività svolta nell'ultimo trimestre dell'anno siano corrisposti, nell'anno successivo, entro il termine di centoventi giorni, da ritenersi fisiologico in considerazione della natura del rapporto dal quale derivano. (In motivazione la S.C. ha ritenuto che la lacuna normativa sul termine fisiologico possa essere colmata attraverso un intervento surrogatorio del giudice di legittimità fondato sugli artt. 97 Cost. e 1183 c.c., e che il termine possa parametrarsi a quello previsto dall'art. 14 del D.L. n. 669 del 1996, dettato in materia di esecuzione forzata nei confronti delle pubbliche amministrazioni).

Cass. civ. n. 14560/2018

In materia di imposte sui redditi delle persone fisiche, ai sensi dell'art. 50, comma 1, lett. c)-bis, del D.P.R. n. 917 del 1986, sono assimilati ai redditi da lavoro dipendente anche quelli derivanti dallo svolgimento di rapporti di collaborazione aventi ad oggetto la prestazione di attività svolte in assenza di vincolo di subordinazione a favore di un determinato soggetto, nell'ambito di un rapporto unitario e continuativo, senza impiego di mezzi organizzati e con retribuzione periodica prestabilita. (Nella specie, la S.C., in applicazione del principio, ha confermato la decisione impugnata che aveva qualificato come attività parasubordinata quella di "direttore tecnico agenzia viaggi, direttore commerciale e sviluppo marketing" valorizzando la continuità delle prestazioni rese ed il coordinamento delle stesse da parte della società contribuente, mediante poteri di organizzazione del contenuto e delle modalità di svolgimento delle medesime).

Comm. Trib. Reg. Lombardia n. 1660/2018

Al fine di verificare se l’assegno di mantenimento corrisposto dall’ex marito italiano (ed ivi residente) sia assoggettabile ad imposizione e qualora il percipiente opponga di non essere residente in Italia, la convenzione stipulata con gli Stati Uniti (l. n. 20/2009), volta ad evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sui redditi, fissa una disciplina speciale che si sostituisce a quella generale. La convenzione prevede che gli assegni alimentari per il coniuge siano imponibili solo nello Stato di residenza del ricevente. In caso di doppia residenza, la convenzione stabilisce il criterio di abitazione permanente e - in caso di abitazione permanente in entrambi gli Stati – il soggetto è considerato residente nello Stato nel quale le sue relazioni personali ed economiche sono più strette (centro degli interessi vitali).

Comm. Trib. Reg. Campania n. 10788/2017

Ai compensi spettanti ai Giudici Tributari, assimilati ai redditi dei lavoratori dipendenti ai sensi dell’art. 50, comma 1, lett. f) del d.p.r. n. 917/1986 (TUIR), vanno applicati gli stessi criteri di imposizione che governano questi ultimi. Pertanto, nel rispetto del disposto dell’art. 51 del predetto TUIR, si applicherà il regime di tassazione ordinaria agli emolumenti percepiti nel periodo d’imposta e fino al 12 gennaio dell’anno successivo. Viceversa per gli emolumenti arretrati, riferibili all’anno precedente, ma riscossi dopo la data del 12 gennaio, varrà il regime di tassazione separata. Tanto è confermato dalla interpretazione della Corte Costituzionale che, con sentenza n. 142/2014, ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 39, comma 5 del d.l. n. 98/2011, (convertito in l. n. 111/2011), che aveva sottratto al regime di tassazione separata i compensi sul presupposto di un presunto “ritardo fisiologico”.

Cass. civ. n. 13721/2017

Appartiene alla giurisdizione ordinaria, e non a quella del giudice tributario, la controversia insorta tra il professionista, erogatore della prestazione, ed il beneficiario, in ordine alla pretesa rivalsa dell'IVA esposta in fattura, atteso che la statuizione non investe il rapporto tra contribuente ed Amministrazione finanziaria, risolvendosi, invece, in un accertamento incidentale nell'ambito del rapporto privatistico fra soggetto attivo e soggetto passivo della rivalsa, estraneo alla giurisdizione sul rapporto d'imposta devoluto al giudice tributario. (Così statuendo, la S.C., cassando con rinvio la sentenza del giudice d'appello, ha riconosciuto la giurisdizione del giudice ordinario, e non di quello tributario, in una controversia nella quale un libero professionista, esercente funzioni di giudice di pace, chiedeva di rivalersi, nei confronti del Ministero della Giustizia, dell'IVA esposta nella fattura emessa per il pagamento dei compensi percepiti).

In tema di trattamento economico percepito dal Giudice di pace, ove esercente la libera professione di avvocato, l'indennità da questi percepita nell'esercizio delle funzioni onorarie non è assoggettata a contribuzione in favore della Cassa nazionale di previdenza, sia perché trattasi di reddito assimilato a quello di lavoro dipendente, ai sensi dell'art. 47, lett. f) (ora art. 50 lett. f), del TUIR, come emerge dal dato letterale della norma, il cui inciso “sempre che le prestazioni non siano rese da soggetti che esercitano un'arte o una professione…” costituisce una deroga che non trova però applicazione per i redditi percepiti dai giudici di pace, sia perché deve escludersi che lo Stato, erogatore dell'indennità, possa essere trattato come cliente finale di un rapporto sinallagmatico professionale, nei cui confronti sia ripetibile il contributo integrativo per la Cassa nazionale di previdenza ed assistenza forense, secondo quanto prevede l'art. 1, comma 3, del D.Lgs. n. 509 del 1994.

Cass. civ. n. 14266/2016

In tema di condono fiscale, il concordato preventivo biennale introdotto dall'art. 33 del D.L. n. 269 del 2003, convertito in L. n. 326 del 2003, concerne essenzialmente le imposte sui redditi con limitati effetti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, mentre da esso esula l'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), atteso il tenore testuale della disposizione, che, tra l'altro, rinvia, per la determinazione del significato dei termini "ricavi" e "compensi", alle disposizioni in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto. Ne consegue che l'adesione al concordato non comporta effetti preclusivi ai fini del diritto al rimborso dell'imposta regionale in questione. (Cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Reg. Toscana, 08/04/2009).

Cass. civ. n. 10801/2007

In tema di IRPEF, ai fini della determinazione del reddito d'impresa, è configurabile una plusvalenza da avviamento commerciale, ai sensi dell'art. 54, comma terzo, del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, anche nel caso di cessione a titolo oneroso di un'azienda il cui corrispettivo sia rappresentato dalla costituzione di una rendita vitalizia: ai fini dell'imputazione del corrispettivo, occorre infatti considerare il momento di stipulazione del contratto, ai sensi dell'art. 75 del D.P.R. n. 917 cit., tenendo conto della natura intrinsecamente onerosa e della configurazione giuridica dell'atto traslativo, e prescindendo da clausole estranee al tipo contrattuale, senza che assuma alcun rilievo il carattere aleatorio della rendita, comunque determinabile sulla base delle tabelle di capitalizzazione risultanti dalla normativa fiscale; né tale imputazione dà luogo ad una doppia imposizione, in quanto l'art. 48 del D.P.R. n. 917, nell'assoggettare a tassazione le quote di rendita, individua forfetariamente nel 60% la componente reddituale delle stesse, in tal modo esentando dall'imposta il capitale tassato all'atto del trasferimento. (Cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Reg. L'Aquila,14 Dicembre 2000).

Cass. civ. n. 15237/2004

In tema di IRPEF, il compenso - di natura indennitaria - percepito dai vice pretori onorari (contemplati dall'art. 4 del R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, nel testo anteriore alle modifiche apportate dall'art. 4 del D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51) va assoggettato a tassazione, atteso che l'art. 47, comma 1, lett. f), del d.P.R 22 dicembre 1986, n. 917, assimila ai redditi di lavoro dipendente le indennità, i gettoni di presenza e gli altri compensi corrisposti a tutti coloro che comunque espletano un'attività comportante l'"esercizio di pubbliche funzioni". Né a diversa conclusione può condurre la circostanza che l'art. 2 del D.Lgs. 2 settembre 1997, n. 314, nell'integrare la norma citata, abbia fatto riferimento a particolari figure di magistrati "non di carriera" (membri delle commissioni tributarie, giudici di pace, esperti del tribunale di sorveglianza) espletanti attività giudiziaria in modo continuativo (anche se a tempo determinato), poiché ciò non altera la portata applicativa della prima parte della norma, nella quale pacificamente va inclusa la figura del vice pretore, quale magistrato onorario esercente una pubblica funzione, restando irrilevante che questa sia esercitata in modo non continuativo e non sia riconducibile all'ambito del rapporto di lavoro dipendente. (cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Reg. Piemonte 22 maggio 2001).

Cass. civ. n. 11809/2002

In tema di base imponibile IRPEF, l'art. 3, comma terzo, lett. c) del D.P.R. 597 del 1973, che esclude dai redditi imponibili prodotti all'estero solo quelli derivanti "da lavoro dipendente prestato all'estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto", non comprende anche il caso di colui che percepisca una borsa di studio da parte di enti erogatori diversi (nella specie, l'AIRC e la NATO) dal proprio datore di lavoro (nel caso, il CNR), per ricerche (riguardanti il cancro) svolte all'estero. (cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Reg. Liguria 21 gennaio 1997).

Sono soggette all'imposta sui redditi delle persone fisiche anche le somme corrisposte a titolo di borsa di studio (nella specie a persona che svolgeva tale attività all'estero), sia nel vigore del D.P.R. n. 597 del 1973 che nella vigenza del D.P.R. n. 917 del 1986, in quanto costituiscono reddito di lavoro dipendente in senso proprio, quando il beneficiario sia un dipendente del soggetto erogante, ovvero un reddito assimilato a quello di lavoro dipendente, ove il percettore non sia legato da rapporti di subordinazione con colui che corrisponde l'emolumento. Né a tali compensi possono estendersi le disposizioni premiali, stabilite - in deroga al generale principio dell'imponibilità tributaria - con apposite leggi, atteso che queste (art. 6 legge n. 398 del 1989, art. 6 D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6 legge n. 390 del 1991, art. 51 legge n. 449 del 1997 e art. 6 legge n. 488 del 1999) hanno natura speciale e non sono oggetto di interpretazione estensiva (In applicazione di tali principi la Corte ha escluso l'applicabilità delle disposizioni agevolative perché estranee, sul piano temporale, al periodo d'imposta esaminato). (cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Reg. Liguria 21 gennaio 1997).

Cass. civ. n. 11437/1999

L'assegno di divorzio, la cui corresponsione da parte di uno dei coniugi all'altro sia stata stabilita dal tribunale, su accordo delle parti, in unica soluzione ai sensi dell'art. 5, quarto comma, della legge n. 898 del 1970 (e successivamente - a seguito delle modificazioni introdotte dell'art. 10 della legge n. 74 del 1987 - ai sensi dell'art. 5, ottavo comma, della legge stessa), non è qualificabile come "reddito" imponibile ai fini i.r.pe.f. sulla base di quanto disposto dall'art. 47, primo comma lett. f, del D.P.R. n. 597 del 1973 (e, successivamente, dall'art. 47, primo comma lett. i, del D.P.R. n. 917 del 1986). (cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Centrale, 28 febbraio 1997).

Corte cost. n. 289/1994

Il trattamento fiscale disposto a favore delle rendite vitalizie costituite a titolo oneroso dall'art. 33, terzo comma, del D.P.R. n. 42 del 1988 (con l'abbattimento al 60 per cento della base imponibile) trova la sua spiegazione sia nel fatto che dette rendite vengono costituite mediante provvista di un capitale a totale carico del beneficiario della rendita, e pertanto anche come forma di incentivo al risparmio privato, sia nel fatto che lo stesso beneficiario, nel momento in cui viene a godere della rendita, ha già provveduto a versare le imposte sulle quote di capitale destinate a risparmio, con la conseguenza che la riduzione della base imponibile rispetto alle rendite riscosse viene a rappresentare un correttivo giustificato dall'esigenza di evitare l'onere ingiusto di una doppia imposizione. Tali presupposti non si rinvengono con riguardo agli assegni vitalizi - ai quali, con l'art. 2, comma 6-bis, della legge n. 154 del 1989 (abrogato, ma solo 'ex nunc', con l'art. 14, comma 18, della legge n. 537 del 1993) tale trattamento è stato esteso - erogati a favore dei parlamentari cessati dalla carica, le cui contribuzioni, oltre ad essere integrate con quote a carico dell'erario, risultano, al pari dei contributi pensionistici, suscettibili di detrazione dalla base imponibile rappresentata dagli importi dell'indennità in carica.

Stante l'assenza di una identità di presupposti, specificamente attinenti alla materia fiscale, tra le rendite vitalizie di cui all'art. 47 lett. h) D.P.R. n. 917/1986 e gli assegni vitalizi percepiti da ex parlamentari e dalle categorie equiparate, non sussistono ragioni idonee a giustificare l'equiparazione normativamente operata tra il regime fiscale degli assegni vitalizi e quello delle rendite vitalizie, al fine di concedere ai primi il trattamento privilegiato riconosciuto dalla legge a favore delle seconde, consistente nella riduzione della base imponibile ai fini I.R.PE.F. al 60 per cento. Pertanto va dichiarata l'illegittimità costituzionale, per violazione degli artt. 3 e 53 Cost., dell'art. 2, comma sesto-bis, L. 27 aprile 1989, n. 154, di conversione del D.L. 2 marzo 1989, n. 69 (abrogato con l'art. 14, comma 18, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, ma tuttora applicabile e riferibile ai rapporti anteriori) nella parte in cui - mediante equiparazione tra i vitalizi di cui al secondo comma dell'art. 24 ed al penultimo comma dell'art. 29 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e le rendite vitalizie di cui al comma primo lett. h) dell'art. 47 del testo unico approvato con il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 - riconosce a favore degli stessi vitalizi, ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, un trattamento tributario privilegiato, con l'abbattimento della base imponibile al 60 per cento del reddito percepito.

La questione di legittimità costituzionale va riconosciuta rilevante e pregiudiziale ai fini della decisione da assumere nei giudizi pendenti e quindi ammissibile, quando, deducendo la violazione del principio di eguaglianza, si chiede una pronuncia di tipo additivo diretta non ad eliminare, ma ad estendere, alla categoria di cui ai giudizi 'a quibus', l'area di operatività della norma di privilegio. (Fattispecie concernente la legittimità costituzionale della norma introducente un trattamento fiscale privilegiato degli assegni vitalizi percepiti dagli ex parlamentari e dalle categorie equiparate, al fine di estenderne l'applicabilità, con sentenza additiva da parte della Corte, ai titolari di pensione del pubblico impiego, proponenti i procedimenti 'a quibus'). - Nello stesso senso, O. n. 294/1993 (con la quale la Corte costituzionale ha sollevato, nei confronti della norma suddetta, oltre a quelle già sollevate da Commissioni tributarie, la ulteriore questione di cui alla successiva massima E).

La diversità di natura e di regime che distingue gli assegni vitalizi, corrisposti ad ex parlamentari e alle categorie equiparate, dalle pensioni ordinarie spettanti ai pubblici dipendenti in quiescenza non consente di ravvisare una lesione del principio di eguaglianza nella mancata estensione a questi ultimi del più favorevole trattamento fiscale, costituito dall'assoggettamento ad imposta - I.R.PE.F. - in percentuale ridotta (mediante l'abbattimento della base imponibile al 60% del reddito percepito) riservato ai primi. Non è dunque sotto questo profilo che può essere accolta la questione di legittimità costituzionale sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost., nei confronti della norma (art. 2, comma sesto-bis, legge 27 aprile 1989, n. 154) che tale trattamento prevede.

Tra gli assegni vitalizi corrisposti ad ex parlamentari e alle categorie equiparate e le pensioni ordinarie spettanti ai pubblici dipendenti in quiescenza, nonostante la presenza di alcuni profili di affinità, non sussiste una identità né di natura né di regime giuridico, dal momento che l'assegno vitalizio, a differenza della pensione ordinaria, viene a collegarsi ad una indennità di carica goduta in relazione all'esercizio di un mandato pubblico, indennità che, nei suoi presupposti e nelle sue finalità, ha sempre assunto, nella disciplina costituzionale e ordinaria, connotazioni distinte da quelle proprie della retribuzione connessa al rapporto di pubblico impiego. Tale diversità assume d'altro canto un'evidenza particolare, dal momento che il particolare tipo di previdenza, costituito dall'assegno vitalizio, ha trovato la sua origine in una forma di mutualità (Casse di previdenza per i deputati e i senatori istituite nel 1956), che si è gradualmente trasformata in una forma di previdenza obbligatoria di carattere pubblicistico, conservando peraltro un regime speciale, non regolato dalla legge, ma dai regolamenti interni a ciascuna Camera, con aspetti in parte riconducibili al modello pensionistico e in parte tipici del regime delle assicurazioni private.

Cass. civ. n. 11272/1994

I giudici di pace sono funzionari onorari e godono di un trattamento economico avente natura indennitaria e non corrispettiva, in assenza di un rapporto professionale di servizio. Ne consegue che la giurisdizione per le controversie relative al loro trattamento economico va stabilita in relazione alla posizione giuridica sostanziale dedotta in giudizio e che, in particolare, va ritenuta la giurisdizione del giudice ordinario quando l'interessato faccia valere il diritto a conseguire un'indennità predeterminata con legge, quale (come nella specie) l'indennità cosiddetta giudiziaria prevista dall'art. 3 legge 19 febbraio 1981 n. 27 e spettante ai magistrati togati. (regola giurisdizione)

La competenza per le cause aventi ad oggetto il trattamento economico indennitario spettante ai funzionari onorari - non legati all'ente pubblico da un rapporto professionale di servizio e qualificabili come organi dello stesso ente - va determinata (nel caso in cui, in relazione alla posizione giuridica fatta valere, sussista la giurisdizione del giudice ordinario) in base al valore della causa, poiché non sussistono gli elementi della figura giuridica della parasubordinazione delineata dall'art. 409 n. 3 cod. proc. civ. (Fattispecie relativa alla rivendicazione dell'indennità cosiddetta giudiziaria da parte di giudici di pace). (regola giurisdizione)

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