Il CSM viene definito
organo di autogoverno della magistratura proprio perchè gli spettano le decisioni in ordine a tutte le vicende che riguardano la carriera dei singoli magistrati. Inoltre, è tenuto a garantirne l'indipendenza dagli altri poteri dell'ordinamento ai sensi del precedente art.
104 comma 1 della Costituzione.
Le
assegnazioni si riferiscono agli incarichi che vengono attribuiti ai magistrati di nuova nomina mentre i t
rasferimenti operano rispetto ai soggetti già assegnati. Mentre i primi avvengono di ufficio, i secondi possono essere disposti in tal modo solo per
incompatibilità o se sia venuta meno l'indipendenza dei magistrati per causa ad essi non imputabile. Questi, infatti, godono della garanzia della
inammovibilità (art.
107 Cost.) e, di conseguenza, il loro trasferimento si attiva, di regola, solo su loro istanza.
In passato l'avanzamento di carriera dei magistrati era ancorato solo al decorrere del tempo in quanto aveva quale presupposto l'anzianità di servizio. Tuttavia, si ritenne che tale sistema fosse indipendente dal merito dei singoli, potendo determinare la promozione anche di soggetti non aggiornati e pronti per le
giurisdizioni superiori. Oggi, invece, il CSM è chiamato a valutare la professionalità dei singoli magistrati nella propria attività in base alle relazioni dei consigli giudiziari di ogni Corte d'appello ed ai risultati delle ispezioni predisposte. Il risultato di questa valutazione incide su vari aspetti, come l'aumento della retribuzione e la possibilità di accedere a ruoli direttivi.
Il
procedimento disciplinare si rifà alle norme del codice di procedura penale ed ha natura giurisdizionale. A rilevare sono sia gli illeciti commessi nell'esercizio della funzione sia quelli commessi fuori da essa. La materia è oggi regolata dal d.lgs. 23 febbraio 2006, n. 106 che tratta sia delle condotte sia delle sanzioni. Dal punto di vista strutturale, presso il CSM è presente una specifica sezione che si occupa degli illeciti disciplinari; sia l'accusa che la difesa sono esercitate da magistrati.
Diversa dalla
responsabilità disciplinare è la
responsabilità civile dei magistrati che ha sempre costituito un tema caldo del dibattito politico in quanto ne mette a rischio l'indipendenza. Essa può sorgere nei confronti delle parti del giudizio a causa di errori o inosservanze di legge e trova la propria fonte costituzionale nell'art.
28 della Costituzione. Sul piano della legge ordinaria, la disciplina è stata dettata per molto tempo dalla l. 13 aprile 1988, n. 117 (legge Vassalli) emanata a seguito della consultazione referendaria dell'8 e 9 novembre 1987. Oggi essa è contenuta nella l. 27 febbraio 2015, n. 18 in vigore dal 19 marzo 2015.