(massima n. 1)
Il trattamento fiscale disposto a favore delle rendite vitalizie costituite a titolo oneroso dall'art. 33, terzo comma, del D.P.R. n. 42 del 1988 (con l'abbattimento al 60 per cento della base imponibile) trova la sua spiegazione sia nel fatto che dette rendite vengono costituite mediante provvista di un capitale a totale carico del beneficiario della rendita, e pertanto anche come forma di incentivo al risparmio privato, sia nel fatto che lo stesso beneficiario, nel momento in cui viene a godere della rendita, ha già provveduto a versare le imposte sulle quote di capitale destinate a risparmio, con la conseguenza che la riduzione della base imponibile rispetto alle rendite riscosse viene a rappresentare un correttivo giustificato dall'esigenza di evitare l'onere ingiusto di una doppia imposizione. Tali presupposti non si rinvengono con riguardo agli assegni vitalizi - ai quali, con l'art. 2, comma 6-bis, della legge n. 154 del 1989 (abrogato, ma solo 'ex nunc', con l'art. 14, comma 18, della legge n. 537 del 1993) tale trattamento è stato esteso - erogati a favore dei parlamentari cessati dalla carica, le cui contribuzioni, oltre ad essere integrate con quote a carico dell'erario, risultano, al pari dei contributi pensionistici, suscettibili di detrazione dalla base imponibile rappresentata dagli importi dell'indennità in carica.