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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 242 del 25 febbraio 1972
«I militari e gli estranei alle Forze Armate che, in concorso tra loro, commettono atti di violenza e resistenza contro appartenenti all'Arma dei Carabinieri superiori in grado, rispondono tutti, a norma dell'art. 117 c.p., del reato militare di...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 3018 del 27 gennaio 2011
«Non rileva, ai fini dell'integrazione della fattispecie criminosa di illecita concorrenza mediante violenza o minaccia, la reciprocità delle aggressioni.»
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Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 9750 del 11 marzo 2010
«Al fine della configurabilità del delitto di illecita concorrenza con violenza o minaccia, che è reato di pericolo, è del tutto irrilevante la mancanza di un concreto effetto della condotta sul piano dei rapporti commerciali, bastando a integrarlo...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 46756 del 21 dicembre 2005
«Il reato di cui all'art. 513 bis c.p. (illecita concorrenza con violenza o minaccia), non è riferibile anche a colui che nell'esercizio di una attività imprenditoriale compie atti intimidatori al fine di contrastare o scoraggiare l'altrui libera...»
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Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 26918 del 3 luglio 2001
«Il reato di illecita concorrenza con minacce o violenza (art. 513 bis c.p.) ha natura di reato proprio, in quanto la norma incriminatrice richiede che il soggetto attivo eserciti un'attività commerciale, industriale o comunque produttiva, anche se...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 450 del 24 marzo 1995
«Il reato di illecita concorrenza con minaccia o violenza, di cui all'art. 513 bis c.p., non deve necessariamente realizzarsi in ambienti di criminalità organizzata, né l'autore deve appartenere a un'organizzazione criminale, né sono necessari atti...»
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Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 19713 del 24 maggio 2005
«Si ha concorrenza sleale, rilevante secondo la previsione dell'art. 513 bis c.p., sia quando la violenza o la minaccia sono esercitate in maniera diretta contro l'imprenditore concorrente, sia quando il fine del controllo o del condizionamento...»
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Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 5793 del 6 febbraio 2014
«Il delitto di illecita concorrenza con violenza o minaccia concorre e non è assorbito nel reato di estorsione, trattandosi di fattispecie preordinate alla tutela di beni giuridici diversi: la disposizione di cui all'art. 513 bis cod. pen. ha come...»
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Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 12785 del 29 marzo 2011
«La norma incriminatrice dei fatti di illecita concorrenza mediante violenza o minaccia non è speciale rispetto a quella incriminatrice dell'associazione per delinquere di tipo mafioso, sicché i due reati, attesa l'episodicità del primo e la...»
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Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 7856 del 9 agosto 1997
«Non è configurabile un rapporto di specialità tra la fattispecie di cui all'art. 513 bis c.p. (reato di illecita concorrenza con violenza o minaccia) ed il reato di associazione per delinquere di tipo mafioso, stante l'episodicità della prima...»
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Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 331 del 1 marzo 1993
«Il reato di illecita concorrenza con violenza o minaccia previsto dall'art. 513 bis c.p. può concorrere con il delitto di associazione per delinquere. (Nella specie il principio è stato affermato con riferimento a soci di una società operante nei...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 1965 del 12 ottobre 1995
«In tema di violenza carnale, il reato è perseguibile di ufficio ogni qual volta sia connesso, sia pure solo dal punto di vista investigativo, con altri delitti perseguibili di ufficio, come sono ad esempio i reati di induzione e agevolazione della...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 8453 del 27 luglio 1994
«Deve qualificarsi come tentativo di violenza carnale (e non come diffamazione aggravata) il fatto di chi, minacciando — e poi attuando la minaccia — di inviare ai parenti di una donna foto compromettenti scattate in occasione di incontri amorosi...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 8168 del 19 luglio 1994
«Non è censurabile dal giudice di legittimità l'apprezzamento del giudice di merito, il quale abbia ritenuto che il delitto di ratto a fine di libidine e quello di violenza carnale siano rimasti nettamente separati in relazione alle condotte, non...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 5640 del 12 maggio 1994
«Il consenso della vittima per rapporti sessuali particolari non può escludere l'eventuale sussistenza di reati di ratto, violenza carnale, minacce e lesioni, ove questi comportamenti siano di fatto realizzati oltre una sfera di ragionevole...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 3141 del 15 marzo 1994
«Ai fini della configurabilità del delitto di violenza carnale, non si richiede che la violenza sia tale da annullare la volontà del soggetto passivo, ma è sufficiente che la volontà risulti coartata. Neppure è necessario che l'uso della violenza o...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 5559 del 22 maggio 1991
«Il delitto di ratto a fine di libidine concorre con quelli di violenza carnale o di atti di libidine violenti, soltanto quando le due condotte non coincidano temporalmente, ma sia stato posto in essere da parte del soggetto attivo un quid pluris....»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 3069 del 13 marzo 1991
«Non può essere concessa, per il reato di violenza carnale, la circostanza attenuante di cui all'art. 62 n. 1 c.p., dell'aver agito per motivi di particolare valore morale o sociale, invocata e giustificata con l'intenzione di aver commesso il...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 6649 del 8 maggio 1990
«Ai fini della configurabilità del reato di violenza carnale non costituisce requisito indispensabile una compenetrazione totale, essendo sufficiente anche una introduzione parziale dell'organo genitale del soggetto attivo nel corpo dell'altro.»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 4412 del 16 aprile 1994
«In tema di violenza carnale si ha congiunzione ogniqualvolta avvenga una qualsiasi compenetrazione, anche abnorme, tra organi genitali ovvero tra un organo genitale e la bocca. Ne deriva che rientra nella suddetta nozione sia il coito anale, che...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 3791 del 15 maggio 1986
«L'ipotesi di violenza carnale presunta, di cui all'art. 519, comma secondo, n. 2, c.p., sussiste in relazione a qualsiasi rapporto fiduciario di affidamento, sia pure temporaneo, del minore infrasedicenne al colpevole. (Fattispecie relativa a...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 12697 del 21 settembre 1989
«In tema di atti di libidine violenti, per integrare la violenza presunta non occorre uno stato di vera e propria infermità mentale, bensì è sufficiente che il soggetto passivo versi in condizioni tali da togliere comunque in tutto o in parte la...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 2909 del 9 marzo 1987
«Ai fini della configurabilità del reato di atti di libidine violenti, è sufficiente il dolo generico, consistente nella volontà libera e cosciente di commettere gli atti contro il consenso della persona offesa o nonostante l'invalidità di essa per...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 3796 del 15 maggio 1986
«In tal caso, infatti, è evidente che l'estensione della visita anche alla sfera sessuale può concretizzare il delitto di atti di libidine violenti, poiché, per integrare gli estremi della violenza, è sufficiente anche la violenza meramente...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 7186 del 24 maggio 1990
«L'assorbimento del delitto di atti di libidine violenti in quello di violenza carnale si ha soltanto in caso di contestualità degli atti integranti i due reati: in tal caso infatti il delitto di cui all'art. 519 c.p. assume la configurazione di...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 11951 del 12 dicembre 1985
«Il delitto di atti di libidine abusivi, di cui al secondo comma dell'art. 521 c.p., che consiste nell'induzione agli atti di libidine di persona che si trovi nelle condizioni previste dall'art. 519, secondo comma (violenza carnale presunta e...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 10235 del 29 ottobre 1982
«Il delitto di atti di libidine abusivi di cui all'art. 521 cpv. c.p. (che consiste nella induzione agli atti di libidine di persona che si trovi nelle condizioni previste dagli artt. 519 cpv. e 520 c.p., violenza carnale presunta e abusiva, e...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 2074 del 5 marzo 1997
«Nel caso in cui la pena per il delitto - nella specie ritenuto tentato - di atti di libidine violenti, di cui all'art. 521 c.p., non sia stata fissata nei limiti minimi, non viene in discussione l'applicazione della legge 15 febbraio 1996, n. 66....»
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Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 924 del 5 febbraio 1997
«Ne deriva che, venute meno le fattispecie di ratto a fine di libidine o di matrimonio, a seguito della nuova disciplina in materia di violenza sessuale introdotta con la suindicata legge n. 66 del 1996, non per questo devono andare esenti da...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 4426 del 13 maggio 1997
«In tema di violenza sessuale in danno di persona che si trovi in stato di inferiorità psichica o fisica, il nucleo della condotta tipica, contemplata dalla nuova legge sulla violenza sessuale (artt. 609 bis ss. c.p.), è assimilabile a quello...»