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Articolo 6 Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR)

(Reg. UE 27 aprile 2016, n. 679)

[Aggiornato al 29/04/2022]

Liceità del trattamento

Dispositivo dell'art. 6 GDPR

1. Il trattamento è lecito solo se e nella misura in cui ricorre almeno una delle seguenti condizioni:

  1. a) l'interessato ha espresso il consenso al trattamento dei propri dati personali per una o più specifiche finalità;
  2. b) il trattamento è necessario all'esecuzione di un contratto di cui l'interessato è parte o all'esecuzione di misure precontrattuali adottate su richiesta dello stesso;
  3. c) il trattamento è necessario per adempiere un obbligo legale al quale è soggetto il titolare del trattamento;
  4. d) il trattamento è necessario per la salvaguardia degli interessi vitali dell'interessato o di un'altra persona fisica;
  5. e) il trattamento è necessario per l'esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all'esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento;
  6. f) il trattamento è necessario per il perseguimento del legittimo interesse del titolare del trattamento o di terzi, a condizione che non prevalgano gli interessi o i diritti e le libertà fondamentali dell'interessato che richiedono la protezione dei dati personali, in particolare se l'interessato è un minore.

La lettera f) del primo comma non si applica al trattamento di dati effettuato dalle autorità pubbliche nell'esecuzione dei loro compiti.

2. Gli Stati membri possono mantenere o introdurre disposizioni più specifiche per adeguare l'applicazione delle norme del presente regolamento con riguardo al trattamento, in conformità del paragrafo 1, lettere c) ed e), determinando con maggiore precisione requisiti specifici per il trattamento e altre misure atte a garantire un trattamento lecito e corretto anche per le altre specifiche situazioni di trattamento di cui al capo IX.

3. La base su cui si fonda il trattamento dei dati di cui al paragrafo 1, lettere c) ed e), deve essere stabilita:

  1. a) dal diritto dell'Unione; o
  2. b) dal diritto dello Stato membro cui è soggetto il titolare del trattamento.

La finalità del trattamento è determinata in tale base giuridica o, per quanto riguarda il trattamento di cui al paragrafo 1, lettera e), è necessaria per l'esecuzione di un compito svolto nel pubblico interesse o connesso all'esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento. Tale base giuridica potrebbe contenere disposizioni specifiche per adeguare l'applicazione delle norme del presente regolamento, tra cui: le condizioni generali relative alla liceità del trattamento da parte del titolare del trattamento; le tipologie di dati oggetto del trattamento; gli interessati; i soggetti cui possono essere comunicati i dati personali e le finalità per cui sono comunicati; le limitazioni della finalità, i periodi di conservazione e le operazioni e procedure di trattamento, comprese le misure atte a garantire un trattamento lecito e corretto, quali quelle per altre specifiche situazioni di trattamento di cui al capo IX. Il diritto dell'Unione o degli Stati membri persegue un obiettivo di interesse pubblico ed è proporzionato all'obiettivo legittimo perseguito.

4. Laddove il trattamento per una finalità diversa da quella per la quale i dati personali sono stati raccolti non sia basato sul consenso dell'interessato o su un atto legislativo dell'Unione o degli Stati membri che costituisca una misura necessaria e proporzionata in una società democratica per la salvaguardia degli obiettivi di cui all'articolo 23, paragrafo 1, al fine di verificare se il trattamento per un'altra finalità sia compatibile con la finalità per la quale i dati personali sono stati inizialmente raccolti, il titolare del trattamento tiene conto, tra l'altro:

  1. a) di ogni nesso tra le finalità per cui i dati personali sono stati raccolti e le finalità dell'ulteriore trattamento previsto;
  2. b) del contesto in cui i dati personali sono stati raccolti, in particolare relativamente alla relazione tra l'interessato e il titolare del trattamento;
  3. c) della natura dei dati personali, specialmente se siano trattate categorie particolari di dati personali ai sensi dell'articolo 9, oppure se siano trattati dati relativi a condanne penali e a reati ai sensi dell'articolo 10;
  4. d) delle possibili conseguenze dell'ulteriore trattamento previsto per gli interessati;
  5. e) dell'esistenza di garanzie adeguate, che possono comprendere la cifratura o la pseudonimizzazione.

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Consulenze legali
relative all'articolo 6 GDPR

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

Anonimo chiede
venerdì 09/08/2024
“volevo sapere se ero indagato per violazione della Privacy e riservatezza. E' successo 2 mesi fa. Premetto che il profilo di questa persona che è una donna mi era stato bloccato già da diversi anni addietro. quindi sono entrato lo stesso nella sua pagina faccebook con un profilo falso. guardando il profilo facebook ho notato che una persona che io sapevo che vive nella mia stessa città aveva messo il suo nome e cognome nella lista delle persone con "mi piace "sulle foto o i post. quando poi x curiosità ho cercato di sapere il cognome di della persona che nelle recensioni di booking aveva soggiornato con lei in un hotel per scoprire se era lo stesso che avevo notato su facebook. ho telefonato all' hotel per ben 2 volte, chiedendo il cognome della persona che aveva soggiornato li in una determinata data. L' hotel mi ha risposto che per motivi di privacy non poteva fornirmi il cognome. il giorno dopo ho mandato un sms chiedendo se potevo avere la stessa camera x dimensioni che aveva avuto dicendogli il cognome. loro mi hanno risposto con un sms vuoto…poi tramite booking leggendo le recensioni degli hotel su booking ho scoperto dove avevano soggiornato perchè lei ha un nome cosi strano che è facile tramite google scoprire in che hotel sulla piattaforma di booking avevano dormito (perché in ogni hotel c'era una camera matrimoniale dove nelle recensioni c'era scritto l'inizio dei nomi ) .quindi ho capito che erano 2 amanti che si incontravano negli hotel tra l' altro uno dei due è fidanzato e ha un figlio . tra l' altro ho capito che loro due hanno scoperto che lo sapevo. io comunque non ho informato nessuno riguardo quello che avevo scoperto .tra l' altro sono riusciti ad avere il diritto all' oblio e la deindicizzazione di un hotel che è stata tolta in questi giorni .premetto che ho fatto tutto questo x senza sapere di questa legge sulla privacy ma solo x curiosità e perchè non avevo di meglio da fare . secondo voi che strumenti ho per difendermi ?”
Consulenza legale i 02/09/2024
In relazione al suo quesito non si ravvisano questioni giuridiche particolari dal punto di vista della disciplina in materia di tutela dei dati personali.
La disciplina punisce il caso dell’illecita acquisizione dei dati, mediante forzatura dei sistemi di conservazione e riservatezza, e la loro diffusione e/o utilizzo al fine di arrecare un danno oppure di ottenere un profitto, ma non quando i medesimi sono già resi pubblici o comunque liberamente accessibili sul web dall’utente stesso, come, ad esempio nel caso di specie, sul profilo social della signora interessata.
Infatti, il comportamento tenuto dalla struttura ricettiva è stato corretto, poiché i dati lasciati dalla signora all’hotel sono stati comunicati esclusivamente in relazione al soggiorno e senza autorizzazione alla pubblicazione del cliente.
Per questo motivo la medesima non ha rilasciato alcuna informazione e/o dato sensibile riguardante gli ospiti che soggiornano o hanno soggiornato presso la stessa.
Pertanto, quanto da Lei posto in essere potrebbe al più essere valutato dal punto di vista etico, ma non assume rilievo sotto il profilo squisitamente giuridico.

Qualche considerazione può svolgersi, invece, in merito al profilo falso sul social network: la creazione di pagine fasulle con dati non corrispondenti ad una identità reale potrebbe in alcuni casi costituire un illecito penale.
Tale condotta, infatti, può configurare il reato di sostituzione di persona, se l’account viene creato sottraendo i dati identificativi di un altro soggetto e relazionandosi con altri utenti che pensano di avere rapporto con lo stesso.
Si precisa che l’attribuzione di un falso nome non riguarda tanto il nome o il cognome, quanto più l’assunzione di un’identità diversa dalla propria, anche che essa sia potenzialmente immaginaria, con l’obiettivo di trarre in inganno ed errore l’utente con cui si intrattiene qualsivoglia di rapporto.
Un atteggiamento simile può anche essere prodromico ad ulteriori e più gravi reati.

In questo senso, questa redazione consiglia l’eliminazione al più presto del suddetto profilo o la sua modificazione mediante inserimetno dei dati reali.

Quanto all’ultima domanda: qualora ritenga di poter essere stato denunciato dalle persone coinvolte nella vicenda descritta, può depositare un’istanza ex art. 335 c.p.p. presso la Procura della Repubblica territorialmente competente per conoscere se siano stati aperti procedimenti penali a suo carico, quale persona indagata.


M. S. chiede
mercoledì 07/08/2024
“Buongiorno.

Ho un altro dilemma da risolvere a seguito contrasto con i miei vicini e voglio chiedere se sono in regola relativamente con il rispetto della privacy verso i miei vicini e chiunque transiti in particolare nel nostro pianerottolo comune alle nostre due famiglie.

I carabinieri già mi hanno detto che sono a posto, FACENDOGLI VEDERE LE STESSE IMMAGINI CHE VI MANDO PER FOTO, ma i vicini non si fidano, e mi continuano a dire che non posso mettere le telecamere nei modi in cui le ho installate.

Preciso che sono installate dentro mia proprietà esterna, e non parte in parte comune, sempre che parte comune non sia, sotto il mio terrazzo al primo piano che è davanti al mio garage di proprietà, ed inoltre sopra la mia porta d'entrata nel pianerottolo comune.

Descrivo il problema:

Primo problema spioncini digitali alla porta fino a qualche settimana fa.

Io e i miei vicini diretti entriamo in casa nostra attraverso una scala comune ed un pianerottolo finale in comune, e solo le nostre due famiglie transitano da lì, più parenti e vicini amici.

Quindi le due porte di entrata rispettive sono su questo pianerottolo.
I primi a mettere su lo spioncino digitale furono i miei vicini, anche provato da discussione in whatsapp tra noi.
Ed inquadravano il pianerottolo, la mia porta, ed in fondo parte del mio giardino di proprietà, e logicamente noi quando passavamo.
Non hanno mai chiesto permesso e lo hanno fatto.

Io di seguito qualche settimana dopo l'ho messo uguale, e vedevo la loro porta e il loro terrazzo chiuso sul pianerottolo, più loro quando entravano ed uscivano.

Quindi ad un certo punto per qualche anno ci siamo visti e registrati a vicenda senza che nessuno opponesse nulla.
Nessun cartello di videosorveglianza.

Attualmente a seguito di litigi la situazione fra noi è precipitata, e nel frattempo io ho cambiato la mia porta blindata e ho anche installato un sistema di videosorveglianza, quindi eliminando il mio spioncino digitale.

Noi abitiamo in un condominio di 12 famiglie complessive, ma non abbiamo amministratore.

Ora sia loro che alcune famiglie, contestano fortemente il nostro impianto nonostante il sistema riprenda ESCLUSIVAMENTE IL MIO TERRAZZO, IL MIO GIARDINO, IL MIO GARAGE, E LA MIA PORTA NUOVA D'INGRESSO INSIEME INEVITABILMENTE A PARTE PIANEROTTOLO, PARTE LORO PROPRIETA'(che oscurerò il 12 agosto col tecnico), SCALA COMUNE TRA NOI E IN FONDO PARTE DEL MIO GIARDINO.

Questa esclusività di ripresa è ottenuta attraverso oscuramento delle parti comuni, e delle parti di proprietà dei miei vicini, e delle parti pubbliche (strada), ed è fatta dai tecnici dietro mia descrizione.

Unicamente la parte del pianerottolo ancora riprende parte loro proprietà, ma da foto VI DICO CHE COPRIRO' FINO AL MURETTO D'INIZIO SCALA E VERSO LA DESTRA DI QUANDO SI GUARDA LA FOTO, PER CUI POI RIMANE SOLO SCALA, MIA PORTA E FONDO GIARDINO MIO.

Quindi ribadisco che vedo solo la mia proprietà, escluso appunto l'entrata descritta.

La telecamera è posta sopra la mia porta nuova.

I miei vicini diretti hanno poi ora tolto anche loro lo spioncino digitale, forse perchè anche loro cambieranno la porta.

Ora le richieste dei miei diretti vicini sono che NON VOGLIONO ESSERE RIPRESI, perchè ora loro hanno tolto il loro apparato.

Ma scusate, io a questo punto non ho acquisito un diritto nei loro confronti visto che prima lo hanno messo su loro?

Devo buttare via le telecamere perchè loro ora hanno tolto la loro?

Prima andava bene, ora non va piu' bene?

Ma è logico e giusto?

I carabinieri quando gli ho fatto vedere la visuale della telecamera in questione mi hanno detto che sono in regola , perchè essendo ristretto il pianerottolo, non posso evitare di riprendere chi arriva dalla scala , per cui se passano anche loro di li , non violo nessuna privacy, e cmq la loro privacy e meno importante della mia sicurezza, penso.

ZONA RISTRETTA ED INEVITABILITA' DI RIPRENDERE PARTE PIANEROTTOLO E SCALE.

Posso ritenere che sono in regola per questa parte di pianerottolo?

Anche se loro non hanno più una telecamera?

Devo buttare un investimento perchè ora loro sono arrabbiati con me e pretendono la privacy solo ora, dopo anni?

Non ho priorità io per la mia sicurezza , rispetto alla loro privacy , in questo caso specifico?

Inoltre chiedo se è vero ciò che ho letto in internet:

E' vero che se riprendo esclusivamente le mie parti private, non sono soggetto alla legge del garante privacy?

Nel senso che non devo mettere nessun cartello di avviso, non devo limitare a 48 ore l'archiviazione immagini, non devo avvisare nessuno della mia decisione di installare le telecamere?

E' vero?

Se non è vero, allora le 48 ore vanno bene?

A SCANSO DI EQUIVOCI io i cartelli li ho cmq messi di sotto e davanti al giardino che si vedono bene da chi arriva.



Ultima domanda:

Una telecamera è posta davanti al mio garage, che logicamente è di fronte a parte comune.

Ora mi contestano il fatto che se uno passa vicino al garage il lo vedo...

Ma scusate è logica come contestazione?

La telecamera è posta in cima al garage ed è logico che riprende mezzo metro anche di fronte al garage.

Se uno passa attaccato lo vede, certo...

Anche qui i carabinieri, mi hanno detto di stare tranquillo, e che possono dire ciò che vogliono, ma in questo caso è inevitabile che vedi chi è ad un metro dal garage.

CONFERMATE?

Mi permetto di mandarvi le foto dei casi elencati, di modo anche voi potete aiutarmi nel mio dilemma, ed essere a posto con la privacy.

In attesa di vostro riscontro.

Vi ringrazio.

Consulenza legale i 21/08/2024
Il Garante Privacy stabilisce chiaramente che “L’attività di videosorveglianza va effettuata nel rispetto del cosiddetto principio di minimizzazione dei dati riguardo alla scelta delle modalità di ripresa e dislocazione e alla gestione delle varie fasi del trattamento. I dati trattati devono comunque essere pertinenti e non eccedenti rispetto alle finalità perseguite.”

L’installazione di telecamere e l’utilizzo delle immagini realizzate nelle parti comuni (es. ingresso, scale comuni, autorimesse, etc.) deve essere quindi sottoposta ad approvazione dell’assemblea, seguente ad una formale proposta, a maggioranza dei presenti in base anche ai millesimi condominiali.

Una volta approvata ed eseguita l’installazione, si deve poi procedere al posizionamento in modo ben visibile di uno o più cartelli contenenti l’informativa privacy relativa alla presenza e all’utilizzo delle telecamere e delle relative immagini.

Tali immagini possono essere visionate solo dall’amministratore di condominio oppure dal Responsabile del Trattamento dei dati, qualora nominato dall’assemblea, pur sempre nel rispetto della normativa privacy.
Infatti, le riprese non devono in alcun modo interferire nella vita privata degli altri: la violazione di tale precetto può configurare il reato di cui art. art. 615 bis del c.p..

Non è possibile quindi riprendere luoghi pubblici, salvo autorizzazione alla videoregistrazione per comprovati motivi di sicurezza, ed aree private dei vicini, né tantomeno divulgare le immagini di terzi senza consenso.

Ciò posto, il singolo condomino può comunque installare delle telecamere ma a precise condizioni.
L’angolo visuale delle riprese deve essere limitato ai soli spazi di propria esclusiva pertinenza (es. ingresso della propria abitazione) escludendo ogni forma di registrazione di immagini relative ad aree comuni o antistanti l’abitazione di altri condomini, nonché la ripresa di altri condomini stessi.
Questo principio si estende anche nel caso in cui la telecamera venga installata nella propria autorimessa, intesa come estensione della proprietà, dovendo inquadrare unicamente il proprio posto o box auto.

Si consiglia in ogni caso anche di apporre alcuni cartelli informativi riguardanti la presenza delle telecamere installate (c.d. informativa privacy breve).

Inoltre, occorre prestare attenzione alla posizione della telecamera e alla relativa inquadratura, provvedendo quanto prima all’oscuramento dell’angolo di ripresa, poiché, essendo rivolta all’esterno del proprio box auto e potendo potenzialmente riprendere altri condomini e/o aree comuni del condominio, essa risulta essere in violazione della normativa privacy, con rischio di incorrere in una possibile denuncia da parte di altri condomini.

Quanto alla conservazione delle immagini: la durata standard dell’archiviazione delle immagini è pari a 24 ore, prorogabili in casi eccezionali previsti dalla legge.


F. C. chiede
sabato 04/05/2024
“Sono amministratore di sostegno di mia madre affetta da una patologia neurologica degenerativa in fase avanzata.
Mia sorella dopo un anno di totale disinteresse verso la madre (nessuna visita e nessuna telefonata) improvvisamente ha chiesto al medico curante di mia madre di voler assistere alle sue visite mediche mensili domiciliari. Ha partecipato alla visita di aprile mentre quella di maggio il dottore l'ha fatta da solo. Successivamente mia sorella senza dire niente al sottoscritto fratello e Ads ha richiesto al medico curante di mia madre con due sms una relazione scritta con una sua valutazione della visita medica da lui fatta a mia madre in assenza di mia sorella e anche i referti degli esami ematochimichi di mia madre. Mia sorella ha titolo a partecipare alle visite mediche e a richiedere referti contenenti dato sensibili sullo stato di salute di mia madre? Oppure non ha nessun titolo e quindi ha commesso qualche irregolarità? Grazie.”
Consulenza legale i 13/05/2024
L’amministratore di sostegno (cd. ADS) è una figura introdotta nel nostro ordinamento con la L. 6/2004 che tutela e supporta le persone più fragili, che necessitano di “interventi di sostegno temporaneo o permanente”, sostenendo la capacità residua del singolo e valorizzando la centralità dell’individuo stesso e il principio di autodeterminazione.

L’amministratore di sostegno viene nominato con un decreto emesso dal Giudice Tutelare, tramite il quale egli conferisce all’ADS specifiche attribuzioni di potere, garantendo e riconoscendo in ogni caso la capacità residua dell’amministrato.
In tale contesto, dunque, l’ADS tratterà anche i dati personali e particolari del beneficiario, in ragione della propria nomina, rendendolo edotto dei trattamenti a cui vengono sottoposti i suoi dati, rendendo debita informativa ai sensi dell’art. 13 Reg. Ue 679/2016, sempre in ottica di una comprensione e garanzia sulla tipologia di dati, le modalità del loro trattamento e le garanzie imprescindibili a cui sono sottoposti.
Ciò posto, in ragione del rapporto particolare ed esclusivo che si viene a creare tra il beneficiario e il suo ADS riguarda unicamente tali due soggetti: pertanto nessun altro soggetto, se non in virtù di un espresso provvedimento del Giudice tutelare, deve essere relazionato dall’ADS in merito a notizie attinenti all’amministrazione e al più generale rapporto con il beneficiario, salvo esplicito consenso in merito da parte di quest’ultimo.
La stessa giurisprudenza è intervenuta sul punto sancendo che l’accesso ai dati del beneficiario e a tutte le informazioni ad esso inerenti è riservato in maniera esclusiva solo all’ADS e al solo fine di esercizio della sua funzione pubblicistica, vietandone esplicitamente la diffusione/divulgazione a terzi, compresi i familiari.
Questi ultimi, infatti, vengono considerati terzi alla stregua di tutti gli altri proprio in ragione del rapporto esclusivo che viene a crearsi con l’ADS in ragione della nomina formale da parte del Giudice Tutelare (sul punto si vedano Trib. Massa – ord. 15 aprile 2021; Trib. Genova, sez. IV, 4 maggio 2022).

Questo trova ancora più rilievo e ragione con riguardo ai dati particolari relativi a trattamenti sanitari urgenti e non rinviabili o più in generale attinenti allo stato di salute del beneficiario, in merito ai quali è più facile che si ravvisino particolari situazioni di contrasto tra quanto valutato e deciso dall’ADS e i familiari dell’amministrato.
Nel caso di specie, è quindi possibile contestare le richieste avanzate da Sua sorella, essendo tali informazioni relative all’esclusivo rapporto creatosi tra Lei in qualità di ADS e Sua madre.


G. B. M. chiede
venerdì 22/03/2024
“Buongiorno,
desidero sapere quale delle domande dell'allegato questionario sono richieste/previste dalla legge e quali invece possono essere contestate in quanto invasive della privacy e non necessarie per legge
grazie”
Consulenza legale i 03/04/2024
Gentile Cliente,
pur condividendosi l'idea che lo scambio di dati in contesti particolari come nell'ambito bancario lato sensu o comunque legato ai metodi di pagamento o associati a vendita e pagamento online possa astrattamente esporre l'interessato ad una serie di rischi non sottovalutabili, si evidenzia che sia il Working Party 29 sia le raccomandazioni dell'EDPB ribadiscono come l'unica base giuridica possibile e adeguata per il trattamento dei dati finanziari è il consenso ai sensi dell’art. 6.1 lett. a) del G.D.P.R. E questo anche se si tratta di dati particolari (ex dati sensibili).
Questo è giustificato dalla necessità di mantenere il controllo sui dati e sul loro utilizzo, e ciò al fine di fronteggiare e prevenire sia i potenziali rischi per la sicurezza sia la piena tutela dei diritti e delle libertà dell'interessato.
Nel caso di specie vengono chiesti unicamente i dati minimi necessari per lo svolgimento del compito richiesto e per le finalità antiriciclaggio - e ciò mediante il Suo consenso al trattamento e la Sua specifica compilazione e rilascio.
Il contenuto risponde ed è conforme al principio di minimizzazione dei dati, il quale richiede che vengano raccolte le informazioni strettamente necessarie e proporzionate al raggiungimento delle finalità sottese al trattamento stesso.
In conclusione, in relazione al modulo allegato non si registrano particolari osservazioni afferenti alla disciplina sulla tutela dei dati personali di cui al Codice privacy c.d. armonizzato o quella antiriciclaggio ex d.lgs. 231/2007.


A. O. chiede
lunedì 08/01/2024
“Salve,

vi chiedo se sia possibile che un sito internet inserisca una pagina web al suo interno che descriva la mia attività senza il mio consenso. Questa situazione potrebbe comportare che il motore di ricerca mostri il link della suddetta pagina a chi cerca la mia azienda, generando confusione tra i miei clienti che cercano il mio contatto e rischiando di indirizzarli con bottoni equivoci o marketing estremo, verso altre attività, forse concorrenti o loro affiliate.

Vorrei sapere se questa pratica è legale e come posso tutelarmi. Ho il diritto di denunciare questa situazione e richiedere eventuali danni? In caso affermativo, a chi dovrei rivolgermi e quali sarebbero le procedure da seguire?

Grazie in anticipo per la vostra assistenza.

Cordiali saluti”
Consulenza legale i 18/01/2024
La pratica descritta - anche attraverso le immagini allegate - è denominata “Web Scraping” o “Data Scraping” e rappresenta uno strumento diffuso in internet mediante il quale specifici contenuti e dati vengono estratti dai loro siti internet originari e confrontati e/o aggregati con altri di natura simile.
Le applicazioni che svolgono questo servizio attraverso programmi software includono ricerche di mercato, confronto prezzi e monitoraggio dei contenuti.
Esistono svariati software e tool che sono in grado di riconoscere automaticamente la struttura di una pagina web, senza che sia necessario alcun intervento umano per l'estrazione dei dati.
Alcuni di questi software sono sviluppati in moda tale da estrarre informazioni direttamente dalle interfacce di programmazione delle applicazioni (c.d. API).

Al fine di comprendere se tale fenomeno sia legale o meno, occorre preliminarmente osservare che - in automatico - quando un sito web pubblica dei dati, questi sono solitamente disponibili al pubblico e, conseguentemente, passibili di “scraping”.

Venendo al caso in esame, si osserva che i dati oggetto di scraping non rientrano nella categoria di cui all’art. 9 G.D.P.R., ma è certo che tale pratica può comunque arrecare un danno al titolare del sito internet originario. Occorre però provare l'esistenza in concreto del danno e quindi la determinazione del valore economico del medesimo. Questa è la parte difficile.

Pertanto questa redazione consiglia anzitutto l’apporto di consulente informatico di parte che possa definire con precisione gli aspetti più rilevanti legati al caso di specie (da dove vengono prelevati i dati, in che modo, con che frequenza, etc.) nonché l’ausilio di un legale di fiducia che possa predisporre una lettera di intervento - con richiesta di cessazione dell’attività di web scraping e deindicizzazione in via principale e riserva di azionare la tutela risarcitoria in ipotesi di inadempimento - da inviare ai siti che pongono in essere lo “sviamento” contestato.
Spesso una comunicazione scritta da un legale al titolare del sito che pubblicati i dati sgraditi è sufficiente per ottenere il risultato voluto.

Anonimo chiede
martedì 02/01/2024
“Ho sorpreso un condomino a danneggiare e strappare il cartello di "divieto di sosta" regolarmente deliberato in assemblea condominiale, visionando le immagini della videosorveglianza. Il problema è che la telecamera si trova nel mio box e guarda all'esterno verso il corsello box condominiale, dove si trova appunto il cartello, ed era stata piazzata a seguito di precedenti episodi vandalici. Posso mostrare le immagini all'amministratore e ai diretti interessati (trattandosi di atto vandalico) o rischio una denuncia e sanzione per violazione della privacy? Grazie. Cordiali saluti”
Consulenza legale i 10/01/2024
In relazione al suo quesito è opportuno svolgere alcune preventive precisazioni.

Anzitutto, il Garante Privacy stabilisce chiaramente che “L’attività di videosorveglianza va effettuata nel rispetto del cosiddetto principio di minimizzazione dei dati riguardo alla scelta delle modalità di ripresa e dislocazione e alla gestione delle varie fasi del trattamento. I dati trattati devono comunque essere pertinenti e non eccedenti rispetto alle finalità perseguite”.

Ciò premesso, l’installazione di telecamere e l’utilizzo delle immagini realizzate nelle parti comuni - a titolo esemplificativo nell’ingresso, nelle scale comuni, nelle autorimesse e nel corsello box - deve essere quindi approvata dall’assemblea condominiale a maggioranza dei presenti in relazione ai millesimi e ciò in seguito ad una formale proposta del diretto interessato.
Successivamente occorre procedere al posizionamento in modo ben visibile di uno o più cartelli contenenti l’informativa privacy prevista per legge.
Le immagini possono essere visionate dall’amministratore di condominio oppure dal responsabile del trattamento dei dati, qualora nominato dall’assemblea, oppure - se poste su proprietà privata - dal condominio che ne ha ottenuto l’installazione.
Le riprese non devono in alcun modo interferire nella vita privata degli altri condomini in quanto ciò configurerebbe, in astratto, la fattispecie penale di cui all’art. 615 bis c.p.

Non è possibile quindi riprendere luoghi pubblici, salvo autorizzazione alla videoregistrazione per comprovati motivi di sicurezza, ed aree private dei vicini, né tantomeno divulgare le immagini di terzi senza consenso.

Ciò posto, il singolo condomino può comunque installare delle telecamere a tutela del proprio patrimonio nella propria abitazione senza alcuna autorizzazione ma ciò deve avvenire per fini esclusivamente personali e a precise condizioni: l’angolo visuale delle riprese deve essere limitato ai soli spazi di propria esclusiva pertinenza (es. ingresso della propria abitazione), escludendo ogni forma di registrazione di immagini relative ad aree comuni o antistanti l’abitazione di altri condomini, nonché la ripresa di questi ultimi.
Questo principio si estende anche nel caso in cui la telecamera venga installata nella propria autorimessa, intesa come estensione della proprietà, dovendo inquadrare unicamente il proprio posto o box auto.

Alla luce di quanto sopra si evidenzia che, da un punto di vista strettamente giuridico, le riprese effettuate dalla Sua videocamera non sono utilizzabili in quanto non approvate dall’assemblea condominiale e perciò non conformi all’attuale disciplina privacy in materia.
Ciò posto, è necessario valutare la questione anche all’interno di un meccanismo di bilanciamento dei diritti - quello relativo alla tutela dei dati personali di cui sopra e quello della tutela del patrimonio condominiale - in virtù del quale si consiglia comunque di informare l’amministratore di condominio al fine di pervenire alla soluzione più opportuna della presente controversia.

Ad ogni buon conto si consiglia di prestare attenzione alla posizione della videocamera e alla relativa inquadratura, provvedendo quanto prima alla sua modifica, poiché, essendo rivolta all’esterno del proprio box auto e potendo potenzialmente riprendere altri condomini e/o aree comuni, essa risulta essere in netta violazione della predetta normativa privacy.
Infine, occorre prestare attenzione anche al profilo della conservazione delle immagini registrate.


F. V. chiede
venerdì 10/02/2023 - Puglia
“Gentili Consulenti
Pongo il seguente quesito
Un genitore (padre naturale) che alla nascita della figlia l'ha riconosciuta come sua figlia
naturale ( ovvero nata da due genitori non sposati tra di loro ma conviventi) ma che al quinto
anno di età di quest'ultima (la figlia) è stata adottata da un'altra famiglia e di conseguenza il
padre naturale ha perso la patria potestà della figlia cosicchè c'è stato il cambio del cognome.
Bene, la figlia ormai è deceduta nella famiglia adottiva.

Porgo la mia attenzione sulle tre domande nella quale desidererei avere chiarimenti per un
eventuale azione in sede giudiziaria per l'accesso agli atti:

1) Il padre naturale della ragazza può accedere alle informazioni della cartella clinica in cui è
stata eseguita l'autopsia? Nonostante non abbia la patria potestà?

2) C'è una legge/regolamento che può esercitare in questa azione? Se si come quali sarebbero le
fasi per poter procedere in questa ?

3) Oppure può fare richiesta di comparire dinanzi al giudice esprimendo quali sono le sue
volontà che intende esercitare in merito alla questione? O magari avvalendosi di una figura
professionale come il Medico Legale?

Desidero avere chiarimenti sulla procedura più opportuna da adottare con le medesime modalità .
Con Osservanza”
Consulenza legale i 03/03/2023
In relazione alle domande poste si osserva quanto segue.

1) Dal tenore del quesito, ad avviso di questa redazione, si presume che nel caso di specie sia intervenuta la dichiarazione di decadenza dalla responsabilità genitoriale, resa dall’Autorità giudiziaria menzionata, la quale rende assolutamente difficile poter accedere alla cartella clinica della figlia biologica.

2) La legge di riferimento è la n. 241/1990, “Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi”, che, all’art. 22, disciplina l’istituto dell’accesso agli atti”.
Il dispositivo normativo garantisce il diritto degli interessati di richiedere, prendere visione e, eventualmente, estrarre copia dei documenti amministrativi.
Tuttavia, occorre un interesse diretto, concreto ed attuale per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti.
Dal tenore del quesito emerge che l’istanza in questione, oltre al profilo inerente la qualifica di colui che la presenterebbe, avrebbe carattere esplorativo e quindi risulterebbe inammissibile.

3) Un’azione giudiziaria o una consulenza medico legale avrebbero poco senso in questo ambito, attesa la carenza di legittimazione al rilascio di dati e/o informazioni della cartella clinica della ragazza.


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