AUTORE:
Monica Sorgia Ruiu
ANNO ACCADEMICO: 2021
TIPOLOGIA: Tesi di Laurea Magistrale
ATENEO: Universitą degli Studi di Cagliari
FACOLTÀ: Giurisprudenza
ABSTRACT
Il presente elaborato si propone di trattare del nuovo delitto di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti, a cui ci si riferisce comunemente – e talvolta erroneamente – con il costrutto anglosassone revenge porn. La suddetta fattispecie è oggi prevista nel nostro ordinamento dall’art. 612 ter c.p. introdotto dalla legge n. 69 del 2019. La sempre crescente accessibilità alle tecnologie e ai social media ha portato, in concomitanza con una serie di innegabili aspetti positivi, all’insorgere di un problema, quello della cyberviolenza, di portata sempre più ampia, veicolo di significative conseguenze sociali, tra cui la creazione di una dimensione virtuale parallela a quella reale, caratterizzata da confini sfocati, di difficile scissione.
La rete dunque presenta anche aspetti negativi, riconducibili a un suo uso scorretto e distorto: viene infatti ritenuta dagli utenti una sorta di area di impunità, all’interno della quale si può agire in totale libertà. È senz’altro opportuno punire le condotte illecite compiute tramite strumenti informatici, prestando però attenzione a non compromettere l’esercizio dei diritti fondamentali garantiti dalla carta costituzionale, primo fra tutti la libertà di manifestazione del pensiero ex art. 21 Cost.
Negli ultimi decenni si è assistito ad una lenta evoluzione del diritto penale, che offre una tutela sempre maggiore alle vittime di violenza; il riconoscimento della cybercriminalità all’interno del sistema penale è sintomo ed effetto di tale processo di modernizzazione. Il diritto penale, concepito per operare in una realtà statica e fisica, trova ineluttabilmente il suo limite quando viene applicato in materia di criminalità informatica che, in quanto sviluppatasi in una dimensione virtuale, risulta essere sprovvista dei profili tipici – fisici, spaziali e temporali – delle categorie convenzionali del diritto penale; la principale difficoltà risulta essere il fornire alla vittima una tutela sufficientemente celere, che sia in sincrono con la rapidità della sfera digitale. La riflessione giurisprudenziale sui rischi alla base degli emergenti fenomeni quali il sexting, la sextortion e la non consensual pornography appare limitata; l’intensificazione delle condotte criminose perpetrate attraverso il web ha indotto il legislatore a riflettere sull’efficacia dei metodi repressivi, con risultati che, tuttavia, al momento non paiono adeguati.Il terzo capitolo si apre con un prospetto del lungo e travagliato iter legislativo che ha portato all’adozione della disposizione che da il titolo all’elaborato, contrassegnato da svariati disegni di legge che si sono susseguiti nel corso del tempo.
Incentrandosi sul fenomeno della diffusione non consensuale di immagini o video dal contenuto sessualmente esplicito, si è ritenuto opportuno soffermarsi sull’espressione anglosassone “revenge porn” con cui è comunemente conosciuto, traducibile come “vendetta pornografica”. Indagando il suo contenuto semantico tale locuzione si dimostra inappropriata ad indicare il fenomeno, in quanto non idonea a ricomprendere in toto la molteplicità delle condotte riconducibili al fenomeno in esame. In effetti accogliendo la diffusa espressione “revenge porn” si limiterebbe la portata applicativa esclusivamente all’ipotesi in cui la condotta illecita sia stata determinata da finalità vendicative; ma l’autore del reato può avere come moventi anche altri propositi, alieni alla vendetta. Per questo motivo, allo scopo di ricomprendere un numero maggiore di casi nel novero del reato in esame, è auspicabile l’utilizzo di altre diciture, tra le quali la più pertinente risulta essere quella di “pornografia non consensuale”. Successivamente si analizzerà la disciplina normativa, ponendo l’attenzione sul tema del consenso dell’avente diritto, nonché sull’incidenza della clausola di salvaguardia, attraverso l’impiego della quale si estrinseca il rapporto di sussidiarietà, e il problema del rapporto tra l’art. 612 ter c.p. e altri reati. Si proseguirà poi con una rassegna comparativa della normativa sul reato in esame prevista in altri ordinamenti, sia in Europa che oltreoceano, in particolare negli Stati Uniti, che vantano il primato per l’introduzione di una disciplina ad hoc.
Nel concludere l’esame della fattispecie si è porrà infine l’attenzione sui molteplici profili problematici che emergeranno nel corso dall’analisi della stessa, unitamente alle prospettive di riforma de iure condendo con le quali con le quali si auspica un intervento legislativo integrativo, volto a sanare le imprecisioni e le lacune sussistenti nell’attuale formulazione della norma.
La rete dunque presenta anche aspetti negativi, riconducibili a un suo uso scorretto e distorto: viene infatti ritenuta dagli utenti una sorta di area di impunità, all’interno della quale si può agire in totale libertà. È senz’altro opportuno punire le condotte illecite compiute tramite strumenti informatici, prestando però attenzione a non compromettere l’esercizio dei diritti fondamentali garantiti dalla carta costituzionale, primo fra tutti la libertà di manifestazione del pensiero ex art. 21 Cost.
Negli ultimi decenni si è assistito ad una lenta evoluzione del diritto penale, che offre una tutela sempre maggiore alle vittime di violenza; il riconoscimento della cybercriminalità all’interno del sistema penale è sintomo ed effetto di tale processo di modernizzazione. Il diritto penale, concepito per operare in una realtà statica e fisica, trova ineluttabilmente il suo limite quando viene applicato in materia di criminalità informatica che, in quanto sviluppatasi in una dimensione virtuale, risulta essere sprovvista dei profili tipici – fisici, spaziali e temporali – delle categorie convenzionali del diritto penale; la principale difficoltà risulta essere il fornire alla vittima una tutela sufficientemente celere, che sia in sincrono con la rapidità della sfera digitale. La riflessione giurisprudenziale sui rischi alla base degli emergenti fenomeni quali il sexting, la sextortion e la non consensual pornography appare limitata; l’intensificazione delle condotte criminose perpetrate attraverso il web ha indotto il legislatore a riflettere sull’efficacia dei metodi repressivi, con risultati che, tuttavia, al momento non paiono adeguati.Il terzo capitolo si apre con un prospetto del lungo e travagliato iter legislativo che ha portato all’adozione della disposizione che da il titolo all’elaborato, contrassegnato da svariati disegni di legge che si sono susseguiti nel corso del tempo.
Incentrandosi sul fenomeno della diffusione non consensuale di immagini o video dal contenuto sessualmente esplicito, si è ritenuto opportuno soffermarsi sull’espressione anglosassone “revenge porn” con cui è comunemente conosciuto, traducibile come “vendetta pornografica”. Indagando il suo contenuto semantico tale locuzione si dimostra inappropriata ad indicare il fenomeno, in quanto non idonea a ricomprendere in toto la molteplicità delle condotte riconducibili al fenomeno in esame. In effetti accogliendo la diffusa espressione “revenge porn” si limiterebbe la portata applicativa esclusivamente all’ipotesi in cui la condotta illecita sia stata determinata da finalità vendicative; ma l’autore del reato può avere come moventi anche altri propositi, alieni alla vendetta. Per questo motivo, allo scopo di ricomprendere un numero maggiore di casi nel novero del reato in esame, è auspicabile l’utilizzo di altre diciture, tra le quali la più pertinente risulta essere quella di “pornografia non consensuale”. Successivamente si analizzerà la disciplina normativa, ponendo l’attenzione sul tema del consenso dell’avente diritto, nonché sull’incidenza della clausola di salvaguardia, attraverso l’impiego della quale si estrinseca il rapporto di sussidiarietà, e il problema del rapporto tra l’art. 612 ter c.p. e altri reati. Si proseguirà poi con una rassegna comparativa della normativa sul reato in esame prevista in altri ordinamenti, sia in Europa che oltreoceano, in particolare negli Stati Uniti, che vantano il primato per l’introduzione di una disciplina ad hoc.
Nel concludere l’esame della fattispecie si è porrà infine l’attenzione sui molteplici profili problematici che emergeranno nel corso dall’analisi della stessa, unitamente alle prospettive di riforma de iure condendo con le quali con le quali si auspica un intervento legislativo integrativo, volto a sanare le imprecisioni e le lacune sussistenti nell’attuale formulazione della norma.