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INTRODUZIONE
"L'appalto è il contratto con il quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un'opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro".
Così il Codice Civile descrive la figura del contratto di appalto, utilizzatissimo nella vita di ogni giorno per le più svariate esigenze.
L'obbligazione dell'appaltatore rientra tra le obbligazioni c.d. di "risultato", le quali impongono al debitore non tanto di eseguire secondo buona fede e con la dovuta diligenza una certa prestazione, ma di conseguire, appunto, un determinato risultato.
Il contratto di appalto si caratterizza per il fatto che esiste un'organizzazione d'impresa alle spalle dell'appaltatore, e il rischio della mancata realizzazione dell'opera grava esclusivamente su di lui.
Qual è esattamente il tipo di rischio che grava sull'appaltatore?
L'appaltatore sarà tenuto ad accollarsi il rischio "economico" dell'appalto, consistente quest'ultimo nel possibile aumento dei costi dei lavori. Non sarà ammissibile, infatti, interrompere i lavori per il solo fatto che sono diventati più onerosi a causa di errati conteggi iniziali relativamente ai prezzi delle materie prime o al costo della manodopera.
L'unico rimedio esperibile, in tal caso e a determinate condizioni, sarà quello della revisione dei prezzi, istituto che verrà meglio approfondito successivamente.
Viceversa, l'appaltatore non si assume il rischio che la prestazione diventi impossibile per fattori fortuiti e sopravvenuti (si pensi al caso dell'opera in corso di costruzione da parte dell'appaltatore che perisca a causa di un incendio doloso o di un terremoto).
In tal caso, soccorrerà la disciplina della risoluzione per impossibilità sopravvenuta di cui all'art. 1463 del c.c..
Essendo il contratto di appalto uno strumento frequentemente utilizzato nella vita pratica, le controversie che insorgono tra committente e appaltatore sono davvero tante e riguardano, a mero titolo esemplificativo, le variazioni in corso d'opera apportate dell'appaltatore, i poteri di controllo e di direzione in capo al committente, la disciplina legata al subappalto, i casi di recesso del committente o di morte dell'appaltatore, e via dicendo.
Tra le varie problematiche che possono insorgere durante l'esecuzione del contratto di appalto, che a volte può protrarsi anche per parecchio tempo, rientra indubbiamente la disciplina delle variazioni in corso d'opera.
Ed infatti, a fronte della disciplina codicistica che contempla diverse tipologie di variazioni (concordate, necessarie e ordinate dal committente), innumerevoli sono i casi pratici in cui tale normativa non può sopperire alle criticità insorte durante l'esecuzione dell'appalto.
Si pensi, per esempio, al caso in cui le parti abbiano inserito nel regolamento contrattuale una clausola penale per il risarcimento del danno in caso di ritardo nella consegna dell'opera da parte dell'appaltatore.
Cosa accade nel caso in cui sia intervenuta, nel corso del rapporto, la richiesta di notevoli e importanti variazioni delle opere? Quale sarà la sorte della clausola penale?
Sarà necessario prevedere un nuovo termine per la consegna sostituendolo a quello originariamente previsto dalla clausola penale? Si può fare? Se sì, in che modo?
Questa e altre simili questioni vengono poste innanzi alle aule di tribunale, e i giudici si trovano a dover dirimere cause che riguardano committenti insoddisfatti dell'opera commissionata o appaltatori che pretendono compensi aggiuntivi per le notevoli spese sostenute per l'esecuzione della prestazione.
Si pensi poi alla complessità della normativa relativa ai vizi nell'appalto, dovuta all'esistenza di una disciplina speciale e in parte derogatoria rispetto alla disciplina di diritto comune. In particolare, la Cassazione ha affermato che le disposizioni speciali in tema di garanzia per i vizi e difetti previste per il contratto d’appalto (artt. 1667, 1668 e 1669 c.c) - integrano e non escludono l’operatività dei principi generali in tema di inadempimento contrattuale. Questo contribuisce a creare una difficoltà non indifferente nella comprensione della normativa applicabile.
A tal fine, diventa sempre più essenziale l'assistenza di legali specializzati, come quelli del team di Brocardi.it, che possano accompagnare nella comprensione precisa delle norme che riguardano il caso concreto, nell'ottica di una migliore tutela possibile dei diritti e delle prerogative delle parti interessate.
ORIGINI DELL'APPALTO
Storicamente, l'appalto non possedeva un'autonoma configurazione contrattuale, ma era una fattispecie minore del contratto di locazione.
Meglio conosciuto come "locatio operis", il contratto di appalto consisteva nella messa a disposizione da parte del conduttore della propria attività manuale a favore del committente, al fine di realizzare un risultato specifico, l'opera appunto.
Il contratto d'appalto ha poi assunto, nel Codice Civile del 1942, una configurazione autonoma e distinta rispetto alle affini figure del contratto d'opera e di lavoro subordinato.
Il contratto d'appalto si distingue dalle altre tipologie contrattuali citate per l'organizzazione d'impresa in carico all'appaltatore e per il rischio assunto da quest'ultimo, caratteristiche che lo differenziano nettamente
dal contratto d'opera, nel quale l'obbligazione è compiuta personalmente dal prestatore d'opera, e
dal contratto di lavoro subordinato, con il quale il lavoratore assume e rispetta le direttive imposte dal datore di lavoro.
Il contratto di appalto, viceversa, ruota attorno alla figura dell'appaltatore, il quale, pur nel rispetto delle richieste avanzate dal committente, gestisce in autonomia e a proprio rischio la realizzazione dell'opera.
DISCIPLINA GIURIDICA DELL'APPALTO
La disciplina giuridica dell’appalto è contenuta al capo VII “dell’appalto”, del titolo III “dei singoli contratti”, del libro IV “delle obbligazioni” del Codice Civile dall’articolo 1655 all’articolo 1677.
Gli articoli più importanti sono:
Art. 1657 c.c.: "determinazione del corrispettivo";
Art. 1659 c.c.: "variazioni concordate del progetto";
Art. 1660 c.c.: "variazioni necessarie del progetto";
Art. 1661 c.c.: "variazioni ordinate dal committente";
Art. 1662 c.c.: "verifica nel corso di esecuzione dell'opera";
Art. 1664 c.c.: "onerosità o difficoltà dell'esecuzione";
Art. 1665 c.c.: "verifica e pagamento dell'opera";
Art. 1669 c.c.: "rovina e difetti di cose immobili".
Distinzione fondamentale è quella tra appalto di opere e servizi.
Nel primo caso, l'appaltatore sarà tenuto a trasformare la materia, producendo o modificando in maniera sostanziale un bene già esistente.
Nel secondo caso, l'attività dell'appaltatore consisterà nel soddisfacimento di un interesse del committente.
Altro elemento fondamentale in punto di disciplina è rappresentato dalla determinazione del corrispettivo spettante all'appaltatore.
Tale diritto al corrispettivo, che non sorge al momento della stipulazione del contratto ma solo successivamente, dopo l'esecuzione dei lavori, è un elemento fondamentale e connota il negozio come contratto di natura onerosa. La mancanza del corrispettivo, infatti, farebbe rientrare tale rapporto contrattuale nell'ambito della diversa figura della donazione.
Può capitare che l'appaltatore perda il suo diritto al corrispettivo?
Certo; ciò può accadere nel caso in cui l'oggetto dell'appalto sia illecito, comportando di conseguenza la nullità del contratto in virtù del combinato disposto degli articoli 1346 e 1418 c.c. Si pensi al caso, non di rado verificatosi nella pratica, di contratto d'appalto stipulato al fine di realizzare un'opera ma in assenza di un valido titolo edilizio: il contratto sarà in tal caso radicalmente nullo, e non sarà nemmeno possibile sanarlo attraverso un successivo condono edilizio.
In casi come questi diventa davvero essenziale rivolgersi all'assistenza degli avvocati specializzati di Brocardi.it, che potranno accompagnare nella risoluzione delle controversie anche più intricate, grazie alla loro maturata esperienza sul campo.
Qui di seguito vengono esposti succintamente alcuni casi particolarmente emblematici o di frequente accadimento, utili in molti casi per trovare già alcune risposte preliminari ai propri problemi.
Consulenza legale da parte degli avvocati di Brocardi.it in materia di responsabilità del committente
Il committente può rispondere per i danni derivati dall'appalto nel caso in cui abbia deciso di affidare l'appalto ad un'impresa assolutamente inadatta e inesperta?
Ebbene, la risposta a tale quesito è affermativa.
Il fatto che l'appaltatore si assuma il rischio economico legato all'appalto, all'organizzazione dei mezzi e ai costi, non esonera il committente da alcuni accorgimenti, in mancanza dei quali anche egli sarà ritenuto responsabile.
Quest'ultimo, infatti, è comunque sempre tenuto all'osservanza delle generali regole di cautela, in difetto delle quali potrà essere chiamato a rispondere per il risarcimento degli eventuali danni in virtù della generale norma di cui all'art. 2043 c.c.
In secondo luogo, come accennato, può accadere che il committente affidi l'esecuzione dell'opera ad un appaltatore incompetente e quindi non sufficientemente preparato ad affrontare i rischi e le responsabilità che l'esecuzione di un appalto comporta. In tal caso il committente risponderà a titolo di culpa in eligendo.
Infine, una responsabilità sarà configurabile in capo al committente allorquando lo stesso, attraverso una precisa redazione del regolamento contrattuale in tal senso, finisca per escludere l'autonomia organizzativa dell'appaltatore, il quale si limiterà ad eseguire passivamente le indicazioni impartite dall'appaltate, comportandosi alla stregua di nudus minister.
In giurisprudenza si è parlato a tal riguardo di appalto "a regia", poiché se il controllo del committente è talmente penetrante da privare l'appaltatore di ogni margine di autonomia, quest'ultimo non potrà essere ritenuto responsabile per i danni provocati da difetti dell'opera, per i quali risponderà viceversa solo il committente.
Assistenza legale degli avvocati di Brocardi.it in merito alle variazioni ordinate dal committente
Il committente possiede, in materia di appalto, un peculiare diritto chiamato ius variandi.
In virtù di tale potere, e in deroga alle regole generali in materia di esecuzione del contratto, egli può "apportare variazioni al progetto, purché il loro ammontare non superi il sesto del prezzo complessivo convenuto".
Allorquando si avvalga di tale facoltà, l'appaltatore avrà diritto ad un prolungamento del termine per l'esecuzione del contratto, in relazione all'entità delle modifiche da apportare.
Come fare per dimostrare che le modifiche apportate al progetto non sono state una libera scelta dell'appaltatore ma sono state invece ordinate dal committente?
Le presunzioni sono ammesse? Oppure è necessaria la prova scritta?
Attraverso il servizio di consulenza legale di Brocardi.it, sarà possibile ottenere una risposta a queste domande, e conoscere quali sono esattamente i mezzi di prova con i quali far valere le proprie ragioni.
Considerazioni analoghe valgono nel caso in cui nel contratto di appalto sia stata inserita una clausola penale che prevedeva un determinato termine per l'esecuzione dei lavori. Tale termine, divenuto inesigibile in seguito alla richiesta di variazioni ordinata dal committente, verrà meno, e verrà sostituito con un nuovo termine stabilito d'accordo tra le parti.
È importante sottolineare che allorquando il committente si determini nel senso di dare disdetta dal contratto, impedendo all'appaltatore di proseguire con l'esecuzione dell'opera e lasciandola quindi incompleta, l'istituto giuridico di riferimento non sarà quello delle variazioni, bensì quello del recesso unilaterale, disciplinato dall'art. 1671 c.c., che consente al committente di recedere in qualunque momento dal contratto, con l'obbligo di tenere indenne l'appaltatore "delle spese sostenute, dei lavori eseguiti e del mancato guadagno".
Per essere a conoscenza di tali dinamiche, e non restare sopraffatti davanti alle richieste di un committente disonesto che pretenda l'osservanza del termine iniziale anche nel caso di notevoli variazioni al progetto, è possibile contare sull'assistenza professionale e competente dello staff di Brocardi.it, il quale saprà rispondere ad ogni dubbio di natura giuridica attraverso il suo esauriente servizio di consulenza.
Chiarimenti a dubbi legali nel caso in cui l'opera da eseguire sia diventata eccessivamente onerosa a causa di fattori imprevedibili
L'eccessiva onerosità sopravvenuta, istituto generale del diritto civile, trova in materia di appalto la sua traduzione nella "revisione dei prezzi".
Cosa accade se, nel corso dell'esecuzione, a causa di fattori sopravvenuti e imprevedibili, e in mancanza di colpa del committente, si verifichi un aumento o una diminuzione del prezzo complessivo dell'appalto?
L'istituto della revisione dei prezzi è un elemento connaturato al contratto di appalto, che sussiste sin dall'origine e anche in mancanza di una espressa previsione contrattuale in tal senso. Nel caso in cui si siano verificati "aumenti o diminuzioni del costo dei materiali o della mano d'opera, tali da determinare un aumento o una diminuzione superiori al decimo del prezzo complessivo convenuto, l'appaltatore o il committente possono chiedere una revisione del prezzo medesimo".
Tuttavia, tale disciplina appare derogabile ad opera delle parti, le quali possono quindi stabilire dei limiti diversi oltre i quali scatta la revisione dei prezzi, o finanche escludere completamente tale possibilità (senza peraltro che ciò comporti una trasformazione dell'appalto in contratto aleatorio, implicando più semplicemente un aumento del rischio in capo all'appaltatore).
Cosa accade nel caso in cui l'aumento del costo dei materiali o della manodopera sia dovuto ad un fenomeno inflattivo?
La giurisprudenza si è espressa in tal senso affermando che se l'inflazione si verifica in misura superiore a quanto ragionevolmente prevedibile al momento della conclusione del contratto, la parte rilevante ai fini della revisione dei prezzi sarà solamente quella "esuberante" rispetto al tasso di inflazione prevedibile (e a patto che venga superato il decimo del prezzo convenuto, secondo quanto disposto dall'art. 1664 c.c.).
Parere legale in merito alle azioni esperibili da parte dell'acquirente, diverso dal committente, in relazione all'opera realizzata dall'appaltatore/venditore
Un caso particolarmente complesso che può verificarsi nella pratica è quello del soggetto che sia contemporaneamentevenditore e appaltatore dell'opera.
Ci si potrebbe chiedere se, in tal caso, l'acquirente acquisterà, o meno, la veste di committente nei confronti del suo venditore.
In altre parole, sarà possibile per l'acquirente di un bene esercitare le azioni contrattuali per l'adempimento del contratto di appalto e per l'eliminazione dei difetti dell'opera a norma degli articoli 1667 e 1668 c.c., nei confronti del venditore, per il fatto che quest'ultimo sia anche il costruttore del bene compravenduto?
Ebbene, a tal proposito la giurisprudenza, con una recente sentenza del 2017, si è espressa negativamente, affermando che la circostanza per cui il venditore sia al contempo anche costruttore del bene compravenduto non vale a qualificarlo come appaltatore nei confronti dell'acquirente.
Quest'ultimo, insomma, non potrà fare valere le tipiche azioni esercitabili dal committente e consistenti appunto nella richiesta di adempimento del contratto e nell'eliminazione dei vizi.
L'acquirente potrà viceversa esperire l'azione, di natura extracontrattuale, di cui all'art. 1669 c.c. (rovina e difetti di cose immobili), che opera infatti non solo a favore del committente, ma anche dell'acquirente.
Per tutelarsi in maniera efficace e sicura è necessario avere ben chiara la complessa normativa del contratto di appalto, riuscendo a venire a capo di tutte le problematiche che la stessa presenta. Tale arduo compito viene svolto quotidianamente dal team di Brocardi.it, che attraverso il suo servizio di consulenza cerca di chiarire sempre al meglio e in maniera esaustiva i dubbi delle parti, appaltatore o committente che siano.
Risposta a quesiti giuridici in materia di responsabilità dell'appaltatore per la rovina di immobili preesistenti, in seguito ad interventi di modificazione o di riparazione
Cosa accade nel caso in cui "edifici o altre cose immobili destinate per loro natura a lunga durata", come previsto dall'art. 1669 c.c., rovinino non per una causa originaria, bensì in seguito a interventi di modificazione effettuati in epoca successiva alla creazione dell'opera?
Gli esecutori delle opere di riparazione degli immobili preesistenti, possono essere chiamati a rispondere di tale rovina?
La norma di cui all'art. 1669 c.c. fa riferimento al perimento totale o parziale dell'opera, anche attraverso la compromissione dei suoi elementi essenziali, riconducibili in qualche modo a cause originarie che hanno influito sulla durata e solidità del bene. Quid iuris nel caso in cui gli interventi dell'appaltatore intervengano in epoca successiva rispetto alla costruzione dell'opera?
La giurisprudenza si è espressa in merito ad una fattispecie relativa ad alcuni lavori di manutenzione, tra cui il rafforzamento dei solai e delle rampe delle scale che erano stati effettuati presso uno stabile condominiale, affermando che "anche gli autori di tali interventi di modificazione o riparazione (rectius, gli esecutori delle opere integrative) possono rispondere ai sensi dell'art. 1669 c.c., allorché le opere realizzate abbiano una incidenza sensibile o sugli elementi essenziali delle strutture dell'edificio ovvero su elementi secondari od accessori, tali da compromettere la funzionalità globale dell'immobile stesso".
Conoscere le norme è importante; conoscere le sentenze, essenziale. Il diritto, si sa, vive come interpretato nelle aule di giustizia.
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INTRODUZIONE
"L'appalto è il contratto con il quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un'opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro".
Così il Codice Civile descrive la figura del contratto di appalto, utilizzatissimo nella vita di ogni giorno per le più svariate esigenze.
L'obbligazione dell'appaltatore rientra tra le obbligazioni c.d. di "risultato", le quali impongono al debitore non tanto di eseguire secondo buona fede e con la dovuta diligenza una certa prestazione, ma di conseguire, appunto, un determinato risultato.
Il contratto di appalto si caratterizza per il fatto che esiste un'organizzazione d'impresa alle spalle dell'appaltatore, e il rischio della mancata realizzazione dell'opera grava esclusivamente su di lui.
Qual è esattamente il tipo di rischio che grava sull'appaltatore?
Viceversa, l'appaltatore non si assume il rischio che la prestazione diventi impossibile per fattori fortuiti e sopravvenuti (si pensi al caso dell'opera in corso di costruzione da parte dell'appaltatore che perisca a causa di un incendio doloso o di un terremoto).
In tal caso, soccorrerà la disciplina della risoluzione per impossibilità sopravvenuta di cui all'art. 1463 del c.c..
Essendo il contratto di appalto uno strumento frequentemente utilizzato nella vita pratica, le controversie che insorgono tra committente e appaltatore sono davvero tante e riguardano, a mero titolo esemplificativo, le variazioni in corso d'opera apportate dell'appaltatore, i poteri di controllo e di direzione in capo al committente, la disciplina legata al subappalto, i casi di recesso del committente o di morte dell'appaltatore, e via dicendo.
Ed infatti, a fronte della disciplina codicistica che contempla diverse tipologie di variazioni (concordate, necessarie e ordinate dal committente), innumerevoli sono i casi pratici in cui tale normativa non può sopperire alle criticità insorte durante l'esecuzione dell'appalto.
Si pensi, per esempio, al caso in cui le parti abbiano inserito nel regolamento contrattuale una clausola penale per il risarcimento del danno in caso di ritardo nella consegna dell'opera da parte dell'appaltatore.
Cosa accade nel caso in cui sia intervenuta, nel corso del rapporto, la richiesta di notevoli e importanti variazioni delle opere? Quale sarà la sorte della clausola penale?
Sarà necessario prevedere un nuovo termine per la consegna sostituendolo a quello originariamente previsto dalla clausola penale? Si può fare? Se sì, in che modo?
Questa e altre simili questioni vengono poste innanzi alle aule di tribunale, e i giudici si trovano a dover dirimere cause che riguardano committenti insoddisfatti dell'opera commissionata o appaltatori che pretendono compensi aggiuntivi per le notevoli spese sostenute per l'esecuzione della prestazione.
Si pensi poi alla complessità della normativa relativa ai vizi nell'appalto, dovuta all'esistenza di una disciplina speciale e in parte derogatoria rispetto alla disciplina di diritto comune. In particolare, la Cassazione ha affermato che le disposizioni speciali in tema di garanzia per i vizi e difetti previste per il contratto d’appalto (artt. 1667,
1668 e 1669 c.c) - integrano e non escludono l’operatività dei principi generali in tema di inadempimento contrattuale. Questo contribuisce a creare una difficoltà non indifferente nella comprensione della normativa applicabile.
A tal fine, diventa sempre più essenziale l'assistenza di legali specializzati, come quelli del team di Brocardi.it, che possano accompagnare nella comprensione precisa delle norme che riguardano il caso concreto, nell'ottica di una migliore tutela possibile dei diritti e delle prerogative delle parti interessate.
ORIGINI DELL'APPALTO
Storicamente, l'appalto non possedeva un'autonoma configurazione contrattuale, ma era una fattispecie minore del contratto di locazione.
Meglio conosciuto come "locatio operis", il contratto di appalto consisteva nella messa a disposizione da parte del conduttore della propria attività manuale a favore del committente, al fine di realizzare un risultato specifico, l'opera appunto.
Il contratto d'appalto ha poi assunto, nel Codice Civile del 1942, una configurazione autonoma e distinta rispetto alle affini figure del contratto d'opera e di lavoro subordinato.
Il contratto d'appalto si distingue dalle altre tipologie contrattuali citate per l'organizzazione d'impresa in carico all'appaltatore e per il rischio assunto da quest'ultimo, caratteristiche che lo differenziano nettamente
DISCIPLINA GIURIDICA DELL'APPALTO
La disciplina giuridica dell’appalto è contenuta al capo VII “dell’appalto”, del titolo III “dei singoli contratti”, del libro IV “delle obbligazioni” del Codice Civile dall’articolo 1655 all’articolo 1677.
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Distinzione fondamentale è quella tra appalto di opere e servizi.
Nel primo caso, l'appaltatore sarà tenuto a trasformare la materia, producendo o modificando in maniera sostanziale un bene già esistente.
Nel secondo caso, l'attività dell'appaltatore consisterà nel soddisfacimento di un interesse del committente.
Altro elemento fondamentale in punto di disciplina è rappresentato dalla determinazione del corrispettivo spettante all'appaltatore.
Tale diritto al corrispettivo, che non sorge al momento della stipulazione del contratto ma solo successivamente, dopo l'esecuzione dei lavori, è un elemento fondamentale e connota il negozio come contratto di natura onerosa. La mancanza del corrispettivo, infatti, farebbe rientrare tale rapporto contrattuale nell'ambito della diversa figura della donazione.
Può capitare che l'appaltatore perda il suo diritto al corrispettivo?
Certo; ciò può accadere nel caso in cui l'oggetto dell'appalto sia illecito, comportando di conseguenza la nullità del contratto in virtù del combinato disposto degli articoli 1346 e 1418 c.c. Si pensi al caso, non di rado verificatosi nella pratica, di contratto d'appalto stipulato al fine di realizzare un'opera ma in assenza di un valido titolo edilizio: il contratto sarà in tal caso radicalmente nullo, e non sarà nemmeno possibile sanarlo attraverso un successivo condono edilizio.
In casi come questi diventa davvero essenziale rivolgersi all'assistenza degli avvocati specializzati di Brocardi.it, che potranno accompagnare nella risoluzione delle controversie anche più intricate, grazie alla loro maturata esperienza sul campo.
CONSULENZE LEGALI IN TEMA DI APPALTO
Qui di seguito vengono esposti succintamente alcuni casi particolarmente emblematici o di frequente accadimento, utili in molti casi per trovare già alcune risposte preliminari ai propri problemi.
Il committente può rispondere per i danni derivati dall'appalto nel caso in cui abbia deciso di affidare l'appalto ad un'impresa assolutamente inadatta e inesperta?
Ebbene, la risposta a tale quesito è affermativa.
Il fatto che l'appaltatore si assuma il rischio economico legato all'appalto, all'organizzazione dei mezzi e ai costi, non esonera il committente da alcuni accorgimenti, in mancanza dei quali anche egli sarà ritenuto responsabile.
Quest'ultimo, infatti, è comunque sempre tenuto all'osservanza delle generali regole di cautela, in difetto delle quali potrà essere chiamato a rispondere per il risarcimento degli eventuali danni in virtù della generale norma di cui all'art. 2043 c.c.
In secondo luogo, come accennato, può accadere che il committente affidi l'esecuzione dell'opera ad un appaltatore incompetente e quindi non sufficientemente preparato ad affrontare i rischi e le responsabilità che l'esecuzione di un appalto comporta. In tal caso il committente risponderà a titolo di culpa in eligendo.
Infine, una responsabilità sarà configurabile in capo al committente allorquando lo stesso, attraverso una precisa redazione del regolamento contrattuale in tal senso, finisca per escludere l'autonomia organizzativa dell'appaltatore, il quale si limiterà ad eseguire passivamente le indicazioni impartite dall'appaltate, comportandosi alla stregua di nudus minister.
In giurisprudenza si è parlato a tal riguardo di appalto "a regia", poiché se il controllo del committente è talmente penetrante da privare l'appaltatore di ogni margine di autonomia, quest'ultimo non potrà essere ritenuto responsabile per i danni provocati da difetti dell'opera, per i quali risponderà viceversa solo il committente.
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Il committente possiede, in materia di appalto, un peculiare diritto chiamato ius variandi.
In virtù di tale potere, e in deroga alle regole generali in materia di esecuzione del contratto, egli può "apportare variazioni al progetto, purché il loro ammontare non superi il sesto del prezzo complessivo convenuto".
Allorquando si avvalga di tale facoltà, l'appaltatore avrà diritto ad un prolungamento del termine per l'esecuzione del contratto, in relazione all'entità delle modifiche da apportare.
Come fare per dimostrare che le modifiche apportate al progetto non sono state una libera scelta dell'appaltatore ma sono state invece ordinate dal committente?
Le presunzioni sono ammesse? Oppure è necessaria la prova scritta?
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Considerazioni analoghe valgono nel caso in cui nel contratto di appalto sia stata inserita una clausola penale che prevedeva un determinato termine per l'esecuzione dei lavori. Tale termine, divenuto inesigibile in seguito alla richiesta di variazioni ordinata dal committente, verrà meno, e verrà sostituito con un nuovo termine stabilito d'accordo tra le parti.
È importante sottolineare che allorquando il committente si determini nel senso di dare disdetta dal contratto, impedendo all'appaltatore di proseguire con l'esecuzione dell'opera e lasciandola quindi incompleta, l'istituto giuridico di riferimento non sarà quello delle variazioni, bensì quello del recesso unilaterale, disciplinato dall'art. 1671 c.c., che consente al committente di recedere in qualunque momento dal contratto, con l'obbligo di tenere indenne l'appaltatore "delle spese sostenute, dei lavori eseguiti e del mancato guadagno".
Per essere a conoscenza di tali dinamiche, e non restare sopraffatti davanti alle richieste di un committente disonesto che pretenda l'osservanza del termine iniziale anche nel caso di notevoli variazioni al progetto, è possibile contare sull'assistenza professionale e competente dello staff di Brocardi.it, il quale saprà rispondere ad ogni dubbio di natura giuridica attraverso il suo esauriente servizio di consulenza.
Chiarimenti a dubbi legali nel caso in cui l'opera da eseguire sia diventata eccessivamente onerosa a causa di fattori imprevedibili
L'eccessiva onerosità sopravvenuta, istituto generale del diritto civile, trova in materia di appalto la sua traduzione nella "revisione dei prezzi".
Cosa accade se, nel corso dell'esecuzione, a causa di fattori sopravvenuti e imprevedibili, e in mancanza di colpa del committente, si verifichi un aumento o una diminuzione del prezzo complessivo dell'appalto?
L'istituto della revisione dei prezzi è un elemento connaturato al contratto di appalto, che sussiste sin dall'origine e anche in mancanza di una espressa previsione contrattuale in tal senso. Nel caso in cui si siano verificati "aumenti o diminuzioni del costo dei materiali o della mano d'opera, tali da determinare un aumento o una diminuzione superiori al decimo del prezzo complessivo convenuto, l'appaltatore o il committente possono chiedere una revisione del prezzo medesimo".
Tuttavia, tale disciplina appare derogabile ad opera delle parti, le quali possono quindi stabilire dei limiti diversi oltre i quali scatta la revisione dei prezzi, o finanche escludere completamente tale possibilità (senza peraltro che ciò comporti una trasformazione dell'appalto in contratto aleatorio, implicando più semplicemente un aumento del rischio in capo all'appaltatore).
Cosa accade nel caso in cui l'aumento del costo dei materiali o della manodopera sia dovuto ad un fenomeno inflattivo?
La giurisprudenza si è espressa in tal senso affermando che se l'inflazione si verifica in misura superiore a quanto ragionevolmente prevedibile al momento della conclusione del contratto, la parte rilevante ai fini della revisione dei prezzi sarà solamente quella "esuberante" rispetto al tasso di inflazione prevedibile (e a patto che venga superato il decimo del prezzo convenuto, secondo quanto disposto dall'art. 1664 c.c.).
Parere legale in merito alle azioni esperibili da parte dell'acquirente, diverso dal committente, in relazione all'opera realizzata dall'appaltatore/venditore
Un caso particolarmente complesso che può verificarsi nella pratica è quello del soggetto che sia contemporaneamente venditore e appaltatore dell'opera.
Ci si potrebbe chiedere se, in tal caso, l'acquirente acquisterà, o meno, la veste di committente nei confronti del suo venditore.
In altre parole, sarà possibile per l'acquirente di un bene esercitare le azioni contrattuali per l'adempimento del contratto di appalto e per l'eliminazione dei difetti dell'opera a norma degli articoli 1667 e 1668 c.c., nei confronti del venditore, per il fatto che quest'ultimo sia anche il costruttore del bene compravenduto?
Ebbene, a tal proposito la giurisprudenza, con una recente sentenza del 2017, si è espressa negativamente, affermando che la circostanza per cui il venditore sia al contempo anche costruttore del bene compravenduto non vale a qualificarlo come appaltatore nei confronti dell'acquirente.
Quest'ultimo, insomma, non potrà fare valere le tipiche azioni esercitabili dal committente e consistenti appunto nella richiesta di adempimento del contratto e nell'eliminazione dei vizi.
L'acquirente potrà viceversa esperire l'azione, di natura extracontrattuale, di cui all'art. 1669 c.c. (rovina e difetti di cose immobili), che opera infatti non solo a favore del committente, ma anche dell'acquirente.
Per tutelarsi in maniera efficace e sicura è necessario avere ben chiara la complessa normativa del contratto di appalto, riuscendo a venire a capo di tutte le problematiche che la stessa presenta. Tale arduo compito viene svolto quotidianamente dal team di Brocardi.it, che attraverso il suo servizio di consulenza cerca di chiarire sempre al meglio e in maniera esaustiva i dubbi delle parti, appaltatore o committente che siano.
Risposta a quesiti giuridici in materia di responsabilità dell'appaltatore per la rovina di immobili preesistenti, in seguito ad interventi di modificazione o di riparazione
Cosa accade nel caso in cui "edifici o altre cose immobili destinate per loro natura a lunga durata", come previsto dall'art. 1669 c.c., rovinino non per una causa originaria, bensì in seguito a interventi di modificazione effettuati in epoca successiva alla creazione dell'opera?
Gli esecutori delle opere di riparazione degli immobili preesistenti, possono essere chiamati a rispondere di tale rovina?
La norma di cui all'art. 1669 c.c. fa riferimento al perimento totale o parziale dell'opera, anche attraverso la compromissione dei suoi elementi essenziali, riconducibili in qualche modo a cause originarie che hanno influito sulla durata e solidità del bene.
Quid iuris nel caso in cui gli interventi dell'appaltatore intervengano in epoca successiva rispetto alla costruzione dell'opera?
La giurisprudenza si è espressa in merito ad una fattispecie relativa ad alcuni lavori di manutenzione, tra cui il rafforzamento dei solai e delle rampe delle scale che erano stati effettuati presso uno stabile condominiale, affermando che "anche gli autori di tali interventi di modificazione o riparazione (rectius, gli esecutori delle opere integrative) possono rispondere ai sensi dell'art. 1669 c.c., allorché le opere realizzate abbiano una incidenza sensibile o sugli elementi essenziali delle strutture dell'edificio ovvero su elementi secondari od accessori, tali da compromettere la funzionalità globale dell'immobile stesso".
Conoscere le norme è importante; conoscere le sentenze, essenziale. Il diritto, si sa, vive come interpretato nelle aule di giustizia.
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