Cons. Stato n. 3997/2019
Il giudice dell'ottemperanza non ha l'obbligo di accogliere automaticamente la richiesta di corresponsione della penalità di mora di cui all'art. 114 del D.Lgs. n. 104/2010 essendo lo stesso dotato di un ampio potere discrezionale che gli consente di effettuare una valutazione ostativa alla liquidazione per manifesta iniquità.
Cons. Stato n. 3539/2019
L'ordinanza di cui all'art. 530 c.p.c. non è immediatamente satisfattiva della pretesa creditoria azionata e preclusiva, ai sensi dell'art. 5 quinquies L. 24 marzo 2001, n. 89/2001, conseguentemente se non opposta è suscettibile di passare in giudicato e, dunque, soggetta alle disposizioni di cui agli artt. 112 e 114 del D.Lgs. n. 104/2010.
Cons. Stato n. 3531/2019
In relazione all'ordinanza di assegnazione delle somme, ai sensi dell'art. 530 c.p.c., divenuta definitiva per la mancata opposizione, ai sensi dell'art. 617 c.p.c. nonché l'espletamento di tutte le formalità previste e, in particolare, di avere inviato la comunicazione di cui agli artt. 46 e 47 del D.P.R. n. 445/2000, è ammissibile la proposizione del ricorso ex art. 112 del D.Lgs. n. 104/2010.
Cons. Stato n. 3530/2019
È ammissibile l'ottemperanza, ai sensi degli artt. 112 e 114 del D.Lgs. n. 104/2010, dell'ordinanza del giudice dell'esecuzione mobiliare emessa, ai sensi dell'art. 530 c.p.c., sulla base del titolo esecutivo rappresentato dal decreto decisorio della Corte di Appello, ed avente ad oggetto l'assegnazione delle somme di cui al procedimento disciplinato dall'art. 5 quinquies, della L. n. 89/2001.
Cons. Stato n. 3092/2019
In sede di ottemperanza il giudice amministrativo è dotato di un ampio potere discrezionale ai fini della valutazione del riconoscimento della penalità di mora di cui all'art. 114 del D.Lgs. n. 104/2010 la quale può essere non essere liquidata laddove ciò appaia manifestamente iniquo o nel caso in cui sussistono altre ragioni ostative.
Cons. Stato n. 3065/2019
L'art. 114 del D.Lgs. n. 104/2010 non prevede l'obbligo del giudice dell'ottemperanza di accogliere senz'altro la richiesta di parte e di disporre automaticamente una tale misura, nel caso di constatato mancato pagamento: il giudice dell'ottemperanza è dotato di un ampio potere discrezionale che gli consente di effettuare una valutazione ostativa alla liquidazione, per considerazioni di carattere equitativo che possono anche escludere la meritevolezza della pena in questione.
Cons. Stato n. 7/2019
È sempre possibile in sede di c.d. "ottemperanza di chiarimenti" modificare la statuizione relativa alla penalità di mora contenuta in una precedente sentenza d'ottemperanza, ove siano comprovate sopravvenienze fattuali o giuridiche che dimostrino, in concreto, la manifesta iniquità in tutto o in parte della sua applicazione. (Formula i principi di diritto e restituisce gli atti alla Quinta Sezione giurisdizionale del Consiglio di Stato per ogni ulteriore statuizione). La penalità di mora di cui all'art. 114 del D.Lgs. n. 104/2010 è una misura coercitiva indiretta a carattere pecuniario la cui finalità è quella di indurre il debitore ad adempiere all'obbligazione sancito a suo carico dall'ordine del giudice.
Cons. Stato n. 2/2016
In sede di esecuzione del giudicato riguardante una sentenza concernente una occupazione illegittima di un'area da parte della P.A., il commissario ad acta può emanare il provvedimento di acquisizione coattiva previsto dall'articolo 42-bis del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità: a) se nominato dal giudice amministrativo a mente degli artt. 34, comma 1, lett. e), e 114, comma, 4, lett. d), c.p.a., qualora tale adempimento sia stato previsto dal giudicato de quo agitur; b) se nominato dal giudice amministrativo a mente dell'art. 117, comma 3, c.p.a., qualora l'amministrazione non abbia provveduto sull'istanza dell'interessato che abbia sollecitato l'esercizio del potere di cui al menzionato art. 42 bis.
Cons. Stato n. 5014/2015
Una volta scaduto il termine per adempiere fissato nella sentenza di esecuzione del giudicato e nominato il commissario ad acta, la P.A. non consuma il potere di provvedere, in attuazione e nel rispetto dei principi di economicità e buon andamento dell'azione amministrativa nonché della riserva di amministrazione; tuttavia, tale potere viene meno dopo l'insediamento del commissario ad acta, che determina un definitivo trasferimento del munus, rimanendo precluso all'Amministrazione ogni margine di ulteriore intervento.
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Solo se il commissario ad acta nominato in sede di ottemperanza rimette nuovamente all'Amministrazione il compito di provvedere, quest'ultima assume tutti gli obblighi suoi propri, sicché il giudice dell'ottemperanza potrà, se necessario ed opportuno in vista del conseguimento del bene della vita assicurato dal giudicato, onerare direttamente l'Amministrazione dei pertinenti adempimenti.
Cons. Stato n. 4414/2015
L'art. 114 del c.p.a. (secondo cui "il giudice, in caso di accoglimento del ricorso... e) salvo che ciò sia manifestamente iniquo e se non sussistano altre ragioni ostative, fissa, su richiesta di parte la somma di denaro dovuta dal resistente per ogni violazione e inosservanza successiva, ovvero, per ogni ritardo nell'esecuzione del giudicato; tale statuizione costituisce titolo esecutivo"), ha attribuito al giudice dell'ottemperanza uno strumento per indurre indirettamente l'Amministrazione ad eseguire tempestivamente l'ordine di pagamento dallo stesso formulato, di talché tale strumento non è utilizzabile per gli inadempimenti pregressi, produttivi, piuttosto, di obbligazioni di natura risarcitoria. Va pertanto riformata una sentenza che, nell'accogliere un ricorso per esecuzione del giudicato (nella specie formatosi relativamente a crediti formatisi per irragionevole durata del processo - cd. legge Pinto), ha condannato la P.A. a pagare una penalità di mora (cd. astreinte) facendola decorrere dal momento della scadenza del termine di 120 giorni decorrente dalla notifica del titolo esecutivo, piuttosto che dal giorno della comunicazione o notificazione dell'ordine di pagamento formulato dal giudice dell'ottemperanza.
Cons. Stato n. 4299/2015
La scelta del codice del processo amministrativo, quale chiaramente si desume dall'univoca formulazione dell'art. 114, comma 6, c.p.a., è stata quella di qualificare il commissario ad acta nominato in sede di esecuzione del giudicato quale ausiliario del giudice e di ricondurre, quindi, alla giurisdizione "esecutiva" l'impugnazione dei suoi atti, superando in tal modo la precedente teoria mista (secondo cui il commissario è un organo "dimidiato"), senza che quindi rilevi ormai la distinzione fondata sulla sussistenza o meno di margini di discrezionalità lasciati dal giudicato.
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Il reclamo previsto dall'art. 114, comma 6, c.p.a. (ai sensi del quale "avverso gli atti del commissario ad acta le parti possono proporre innanzi al giudice dell'ottemperanza reclamo che è depositato nel termine di sessanta giorni, previa notifica ai controinteressati"), è l'unico mezzo processuale che l'ordinamento consente (almeno per chi è stato parte del giudizio conclusosi con il giudicato) per contestare gli atti del commissario ad acta, a prescindere dalla maggiore o minore ampiezza della discrezionalità di cui dispone nell'esecuzione del giudicato. La proposizione del reclamo a sua volta richiede il rispetto del termine di sessanta giorni previsto per il deposito, previa notifica ai controinteressati (alla stregua del principio è stata confermata la sentenza di primo grado che aveva dichiarato inammissibile il ricorso/reclamo diretto contro un provvedimento adottato dal commissario ad acta, perché depositato dopo il termine di 60 giorni).
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La scelta del codice del processo amministrativo, quale chiaramente si desume dall'univoca formulazione dell'art. 114, comma 6, c.p.a., è stata quella di qualificare il commissario ad acta nominato in sede di esecuzione del giudicato quale ausiliario del giudice e di ricondurre, quindi, alla giurisdizione "esecutiva" l'impugnazione dei suoi atti, superando in tal modo la precedente teoria mista (secondo cui il commissario è un organo "dimidiato"), senza che quindi rilevi ormai la distinzione fondata sulla sussistenza o meno di margini di discrezionalità lasciati dal giudicato.
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Il reclamo previsto dall'art. 114, comma 6, c.p.a. (ai sensi del quale "avverso gli atti del commissario ad acta le parti possono proporre innanzi al giudice dell'ottemperanza reclamo che è depositato nel termine di sessanta giorni, previa notifica ai contro interessati"), è l'unico mezzo processuale che l'ordinamento consente (almeno per chi è stato parte del giudizio conclusosi con il giudicato) per contestare gli atti del commissario ad acta, a prescindere dalla maggiore o minore ampiezza della discrezionalità di cui dispone nell'esecuzione del giudicato. La proposizione del reclamo a sua volta richiede il rispetto del termine di sessanta giorni previsto per il deposito, previa notifica ai controinteressati (alla stregua del principio è stata confermata la sentenza di primo grado che aveva dichiarato inammissibile il ricorso/reclamo diretto contro un provvedimento adottato dal commissario ad acta, perchè depositato dopo il termine di 60 giorni).
Cass. civ. n. 6494/2015
I poteri del giudice dell'ottemperanza, prevedendo l'emanazione diretta dell'atto in luogo dell'amministrazione (lett. a del comma 4 dell'art. 114 c.p.a.), sono esercitabili anche là dove, come nel caso dei concorsi universitari, la materia sia caratterizzata dal massimo della discrezionalità, non potendosi ritenere che in tali ipotesi lo strumento dell'esecuzione di un giudicato che si ritenga inottemperato non potrebbe consistere nell'emanazione del provvedimento, bensì nell'affidamento del compito di esprimere una legittima ottemperanza al giudicato ad una commissione giudicatrice straordinaria.
Cons. Stato n. 15/2014
L'art. 114, comma 4, lett. e, c.p.a. (secondo cui il giudice dell'ottemperanza, in caso di accoglimento del ricorso in executivis, «salvo che ciò sia manifestamente iniquo, e se non sussistono altre ragioni ostative, fissa, su richiesta di parte, la somma di denaro dovuta dal resistente per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell'esecuzione del giudicato; tale statuizione costituisce titolo esecutivo») delinea una misura coercitiva indiretta a carattere pecuniario, inquadrabile nell'ambito delle pene private o delle sanzioni civili indirette, che mira a vincere la resistenza del debitore, inducendolo ad adempiere all'obbligazione sancita a suo carico dall'ordine del giudice.
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Nell'ambito del giudizio di ottemperanza, la comminatoria delle penalità di mora di cui all'art. 114, comma 4, lett. e), del codice del processo amministrativo, è ammissibile per tutte le decisioni di condanna di cui al precedente art. 113, ivi comprese quelle aventi ad oggetto prestazioni di natura pecuniaria.
Cons. Stato n. 260/2014
L'entrata in vigore del codice del processo amministrativo ha provveduto a precisare gli strumenti di controllo giudiziale sul commissario ad acta, articolando due diversi meccanismi processuali: a) il primo, riservato alle sole parti del giudizio e costruito nella forma del reclamo al giudice dell'ottemperanza; b) il secondo, valevole per tutti i terzi e quindi per tutti gli estranei al giudicato formatosi, che ha invece la forma del giudizio ordinario.
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Il termine decadenziale di sessanta giorni per il deposito del reclamo inoltrato dalle parti dinanzi al giudice dell'ottemperanza e avente per oggetto gli atti del commissario ad acta, decorre dalla data del deposito del provvedimento, ossia dal momento della conoscibilità dell'avvenuto adempimento da parte del predetto commissario.
Cons. Stato n. 3339/2013
In sede di giudizio di ottemperanza, il ricorrente può chiedere, ai sensi dell'art. 114, comma 4, lett e), che il Giudice fissi la somma di denaro dovuta dal resistente per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo, nell'esecuzione del giudicato. Tale strumento, c.d. astreinte, è esperibile anche in caso di condanna pecuniaria, giacché la penalità di mora assolve ad una finalità sanzionatoria e non risarcitoria, in quanto non è volto a riparare il pregiudizio cagionato dalla non esecuzione della sentenza ma a sanzionare la disobbedienza alla statuizione giudiziaria e stimolare il debitore all'adempimento.
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È inammissibile la domanda di chiarimenti ex art. 112, c. 5, c.p.a., proposta in sede di ottemperanza dalla parte vittoriosa nel giudizio di cognizione. Ed invero l'azione di cui all'art. 112, comma quinto, c.p.a., ancorché inquadrata nell'ambito del giudizio di ottemperanza, presuppone la soccombenza e la volontà di attuare la sentenza, tipiche della parte pubblica soccombente o del commissario ad acta, essendo finalizzata ad ottenere dal giudice i chiarimenti di punti del decisum che presentano elementi di dubbio o di non immediata chiarezza.
Cons. Stato n. 2/2013
Il ricorso, ex art. 112, comma 5, proposto al fine di "ottenere chiarimenti in ordine alle modalità dell'ottemperanza": anche questo non presenta caratteristiche che consentano di ricondurlo, in senso sostanziale, al novero delle azioni di ottemperanza. Ciò emerge anzitutto dalla stessa terminologia usata dal legislatore, il quale - lungi dall'affermare che è l'"azione di ottemperanza" ad essere utilizzabile in questi casi - afferma che è "il ricorso" introduttivo del giudizio di ottemperanza (cioè l'atto processuale) ad essere a tali fini utilizzabile, ma risulta anche chiaro dalla circostanza che, a differenza dell'azione di ottemperanza, che è naturalmente esperita dalla parte già vittoriosa nel giudizio di cognizione o in altra procedura a questa equiparabile, in questo caso il ricorso appare proponibile dalla parte soccombente (e segnatamente dalla Pubblica Amministrazione soccombente nel precedente giudizio).
Cons. Stato n. 24/2012
Il giudizio d'ottemperanza può essere proseguito per ottenere il pagamento delle spese di giudizio disposte con la sentenza già resa in sede di ottemperanza.
Cons. Stato n. 6688/2011
In tema di procedimento del giudizio di ottemperanza, l'art. 114, comma 4, lettera e) c.p.a., ha introdotto, in via generale l'istituto della cd. penalità di mora (che presenta una portata applicativa più ampia che nel processo civile, dove è regolato con riguardo alle sentenze aventi per oggetto obblighi di fare infungibile o di non fare, dall'art. 614 bis c.p.c.). Tale istituto, si connota per essere una misura coercitiva indiretta a carattere pecuniario, con finalità sanzionatoria e non risarcitoria in quanto non mira a riparare il pregiudizio cagionato dall'esecuzione della sentenza ma vuole sanzionare la disobbedienza alla statuizione giudiziaria e stimolare il debitore all'adempimento (si tratta, dunque, di una pena e non di un risarcimento).
Cons. Stato n. 1551/2011
Il termine per proporre l'appello nel giudizio di ottemperanza, così come in materia di rito del silenzio, è quello ordinario (sessanta giorni dalla notificazione della sentenza e sei mesi dalla pubblicazione della stessa), non potendosi applicare a tale atto la regola del dimezzamento dei termini di cui all'art. 87 c.p.a.
Cons. Stato n. 1075/2011
Posto che l'esecuzione dei pronunciamenti del giudice costituisce un obbligo per la P.A. e che il giudizio di ottemperanza non è un giudizio impugnatorio, tendendo esclusivamente l'azione medesima ad adeguare la situazione di fatto a quella di diritto risultante dal giudicato, il termine per proporre l'azione di giudicato è quello decennale di prescrizione e non di decadenza, ex art. 2953 c.c. e come tale è idoneo ad essere interrotto.
Cons. Stato n. 8363/2010
L'intervento in giudizio disciplinato dagli artt. 28 e 50 c.p.a. può essere esperito anche nel giudizio di ottemperanza, fermi restando i requisiti generali necessari per l'intervento nel processo amministrativo.