(massima n. 1)
L'art. 114 del c.p.a. (secondo cui "il giudice, in caso di accoglimento del ricorso... e) salvo che ciò sia manifestamente iniquo e se non sussistano altre ragioni ostative, fissa, su richiesta di parte la somma di denaro dovuta dal resistente per ogni violazione e inosservanza successiva, ovvero, per ogni ritardo nell'esecuzione del giudicato; tale statuizione costituisce titolo esecutivo"), ha attribuito al giudice dell'ottemperanza uno strumento per indurre indirettamente l'Amministrazione ad eseguire tempestivamente l'ordine di pagamento dallo stesso formulato, di talché tale strumento non è utilizzabile per gli inadempimenti pregressi, produttivi, piuttosto, di obbligazioni di natura risarcitoria. Va pertanto riformata una sentenza che, nell'accogliere un ricorso per esecuzione del giudicato (nella specie formatosi relativamente a crediti formatisi per irragionevole durata del processo - cd. legge Pinto), ha condannato la P.A. a pagare una penalità di mora (cd. astreinte) facendola decorrere dal momento della scadenza del termine di 120 giorni decorrente dalla notifica del titolo esecutivo, piuttosto che dal giorno della comunicazione o notificazione dell'ordine di pagamento formulato dal giudice dell'ottemperanza.